PHOENIX
(PHOENIX IKKI)
ETA': 15 anni (inizio della saga); 19 anni (saga di Hades), 30-32 anni (Saint Seiya Omega). 37 anni circa (Episode G: Assassin).
ALTEZZA: 1.75 M.
PESO: 62 Kg.
OCCHI: Blu.
CAPELLI: Blu.
DATA DI NASCITA: 15 agosto.
LUOGO DI NASCITA: Giappone, probabilmente Nuova Luxor.
GRUPPO SANGUIGNO: AB.
SEGNI PARTICOLARI: Una cicatrice sul viso alla base del naso.
PARENTI CONOSCIUTI: Andromeda (fratello minore).
COSTELLAZIONE / SIMBOLO: La Fenice, uccello arabo che risorge dalle proprie ceneri.
ARMATURA / ARMI: Armatura di bronzo della Fenice. L'armatura di Phoenix ha la capacità unica e innata di autorigenerarsi, "risorgendo" dalle proprie ceneri ogni volta che viene distrutta. La rigenerazione di solito è quasi istantanea e avviene direttamente sul corpo di Phoenix senza che il Cavaliere debba attivarla consapevolmente, ma sembra collegata all'intensità del suo cosmo: se Phoenix viene ferito, anche gravemente, ma ha ancora la forza di bruciare il cosmo, il potere di rigenerazione si attiva, riparando, o persino ricreando, l'armatura e risanando le ferite del cavaliere. Se però Phoenix dovesse essere disintegrato, decapitato o comunque ucciso davvero, o se l'armatura venisse distrutta e il cosmo del Cavaliere fosse troppo debole per richiamarla, essa resterebbe distrutta, come succede ad esempio nel corso del combattimento con Arles al Grande Tempio. Un altro modo per sbarazzarsi dell'armatura sembra essere il farla scomparire, senza però distruggerla, come fa Virgo. L'armatura è inoltre dotata di piume metalliche, che possono essere usate sia per attaccare che per difendersi. Usate per l'attacco, vengono lanciate come pugnali o shurinken, e sono pericolosamente affilate su tutti i lati. La lunghezza delle code resta la stessa anche dopo che Phoenix ha lanciato delle piume, suggerendo che, se staccate normalmente e non distrutte, si rigenerino come gli artigli di Aspides. In un'occasione, le code mostrano un istinto difensivo simile a quello della catena di Andromeda, e si muovono da sole, incrociandosi davanti al torace di Phoenix per proteggerlo da un attacco. Questo potere non viene mai più visto al di fuori di quell'occasione. Nella sua terza forma, l'armatura è anche dotata di ali perfettamente funzionanti, che si estendono dalla schiena. Nonostante i suoi poteri rigenerativi, l'armatura è nota per essere quella distrutta più spesso, cosa che accade contro Pegasus, Virgo (due volte), Gemini, Mime, Thanatos, Mira e Aegaeon, oltre che in quasi tutti i film. In un'occasione, ha bisogno di essere riparata da Mur dell'Ariete, con il sangue dei Cavalieri d'Oro, mentre in un'altra è Phoenix stesso che, bruciando al massimo il suo cosmo la fa evolvere in armatura divina. In questa versione, la corazza è immensamente più resistente di prima e copre interamente il corpo, venendo danneggiata solo da Hades. In seguito, l’armatura divina torna ad essere V3. Nella serie Saint Seiya Omega, entra in contatto con un frammento di meteorite e si trasforma in Cloth Stone, mantenendo più o meno la stessa forma pur con qualche differenza. Più avanti, i poteri rigenerativi la fanno tornare alla forma V3.
STIRPE: Cavaliere di bronzo di Atena.
PRIMA APPARIZIONE: Episodio 5 "Dura lotta" (anime), Saint Seiya N° 2 capitolo 4 (manga edizione Star Comics).
EPISODI (SAGA): 5-9, 11-15, 22-23, 25-30, 31-33, 46, 54-58, 72-73 (saga del Grande Tempio); 74, 83-87, 92-99 (saga di Asgard); 106-107, 110-114 (saga di Nettuno); 119, 133-136, 141-145 (saga di Hades); OAV 1 (Discordia), 2 (Balder), 3 (Apollo), 4 (Lucifero), 5 (Artemide). Saint Seiya Omega 12, 24, 43, 45 (saga di Mars); 59, 75-78, 81-82, 96 (saga di Pallas).
NUMERI DEL MANGA:.N° 2-7, 9-10, 12-13, 16-18, 24-25, 27-28. Next Dimension 2-9. Episode G: Assassin 3.
COLPI SEGRETI / POTERI: Phoenix possiede un cosmo estremamente potente e aggressivo, oggetto di complimenti di numerosi nemici nel corso delle saghe, che lo hanno ripetutamente definito il più forte tra i Cavalieri di Bronzo. Pur tendendo a rifiutare questa descrizione a favore di altri, tra cui il fratello Andromeda, Phoenix mostra costantemente una forza notevole in battaglia, e, anche grazie ai poteri della sua armatura, è estremamente raro che sia sconfitto o abbia bisogno di essere salvato. A rendere ancora più notevoli i suoi risultati è il ridotto parco tecniche che, con soli due colpi segreti, è il più piccolo tra i protagonisti. Il suo colpo segreto principale sono le Ali della Fenice, un potente attacco energetico che il Cavaliere esegue aprendo e agitando orizzontalmente le braccia come se fossero ali che sbattono. In questo modo, attorno a loro si generano vento e fiamme, che Phoenix poi convoglia unendo le braccia e facendole scattare in avanti. L'attacco prende quasi sempre la forma di una fenice di fuoco che, avvolta da un turbine di fiamme e vento, vola contro il nemico e lo lancia in aria prima di investirlo. L'esatta natura delle Ali della Fenice è spesso in dubbio, con alcuni disegnatori che prediligono l'aspetto fuoco e altri che lo rendono più come un turbine o violento colpo di vento. Le fiamme generate danno spesso l'impressione di essere illusorie, ed è rarissimo che rimangano in scena, causino ferite da ustione o incendino il campo di battaglia. Alcuni nemici particolarmente forti hanno deriso le Ali della Fenice definendola una piacevole brezza, e Phoenix stesso in alcune occasioni l'ha paragonata al vento generato dal mitico uccello quando sbatte le ali, quasi a confermare che, pur con tutti i suoi effetti speciali, sia una tecnica di vento. In qualche caso, il vento non è attraversato solo da fiamme, ma anche da scariche energetiche e fulmini che contribuiscono a una devastazione su più larga scala. Nel manga, Phoenix lancia le Ali della Fenice con una mano sola, e anche nell'anime capita di tanto in tanto che il colpo sia eseguito con il pugno chiuso, in una posa simile al Drago Nascente di Sirio, ma non sappiamo quanto la posa o la modalità di esecuzione influiscano sulla sua forza. Nonostante la loro energia, le Ali della Fenice non sembrano un colpo particolarmente faticoso da eseguire, visto che Phoenix le lancia quasi a ripetizione in diversi scontri.
Completamente diverso dalle Ali della Fenice è il secondo colpo segreto del Cavaliere, il Fantasma Diabolico. Si tratta infatti di una tecnica mentale e illusoria che Phoenix esegue concentrando il cosmo nel dito indice e lanciando un sottile raggio verso il centro della fronte del nemico, sia a distanza che correndogli incontro e superandolo. Il danno fisico è minimo, appena sufficiente a far sanguinare un po' la fronte e a far volare via l'elmo, al punto che molti nemici lo hanno paragonato a una puntura d'insetto, ma i veri effetti solo sulla psiche visto che il raggio penetra in profondità fino a colpire il cervello. I risultati di solito sono quasi immediati, e dipendono enormemente dall'intensità con cui Phoenix ha eseguito il colpo. Nella sua forma più letale, il Fantasma Diabolico "distrugge la mente", generando un'illusione in cui la vittima vede il proprio corpo, o quello della persona più cara, distrutto in maniera orribile. La visione è estremamente realistica, al punto che persino i guerrieri più potenti inizialmente la prendono per vera, e in molti casi sembra il proseguio naturale dello scontro con Phoenix. Può capitare che sia preceduta da una finta vittoria, in seguito alla quale il corpo mutilato di Phoenix continua a combattere contrattaccando con effetti particolarmente truci e mortali. L'illusione di solito dura solo pochi secondi, ma i nemici più deboli muoiono seduta stante per la paura, il danno cerebrale, o perché autoconvintisi di essere stati uccisi. Per chi riesce a riprendersi e a tornare alla realtà spesso ci sono altri danni prolungati, dovuti agli effetti del Fantasma Diabolico sul sistema nervoso centrale e periferico: solitamente, si tratta di una paralisi parziale o completa che può durare fino a diversi minuti ed è accompagnata da un drastico indebolimento dell'armatura, presumibilmente dovuta al calo del cosmo di chi la indossa. Guerrieri più abili riescono a continuare a muoversi normalmente al punto da convincersi di non aver avuto danni, ma in realtà sono comunque spesso molto indeboliti e facili da finire con le Ali della Fenice. Chi utilizza tecniche mentali per controllare le proprie tecniche o armi, di solito perde il controllo e finisce per avere queste ultime che gli si rivoltano contro.
In una forma più ridotta e controllata, il Fantasma Diabolico obbliga invece la vittima a rivivere il proprio passato, inclusi i ricordi rimossi o quelli dimenticati risalenti all'infanzia. I ricordi sono sempre veritieri, e Phoenix sembra in grado sia di poter selezionare quali mostrare che di vederli a sua volta, suggerendo un legame psichico temporaneo con il nemico. Se lo desidera, può anche aggiungere un incubo o un'illusione in coda ai ricordi, ma in questi casi l'unico effetto sembra spaventare un po' l'avversario, senza danni permanenti al sistema nervoso. In questa forma, il Fantasma Diabolico serve soprattutto a ottenere informazioni o a mostrare al nemico verità dimenticate per metterlo di fronte alla sua coscienza, e non causa paralisi o evidenti indebolimenti. Sembra che il sopravvivere a un Fantasma Diabolico, con qualsiasi forza sia eseguito, fornisca un grado di immunità futura verso quella tecnica o altre molto simili. Diversi personaggi ad esempio criticano Phoenix per essersi trattenuto, affermando che non avrà altre possibilità, e lui stesso non esegue mai due volte il Fantasma Diabolico sullo stesso nemico. Nonostante la sua enorme pericolosità, è capitato anche al Fantasma Diabolico di fallire: personaggi con poteri psichici o spirituali molto elevati, o con un alto grado di autocontrollo e pace interiore, sono emersi dall'illusione senza alcun danno permanente, o non l'hanno neppure vissuta. In un'occasione, Phoenix afferma che il Fantasma Diabolico distrugge i ricordi piacevoli e quindi non ha effetto su chi ne è privo, mentre in un'altra Pavone dice che esso fa leva sulle paure più profonde, ed è innocuo su chi è riuscito a superarle. Guerrieri con un cosmo molto potente come Gemini e Mira hanno continuato a combattere normalmente dopo averlo subito, mentre Aegaeon è riuscito a fermare il flusso di ricordi colpendosi da solo alla fronte e usando il dolore per destarsi. In due occasioni, il Fantasma Diabolico è stato rimandato al mittente: da Virgo, con la sola forza del cosmo, e da Cristal con uno specchio di ghiaccio, suggerendo che esso non possa superare facilmente difese fisiche, e che per questo Phoenix cerchi di far volare via l'elmo del nemico anziché limitarsi a perforarlo. Infine, persino gli effetti ottenuti lanciandolo nella sua forma più potente sono solo temporanei, e chi riesce a sopravvivere abbastanza a lungo dopo può tornare normalmente in campo. In un'occasione, Phoenix usa l'indice per lanciare un raggio di fuoco che potrebbe essere una versione potenziata del Fantasma Diabolico, ma l'attacco non va a segno e quindi non sappiamo che effetti avrebbe avuto.
A parte questi due colpi segreti, Phoenix fa buon uso delle armi e dei poteri della sua armatura, utilizzando le piume metalliche come shuriken per sorprendere, distrarre o fermare il nemico prima del suo arrivo. Una frase spesso ripetuta è che, a ogni resurrezione della sua armatura, lui faccia ritorno "più forte di prima". Spesso ripresa dai fan e paragonata allo "zenkai" dei personaggi di DragonBall, l'affermazione in realtà ha principalmente valore simbolico e si riferisce al fatto che Phoenix ora conosce le capacità e i colpi segreti del nemico, potendo quindi regolarsi di conseguenza, e non ad un effettivo aumento di cosmo, che porrebbe i nemici affrontati in un ordine sproporzionato. L'affinità della sua armatura con il fuoco gli fornisce una particolare tolleranza al caldo e resistenza alle temperature più estreme, al punto da poter sedere al centro di un lago di lava senza alcun problema. La maestria del Fantasma Diabolico invece sembra avergli dato una buona resistenza mentale, evidente in particolare nel manga durante lo scontro con Gemini. A detta di quest'ultimo, lui e Phoenix si equivalgono in fatto di poteri psichici. Dal punto di vista fisico, Phoenix ha i poteri di un comune Cavaliere, può frantumare la roccia con un pugno e saltare grandi distanze. La sua naturale aggressività lo spinge a impegnarsi quasi al massimo in ogni combattimento sin dall'inizio.
STORIA: Phoenix nacque a Nuova Luxor, primogenito di genitori sconosciuti che morirono un paio di anni più tardi, pochissimo dopo la nascita di suo fratello minore Andromeda. Provando da subito un profondo affetto fraterno nei suoi confronti, e realizzando che oramai loro erano soli al mondo, decise di fare tutto il possibile per proteggerlo. Phoenix non voleva che lui e Andromeda venissero messi in orfanotrofio, o magari separati, e per questo, pur avendo solo un paio di anni, fuggì col fratellino in fasce. Ben presto però i due si trovarono inseguiti da una bambina, di pochi anni più grande di Phoenix, che portava a sua volta in mano un fagotto. Fermatili, la bambina disse a Phoenix che Andromeda era suo fratello, e che era destinato ad unirsi allo spirito che lei stessa portava in braccio, lo spirito di Hades, signore dell'oltretomba, che presto sarebbe risorto dopo un sonno di 210 anni. Determinato sin da piccolo, Phoenix però si oppose e difendette strenuamente il fratello, resistendo persino alle scariche elettriche della bambina e continuando a stringere il fratellino anche dopo aver perso i sensi. Alla fine comunque la bambina stava per prendere Andromeda, ma attorno al neonato comparve un cosmo molto potente, che la fermò. Temendo che insistendo avrebbe danneggiato il corpo di Andromeda, la bambina decise di lasciarlo a Phoenix, ma gli mise al collo un ciondolo a forma di stella, con sopra la scritta "Yours Ever", a significare che da quel giorno in avanti Andromeda apparteneva ad Hades. Prima di andarsene poi la bambina cancellò dalla mente di Phoenix buona parte dei ricordi di quegli eventi, e gli fece credere che il ciondolo fosse un ricordo della loro madre.
Ripresisi, Phoenix ed Andromeda, sempre in fasce, vennero verosimilmente trovati da qualche agente di Alman di Thule, ricco uomo d'affari di Nuova Luxor che all'epoca stava cercando dei bambini che potessero essere adatti, un giorno, a diventare cavalieri di Atena. I due fratelli vennero portati alla villa di Alman, ma Phoenix, sempre preoccupato di essere separato dal fratello, fuggì dal palazzo con Andromeda, e riuscì ad arrivare almeno fino alla zona rocciosa alla periferia di Nuova Luxor. Gli uomini di Alman però li trovarono lo stesso e l'uomo, forse temendo una nuova fuga, decise di lasciare insieme i due fratelli e li fece affidare all'orfanotrofio St. Charles, in cui stava raccogliendo i bambini potenzialmente adatti a diventare cavalieri. Stavolta Phoenix si convinse che fuggendo non avrebbe risolto nulla, e così i due fratelli passarono anni nell'orfanotrofio.
Crescendo, Phoenix sviluppò una personalità forte, indipendente e protettiva, specie nei confronti del più timido e introverso Andromeda. Preoccupato per lui, Phoenix cercò di insegnargli ad essere forte, ricordandogli che non avevano nessuno al mondo e quindi un giorno avrebbero dovuto cavarsela con le loro forze. Phoenix cercò anche di insegnare ad Andromeda come difendersi e lo allenò a testare la sua resistenza prendendo a pugni un tronco d'albero nel parco cittadino, ma il bambino, facile alle lacrime, non possedeva la grinta necessaria per reagire. Di conseguenza, Phoenix dovette spesso accorrere in suo aiuto e difenderlo quando gli altri bambini lo minacciavano o gli facevano dei dispetti. A parte queste rare situazioni, gli anni dell'orfanotrofio furono comunque sereni per Phoenix, che un po' si divertiva giocando al calcio con gli altri bambini.
Passarono così circa sei anni, poi Alman decise che era il momento di preparare i bambini all'addestramento per diventare cavalieri, e li fece portare tutti nel suo palazzo, allo scopo di farli allenare per circa un anno nella sua palestra, prima di mandarli dai vari maestri sparsi in giro per il mondo. Non avendo scelta, Andromeda e Phoenix furono obbligati ad obbedire e si allenarono con gli altri bambini. A differenza del fratello, naturalmente portato alla lotta, Andromeda si rivelò troppo sensibile per combattere, e quindi spesso veniva sconfitto e scoppiava in lacrime, obbligando Phoenix a correre a difenderlo e a giustificare le sue reazioni, che gli altri bambini pensavano dovute alla vigliaccheria. Lui però era sicuro della forza del fratellino, e non esitava a rispondere duramente a chiunque cercasse di fargli del male. Sempre in questo periodo, Phoenix fu spesso testimone dei surprusi della piccola Isabel, nipote di Alman, nei confronti degli altri bambini, ma non ne fu mai vittima in prima persona.
Dopo un anno di allenamenti, giunse il giorno in cui un sorteggio avrebbe deciso il luogo in cui ciascun bambino sarebbe andato per l'addestramento. Andromeda fu il penultimo a pescare, e gli toccò in sorte il luogo più terribile di tutti, l'Isola della Regina Nera, un posto dal quale solo in pochi erano tornati vivi, e sempre cambiati nel corpo e nello spirito. Volendo proteggere il fratellino, Phoenix si offrì con veemenza di andare al suo posto e alla fine riuscì a convincere Alman, ma quest'atto di ribellione gli costò una violenta punizione da parte di Mylock, irascibile maggiordomo della villa, che lo legò, appese a testa in giù al soffitto e picchiò a sangue con un bastone di bambù. Impotente, Phoenix non poté far altro che giurargli che un giorno si sarebbe vendicato. Il giorno della partenza, Andromeda e Phoenix dovettero separarsi, ma prima di andare quest'ultimo fece promettere al fratello di essere sempre forte in qualsiasi situazione, nonostante le avversità. Andromeda promise, ed aggiunse che, per quando si sarebbero rivisti, lui avrebbe conquistato l'armatura e sarebbe diventato Cavaliere. Ancora ferito per le percosse subite, Phoenix venne imbarcato su un mercantile e raggiunse l'Isola della Regina Nera, nel mezzo dell'Oceano Pacifico.
Luogo di prigionia per alcuni nemici di Atena, l'isola era un posto terribile, sterile e vulcanico, quasi del tutto privo di forme di vita. Per di più, l'uomo che avrebbe dovuto addestrarlo, un misterioso guerriero mascherato, era tanto violento e spietato quanto forte, e non fece altro che indirizzarlo alla violenza con metodi di allenamento fatti di scontri e percosse. Giorno dopo giorno, Phoenix si ritrovò ridotto allo stremo e coperto di ferite, punito per qualsiasi atto di rispetto o educazione, o per qualsiasi comportamento non mettesse la forza al primo posto. Convinzione dell'uomo infatti era che per diventare Cavaliere fosse necessario dimenticare qualsiasi sentimento, tramutandosi in macchine da combattimento guidate solo dall'odio e dal desiderio di potere. A suo dire, solo in quel caso Phoenix avrebbe conquistato l'armatura custodita sull'Isola - la leggendaria corazza immortale della Fenice, che mai nessun uomo era riuscito a ottenere sin dall'epoca dei miti. Nonostante questo terribile modo di vivere però, per anni Phoenix riuscì a restare aggrappato alla propria umanità grazie al ricordo di Andromeda e alla presenza di Esmeralda, figlia del suo maestro. Di animo dolce e sensibile, la ragazza si prese spesso cura di lui dopo gli allenamenti, medicandogli le ferite e dandogli da mangiare. Il legame tra i due crebbe rapidamente: per Phoenix, Esmeralda era l'unico fiore dell'Isola, mentre lei - costretta a restare lì perché sola al mondo a parte il padre - sognava per lui un futuro radioso in cui sarebbe riuscito a ottenere l'armatura e a tornare da Andromeda.
Trascorsero così sei anni, durante i quali Phoenix, determinato nel conquistare l'armatura, divenne sempre più forte, riuscendo però anche a non perdere la propria umanità. Nonostante le quotidiane percosse, era convinto che il maestro si comportasse duramente con lui solo per renderlo più forte, ma in cuor suo ne temeva anche la collera e infatti faceva sempre attenzione a non essere mai sorpreso insieme a Esmeralda per evitare che la ragazza, cui ormai voleva profondamente bene, venisse punita al suo posto. Con il passare degli anni, il legame tra i due si rafforzò, al punto che un giorno Esmeralda allontanò Phoenix dall'allenamento per fargli vedere un campo fiorito, segno che persino su quell'isola terribile la natura e la speranza potevano trionfare. Purtroppo però, il padre scoprì questa piccola fuga e picchiò duramente la figlia, riproverandola per aver distratto Phoenix, che cercò invano di difenderla. Nonostante la sua disapprovazione però, i due continuarono a vedersi di nascosto (vedi Note), finchè non giunse il giorno in cui Phoenix avrebbe dovuto affrontare per l'ultima volta il maestro per conquistare l'armatura.
Inizialmente, il ragazzo cercò di evitare che Esmeralda scoprisse quel che stava per accadere, ma lei, non vedendo Phoenix in giro, intuì tutto e corse sul luogo degli allenamenti dove i due stavano combattendo. Divenuto ormai un valido guerriero, in quel momento Phoenix era in vantaggio, ma, non volendo uccidere l'uomo verso il quale provava comunque gratitudine, fermò il pugno all'ultimo momento prima di trapassargli il torace. Per punirlo di questa debolezza, l'uomo sferrò un colpo mortale, che colpì solo di striscio il ragazzo lasciandogli una cicatrice alla base del naso, ma centrò Esmeralda in pieno petto. Colpita mortalmente, la ragazza crollò a terra, subito soccorsa da un disperato Phoenix, in lacrime per l'accaduto. Consapevole che ormai per lei era giunta la fine, Esmeralda supplicò Phoenix di perdonare suo padre e di diventare presto una Fenice capace di volare lontano dall'Isola, poi si spense tra le sue braccia. Quanto appena accaduto, unito alla più totale assenza di dolore o senso di colpa da parte del maestro, fu la goccia che fece sprofondare Phoenix nel vortice dell'odio e della rabbia, eterna e diretta al mondo intero. Lasciandosi alle spalle il ricordo di Andromeda o degli amici d'infanzia, si avventò sul maestro in preda all'ira, lo mise alle strette e alla fine l'uccise sfondandogli il petto con un pugno. Tale gesto gli valse l'investitura e l'armatura della Fenice si dispose sul suo corpo, ma lo fece anche sprofondare nell'oscurità.
Divenuto Cavaliere, Phoenix affinò le sue tecniche e venne contattato da Arles, Grande Sacerdote del Santuario di Atena, in Grecia. L'uomo, già a capo di tutti i Cavalieri del pianeta, aveva ambizioni di dominio ben più grandi e voleva controllare il mondo intero. Vedendo in Phoenix qualcuno di cui potersi servire, ne proseguì l'addestramento, insegnandogli la tecnica mentale del Fantasma Diabolico (vedi Note). In questo periodo, Phoenix vide parte del Grande Tempio e incontrò il sia il primo ministro Gigars che il gigantesco Docrates, restando impressionato dalla potenza del suo colpo segreto. Poco tempo dopo, il ragazzo fece ritorno sull'Isola e, grazie alla sua nuova forza, prese il controllo dei Cavalieri Neri, i guerrieri rinnegati che vivevano in quel luogo, servendosi in particolare dei quattro più forti: Pegasus Nero, Dragone Nero, Cigno Nero e Andromeda Nero, oltre che di un piccolo esercito di soldati semplici. Contattato ripetutamente dalla Fondazione Thule per partecipare alla Guerra Galattica, un torneo tra Cavalieri il cui premio in palio era l'armatura d'oro del Sagittario, rifiutò di rispondere, rendendosi irreperibile. Arles, consapevole della forza di quell'armatura, gli ordinò però di interrompere il torneo e impadronirsene, forse promettendogli anche che in cambio avrebbe potuto tenersela (vedi Note).
Insieme a un gruppetto di soldati, Phoenix fece così ritorno a Nuova Luxor, apprendendo che Alman era morto da ormai cinque anni e che ora era sua nipote Isabel a guidare la Fondazione. Anziché uscire allo scoperto, inizialmente rimase nell'ombra, assistendo ai primi combattimenti della Guerra Galattica e vedendo in azione Pegasus, Sirio il Dragone, Cristal il Cigno, Asher dell'Unicorno, Aspides di Idra, Ban del Leone Minore e Geki dell'Orsa. In questo modo, poté osservarne al meglio le tecniche e rendersi conto della loro forza, salvo concludere che nessuno di loro era alla sua altezza. Fu durante il quinto turno - lo scontro tra Asher e suo fratello Andromeda - che Phoenix finalmente si mostrò, facendo un'entrata trionfale ed uscendo dallo scrigno dell'armatura d'oro, dopo che la sua presenza era stata percepita dalla catena di Andromeda. A causa di una maschera che nascondeva i suoi lineamenti, inizialmente nessuno lo riconobbe, ma tutti percepirono l'odio immenso di cui era ricolmo il suo cosmo, in grado di agitare la catena di Andromeda e allarmare persino lady Isabel. Furono Sirio e Pegasus finalmente a riconoscerlo, spingendolo a smascherarsi tra la sorpresa generale, in particolare di Andromeda, che pianse di gioia per averlo finalmente ritrovato. Nel cuore di Phoenix però l'affetto fraterno era ormai sepolto, e quella dimostrazione d'affetto fu vista come un gesto di debolezza che lo spinse ad accanirsi proprio contro il fratello, ferendolo e atterrandolo per primo.
Saltato sull'arena, Phoenix colpì a distanza Mylock, per vendicarsi della punizione subita anni prima, e atterrò con un colpo solo Asher. Black il Lupo, suo avversario originale nel torneo, provò ad affrontarlo, ma al Cavaliere bastò il Fantasma Diabolico per metterlo fuori gioco senza neanche muoversi. All'apparenza inarrestabile, sfidò gli altri Cavalieri presenti ad affrontarlo, anche tutti insieme, dichiarando di fatto guerra alla Fondazione Thule e a tutto ciò che rappresentava. Non volendogli far sporcare le mani però, i suoi soldati saltarono sul ring, convincendolo a fuggire portando via i pezzi dell'armatura d'oro. Fu l'inizio di una vera e propria caccia all'uomo, in cui Phoenix abbatté un elicottero della polizia e fece perdere le sue tracce nella zona del porto, da dove il giorno dopo intendeva ripartire per l'Isola della Regina Nera. Nascosto in un magazzino, cercò anche di indossare l'armatura d'oro, ma Pegasus, attirato dal bagliore della corazza, riuscì a trovarlo e a fermarlo appena in tempo, dividendo la corazza in nove pezzi. Braccato anche da Sirio, Cristal e Andromeda, Phoenix divise l'armatura con i suoi soldati e ordinò loro di fuggire, ma quattro di loro vennero sconfitti, perdendo i bracciali e gli schinieri dorati.
Fatto ritorno sull'Isola Nera, Phoenix non poté che prendere atto della situazione, e ordinò ai quattro Cavalieri Neri di presentarsi al suo cospetto. Deciso a sfidare i Cavalieri di Lady Isabel in una serie di duelli mortali per i pezzi mancanti, diede loro una parte ciascuno, tenendo per sé solo l'elmo. Inviò poi una lettera di sfida a Lady Isabel, invitando i quattro Cavalieri - Pegasus, Sirio, Cristal e Andromeda - in un luogo chiamato Valle della Morte, dove avrebbero combattuto per il possesso dell'armatura d'oro. Il quartetto accettò. Mandati loro incontro i propri Cavalieri Neri, Phoenix rimase in attesa su una roccia chiamata artiglio del leone, usando il cosmo per seguire lo svolgimento degli scontri. A un tratto, accanto a lui si materializzò la testa di cigno del diadema di Cigno Nero, messaggio d'addio del Cavaliere verso il suo padrone. Su di esso, il guerriero - ucciso da Cristal - aveva memorizzato l'attacco più potente del suo avversario, l'Aurora del Nord, in modo che Phoenix potesse affrontarlo e sconfiggerlo senza problemi. Questo dono si rivelò provvidenziale, perché appena pochi minuti più tardi proprio Cristal raggiunse Phoenix per primo, e scese in campo ad affrontarlo. Nel duello, il Cavaliere della Fenice si portò subito in vantaggio, avendo già visto la Polvere di Diamanti del nemico durante la Guerra Galattica e quindi riuscendo a rimandarla al mittente senza problemi. Inoltre, Phoenix percepì che il cuore di Cristal era ancora sofferente per la tragica perdita di sua madre, avvenuta anni prima, e decise di approfittarne facendogli vivere una visione infernale con il Fantasma Diabolico. Per poco però il piano non gli si ritorse contro, visto che la rabbia di Cristal all'avere i propri sentimenti calpestati a quel modo lo fece reagire scatenando l'Aurora del Nord, da cui Phoenix si salvò solo abbandonando l'armatura e grazie a quanto appreso tramite Cigno Nero. Con Cristal paralizzato dagli effetti ritardati del Fantasma Diabolico, Phoenix gli sfondò il pettorale e il torace con un pugno, ridendo della sua debolezza. Il Cigno però, prima di cadere, gli afferrò il braccio destro fino a congelarlo, obbligando il Cavaliere rinnegato a riconoscerne la forza.
Nel frattempo, gli altri Cavalieri Neri erano stati sconfitti. Sirio e Andromeda raggiunsero Phoenix insieme, ma il secondo colpì a tradimento il compagno per fargli perdere i sensi, si inginocchiò ai piedi del fratello e lo implorò di abbandonare i suoi piani di vendetta. Phoenix, che nel frattempo aveva indossato di nuovo l'armatura, non provò però alcuna pietà e lo avrebbe ucciso se non fosse stato per l'arrivo di Pegasus, deciso ad affrontarlo pur essendo ancora un po' indebolito dalle ferite precedentemente subite. Con il risveglio di Sirio e l'inaspettato ritorno di Cristal, miracolosamente sopravvissuto al pugno di poco prima, Phoenix si trovò da solo contro quattro, ma nonostante le condizioni di inferiorità rimase sordo alle nuove suppliche di Andromeda, che gli ricordò il loro saluto quando partirono per l'addestramento. Stanco di parlare, Cristal chiese e ottenne la rivincita, riuscendo stavolta a creare uno specchio di ghiaccio per respingere il Fantasma Diabolico su Phoenix stesso. Colto di sorpresa, il guerriero si vide tradito e attaccato dai suoi Cavalieri Neri, senza possibilità di scampo. Tuttavia, a causa dei traumi subiti in passato, gli effetti del colpo mentale furono blandi e temporanei, permettendo al guerriero di contrattaccare contro Cristal, nel frattempo bloccato da Andromeda che non voleva la morte del fratello. Colpitolo di nuovo al cuore, scoprì che il Cigno si era precedentemente salvato grazie al crocefisso d'oro lasciatogli da sua madre prima di morire, prova simbolica del valore dei sentimenti.
Ridendo di tutto ciò, Phoenix scatenò la furia delle Ali della Fenice sui nemici, mettendo fuori combattimento Sirio, Cristal e Andromeda con la sua forza incredibile. Pegasus fu il solo a scamparla, protetto dall'armatura di Sagitter, i cui otto pezzi si erano disposti davanti a lui per fargli da scudo. Incredulo di fronte a quel prodigio, Phoenix lo fu ancora di più quando gli attacchi incessanti del nemico iniziarono a sopraffarlo, finendo persino per fare a pezzi la sua armatura e lasciandolo indifeso e sconvolto davanti all'eventualità di essere stato sconfitto pur essendo il più forte. L'improvvisa resurrezione della sua corazza - la prima in assoluto per il Cavaliere - modificò di nuovo le sorti del combattimento, riportandolo in vantaggio, ma un nuovo prodigio intervenne in aiuto di Pegasus quando lo scudo del Dragone di Sirio e la catena di Andromeda si disposero su di lui. A differenza dell'individualismo della Fenice, Pegasus e gli altri erano ormai uniti da una profonda amicizia, forgiata lottando fianco a fianco e rischiando la vita gli uni per gli altri, e questo legame ora si manifestava attraverso le loro armature. Ben protetto sia dalle Ali della Fenice che dal Fantasma Diabolico, Pegasus combinò il suo Fulmine al potere congelante della Polvere di Diamanti di Cristal, tornando in vantaggio e assestando il colpo finale sul petto del nemico. Gravemente ferito e allo stremo, Phoenix dovette ammettere il fallimento dei suoi piani e del suo essere solitario di fronte ai sentimenti che avevano unito i suoi nemici fino a dar loro la vittoria.
Con il risveglio di Sirio, Cristal e Andromeda, il Cavaliere cercò di attaccare di nuovo e farsi uccidere, nella speranza che la morte ponesse fine ai suoi sensi di colpa e al dolore che portava dentro sin dalla scomparsa di Esmeralda. Esortato da Andromeda, raccontò ai quattro del suo addestramento, per poi tentare di riprendere la lotta pur essendo ormai moribondo. Colpiti dal suo racconto, Pegasus e gli altri lo esortarono a dimenticare il passato e unirsi a loro come vero Cavaliere della giustizia, ma Phoenix iniziò a metterli in guardia sull'esistenza del Grande Tempio, di cui erano tutti all'oscuro. Le sue parole furono interrotte dalla comparsa di nuovi, misteriosi nemici sul campo di battaglia, intenzionati a prendere la sacra armatura. Troppo ferito per prendere parte alla battaglia che seguì, Phoenix cadde in un crepaccio. Andromeda corse subito ad aiutarlo porgendogli l'estremità della catena, e contemporaneamente gli chiese finalmente perdono per non avere avuto il coraggio di andare lui all'Isola Nera come era stato stabilito. Pur rischiando di cadere a sua volta, Andromeda non volle abbandonare il fratello e le sue lacrime di frustrazione fecero finalmente svanire ogni traccia di odio o ira dal volto di Phoenix. Resosi conto del cambiamento, Andromeda raccolse tutte le forze e tirò su il fratello, per poi correre ad abbracciarlo. Un'improvvisa nevicata, segno del cielo, riportò anche alla mente di Phoenix il ricordo di Esmeralda, facendolo scoppiare in un pianto liberatorio.
Le lacrime vennero interrotte dalla comparsa del capo dei nemici, un gigantesco guerriero che si rivelò essere Docrates, incaricato dal Grande Sacerdote di riportare l'armatura d'oro al Grande Tempio. Con otto pezzi già in mano ai suoi uomini, e temendo che la forza devastante del nemico potesse uccidere Andromeda e gli altri cavalieri, Phoenix affidò a Pegasus l'elmo, ancora nelle sue mani, e causò una frana che travolse il nemico, ma che rischiò di seppellire anche i Cavalieri. Phoenix, troppo debole per allontanarsi, rimase immobile in attesa della fine, venendo sepolto dalle rocce sotto lo sguardo disperato di Andromeda.
Per diverse settimane, i Cavalieri pensarono che Phoenix fosse morto e affrontarono Docrates e altri nemici senza di lui, ma in realtà il ragazzo era sopravvissuto, in buona parte grazie anche ai poteri della sua armatura. A farlo ritornare in azione, ironicamente, furono gli attacchi di fuoco di un nemico, il Cavaliere della Fiamma, che si stava scontrando con Andromeda presso una baita di montagna di Lady Isabel non lontano dalla Valle della Morte. Con il fratello ormai sconfitto dal calore, la Fenice tornò a volare e stavolta apparve in suo aiuto, disperdendo le fiamme. Ormai purificato nel cuore e nello spirito, Phoenix decise di schierarsi al fianco del fratello e dei compagni per combattere in nome della giustizia. Gigars, convinto che fosse ancora dalla loro parte, fu il primo a subirne l'ira, mentre il Cavaliere della Fiamma venne totalmente annientato dal Fantasma Diabolico. Poco dopo, anche Pegasus e Cristal li raggiunsero e Phoenix strinse loro la mano, suggellando il suo ingresso nel gruppo.
Quella sera, Isabel, Mylock ed i cavalieri, ai quali si era unito anche Sirio, appena tornato dalla Cina dopo una visita al suo maestro, tennero una piccola festa nella baita per festeggiare il ritorno del cavaliere della Fenice. Al pensiero di essere di nuovo insieme all'amato fratello, ad Andromeda venne da piangere per la gioia, e lo stesso Phoenix, nonostante avesse sempre giudicato le lacrime un segno di debolezza, si commosse. I cavalieri poi discussero circa l'identità del loro misterioso nemico, che Sirio aveva scoperto essere Arles. Pegasus, stanco di aspettare che fossero gli altri a fare la prima mossa, propose ai cavalieri di andare al Grande Tempio per affrontare il nemico, ma Isabel li fermò, ricordando loro quanto avessero combattuto ultimamente e consigliando di prendersi alcuni giorni di riposo per recuperare le forze e rilassarsi dopo tante battaglie. Alla fine le parole della ragazza riuscirono a convincerli ed i cavalieri, tornati a Nuova Luxor, si separarono. Volendo passare un pò di tempo insieme dopo tanto tempo, Andromeda e Phoenix si recarono poco fuori Nuova Luxor (vedi Note), al cimitero in cui erano sepolti i loro genitori, e pregarono sulla loro tomba. La loro preghiera venne tuttavia interrotta da una sensazione di paura e stupore quando avvertirono il cosmo di Pegasus diminuire d'intensità. A loro insaputa infatti, l'amico era impegnato in battaglia contro un nuovo sicario inviato da Arles, un cavaliere d'argento. Preoccupati per lui, Andromeda e Phoenix si affrettarono a tornare in città, ma quando arrivarono il nemico era già stato sconfitto da Pegasus. Più tardi, i due fratelli si riunirono a Mylock, Isabel, Sirio, Cristal e Pegasus tra le rovine del Grande Tempio, per parlare del cavaliere che aveva attaccato quest'ultimo. Per di più, Pegasus era stato attaccato anche da altri due avversari, ma era stato salvato da Castalia, colei che lo aveva addestrato, che poi prima di partire aveva lasciato sulla sabbia la scritta "Pegasus proteggi Atena". Phoenix e gli altri si interrogarono sul significato di quel messaggio, ma fu Mylock a spiegarlo svelando che Isabel in realtà altri non era che la reincarnazione di Atena, Dea della giustizia. A riprova di ciò, il suo cosmo dorato abbracciò l'area, unendosi a quelli scintillanti dei cinque cavalieri. Tale visione riempì di gioia il cuore di Phoenix, che giurò fedeltà alla Dea insieme agli altri Cavalieri.
I festeggiamenti vennero interrotti dall'arrivo di un nuovo nemico, Babel, capace di creare sfere di fuoco con la forza del proprio cosmo in maniera molto più efficace del Cavaliere della Fiamma. Pur senza armatura, Phoenix cercò di affrontarlo, ma venne rapidamente costretto alla difensiva mentre Cristal - il solo con indosso la corazza - gli teneva testa e infine lo sconfiggeva con l'aiuto di tre nuovi misteriosi venuti, i Cavalieri d'Acciaio, che dopo aver soccorso il cavaliere del Cigno scomparvero nel nulla. Diffidente di natura, Phoenix fu cauto a considerarli alleati, supponendo potessero essere nemici appartenenti a una terza forza. Isabel però non condivise i suoi sospetti, preferendo un approccio meno pessimista.
Più o meno in quei giorni, Phoenix e Andromeda vennero attaccati da cinque nuovi Cavalieri Neri, fedeli ad Arles e sottopostisi brevemente a un allenamento speciale per vendicare i compagni caduti. Guidati da Ritahoa di Phoenix Nero, Kenuma di Pegasus Nero, Jido di Cigno Nero, Shinadekuro di Dragone Nero e un secondo Andromeda Nero attaccano Andromeda a Nuova Luxor, cercando di ucciderlo. Phoenix però intervenne in aiuto del fratello e, riconosciuti i quattro che già aveva incontrato sull'Isola della Regina Nera, li sconfisse senza pietà (vedi Note).
Nei giorni successivi, Isabel mostrò ai Cavalieri il nuovo quartier generale, scavato nella roccia sotto il Palazzo dei Tornei, e da lì i ragazzi decisero di partire per una missione esplorativa in Grecia. Pegasus, che aveva familiarità con quei luoghi, fu posto a capo, e scelse Sirio e Andromeda come accompagnatori, affidando a Phoenix la difesa di Lady Isabel nonostante i suoi brontolii. I tre partirono ma, alcune ore più tardi, a palazzo giunse la notizia della scomparsa dell'aereo su cui stavano viaggiando. Quasi contemporaneamente, arrivò un comunicato dei Cavalieri d'Acciaio, i quali informavano che il velivolo di Pegasus e gli altri era precipitato su un'isola dell'Egeo a causa di un attacco nemico. Pur non sapendo se fidarsi o meno, Isabel non ebbe scelta e mandò Cristal e Phoenix in soccorso degli amici. A bordo di un aereo supersonico, il Cavaliere della Fenice si sentì impotente come mai prima al pensiero che il fratello fosse in pericolo, ed ebbe persino bisogno di essere rincuorato dal più serafico Cristal. Alla fine, i due raggiunsero finalmente l'isola, trovando Pegasus e Andromeda quasi incolumi, ma Sirio in gravi condizioni a causa di varie ferite, tra cui una molto profonda agli occhi. Dagli amici, Phoenix apprese che i tre erano stati sorpresi da un gruppo di nemici, tra cui Argor, un cavaliere d'argento capace di pietrificare gli avversari, e che Sirio si era accecato con le sue mani pur di sconfiggerlo. Ad aiutarli inoltre erano intervenuti di nuovo i Cavalieri d'Acciaio, che, prima di andarsene, avevano volutamente lasciato un indizio su come ritrovarli.
Tornati a Nuova Luxor e lasciato Sirio in ospedale per una delicata operazione agli occhi, Cristal, Pegasus, Isabel e Phoenix si recarono dall'uomo che i cavalieri d'acciaio avevano citato, il professor Righel, uno studioso al servizio della Fondazione Thule. Qui, il gruppo apprese che era stato Alman, anni prima, a porre le basi per la creazione dei Cavalieri d'Acciaio, le cui armature robotiche supplivano alla mancanza di cosmo, e che quindi i tre erano realmente dalla loro parte. Phoenix dovette ammirare l'organizzazione di Alman, ma l'allegria per la bella notizia non durò a lungo: raggiunto Andromeda all'ospedale dove Sirio stava venendo operato infatti, i cavalieri scoprirono che l'amico era fuori pericolo, ma anche che il danno agli occhi era irreparabile, e che quindi sarebbe rimasto cieco per sempre. Comprensibilmente, la notizia gettò Phoenix e gli altri Cavalieri in un profondo sconforto. La reazione della Fenice fu particolare e complessa: a differenza degli amici, che si strinsero attorno a Sirio prima della sua partenza per un periodo di convalescenza in Cina, Phoenix divenne più scontroso e scostante, tornando in parte all'abitudine originaria di stare da solo. Le ragioni erano molteplici, tra esse la scarsa comunicazione, la cattiva sopportazione degli ordini e la convinzione che gli altri non avessero bisogno di lui, ma i risultati non tardarono ad arrivare. Sfruttando il dolore e il senso di impotenza di tutti per la sorte di Sirio, Phoenix scatenò una rissa con Pegasus, e in generale mentì accusando tutti di essere immaturi e disorganizzati. Dopo averli almeno rassicurati che non intendeva tornare dalla parte di Arles, ignorò un ordine diretto di Lady Isabel e se ne andò, scomparendo nella notte.
La sua defezione fu in realtà abbastanza breve. Neanche ventiquattro ore e dovette correre in aiuto dei compagni, sconfitti da una serie di attacchi consecutivi di numerosi Cavalieri d'Argento inviati da Arles. Con Pegasus gravemente ferito, e Andromeda e Cristal precipitati in un burrone, toccò a lui comparire a proteggere Lady Isabel dagli ultimi due tra loro, Agape e Vesta. In una nuova esibizione sia di forza che di tracotanza, si mostrò superiore a entrambi, frantumando le catene di Vesta, e colpendo Agape con il Fantasma Diabolico fino a fargli perdere il controllo sui dischi che usava come arma, che lo mutilarono e uccisero orrendamente. Quando Isabel gli chiese perché non avesse almeno fermato i dischi, si limitò a rispondere di non averne avuto tempo o modo, senza lasciar trasparire alcun rimorso. Sconvolto, Vesta si rialzò per vendicare l'amico, ma Andromeda, risalito dal crepaccio insieme a Cristal, intervenne per affrontarlo, promettendo a Phoenix che ci avrebbe pensato lui. La Fenice comunque non rimase ad attendere l'esito dello scontro ed abbandonò il campo di battaglia.
Ormai, per Phoenix era arrivato il momento di chiudere i conti con il passato e fare ritorno sull'Isola della Regina Nera. Qui, diviso tra i ricordi di Esmeralda, gli orrori dell'addestramento e gli attacchi di alcuni Cavalieri Neri superstiti, si fece strada fino a raggiungere Jango, un criminale che nel frattempo si era messo al comando dei Cavalieri rimasti in nome di Arles. Venne però sorpreso dal Fantasma Diabolico del suo doppio Phoenix Nero e per poco non perse la vita. A scuoterlo furono una visione di Esmeralda e le voci di Andromeda, Cristal e Pegasus, venuti in suo soccorso. Grazie a loro, si liberò dalle illusioni e sconfisse sia Phoenix Nero che Jango, spezzando una volta per tutte i legami con il passato. Sull'isola si scatenò però un violento terremoto, opera di Arles e degli spiriti malvagi che lì avevano trovato la morte. Restio ad abbandonare la tomba di Esmeralda, per poco il ragazzo non rimase vittima delle scosse e dell'eruzione vulcanica, ma Isabel salvò lui e gli altri avvolgendoli in sfere luminose appena prima che l'isola si inabissasse.
Tornato a Nuova Luxor con gli altri, Andromeda volle chiedere spiegazioni a Phoenix per il suo recente comportamento ed i due andarono a parlare sulla spiaggia della città. La conversazione si spostò gradatamente sul destino e la sua importanza, e Phoenix spiegò al fratello che, sebbene alcune cose sembrino davvero prestabilite, gli esseri umani hanno la forza e la possibilità di ribellarsi al fato e cambiare il proprio destino. Questo dialogo riportò armonia tra i due fratelli, ma non durò a lungo dal momento che solo qualche giorno dopo, usando come scusa una conversazione riguardo la possibilità che Sirio, ancora cieco, tornasse il guerriero di un tempo, Phoenix litigò con i compagni e lasciò nuovamente il gruppo. Anche stavolta, le sue parole non erano sincere, ma dettate soprattutto dal desiderio di restare da solo per prepararsi all'imminente guerra contro Arles. Intuendo che ormai mancava veramente poco all'apice del conflitto, il Cavaliere si recò sull'Isola del Riposo, in Grecia, per riparare e solidificare la sua armatura vicino la lava del vulcano.
La sua previsione si rivelò corretta perché Arles, stanco dei continui fallimenti, fece scendere in campo i suoi guerrieri più potenti, gli invincibili Cavalieri d'Oro, di cui il Sagittario era solo uno tra dodici. Dopo un paio di schermaglie in giro per il mondo, lady Isabel, Pegasus, Andromeda e Cristal si recarono al Grande Tempio, dove vennero raggiunti da Sirio, ancora cieco ma più sereno e pronto a tornare in azione. Una guida li portò alla base di un'altissima gradinata, scavata nella montagna, nel corso della quale erano posti dodici templi, e spiegò che quelle erano le Dodici Case dello Zodiaco, presidiate proprio dai Cavalieri d'Oro. Per poter raggiungere Arles, la cui residenza era in cima alla scalinata, i Cavalieri e Isabel avrebbero dovuto attraversare tutti i templi e di conseguenza sconfiggere i dodici Cavalieri d'Oro, un'impresa in cui nessuno era mai riuscito dai tempi dell'antica Grecia. A complicare ulteriormente le cose, la guida si rivelò un cavaliere d'argento di nome Betelgeuse, che, prima di essere abbattuto da Pegasus, riuscì a ferire gravemente Isabel vicino al cuore con una freccia d'oro. Prima di morire, Beteljuse disse che solo Arles avrebbe potuto estrarre la freccia, e che altrimenti Isabel sarebbe morta in dodici ore. A segnare lo scorrere del tempo, Beteljuse indicò una meridiana sulla quale vi erano dodici fuochi, uno per ciascuna casa dello zodiaco. Ogni fuoco si sarebbe spento dopo un'ora, indicando ai cavalieri il tempo restante per salvare Isabel. Percependo almeno parte di questi eventi attraverso il cosmo, Phoenix rimase inizialmente nel vulcano, ma intervenne tramite il cosmo circa tre ore più tardi, quando Andromeda stava per essere sconfitto dalle illusioni del misterioso Gemini, custode della terza casa, che in verità era Arles stesso. Sentendo che il fratello era in pericolo, Phoenix fece avvampare il suo cosmo e turbò per un istante la concentrazione di Arles, salvando Andromeda. Lo sforzo però l'obbligò a ritirarsi subito dopo, lasciando il fratello a combattere da solo.
Fu solamente altre tre ore più tardi, con l'armatura ormai del tutto pronta, che Phoenix poté scendere davvero in campo. I suoi primi nemici però furono due Cavalieri d'Argento, Loto e Pavone, discepoli del Cavaliere d'Oro di Virgo inviati sull'isola per ucciderlo. Dopo aver sconfitto facilmente un manipolo di soldati e salvato una bambina di nome Elena, Phoenix affrontò Pavone, mentre Loto sembrava misteriosamente impegnato a pregare. Lo scontro fu subito in salita, perché il Cavaliere d'Argento si rivelò in grado di rallentare le Ali della Fenice fino a renderle innocue, e di essere immune agli effetti del Fantasma Diabolico. Vederlo attentare alla vita dell'ingenua e innocente Elena per un po' spronò Phoenix, ma poi una forza misteriosa comparve a paralizzarlo: era il cosmo di Virgo, evocato da Loto prima di affiancare Pavone in battaglia. Solo contro due e con i movimenti impediti, Phoenix trovò la forza per reagire proprio nel desiderio di salvare Elena, e riuscì a resistere abbastanza a lungo da permettere a Lady Isabel di intervenire spezzando telepaticamente gli effetti del cosmo di Virgo. Di nuovo libero di agire, capovolse rapidamente la battaglia, fino ad annientare i due con le Ali della Fenice e portare in salvo Elena, chiedendosi che uomo fosse Virgo che aveva addestrato uomini spietati come Loto e Pavone.
La risposta non tardò ad arrivare: giunto finalmente alle Dodici Case, Phoenix dovette affrontare proprio Virgo, che aveva sconfitto con facilità estrema Pegasus, Sirio e Andromeda. Come mai prima però, si trovò totalmente soverchiato dalla forza del Cavaliere d'Oro, immune alle Ali della Fenice e in grado di rilanciargli contro il Fantasma Diabolico. Dopo averne dissolto le prime illusioni, comprese con orrore che Virgo - soprannominato l'uomo più vicino ad Atena - era guardiano di Ade, in grado di separare l'anima del corpo e rinchiuderla in uno dei sei mondi della trasmigrazione, o di disintegrare la sua armatura come se nulla fosse. Pur riuscendo a sfuggire ai sei mondi di Ade, per la prima volta Phoenix cedette alla disperazione e tentò persino la fuga, credendo di aver corso per migliaia di chilometri solo per scoprire di essere rimasto fermo sullo stesso posto, come il leggendario scimmiotto sulla mano di Buddha. Questa umiliazione lo scosse e, unita alle continue resurrezioni della sua armatura, gli permise di provare qualche contrattacco e obbligare il nemico a sfoderare la sua arma più potente. Aperti gli occhi - tenuti fino a quel momento chiusi - Virgo liberò il cosmo accumulato e lo privò prima dell'armatura, teletrasportandola via in modo che non potesse risorgere, e poi dei cinque sensi uno per uno. Paralizzato e impotente, Phoenix gli chiese perché qualcuno forte come lui era al servizio di un malvagio come Arles, ascoltando incredulo Virgo rispondere confermando la sua fiducia nell'uomo e nell'ordine costituito da lui creato.
Ormai alle strette, Phoenix decise di tentare una mossa disperata: lasciarsi privare volontariamente dei sensi per accrescere il suo cosmo fino a superare quello del nemico, praticamente copiando la strategia da lui usata tenendo gli occhi sempre chiusi. Nel frattempo, Andromeda si era svegliato, ma Phoenix, pur ridotto ormai in stato di quasi totale incoscienza, gli chiese telepaticamente di non intervenire e continuò a bruciare il suo cosmo, circondandosi di una barriera di luce che ridestò Sirio e Pegasus, e iniziando a spaventare persino il nemico. Preoccupato, Virgo lo privò del sesto senso, l'intuizione, ma questa mossa si rivelò un errore perché gli permise di innalzare il cosmo ancora di più, fino al settimo senso che contraddistingueva proprio i Cavalieri d'Oro da quelli comuni. Bloccato Virgo in una colonna di luce, gli spiegò di essere pronto a sacrificare la vita pur di sconfiggerlo, e lo accusò di ignorare cosa fossero virtù o spirito di sacrificio. Sordo alle suppliche del nemico, Phoenix disse addio a Pegasus, Sirio e soprattutto Andromeda, al quale disse di essere fiero per com'era cresciuto e maturato. Poi scomparve insieme a Virgo in un "mondo di luce", una spaccatura tra le dimensioni dalle quali neppure lui avrebbe potuto fare ritorno. Era la quadratura del cerchio: il lupo solitario che un tempo era stato sconfitto dall'amicizia di quattro avversari, ora dava la vita per il medesimo ideale.
Sarebbe stata la fine, ma la sua arte oratoria e il suo spirito di sacrificio lo salvarono. Colpito dalle sue parole, palesemente sincere, e dai suoi sentimenti di amicizia in nome dei quali era pronto a dare anche la vita, Virgo decise di salvarlo e, con l'aiuto di Mur dell'Ariete, sei ore più tardi lo riportò sulla terra. Gli restituì inoltre i sensi perduti e rigenerò la sua armatura, dicendogli di correre in aiuto di Pegasus, che nel frattempo aveva raggiunto le stanze di Arles, ma era anche da solo, essendo Sirio, Cristal e Andromeda caduti nel frattempo. Dopo avergli chiesto il perché del suo gesto, Phoenix lo ringraziò e corse via, raggiungendo Pegasus appena in tempo. Insieme a lui, ormai moribondo, trovò Arles, che aveva definitivamente svelato la propria identità di Gemini. Per salvare Atena, non restavano che pochi minuti, entro i quali Pegasus avrebbe dovuto raggiungere l'enorme scudo dorato posto accanto alla statua della Dea che si trovava in cima alle Dodici Case. A detta di Phoenix, i crimini passati non gli avrebbero mai permesso di impugnarlo, quindi non poteva far altro che tenere impegnato Gemini mentre Pegasus si trascinava fino alla statua.
Lo scontro con il Cavaliere d'Oro fu catartico: Gemini era stato direttamente o indirettamente responsabile di tutti i drammi del suo passato, a partire dalla follia del suo maestro, la cui mente aveva plagiato. A causa sua, Phoenix aveva ceduto al male, e per lo stesso motivo non si era mai sentito del tutto parte dei Cavalieri di Atena, turbato dal ricordo di aver combattuto per l'oscurità. Nelle sue parole, Gemini era un ricordo che lo tormentava. Fece così di tutto per tenergli testa, riuscendo a uscire dalla Dimensione Oscura che era in grado di evocare, e a contrattaccare con le Ali della Fenice. La forza del Cavaliere d'Oro però era immensa, e per un po' il ragazzo venne travolto e spinto via, ma la sua interferenza diede comunque a Pegasus il tempo necessario per raggiungere lo scudo e rifletterne la luce sul corpo di Lady Isabel, facendo svanire la freccia di Betelgeuse. Rialzatasi, la fanciulla aveva iniziato a scalare le Dodici Case insieme a Kiki, Mylock, Asher e gli altri cavalieri di bronzo, giunti in sua difesa alcune ore prima, e soprattutto con i Cavalieri d'Oro sopravvissuti, Mur, Toro, Ioria, Virgo e Scorpio, che finalmente l'avevano riconosciuta come Atena e le avevano giurato fedeltà. Mentre la fanciulla avanzava, risanando anche le mortali ferite di Sirio, Cristal e Andromeda, Phoenix salvò di nuovo Pegasus e affrontò una seconda volta Gemini, venendo però privato dei cinque sensi e sconfitto rapidamente.
A intervenire in suo aiuto questa volta fu proprio Isabel, che fermò la mano assassina di Gemini. Dopo un tentativo fallimentare di Andromeda, Sirio e Cristal, Phoenix, con uno sforzo straordinario, si rialzò insieme agli amici, bruciando al massimo quel che restava dei loro cosmi per donarne l'energia a Pegasus. Un tale sforzo prosciugò completamente le energie dei quattro, ma permise a Pegasus di assestare il colpo che sostanzialmente sconfisse Gemini, il quale poi si suicidò chiedendo perdono ad Atena. Privo di sensi, Phoenix venne soccorso da Isabel e gli altri Cavalieri, che onorarono lui e gli altri come salvatori della giustizia. Le condizioni dei Cavalieri però erano disperate e nessun medico avrebbe potuto salvarli. Nella speranza di un miracolo, i ragazzi vennero portati in un tempietto nella periferia del Grande Tempio, dove sin dalle epoche mitologiche venivano portati gli eroi in fin di vita. Per giorni Isabel vegliò sui suoi paladini, ma alla fine il miracolo si compì ed i cinque eroi superarono il periodo critico e si ripresero. Allarmato dal suo istinto, Phoenix fu il primo a riprendere i sensi, appena in tempo per salvare i compagni dall'attacco di cinque misteriosi sicari e sconfiggerli con le Ali della Fenice. Venne allora attaccato da un potente cosmo di ghiaccio, che in quelle condizioni l'avrebbe di certo ucciso, ma a difenderlo comparve Virgo, la cui presenza mise in fuga il sicario. Studiando le vesti dei soldati caduti, i due compresero che provenivano da Asgard, la terra del Nord, ma inizialmente decisero di non reagire a quell'attacco (vedi Note).
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