LADY ISABEL DI THULE
(SAORI KIDO)
ETA': 13 anni (inizio della saga); 17 anni (saga di Hades), 29-30 anni (Saint Seiya Omega).
ALTEZZA: 1.55 M.
PESO: 44 Kg.
OCCHI: Verdi.
CAPELLI: Violetti.
DATA DI NASCITA: 1 Settembre.
LUOGO DI NASCITA: Grande Tempio.
GRUPPO SANGUIGNO: A.
SEGNI PARTICOLARI: Nessuno.
PARENTI CONOSCIUTI: Alman di Thule (nonno adottivo).
COSTELLAZIONE / SIMBOLO: /
ARMATURA / ARMI: Armatura divina di Atena. L'armatura di Atena copre completamente il corpo della Dea, lasciando scoperto solo il volto, ed è fatta di un materiale sconosciuto, forse la pelle del gigante Pallante, che comunque la rende immensamente resistente e superiore a tutte le armature dei cavalieri. Di conseguenza è praticamente indistruttibile e può essere danneggiata solo da armi divine impugnate da guerrieri con un cosmo sufficientemente potente o da divinità. Inoltre congela solo a temperature di molto inferiori allo zero assoluto e probabilmente fonde solo a migliaia di gradi. L'armatura è dotata di ali ma non è noto se permettano effettivamente di volare o se siano solo ornamentali, dal momento che le divinità sembrano comunque in grado di volare grazie al loro cosmo. L'armatura di Atena è dotata di un enorme scudo, l'Egida, che però può essere usato anche separatamente dal resto della corazza. L'Egida è estremamente resistente, persino più dell'armatura stessa, ed è capace di resistere anche ad altre armi divine, come la spada di Hades. Lo scudo è un dono di Zeus alla figlia e può essere usato solo da lei o da uomini che non si siano mai macchiati di atti malvagi. Inoltre, in determinate circostanze pare possedere dei poteri curativi, apparentemente efficaci solo su Atena stessa, ma la loro origine ed estensione non è nota. Nelle epoche mitologiche sullo scudo di Atena era scolpito il volto di Medusa, la Gorgone il cui sguardo aveva il potere di mutare gli uomini in pietra, ma in seguito Atena lo donò al cavaliere d'argento di Perseo (vedi profilo di Argor). A causa delle notevoli dimensioni, l'Egida è comunque poco maneggevole, cosa che costituisce il suo unico punto debole. Sempre nelle epoche mitologiche, Atena possedeva una spada capace di tagliare qualsiasi materiale, Excalibur, ma poi ne fece dono ad uno tra i suoi primi cavalieri, Capricorn. Nell'epoca moderna, Atena usa come arma uno scettro sul quale è posto l'emblema di Nike, Dea della Vittoria. Lo scettro possiede vari poteri, può ad esempio far apparire le sacre armature, donare energia ai cavalieri fedeli ad Atena e danneggiare altre armature divine. L'emblema di Nike è anch'esso un dono di Zeus ad Atena e sembra simboleggiare il possesso della Terra. La totale estensione dei poteri dello scettro non è nota ma sembrano proporzionali al cosmo di Atena (vedi profilo di Lady Isabel). A volte nelle epoche mitologiche Atena usava anche una lancia, con la quale ad esempio sconfisse Lucifero, ma su quest'arma non si sa nulla.
STIRPE: Divinità dell’Olimpo, e proprietaria della Fondazione Thule.
PRIMA APPARIZIONE: Episodio 1 "Pegasus l’invincibile" (anime), Saint Seiya N° 1 capitolo 3 (manga edizione Star Comics).
EPISODI (SAGA):. 1-73 (saga del Grande Tempio), 74-99 (saga di Asgard), 100-114 (saga di Nettuno), 117-143 (saga di Hades), OAV 1 (Discordia), 2 (Balder), 3 (Apollo), 4 (Lucifero), 5 (Artemide). Saint Seiya Omega 1-2, 12-13, 16, 20, 26-28, 42-43, 45, 47-51 (saga di Mars), 52 (saga di Pallas).
NUMERI DEL MANGA:.N° 1-28. Next Dimension 1-6. Episode G 1, 8. Side Story n° 2 e 3 Artbook Jump Gold Selection 2 e 3. Gigantomachia.
COLPI SEGRETI / POTERI: Lady Isabel è l’incarnazione di Atena, e quindi possiede tutti i poteri della divinità, sebbene presumibilmente in forma ridotta. Possiede un cosmo potentissimo, superiore a quello di qualsiasi mortale, che le conferisce svariati poteri, come un certo grado di controllo sugli animali, abilità curative, la capacità di lanciare potenti fasci di energia e volare. L'esatta estensione dei poteri di controllo sugli animali non è nota, ma Isabel ha mostrato di poter ammansire animali selvaggi o ammaestrati come lupi e corvi per brevi periodi di tempo. Parimenti, non è noto fino a che punto possano spingersi i suoi poteri curativi, ma in almeno un'occasione ha riportato in vita cavalieri vicinissimi alla morte. I poteri dovrebbero agire alimentando le minime forse residue della vittima e donare energia al suo cosmo, ma Isabel non sembra poter far rimarginare le ferite o riportare in vita i defunti. Il cosmo di Atena è anche in grado di paralizzare dei nemici di medio livello, come cavalieri d'argento, di purificare menti plagiate dal male o vittime di influenze esterne, e di distruggere piccoli oggetti come lance o sassi. In particolare facendo uso di questo potere Atena può distruggere edifici o ponti semplicemente sfiorandoli. Il cosmo di Atena ha anche alcuni poteri protettivi per la Dea stessa, permettendole di respingere attacchi di media intensità o armi da lancio, anche se scagliate da cavalieri. Isabel sembra inoltre possedere alcuni poteri telepatici, che le consentono di comunicare con altre persone attraverso il cosmo. Per poter sentire le parole della Dea però, è necessario che l'altra persona sia capace almeno di percepirne l’aura. Verosimilmente, un cavaliere con un cosmo potente può avvertire la voce della Dea anche a grandi distanze.
Isabel è poi capace di creare sfere di luce per proteggere altre persone. Queste sfere possono essere infrante dall'interno ma sono estremamente resistenti ad attacchi esterni e possono resistere persino ad armi divine come la spada di Hades. Le sfere possono inoltre galleggiare nell'aria e viaggiare guidate dalla volontà di Atena. La Dea è inoltre capace di rallentare enormemente il battito cardiaco degli esseri umani a solo 100.000 battiti l'anno, quindi prolungando il loro arco di vita persino di secoli. Gli effetti di questa tecnica, chiamata Misopethamenos, possono essere annullati in qualsiasi momento da colui che la riceve. Dal momento che il Misopethamenos dona praticamente l'immortalità, Atena ne fa uso solo in rarissime circostanze. Impregnando il suo cosmo o il sangue in una speciale pergamena, Atena può creare un sigillo, capace di imprigionare in un oggetto un'anima divina o più anime mortali per svariati anni. Gli effetti del sigillo però si esauriscono dopo circa due secoli e mezzo e non sembra possano essere rinnovati senza prima uccidere o indebolire il nemico. In determinate circostanze, il suo cosmo può persino trascendere il tempo, o manifestarsi inconsciamente da neonata.
Il cosmo di Atena fornisce poteri speciali ad alcune parti del corpo di Isabel. Il suo sangue può proteggere da barriere nemiche, far evolvere le armature e risvegliarne i poteri latenti, mentre i suoi capelli, messi in un decotto, donano l’eterna giovinezza anche a chi ormai è già vecchio. Persino un solo capello può donare cento anni di lunga vita.
Dal punto di vista fisico, Isabel ha la forza e la velocità di un normale essere umano, anche se il cosmo di Atena le conferisce una resistenza fuori dal comune, permettendole ad esempio di sopravvivere per ore al gelo di Asgard, o sott’acqua senza respirare. In ambo i casi però c’è un limite alla sua resistenza, e con il passare delle ore anche lei può morire. Non essendo stata allenata all’uso delle armi, non è in grado di padroneggiarle con particolare maestria, anche se mostra una discreta abilità con lo scettro di Thule. Essere a capo della Grande Fondazione le mette a disposizione gli enormi mezzi umani e tecnologici della compagnia, un capitale quasi illimitato, abitazioni sparse per il mondo e mezzi di trasporto di qualsiasi tipo.
STORIA: Reincarnazione della Dea Atena sulla Terra, Isabel non nacque nel senso comune del termine, ma comparve, neonata, ai piedi della propria statua, in cima al Grande Tempio. Due secoli e mezzo dopo l’ultima guerra sacra, mancavano infatti relativamente pochi anni al risveglio di Hades e allo scoppiare di un nuovo conflitto, per cui era necessario che Atena si riunisse ai suoi Cavalieri e prendesse il comando dell’esercito. Raccolta dal Grande Sacerdote, la neonata venne accudita ed affidata alla protezione di Micene, Cavaliere di Sagitter e prescelto per diventare il nuovo Sacerdote. Purtroppo però il male incombeva: Gemini, Cavaliere d’Oro dei Gemelli, corrotto dal lato malvagio del suo animo e incoraggiato dallo spirito del Dio Crono, uccise il Sacerdote, ne prese il posto e attentò alla vita della bambina con un pugnale dai poteri deicidi. Micene riuscì a salvarla, ma fu costretto a fuggire con l’accusa di tradimento. Braccato dai soldati del Grande Tempio, venne intercettato dal Cavaliere di Capricorn e costretto a combattere. Nel pieno del duello, Isabel, poggiata a terra da Micene, gattonò fino a Capricorn, obbligando involontariamente il Cavaliere di Sagitter a fermarsi ed a prestare il fianco ai mortali fendenti del nemico. Fuori di sé, Capricorn fu persino tentato di uccidere la neonata, convinto che, se si fosse davvero trattata di Atena, ne avrebbe avvertito il cosmo, ma all'ultimo istante, seppur a livello inconscio, la riconobbe e la risparmiò, convincendosi di aver agito solo per pietà.
Dato per morto, Micene in realtà era sopravvissuto e riuscì a tornare dalla bambina, a prenderla con sé ed a fuggire fino alle rovine del Partenone. Qui incontrò un anziano turista, Alman di Thule, cui spiegò brevemente la situazione ed affidò la neonata, oltre alla propria armatura del Sagittario. Pur comprensibilmente sbalordito, Alman adottò la bambina e le diede il nome di Isabel, poi la riportò con sé a Nuova Luxor, in Giappone, crescendola come se fosse realmente sua nipote. Ad insaputa di entrambi, Isabel era già in grado di utilizzare inconsciamente il suo cosmo, con il quale ad esempio salvò la vita a Kanon, fratello di Gemini e prigioniero in una grotta alla base di Capo Sounion. Nel corso degli anni, Alman rivelò ad Isabel solo parte della verità: tacque sul non essere il suo vero nonno e non le disse di essere l’incarnazione di Atena, ma le parlò dell’esistenza dei Cavalieri, di cui lui stesso aveva appreso da Micene, e delle armature. L’educò allo studio degli astri, delle lingue antiche e della mitologia, e le confidò il suo sogno di voler radunare un piccolo esercito di Cavalieri con cui organizzare un grande evento sportivo, la Guerra Galattica, al cui vincitore sarebbe andata l’armatura di Sagitter, sulle cui origini si mantenne vago. A questo scopo, Alman, tramite i suoi agenti, fece portare a Villa Thule un gran numero di bambini orfani che potessero essere adatti, un giorno, ad essere inviati in varie parti del mondo per affrontare l’addestramento necessario per diventare Cavalieri di Atena. Ordinò inoltre ad uno dei suoi uomini, il Professor Righel, di costruire tre armature artificiali, cui far ricorso per aumentare il numero di Cavalieri a loro disposizione. Isabel assistette all’incontro tra il nonno e lo scienziato, ma nessuno dei due le svelò i dettagli del progetto.
Pur non essendo realmente suo nonno, Alman voleva sinceramente bene a Isabel, che a sua volta amava profondamente l’uomo. I viaggi di lavoro, nonché i preparativi necessari ad organizzare i futuri Cavalieri, lo tenevano però spesso lontano dalla villa e dalla nipotina che, priva di una guida, ricca e circondata da servitori, crebbe come una bambina viziata, ai limiti del crudele. Oggetto delle sue angherie erano soprattutto i bambini orfani, che riteneva di poter usare a suo piacimento come giocattoli in cambio dell’ospitalità che ricevevano alla villa. Senza nessuno che le insegnasse a distinguere giusto e sbagliato, Isabel arrivò addirittura a frustarli o a trattarli come animali, incurante del dolore che provavano. Di conseguenza, la maggior parte di loro prese ad odiarla e disprezzarla. In realtà, quella di Isabel non era cattiveria nel senso stretto del termine, quanto un misto di disinteresse ed ignoranza. Le cose proseguirono così finché un giorno Alman, di ritorno da un viaggio, non la vide maltrattare i bambini. Pur senza punirla, l’esortò a guardare l’odio misto a paura negli occhi dei loro piccoli ospiti, ed a rendersi conto del dolore che aveva causato. In seguito a questo incidente, la bambina trattò meglio i vari ragazzi, anche se mai alla pari o come amici.
All’età di sette anni circa, la vita di Isabel cambiò radicalmente. Poco dopo la partenza dei bambini per le rispettive località di addestramento infatti, Alman morì. La sua scomparsa straziò la ragazza, che perse colui che più amava al mondo. A crescerla da quel momento in poi fu Mylock, fidato maggiordomo di Alman nonché uno dei pochi cui l’uomo avesse rivelato la verità sulle origini di Isabel. Troppo piccola per poter materialmente guidare la Fondazione Thule, Isabel lasciò inizialmente ad altri l’incarico, ma, con il passare degli anni, prese comunque gradualmente il comando, supervisionando le numerose attività sparse per il globo ed incontrando i dirigenti ed amministratori dei vari rami della compagnia. In particolare, si occupò di portare avanti il progetto cui Alman teneva maggiormente, la Guerra Galattica, portando a compimento la costruzione dell’enorme Palazzo dei Tornei, ispirato al Colosseo di Roma. Trascorsero così sei anni, durante i quali Isabel divenne una vera lady, rispettata nell’alta società sia per la sua bellezza che per la sua abilità, invitata a party d’affari ed eventi mondani, e consultata per le operazioni più urgenti della Fondazione. Proseguì anche gli studi sui Cavalieri, tenendo sotto controllo gli sviluppi dell’addestramento degli orfani mandati anni prima, apprendendo dettagli sul cosmo, i colpi segreti e la fedeltà ad Atena, senza però immaginare di essere proprio lei l’incarnazione della Dea. In questi anni, iniziò anche ad utilizzare come simbolo lo scettro di Thule, presunto simbolo della famiglia, ignara che in realtà si trattava dell’emblema di Nike, sottratto da Micene poco prima della fuga. Per contro, la sua personalità si fece più chiusa e sulla difensiva, eccessivamente autoritaria e priva di dolcezza per ovviare alla giovane età e affrontare i doveri e le responsabilità della sua posizione.
Finalmente, circa sei anni dopo la morte di Alman, la Guerra Galattica era pronta a incominciare. Sette orfani, ora divenuti Cavalieri, avevano fatto ritorno, ed altri tre avrebbero dovuto raggiungerli presto. Convocata la stampa, ricoperta Nuova Luxor di volantini e stipulati contratti con le televisioni di tutto il mondo, Isabel poté dare il via all’evento, non per denaro o fama, ma per soddisfare il sogno del nonno. I Cavalieri riunitisi, temporaneamente alloggiati nella villa, erano Aspides di Idra, Black il Lupo, Geki dell’Orsa, Sirio il Dragone, Andromeda, Ban del Leone Minore e Asher dell’Unicorno. Proprio questi due si affrontarono nel combattimento inaugurale, cui Isabel assistette insieme a Mylock da una postazione speciale del Palazzo dei Tornei. Essere a capo della Fondazione dava sostanzialmente ad Isabel il comando dei Cavalieri, ed Asher in particolare era felice di servirla, mentre altri la trattavano con maggiore indifferenza. I soli a mancare erano Cigno, Fenice e Pegasus, che sin da bambino aveva mostrato uno spirito ribelle nei suoi confronti.
Completato l’addestramento in Grecia, proprio Pegasus arrivò il giorno dopo l’inizio del torneo, e subito si presentò a palazzo per chiedere quel che Alman gli aveva promesso in cambio del titolo di Cavaliere: sua sorella Patricia. Quasi tutti gli orfani infatti erano stati praticamente costretti a partire con minacce, ricatti o percosse, ed a Pegasus era stato promesso di essere riunito con l’amata sorella. Isabel non sapeva niente della sorte di Patricia, ma, quando Pegasus rifiutò di partecipare alla Guerra Galattica, gli propose di farla cercare dalla Fondazione Thule in cambio della sua presenza. Inizialmente il ragazzo rifiutò, ma Isabel sentiva che quello era il suo destino, e in effetti il Cavaliere finì per prendere parte.
Ammirandone la determinazione, Isabel ne fece il suo favorito per la vittoria finale, ed assistette al suo trionfo su Geki dell’Orsa. Il successo della Guerra Galattica scatenò i commenti positivi della stampa, portando un tale riscontro di pubblico che Isabel dovette spiegare nuovamente la storia dei Cavalieri e dei loro poteri, nonché la creazione del Torneo come idea di Alman. Le cose migliorarono ulteriormente dopo l’arrivo del nono Cavaliere, Cristal il Cigno, anche se del decimo ed ultimo, Fenice, si erano perse le tracce. Anche quando il quarto incontro rischiò di tramutarsi in tragedia, con Sirio il Dragone che per poco non morì durante il combattimento con Pegasus, gravemente ferito a sua volta, Isabel insistette per non interrompere il duello o la manifestazione. Il suo coraggio venne premiato quando Pegasus riuscì a salvare Sirio, prima di dover essere ricoverato nella clinica privata della Fondazione.
Un evento inatteso però rovinò lo spettacolo, cambiando per sempre le cose. Il quinto combattimento, in cui Andromeda stava avendo la meglio su Asher, venne interrotto dall’arrivo di Phoenix, che però non era venuto per partecipare ma per vendicarsi della Fondazione e di Alman. Dopo aver ferito o sconfitto numerosi Cavalieri, e minacciato tutti i presenti, Phoenix ed i suoi seguaci rubarono l’armatura del Sagittario, causando praticamente la chiusura anticipata del torneo. Pegasus, Sirio, Cristal e Andromeda recuperarono rapidamente quattro dei nove pezzi della corazza, ma il fiasco ormai era inevitabile. Rosa dal senso di colpa per non aver saputo gestire meglio la situazione, Isabel si vide costretta ad affrontare la stampa, e ad ammettere che il ladro era stato proprio uno dei Cavalieri. Unico modo per recuperare i pezzi era affidarsi ai restanti eroi, ma non tutti erano pronti. Isabel concesse a coloro che erano stati sconfitti nel Torneo di far ritorno dai rispettivi maestri per perfezionarsi, e anche Sirio partì, per far riparare la propria armatura e quella di Pegaso, danneggiatesi durante il loro scontro di qualche giorno prima. La fanciulla rimase sola con Pegasus, Cristal e Andromeda, una situazione non facile a causa del carattere ribelle e indipendente del primo, che mal sopportava qualsiasi forma di autorità. Dal canto suo, Isabel era troppo rigida, e si sforzava troppo di nascondere qualsiasi traccia di femminilità. A darle consiglio fu lo spirito di Alman, che un giorno le comparve nel planetario, esortandola ad ispirarsi ad Atena, ed a comandare con dolcezza e amore, in modo da ottenere l’affetto spontaneo di coloro che la seguivano.
Alcuni giorni dopo, Isabel ricevette una lettera di sfida, in Phoenix cui invitava i quattro Cavalieri in un luogo chiamato Valle della Morte, dove avrebbero combattuto per il possesso dell'armatura d'oro. Memore del consiglio del nonno, si recò a casa di Pegasus e l’informò di persona, ammettendo di essere preoccupata sia per Sirio, che non aveva ancora fatto ritorno, che per Pegasus stesso, che rischiava di dover combattere senza armatura. Questa manifestazione di emozione l’avvicinò al Cavaliere, migliorando i rapporti tra i due, ed anche il giorno della partenza Isabel si trovò ad ammettere di essere tanto interessata al recupero dell’armatura quanto alla salvezza dei giovani eroi. Accompagnatili in elicottero fino alla Valle della Morte, la fanciulla fece poi ritorno a palazzo, in attesa di sviluppi.
Le cose non andarono come previsto. Pegasus, Cristal, Andromeda e Sirio, riunitosi al gruppo all’ultimo momento, riuscirono a sconfiggere Phoenix, ma subito dopo vennero attaccati da un nemico di nome Docrates, inviato dal Grande Sacerdote, di cui Isabel non ricordava ovviamente nulla. Nel combattimento, persero tutti i pezzi dell’armatura d’oro a parte l’elmo, con cui fecero mesto ritorno a palazzo. Mylock li sgridò acidamente, ma Isabel, grata di riaverli sani e salvi, prese le loro parti, arrivando persino a consolarli visto che erano tutti abbacchiati per il fallimento e per la presunta morte di Phoenix, che alla fine li aveva aiutati contro Docrates. Perplessa dalla comparsa di questi nuovi nemici, Isabel ordinò alla Fondazione di fare ricerche sul Grande Tempio, e si recò di nuovo nel planetario nella speranza che lo spirito di Alman le comparisse di nuovo. Così fu, e da lui Isabel apprese l’importanza dell’armatura di Sagitter, che spesso, nei millenni, aveva deciso il corso stesso della storia. Non si trattava più solo di un furto o di una sfida, ma di una minaccia molto più grande, potenzialmente globale. Resasene conto, la ragazza si promise di proteggere l’elmo a qualsiasi costo, anche a rischio della propria vita. Questi propositi vennero messi subito alla prova il mattino dopo, quando Docrates attaccò la villa alla ricerca dell’elmo. Su consiglio di Sirio, con l’oggetto al sicuro nel planetario, Isabel inizialmente rimase nascosta in casa, ma, quando Dragone, Andromeda e Cristal vennero sconfitti, non esitò a fronteggiare lei stessa il nemico e ad ordinargli di andar via. Costretto alla fuga dall’arrivo di Pegasus e della polizia, Docrates rapì Isabel e Mylock, chiedendo in cambio l’elmo. A dimostrazione della bontà delle sue intenzioni, la fanciulla chiese con forza ai Cavalieri di non obbedire, e rimproverò Pegasus quando quest’ultimo si presentò con l’elmo. In realtà però era tutto un raggiro, ed alla fine i Cavalieri riuscirono sia a salvare lei che ad uccidere Docrates e tenersi l’elmo d’oro, sebbene a costo di una battaglia che quasi devastò il Palazzo dei Tornei. Consapevole che la villa non era una base sicura, Isabel ordinò allora la creazione di un nuovo quartier generale nei sotterranei del Palazzo dei Tornei.
La vittoria portò solo a pochi giorni di pace, poi il nemico attaccò di nuovo, stavolta dirottando una petroliera della flotta di Isabel ancorata nei Caraibi e chiedendo l'elmo in cambio della sua liberazione. Preoccupata per l’equipaggio e temendo un disastro ecologico, Isabel dovette cedere e veder partire di nuovo i quattro giovani. Una delle condizioni infatti era che fossero loro quattro a portare l'elmo, e così gli eroi si recarono nei Caraibi. Rimasta a Nuova Luxor, Isabel apprese in seguito che i Cavalieri avevano salvato l’equipaggio ma perso l’elmo d’oro. Decise così di recarsi di persona sulla petroliera, soprattutto per rincuorarli visto che erano tutti demoralizzati, specialmente Pegasus. Recitando una vecchia tradizione greca e gettando i propri gioielli in mare, la fanciulla fece capire loro che l’elmo era importante, ma le loro vite lo erano di più, e riuscì a sollevarne lo spirito. Insieme, organizzarono poi un attacco alla base del nemico, scoperta grazie ad alcune foto satellitari. Stavolta la missione andò bene, e gli eroi fecero ritorno con l’elmo d’oro.
Tornata a Nuova Luxor, Isabel potè festeggiare la vittoria con i Cavalieri, ma la felicità venne offuscata pochi giorni dopo da un incendio appiccato al Palazzo dei Tornei da alcuni teppisti. Per di più, il mistero sull'identità del nemico dietro i recenti attacchi rimaneva irrisolto. I Cavalieri decisero che sarebbe stato meglio per Lady Isabel nascondersi in un posto sicuro con l'elmo d'oro, mentre loro visitavano i rispettivi maestri per chiedere consiglio. Con Andromeda e Mylock come guardie del corpo, la fanciulla partì verso una baita di montagna, sita molto vicina alla Valle della Morte in cui Phoenix aveva perso la vita. Raggiunto il posto in elicottero, i tre si sistemarono nella baita. I primi giorni passarono tranquilli, ma la pace venne interrotta quando, al notiziario televisivo, apparvero le immagini della villa di Lady Isabel in fiamme. Addolorata alla vista di un luogo così ricco di ricordi che andava in pezzi, Isabel ordinò di preparare un jet per tornare in città, ma Andromeda, intuendo che probabilmente quella era una trappola del nemico, la convinse a restare. Mylock tuttavia non volle ascoltarlo ed in segreto tornò a Nuova Luxor, dove venne catturato dal nemico. Sotto tortura, il maggiordomo fu obbligato a rivelare l'ubicazione della baita ai suoi sequestratori: Gigars, primo ministro di Arles, Grande Sacerdote di Grecia, ed il Cavaliere della Fiamma. Ben presto quindi Isabel ed Andromeda si trovarono attaccati dai nemici, con Andromeda in enorme difficoltà contro le tecniche di fuoco del nemico. Pur di salvarlo, Isabel considerò di dare l’elmo a Gigars, ma in quel momento in soccorso di Andromeda comparve Phoenix, tornato a nuova vita e deciso ad aiutare Lady Isabel. Dopo averlo visto sconfiggere con facilità i nemici, Isabel gli diede il benvenuto tra loro insieme a Pegasus e Cristal, appena arrivati, suggellando il suo ingresso nel gruppo.
Quella sera, Isabel, Mylock ed i Cavalieri, ai quali si era unito anche Sirio, appena tornato dalla Cina dopo una visita al suo maestro, tennero una piccola festa nella baita per festeggiare il ritorno di Phoenix. Il gruppo discusse circa l'identità del loro misterioso nemico, che Sirio aveva scoperto essere il Sacerdote Arles, ignorando però che dietro la sua maschera si celasse Gemini. Pegasus, stanco di aspettare che fossero gli altri a fare la prima mossa, propose ai cavalieri di andare al Grande Tempio per affrontare il nemico, ma Isabel li fermò, ricordando loro quanto avessero combattuto ultimamente e consigliando di prendersi alcuni giorni di riposo per recuperare le forze e rilassarsi dopo tante battaglie. Alla fine le parole della ragazza riuscirono a convincerli ed i Cavalieri, tornati a Nuova Luxor, si separarono, mentre Isabel visitò il palazzo e scoprì, con sollievo, che i danni erano minori del previsto, e che le ali con i più importanti ricordi del nonno erano ancora intatte. La tregua durò poco: Isabel venne ben presto informata che Pegasus era stato attaccato da nuovi sicari, e chiese a Cristal di correre ad aiutarlo. Non ci fu però bisogno del suo intervento, perché Pegasus era stato salvato da Castalia, colei che lo aveva addestrato, che poi prima di partire aveva lasciato sulla sabbia la scritta "Pegasus proteggi Atena". Tutti si interrogarono sul significato di quel messaggio, e fu allora che Mylock rivelò finalmente la verità, narrando a tutti, Isabel compresa, la storia di Alman e Micene. La fanciulla scoprì così di essere la reincarnazione di Atena, e, come a riprova di ciò, il suo cosmo dorato abbracciò l'area, unendosi a quelli scintillanti dei cinque Cavalieri, che le giurarono fedeltà. Per Isabel fu uno shock scoprire che l’amato Alman era solo un nonno adottivo, ma seppe comunque adattarsi in fretta alla novità. A parte tutto, non c’era tempo per esitare, perché subito comparve un nuovo nemico, Babel, capace di creare sfere di fuoco con la forza del proprio cosmo. Aiutato dai misteriosi Cavalieri d’Acciaio, Cristal lo sconfisse, ed Isabel utilizzò per la prima volta i suoi poteri per liberarlo dall’influsso malvagio di Arles, lasciandolo morire con un sereno sorriso sul volto.
La comparsa dei Cavalieri d’Acciaio portò nuovi interrogativi, ed Isabel diede ordine di fare ricerche sul loro conto, trovando però solo qualche loro immagine in vecchi filmati della Guerra Galattica. D’altra parte, il nuovo quartier generale, dotato dei mezzi tecnologici più moderni, era pronto, e poté mostrarlo con orgoglio ai ragazzi. Su suggerimento di Pegasus, lui, Sirio e Andromeda partirono per una missione missione esplorativa in Grecia. Poche ore dopo tuttavia arrivò la notizia che l’aereo era stato abbattuto, i passeggeri dispersi. Isabel ordinò subito nuove ricerche, ma fu un messaggio dei Cavalieri d’Acciaio a rivelare loro le coordinate dell’isola su cui il mezzo si era schiantato. Nonostante l’aura di mistero di cui si avvolgevano, i tre erano infatti loro alleati, e Isabel seppe in seguito che avevano aiutato Sirio a sconfiggere Argor, un Cavaliere d’Argento con il potere di pietrificare i nemici. La vittoria però era giunta a caro prezzo, perché Dragone era stato costretto ad accercarsi con le sue mani. Affidatolo ai migliori medici del suo ospedale, Isabel fece visita ai Cavalieri d’Acciaio insieme a Pegasus, Cristal e Phoenix, incontrando il Professor Righel e venendo finalmente informata sul piano messo in moto da Alman tanti anni addietro. Sapere che il nonno era stato così lungimirante e che in un certo senso ancora l’aiutava le diede conforto, e ce n’era bisogno. I medici che operarono Sirio infatti gli salvarono la vita, ma ammisero di non poter fare nulla per i suoi occhi: il Dragone era destinato a rimanere cieco per sempre.
La notizia sconvolse Isabel, che si sentì in colpa per la sorte dell'eroe. Qualche giorno, con Sirio in partenza per un periodo di convalescenza in Cina, andò a salutarlo in ospedale insieme ai Cavalieri, raccomandandogli di non affrettare i tempi del recupero. Il calore del suo cosmo portò sollievo al ragazzo, che partì più sereno. La defezione di Sirio però non fu l'unica, quello stesso giorno Phoenix, senza motivi apparenti, scatenò quasi una rissa con Pegasus e poi lasciò il gruppo, ignorando un ordine diretto della ragazza. Sentendo la propria autorità vacillare, ed iniziando a dubitare di essere la persona più adatta ad affrontare quella situazione, Isabel si ritirò da sola tra le rovine del Palazzo dei Tornei. Qui, venne sorpresa da uno stormo di corvi ammaestrati e rapita, priva di sensi. Al risveglio, scoprì di essere tra le braccia di Pegasus, che l’aveva raggiunta e salvata dalle grinfie di due Cavalieri d’Argento: Damian, padrone dei corvi che l’avevano rapita, e Tisifone, vecchia nemica del ragazzo. Ferito, e consapevole di non avere le forze per proteggerla, il Cavaliere le chiese di fidarsi di lui e si gettò in un precipizio.
Il mattimo dopo, Isabel si svegliò su un tappeto di fiori, e corse a soccorrere Pegasus, svenuto a pochi passi da lei. Nel vederlo così, sentimenti di affetto e gratitudine emersero con forza, al punto che la ragazza, dopo aver pulito il sangue delle ferite dell’eroe, avvicinò le labbra per baciarlo. Fu fermata dall’arrivo di Tisifone e Damian, intenzionati a portare a termine il rapimento e ad uccidere Pegasus. Quando Damian si avvicinò per riprenderla, la fanciulla stavolta lo fermò, rivelando per la prima volta il suo cosmo divino e paralizzandolo temporaneamente. Ordinò all'incredulo nemico di tornare da Arles per riferirgli di venir di persona da lei, poi con il suo influsso liberò i corvi dal controllo del Cavaliere d'Argento. Non disposto ad accettare la sconfitta, Damian ordinò agli animali di ucciderla, ma essi prima ignorarono l'ordine e poi si ribellarono, aggredendo il Cavaliere stesso. Tisifone cercò di contrattaccare, ma venne fermata dall’arrivo di Andromeda e Cristal, che si sbarazzarono sia di lei che di Damian. Andromeda, Cristal e Lady Isabel si apprestarono a lasciare le montagne per portare Pegasus in ospedale, ma vennero fermati dall'arrivo di altri due avversari, Agape e Vesta, Cavalieri d'Argento, armati rispettivamente di dischi rotanti e di una catena chiodata. Andromeda e Cristal si rifiutarono di consegnare Isabel ai nemici e li affrontarono in battaglia, venendo però sconfitti e gettati in un precipizio. Fu Phoenix allora a comparire in suo soccorso, uccidendo Agape e trattenendo Vesta abbastanza a lungo da permettere ad Andromeda e Cristal di tornare in campo e finirlo. I modi di fare del Cavaliere della Fenice però rimasero freddi e scostanti: prima intimò ad Isabel di abbandonare Andromeda e Cristal, poi uccise crudelmente Agape, e, al ritorno del fratello, non rimase ad attendere l'esito dello scontro ed abbandonò il campo di battaglia.
Soltanto qualche giorno più tardi, Isabel scoprì che Phoenix aveva fatto ritorno sull'Isola della Regina Nera, il luogo del suo addestramento, per chiudere definitivamente i conti col proprio passato. Andromeda, Cristal ed il convalescente Pegasus decisero di andare ad aiutarlo, ed Isabel li accompagnò, restando però sulla nave di appoggio per non essere loro d’intralcio. Quando Arles usò i propri poteri per far esplodere e inabissare l’isola, Atena salvò i ragazzi, avvolgendoli in sfere luminose che li portarono in salvo. La situazione però restava delicata, anche a causa della prolungata assenza di notizie da parte di Sirio. Preoccupata per lui, Isabel fu sul punto di chiedere ai Cavalieri d’Acciaio di andarlo a trovare, ma dovette tornare sui propri passi quando, in seguito ad un nuovo litigio, Phoenix lasciò di nuovo il gruppo, mentre Pegasus decideva di far visita a colui che in passato aveva riparato la sua armatura, alla ricerca di una cura per Dragone. Comprendendo che la situazione richiedeva sensibilità più che fermezza, Isabel non impedì a Pegasus di andare, esortandolo solo a guardare oltre le apparenze ed a capire che, pur non dandolo a vedere, anche Phoenix era preoccupato per Sirio. La partenza di entrambi però comportava un grosso indebolimento delle già sparute forze dei Cavalieri, ridotti ai soli Cristal e Andromeda. Proprio in quel momento, l'elmo della sacra armatura del Sagittario scomparve nel nulla, rubato da una forza misteriosa.
Il non essere riuscita ad impedire il furto provocò un forte senso si frustrazione e colpa in Isabel, che non potè fare altro che aumentare quando tutte le ricerche si rivelarono vane. Solo il ritorno di Pegasus risollevò in parte l'animo della fanciulla, anche se solo per poco dal momento che il Cavaliere venne ricoverato quasi immediatamente a causa delle ferite riportate in un recente scontro. Preoccupata per lui, e allarmata nel percepire un potente cosmo minacciarlo, Isabel si recò nel parco dell’ospedale, e lo trovò intento ad affrontare Ioria, Cavaliere d'Oro del Leone inviato da Arles. Per di più, Ioria era il fratello minore di Micene, la cui armatura del Sagittario Pegasus stava incredibilmente indossando. Apprendendo che Ioria riteneva Micene un traditore, e sentendo che non era malvagio, Isabel gli svelò di essere Atena e raccontò il modo in cui Sagitter aveva perso la vita per salvarla. Le sue parole fecero breccia nel Cavaliere d’Oro, ma solo parzialmente, e Ioria le chiese una prova: resistere al suo colpo segreto pur essendo senza armatura. Avvertendo i dubbi che lo dilaniavano, Isabel acconsentì, ma Pegasus si intromise a sua difesa e respinse Ioria. Il Cavaliere di Leo comprese comunque che Isabel diceva il vero e, in ginocchio, le giurò fedeltà, promettendo di rimediare ai suoi sbagli. Isabel lo vide partire per il Grande Tempio, consapevole che il momento dello scontro finale era ormai alle porte.
Il fatto che Arles avesse inviato addirittura un Cavaliere d’Oro fece capire a tutti loro che era tempo di attaccare direttamente il Grande Tempio. Non volendo fare le cose di nascosto, Isabel inviò una lettera ad Arles, avvertendolo del loro imminente arrivo. Dopo diversi giorni di preparazione, i ragazzi erano ormai pronti a partire, ma prima visitarono un'ultima volta l'orfanotrofio St. Charles per salutare i loro piccoli amici. Cristal le chiese se anche lei li avrebbe accompagnati ad Atene e Isabel, dopo averlo ringraziato per la sua preoccupazione, rispose in maniera affermativa. In un modo o nell’altro, era tempo di concludere la faida con il Grande Tempio. Il mattino dopo, si recò in aeroporto insieme a Mylock, e venne raggiunta da Cristal, Pegasus ed i Cavalieri d’Acciaio. Il ritardo prolungato di Andromeda ben presto si fece preoccupante, e tutti compresero che era stato vittima di un attacco a sorpresa. Lady Isabel però chiese a Pegasus di non andarlo a cercare, sottolineando come fosse indispensabile per tutti loro avere fiducia sia in sé stessi che negli amici, altrimenti non avrebbero mai sconfitto Arles. Quelle parole, che in futuro sarebbero sempre rimaste nel cuore degli eroi, furono appropriate. Alla fine, Andromeda li raggiunse, portando con sé Nemes, una compagna di addestramento che, preoccupata per lui, aveva cercato di impedirgli di partire. Affidatala ai Cavalieri d’Acciaio, Isabel finalmente partì insieme ai ragazzi. Durante il lungo volo, ascoltò il racconto di Andromeda circa la distruzione dell’isola su cui era stato addestrato, e iniziò a fare ipotesi sull’identità del Grande Sacerdote. Intuendo che doveva trattarsi di un Cavaliere d’Oro, e ricordando come avesse alternato atti malvagi ad altri più nobili, immaginò potesse trattarsi di Gemini, deducendo quindi la verità, pur senza saperlo ancora.
Finalmente, dopo diverse ore di volo, l'aereo arrivò ad Atene ed atterrò in un'arena nelle vicinanze del Grande Tempio. Lì, il gruppo venne accolto da una guida mascherata inviata da Arles, che aveva ricevuto la lettera della ragazza. Pochi minuti dopo, i Cavalieri ebbero anche una lieta sorpresa, nei panni di Sirio, venuto al Grande Tempio per combattere insieme a loro sebbene ancora privo della vista. La guida poi li portò alla base di un'altissima gradinata, scavata nella montagna, nel corso della quale erano posti dodici templi, e spiegò che quelle erano le Dodici Case dello zodiaco, presidiate dai dodici Cavalieri d'Oro. Per poter raggiungere Arles, la cui residenza era in cima alla scalinata, i cavalieri ed Isabel avrebbero dovuto attraversare tutti i templi e di conseguenza sconfiggere i dodici Cavalieri d'Oro, un'impresa in cui nessuno era mai riuscito dai tempi dell'antica Grecia. Isabel aveva intenzione di tentare una scalata pacifica, convinta che molti Cavalieri l’avrebbero appoggiata nel percepire il suo cosmo, ma, a complicare fatalmente le cose, la guida si rivelò un Cavaliere d'Argento di nome Betelgeuse, che, prima di essere abbattuto da Pegasus, riuscì a ferire gravemente la fanciulla vicino al cuore con una freccia d'oro. Prima di morire, Betelgeuse disse che solo Arles avrebbe potuto estrarre la freccia, e che altrimenti Isabel sarebbe morta in dodici ore. A segnare lo scorrere del tempo, indicò una meridiana sulla quale vi erano dodici fuochi, uno per ciascuna casa dello zodiaco. Ogni fuoco si sarebbe spento dopo un'ora, indicando ai Cavalieri il tempo restante per salvarla.
Morente, Isabel ricordò brevemente i giorni dell’infanzia, poi ascoltò la promessa dei Cavalieri di salvarla, assicurandoli che aveva piena fiducia in loro. Nelle ore che seguirono, rimase svenuta ai piedi della Prima Casa, protetta prima da Mur dell’Ariete e da suo fratello Kiki, e poi da Mylock, Asher e gli altri Cavalieri di Bronzo della Guerra Galattica, di ritorno dopo un ulteriore addestramento. Anche in quelle condizioni però, Isabel continuò sempre ad aiutare i Cavalieri, sostenendoli telepaticamente, consigliandoli e guidandoli, per quanto possibile. Incitò Pegasus e Cristal a non arrendersi contro Toro e Acquarius, riportò l’anima di Sirio sulla terra durante il duello con Cancer e lo rassicurò sul fatto che quest’ultimo non fosse sotto la sua protezione. Unì il proprio cosmo a quello di Pegasus contro Ioria. Spezzò la concentrazione di Virgo abbastanza a lungo da salvare Phoenix dai suoi discepoli, Loto e Pavone. Grazie allo scettro di Thule, fece ricomparire l’armatura di Sagitter, generando sul Grande Tempio l’eufonia delle vesti dorate. Incoraggiò, e tentò invano di convincere Sirio, Cristal e Andromeda a non dare la vita per lei contro Capricorn, Acquarius e Fish.
Esattamente dodici ore dopo, Pegasus, riuscitosi a trascinare da solo fino alla statua di Atena, sollevò lo scudo della Dea verso il cielo. La luce lunare, riflettendosi su di esso, irradiò il corpo di Isabel, disintegrò la freccia e risanò la ferita. La ragazza poté così riaprire gli occhi e rialzarsi. Ora consapevole che la sua intuizione era corretta e che Arles era proprio Gemini, Isabel iniziò a scalare le Dodici Case, ricevendo giuramenti di fedeltà da Mur, Toro, Ioria, Virgo e Scorpio, ovvero i soli Cavalieri d’Oro ancora in vita. Alle case di Capricorn, Acquarius e Fish, curò parzialmente Sirio, Cristal e Andromeda, proseguendo poi verso le stanze di Arles, cui giunse appena in tempo per salvare il moribondo Phoenix.
Era il tempo dello scontro finale. Dopo aver visto con orgoglio gli esausti Cavalieri unire le forze contro Gemini, Isabel capì che non erano più ragazzi, ma veri uomini e Cavalieri. Non volendo prolungare ulteriormente la faida, propose a Gemini di arrendersi pacificamente, rifiutando la sua idea per cui l’umanità aveva bisogno di un sovrano potente ed oscuro. Al suo rifiuto, vietò ai Cavalieri d’Oro di intromettersi e lo affrontò da sola. Le sue parole fecero breccia nel cuore del guerriero, da sempre tormentato da una doppia personalità, e quest’ultimo, abbandonato anche dall’armatura d’oro, si suicidò sul suo scettro. Amareggiata, Lady Isabel lo lasciò morire tra le sue braccia, accettando la sua supplica di perdono. Aveva vinto, ma non poteva gioirne, perché il prezzo da pagare erano state le vite di Cavalieri d’Oro come Cancer, Capricorn, Acquarius, Fish, e Gemini stesso. Inoltre, Pegasus e gli altri versavano in condizioni disperate.
Consapevole che nessun medico avrebbe potuto salvarli, ad Isabel non restò che pregare in un miracolo. I ragazzi vennero portati in un tempietto nella periferia del Grande Tempio, dove sin dalle epoche mitologiche venivano portati gli eroi in fin di vita. Per giorni, Isabel vegliò sui suoi paladini, ripensando a quanto la sua vita fosse cambiata rispetto agli anni dell’infanzia, ed a quanto fosse legata ai cinque Cavalieri. In particolare, non poteva negare l’amore che ormai provava nei confronti di Pegasus. Unico a rendersene conto, Mur dell’Ariete l’avvertì che Atena doveva amare in egual misura tutti i Cavalieri, e che non le era concesso donare il suo cuore ad uno soltanto. Per la prima volta, Isabel sentì realmente il contrasto tra i propri sentimenti di essere umano ed i propri doveri di Dea. Decise così di far ritorno a Nuova Luxor, continuando però a pregare e sperare che i ragazzi guarissero. Alla fine il miracolo si compì ed i cinque eroi superarono il periodo critico e si ripresero (vedi Note).
La pace sembrava aver fatto ritorno e, per la prima volta da tempo, tutti loro poterono vivere giorni tranquilli. Una mattina, Isabel accompagnò Andromeda, Pegasus e Cristal a trovare i bambini orfani del collegio St. Charles (vedi Note). In quell'occasione, la ragazza conobbe Daisy, una delle assistenti del collegio, e passò una piacevole mattinata in compagnia dei vivaci bambini. La quiete però fu di breve durata: il giorno dopo, Isabel andò a cavalcare e si imbatté in Daisy, che nel frattempo era stata posseduta dallo spirito di Eris, Dea della Discordia. Fatta prigioniera, la fanciulla si trovò legata ad un altare sacrificale, dove Discordia le mise davanti una mela d’oro per assorbire il suo cosmo e ucciderla. Quando Atena rifiutò di cedere alla disperazione e dichiarò con orgoglio che i Cavalieri l’avrebbero salvata, Discordia mandò loro un messaggio di sfida, e fece comparire i suoi cinque Cavalieri Ombra, guerrieri da lei stessa resuscitati.
Nelle ore successive, Isabel avvertì attraverso il cosmo mentre Pegasus e gli altri rischiavano la vita contro i nemici. Il pensiero, e le loro invocazioni d’aiuto, le fecero piangere lacrime di dolore appena prima di perdere i sensi, ormai in fin di vita a causa della mela. Indossando l’armatura del Sagittario, Pegasus riuscì però a distruggere la mela e salvarla, riportandola sana e salva a palazzo.
La quiete tuttavia durò poco. Cristal, tornato in Siberia per recuperare le forze, era misteriosamente scomparso dopo aver mandato un messaggio d'aiuto, in cui diceva di aver soccorso un uomo di Asgard, la città di Odino, il Dio del Nord (vedi Note). Preoccupati per lui, Andromeda, Sirio e Pegasus accompagnarono Isabel ad investigare. Per farlo i tre indossarono le loro armature, apparentemente intatte ma in realtà ancora gravemente danneggiate per le battaglie del Grande Tempio e poi contro Discordia. Le ricerche li condussero ad una fortezza chiamata Valhalla, governata da Balder, sedicente sacerdote di Odino. L'uomo, pur garantendo ospitalità ai quattro viaggiatori, negò di aver mai sentito parlare di Cristal. Pur non convinti, Isabel ed i Cavalieri accettarono la sua parola e quella del suo seguace Loki e lasciarono il palazzo, ma non prima che Freyr, principe del luogo, e sua sorella Freya li portassero in una sorta di giro turistico della cittadella. Durante la passeggiata, si imbatterono in altre tre seguaci di Balder, Rummìr, Midgard ed Uru. Quella notte, i Cavalieri ed Isabel si sistemarono in una locanda ai piedi della cittadella. Nella speranza di trovare tracce di Cristal, Sirio e Pegasus uscirono a cercarlo, affidando Isabel ad Andromeda. Poco dopo però un messaggero di Balder convocò Isabel a palazzo, da sola.
Qui, la fanciulla scoprì che Balder nascondeva oscuri piani di conquista. Riconosciutala come Atena, cercò di ucciderla, ma Isabel si difese con il suo cosmo, e per qualche istante sembrò avere la meglio. Balder però fece ricorso ad una tecnica speciale per imprigionarla in una specie di coma vegetativo, e la pose a mò di polena davanti ad un antico vascello, scolpito ai piedi della statua di Odino. In queste condizioni, Isabel non poteva nulla, ma i Cavalieri corsero ancora in suo soccorso. La battaglia si concluse quando Pegasus, indossata l'armatura di Sagitter, lanciò la freccia d'oro contro Balder, trapassandolo al cuore. Contemporaneamente, Atena venne salvata grazie al sacrificio di Freyr. Ritrovato anche Cristal, che, sottoposto al lavaggio del cervello aveva combattuto per Balder nei panni di Midgard, tutti poterono finalmente tornare a Nuova Luxor.
Più di ogni altra cosa, la battaglia del Valhalla aveva mostrato che ormai dopo la battaglia del Grande Tempio le armature di bronzo erano troppo malridotte per poter assistere i Cavalieri in eventuali battaglie future (vedi Note). I Cavalieri d'Oro, consapevoli che in ultima istanza la distruzione delle armature di bronzo era stata causata da loro, decisero di onorare i cinque ragazzi ricostruendo e potenziando le loro armature, e per farlo usarono il loro stesso sangue. Nacquero così Pegasus di Fuoco, Dragone di Smeraldo, Cigno d’Argento, Andromeda la Notte e Phoenix la Luce, ricche di energia e vitalità. Più o meno sempre in questo periodo (vedi Note), il cosmo di Isabel trascese addirittura il tempo, tornando indietro di sei anni per aiutare un giovane Ioria nel corso della battaglia contro Crono, colui che aveva donato a Gemini il pugnale per attentare alla sua vita.
Approfittando del periodo di pace, Isabel poté dedicarsi un po’ ai suoi doveri come capo della Fondazione Thule. Partecipò infatti ad una cena di gala per il compleanno di Julian Kedives, figlio ed ereditiero di un importante armatore. Appena fatta la sua conoscenza, il ragazzo le chiese di accompagnarlo in terrazza, dove i due parlarono per un po’ del mare e del suo ruolo fondamentale per il sostenamento del pianeta. Julian poi la sorprese con una richiesta inattesa, una proposta di matrimonio. Sbalordita ed in imbarazzo, Isabel declinò il più cortesemente possibile, anche quando Julian le disse di avere la sensazione di conoscerla da sempre. Con una scusa, fece ritorno alla villa e, il giorno dopo, partì per Nuova Luxor, ricongiungendosi ai Cavalieri.
Per alcuni giorni, tutto andò senza intoppi. Poi, una mattina, giunse notizia che Toro era stato sconfitto da un misterioso aggressore, il quale proprio in quel momento comparve di fronte a lei. Presentatosi come Mizar, Cavaliere di Asgard, il guerriero era venuto per ucciderla, e solo l’intervento combinato di Pegasus, Andromeda, Phoenix, Sirio e Cristal riuscì a fermarlo. Con autorità, Isabel l’invitò a tornare da dov’era venuto, ed il Cavaliere obbedì, ma era chiaro che una nuova minaccia si stava risvegliando. Inviato Cristal ad Asgard in avanscoperta, Isabel lo seguì poco dopo insieme a Pegasus e Andromeda. Poco dopo esseri arrivati nel gelido regno del Nord, completamente coperto da neve e ghiaccio, i tre trovarono Cristal in compagnia e Flare, sorella di Ilda, sovrana del luogo. La ragazza raccontò loro che Ilda era improvvisamente cambiata e, senza motivi apparenti, stava preparando una guerra per conquistare le terre fertili del sud. Per di più l'atteggiamento di Ilda, già pericoloso di per se, rischiava di portare a conseguenze catastrofiche perché la fanciulla aveva smesso di pregare Odino, e questo stava causando un lento ma costante scioglimento dei ghiacci polari, che a sua volta avrebbe ben presto causato una terribile inondazione delle terre emerse.
Compreso il pericolo, Isabel decise di andare a parlare con Ilda, ed ovviamente i Cavalieri si prepararono ad accompagnarla. La cosa però venne troncata sul nascere dalla comparsa di otto potenti cosmi, segno dell'arrivo di Ilda e dei suoi sette cavalieri, tra i quali vi era anche Mizar. Ben presto la tensione tra i due gruppi portò ad una serie di scontri individuali, basati più sulle emanazioni del cosmo che su veri attacchi. Isabel stessa si vide costretta a fronteggiare l’aura di Ilda con la propria, in uno scambio di sfere di energie e scariche luminose. Dopo un po’, la fanciulla richiamò il gruppo all’ordine. Osservando la celebrante, Isabel si accorse che al suo dito vi era un anello d'oro, l'Anello del Nibelungo, tristemente noto per i suoi nefasti ed oscuri poteri. Comprendendo che l'anello aveva assoggettato Ilda, Isabel disse ai cavalieri che sfilarglielo dal dito era l'unica speranza per porre fine alla sua minaccia, ma aggiunse che avrebbero dovuto cavarsela da soli perché lei avrebbe dovuto impedire lo scioglimento dei ghiacci pregando Odino al posto della celebrante. Si recò così su uno scoglio a picco sul mare e frantumò la roccia alle sue spalle per impedire a chiunque altro di seguirla. Thor, uno dei cavalieri di Ilda armato di un'enorme ascia, provò lo stesso a fermarla lanciandole contro la sua arma, ma Isabel la respinse con il solo cosmo, facendo desistere gli altri cavalieri del Nord dal provare a fermarla. Ad ogni modo Ilda non si preoccupò, ed anzi avvisò che il freddo di Asgard avrebbe ucciso Isabel entro sera.
Come al Grande Tempio, Lady Isabel trascorse ore in attesa e preghiera, sforzando al massimo il proprio cosmo per rallentare lo scioglimento dei ghiacci. Anche stavolta non mancò però di dare sostegno ai suoi paladini, incoraggiandoli in praticamente ogni battaglia, ammansendo i lupi di Luxor contro Sirio, o cercando di mettere in guardia Cristal dalle astuzie di Megres. Dovette preoccuparsi anche per Flare, che insistette per restare a pregare insieme a lei. Inizialmente, disse a Kiki di convincerla ad andare e non rischiare anche lei la vita, ma poi, riconoscendo la sua devozione, le permise di restare. Con il passare delle forze, il suo cosmo si fece sempre più debole, rendendole difficile persino comunicare più di poche parole a Sirio durante il duello con Orion, il più potente tra i seguaci di Ilda. Alla fine, esausta, Isabel crollò priva di sensi. Grazie all’aiuto di Odino, i Cavalieri erano però riusciti nella missione, liberando Ilda dall’Anello del Nibelungo, che si scoprì esserle stato dato da Nettuno, imperatore dei mari.
Ad insaputa di tutti, l’intera guerra di Asgard era stata solo un diversivo per indebolire il cosmo di Atena. Isabel fece appena in tempo a vedere il ritorno dei Cavalieri e ad accettare le parole di perdono di Ilda, che un’onda enorme la strappò dallo scoglio, trascinandola nelle profondità marine, alla corte di Nettuno. Per di più, al risveglio scoprì, con enorme stupore, che Nettuno era Julian Kedives, risvegliatosi poco dopo il loro ultimo incontro. Julian le disse di aver intenzione di purgare la terra dalla piaga degli esseri umani, e che per questo da giorni stava causando piogge incessanti, maremoti e inondazioni. Chiese di nuovo ad Isabel di unirsi a lui, ma la ragazza rifiutò, avvertendolo piuttosto che avrebbe combattuto per fermarlo insieme ai Cavalieri di Atena. Pronta a rischiare la vita in cambio della salvezza degli esseri umani, la ragazza si lasciò intrappolare nella Colonna Portante, fulcro del regno di Nettuno, dove le acque l’avrebbero rapidamente sommersa. Come in altre occasioni però, la sua fede non vacillò, sostenuta dalla certezza che i Cavalieri sarebbero venuti a salvarla.
Così fu, e, anche stavolta, Atena passò ore a sostenere i suoi paladini con il cosmo, durante le violente battaglie con i Generali degli Abissi agli ordini di Nettuno. In particolare, aiutò Sirio a trovare i punti deboli di Krisaore e, sommersa dalle acque, iniziò a cantare con voce melodiosa, irradiando tutto il regno marino con il proprio cosmo e dando nuova linfa agli esausti eroi. All’interno della colonna, Isabel trovò inoltre un’anfora, riconoscendola come quella in cui, nelle epoche mitologiche, aveva imprigionato lo spirito di Nettuno. Anche stavolta, i Cavalieri non la delusero e riuscirono a salvarla, grazie anche alla comparsa delle armature d’oro di Sagittario, Bilancia e Acquario. Ringraziato Pegasus per il suo eroismo, Isabel fronteggiò personalmente Nettuno. Mentre il regno sottomarino, privo delle otto colonne che lo sorreggevano, veniva rapidamente sommerso dalle acque, le due divinità si affrontarono. Alla fine, protetta sempre da Pegasus, Atena ebbe la meglio e riuscì ad imprigionare di nuovo lo spirito di Nettuno nell'anfora. Attimi dopo, anche il tempio del Dio venne sommerso, ed i Cavalieri furono travolti dall'acqua. Il cosmo di Atena però giunse in loro soccorso e li portò sani e salvi in superficie, insieme a Kiki e Tisifone, che avevano collaborato alla missione. Con la sconfitta di Nettuno le piogge cessarono e le acque si ritirarono, scongiurando il pericolo di ulteriori inondazioni. Finalmente in pace, i cavalieri poterono ammirare insieme il tramonto, senza il timore di nuove battaglia all'orizzonte.
Questa volta il periodo di pace fu più lungo dei precedenti. I Cavalieri ebbero modo di rimettersi dalle loro ferite e finalmente poterono passare del tempo in tranquillità, recandosi in una delle ville di campagna di Isabel, dove potevano divertirsi con lunghe passeggiate nei boschi. Purtroppo, anche stavolta la pace non durò ed una nuova minaccia si presentò ai cavalieri nei panni di Apollo, Dio del sole, venuto a riprendersi sua sorella Atena prima di distruggere la terra con terremoti ed eruzioni (vedi Note). Insieme ad Apollo vi erano i suoi tre cavalieri, Atlas, Jao e Berenice, ed incredibilmente anche Gemini, Capricorn, Fish, Acquarius e Cancer, resuscitati dai poteri del Dio e con indosso armature esteticamente identiche a quelle d'oro originali. Isabel inizialmente accolse con affetto l’amato fratello, cui era vicina sin dai tempi del mito, ma inorridì nello scoprire i suoi piani di distruzione. Decise di contrastarlo, ma Apollo aveva il potere di leggere nella sua mente. Per non farlo insospettire, al ritorno dei Cavalieri, affermò di voler seguire spontaneamente il fratello, e lasciò persino che Pegasus venisse duramente colpito da Atlas senza intervenire o permettere agli altri di farlo. Accompagnato il fratello in Grecia, finse di essere sua alleata e di ascoltare la melodia che produceva con la lira, per poi cercare di attaccarlo di sorpresa. Il piano fallì, Apollo respinse il suo assalto e la ferì mortalmente, iniziando a guidare il suo spirito negli inferi con il proprio cosmo. Proprio in procinto di precipitare in Ade però, Isabel venne salvata da Pegasus ed i Cavalieri, che sconfissero Apollo con la freccia di Sagitter. La battaglia non era stata vana, perché aveva permesso ad Atena di ricordare e invigorire il suo amore per gli esseri umani e la terra intera.
Tornata al Grande Tempio, Isabel cercò di avviare una riorganizzazione dopo il regno di Gemini, e nominò come consigliere Nicole dell’Altare, mentre la studiosa Yulij del Sestante si occupava degli archivi storici. Il Grande Tempio venne però attaccato dai Giganti di Tifone, liberi dopo millenni di prigionia nelle viscere della Sicilia, e uno di loro rapì Yulij. Contemporaneamente, fece il suo ritorno Mei della Chioma di Berenice, uno degli orfani raccolti a villa Thule da Alman tanti anni prima. Isabel inviò Pegasus, Andromeda e Mei a salvare Yulij, incaricando invece Kiki di informare dell’accaduto Cristal, che era lontano proprio come Sirio e Phoenix. Quando Tifone in persona comparve di fronte ai Cavalieri in Sicilia e si impadronì del corpo di Mei, Isabel si teletrasportò per affrontarlo, usando il proprio cosmo per indebolire il Campo di Flegra, ovvero la barriera che stava privando gli eroi delle loro forze. Mei e Yulij vennero tratti in salvo, ma Atena non riuscì ad impedire la rinascita di Tifone, e fu obbligata a fuggire portando in salvo i Cavalieri. Inviati i ragazzi ad investigare e richiamato anche Sirio al Santuario, lady Isabel apprese con orrore che Andromeda era stato catturato dal nemico, e che Yulij era stata assassinata da un sicario. Bagnò allora le armature di Pegasus, Sirio e Cristal con il proprio sangue, per proteggerli dagli effetti del Campo di Flegra, e li mandò in missione di salvataggio. Grazie anche all’aiuto di Phoenix, l’impresa ebbe successo, ma a prezzo delle vite di Mei e Nicole.
Una nuova minaccia non tardò ad arrivare, stavolta nei panni di Lucifero, l'angelo decaduto che, dopo essere stato condannato a secoli di prigionia da Atena ed altre divinità, era tornato per vendicarsi insieme ai suoi quattro demoni. Per testimoniare la sua venuta Lucifero fece sconfiggere i cavalieri d'oro di Atene superstiti e decapitò una delle statue della Dea presenti al Grande Tempio. Ovviamente, Isabel venne ad investigare insieme a Pegasus, Cristal ed Andromeda, e tutti si trovarono di fronte a Lucifero ed i suoi seguaci. L'angelo rivelò di avere in se i poteri di Apollo, Nettuno e Discordia e di essere pronto a distruggere l'umanità se Atena non si fosse consegnata a lui. Nel sentire queste parole, Andromeda e gli altri attaccarono ma, privi delle loro armature, vennero facilmente sconfitti e feriti dai guerrieri nemici. Per salvarli, Isabel li fece ricoverare in un ospedale di Atene, poi acconsentì alla richiesta del nemico ed iniziò a salire la scalinata del suo tempio, tormentata da demoni, raggi di luce e rovi che straziarono le sue carni. Giunta da lui, tentò di ucciderlo, ma venne fermata e catturata. Unendo il proprio cosmo a quelli degli amici e dei Cavalieri d’Oro, Pegasus riuscì però ad invocare l’armatura di Sagitter e trafiggere anche questo nemico con una freccia d’oro.
Dopo questa vittoria, i Cavalieri speravano di non dover più combattere. Isabel però sapeva che la prova più dura stava per arrivare, perché il risveglio di Hades era ormai imminente. Si recò al Grande Tempio, ordinò lo stato di allerta e convocò la maggior parte dei Cavalieri, ma non Pegasus ed i suoi amici. Dopo averli visti soffrire così tanto e così a lungo, Isabel desiderava infatti che potessero finalmente vivere in pace con le persone che amavano, e per questo li tenne all’oscuro della minaccia imminente, ordinando agli altri Cavalieri di non permettere loro di entrare nel Grande Tempio.
Una notte, la ragazza sognò Hades che compariva per ucciderla. L’incubo era in realtà un presagio, perché quasi contemporaneamente la casa dell’Ariete venne attaccata da Cancer, Fish, Gemini, Capricorn, Acquarius e Sion, ovvero i Cavalieri d’Oro morti durante la battaglia di qualche tempo prima e il Sacerdote precedente ad Arles. Tutti loro erano stati riportati in vita da Hades, cui avevano apparentemente giurato fedeltà. Per di più, Pegasus si presentò alla prima casa, obbligando Mur a cacciarlo via con la forza. Il suo grido di dolore ridestò Isabel dal sonno, avvertendola che una nuova guerra sacra aveva avuto inizio. Al fianco delle forze di Atena c’era però anche un alleato inatteso: Kanon, fratello di Gemini e responsabile del risveglio di Nettuno, si era pentito delle sue malefatte ed era venuto a chiederle perdono, occupandosi a distanza della difesa della casa dei Gemelli.
Ben presto, iniziarono le prime vittime. Mur respinse Cancer e Fish, ma Gemini, Capricorn e Acquarius riuscirono a passare, come pure un manipolo di Spectre, gli oscuri soldati dell’esercito di Hades. Uno di loro, Niobe di Deep, uccise a tradimento Toro. Avvertendo il cosmo di Kanon, Scorpio fece visita ad Atena, deciso a punire colui che, per brama di potere, aveva provocato la guerra con Nettuno. Inizialmente, nel vederlo colpire Kanon con la terribile Cuspide Scarlatta, Isabel gli chiese di fermarsi. Poi però comprese che in realtà stava solo mettendo alla prova la sua fedeltà e lo lasciò fare, assistendo commossa al perdono finale. La situazione stava comunque sfuggendo di mano: contravvenendo all’ordine, Cristal, Andromeda e Sirio avevano raggiunto Pegasus al Grande Tempio, e anche quest’ultimo, in procinto di svenire, parlò telepaticamente alla sua Dea, chiedendole di non rifiutare il loro aiuto. Gemini, Capricorn e Acquarius sembravano scomparsi, ma si erano solo mascherati da Spectre. Scoperti da Virgo, ingaggiarono con lui una battaglia mortale, che si concluse solo quando Virgo stesso li spinse ad usare l’Urlo di Atena, una tecnica proibita dalla Dea perché, per eseguirla, tre Cavalieri univano le forze contro uno solo. Inizialmente, Isabel non capì perché Virgo avesse scelto di morire, ma poi le giunse un suo messaggio, scritto con il sangue su petali di ciliegio: Arayashiki.
Leggendo quella parola, lady Isabel comprese che l’unico modo per vincere Hades era risvegliare l’Arayashiki, o ottavo senso e, quindi, morire. A questa scoperta, scoppiò in lacrime, vittima di un raro momento di debolezza. Quando però la battaglia si fece ancora più cruenta, con lo scontro di ben due Urli di Atena e l’intervento del gruppo di Pegasus, comprese che era necessario agire. Ordinò a Scorpio, Ioria e Mur di condurre al suo cospetto i presunti traditori, ed a Kanon di recuperare il pugnale con cui Gemini aveva cercato di ucciderla tanti anni prima. Lo porse poi all’ex custode della terza casa, chiedendogli di ucciderla. Aveva infatti compreso che il loro tradimento era una menzogna, e poteva sentire il dolore nei loro cuori. Inoltre, l’apparente suicidio di Virgo le aveva aperto gli occhi sulla strada che era necessario intraprendere. Quando Gemini esitò, Isabel gli sorrise commossa e si pugnalò alla gola con le sue stesse mani.
Non era un atto di follia, ma parte di un piano. Attivando l’Arayashiki, riuscì a scendere negli Inferi pur restando in vita, e si ricongiunse a Virgo. Insieme, i due si incamminarono verso il tempio di Hades, consapevoli che l’unico modo per stanarlo ed ucciderlo era colpirlo là dove si sentiva maggiormente al sicuro. La strategia era sensata, ed i due riuscirono a entrare in profondità nel regno di Ade senza venire scoperti dagli Spectre, ma, non avvezzi alla vastità del luogo, finirono per perdersi. Per di più, anche Pegasus, Andromeda, Sirio, Cristal, Phoenix, Kanon e Libra erano scesi in Ade, e ciò portò ad un’incredibile scoperta: Andromeda, in quanto uomo più puro del mondo, era stato scelto dal Dio degli Inferi per diventare la sua nuova incarnazione, e venne posseduto dal suo spirito divino. Comprendendo che il momento era critico, Isabel ne seguì il cosmo fino al suo tempio, chiamato Giudecca, arrivando appena in tempo per fermare Virgo, che era determinato ad uccidere il nemico anche a prezzo della vita di Andromeda. Decisa a salvare il ragazzo, ed a fermare il piano di distruzione di Hades, Isabel offrì la propria vita al nemico e si inginocchiò ai suoi piedi, solo per sentirsi dire che la Grande Eclisse che avrebbe oscurato per sempre la luce del sole era già in corso.
Non disposta ad arrendersi, Atena affrontò Hades. Nel corso dello scontro, la fanciulla si ferì la mano, ed il suo sangue divino risvegliò lo spirito ed il cosmo di Andromeda, che iniziò a lottare con tutte le sue forze per scacciare Hades dal suo corpo. La battaglia tra le due volontà fu violenta e dolorosa, ma alla fine Andromeda riuscì a trionfare ed espulse lo spirito di Hades. Ritenendo di essere troppo vicino alla vittoria per lasciarsi sconfiggere ora, il Dio assalì Isabel e la portò con sé all’Elisio, il Paradiso dove riposava il suo corpo leggendario. Sorpresa da Hypnos, Dio del Sonno, Isabel si lasciò catturare in modo da poter essere più vicina possibile ad Hades, e venne rinchiusa all’interno di una giara che le avrebbe succhiato completamente il sangue dal corpo.
A salvarla, furono ancora una volta Pegasus e compagni. Indossate nuove armature divine, raggiunsero il tempio di Hades ed iniziarono a combattere contro di lui. Sentendo che era il momento buono, Isabel si liberò dalla giara e indossò la propria armatura mitologica, che Pegasus le aveva portato. Avvolse poi i cinque eroi in sfere luminose, proprio come quelle con cui tanto tempo prima li aveva salvati dall'inabissarsi dell'Isola della Regina Nera, per riportarli in salvo sulla Terra. Pronta allo scontro finale, Atena attaccò Hades, ma il Dio dell'aldilà, forte dell'usare il suo vero corpo, si rivelò più potente e riuscì ad atterrarla. Hades sollevò la propria spada per finirla la nemica, ma Pegasus balzò a proteggerla e sembrò respingere il nemico. La gioia per una possibile vittoria tuttavia venne sostituita in pochi attimi da una visione terribile: Pegasus era infatti stato trafitto al cuore dalla spada di Hades. Sconvolta, Isabel pianse disperata, gridando a Pegasus di vivere per sua sorella Patricia e per coloro che amava, ma non potendo arrestare lo svanire del suo cosmo. Quando Hades derise le sue lacrime, Isabel, furiosa, unì il proprio cosmo a quelli degli altri quattro Cavalieri.. Grazie al loro potere, Atena riuscì a superare l'energia di Hades ed a trafiggerlo col suo scettro. Sconfitto, il Dio scomparve nel nulla, affermando però che anche l'aldilà sarebbe stato distrutto in seguito alla sua caduta. Ignorandolo, Isabel, oramai completamente prosciugata, dedicò la vittoria a Pegasus, poi usò il suo cosmo per riportare tutti sulla Terra.
Ricomparsa al Grande Tempio, Isabel si accorse che, grazie alla sconfitta di Hades, l'Eterna Eclisse era stata sventata, segno che grazie al sacrificio di Pegasus l'umanità era finalmente salva. Le sorprese però non erano finite, visto che, forse proprio grazie alla protezione dell'armatura, il cuore di Pegasus batteva ancora, anche se in maniera impercettibile. Il cavaliere era dunque vivo, ma privo sia del cosmo che dei cinque sensi e quindi ridotto allo stato di un vegetale. Tale scoperta amareggiò la fanciulla, ma al tempo stesso riaccese in lei la speranza che l’eroe potesse un giorno risvegliarsi. Non riuscendo più a negare i propri sentimenti per lui, iniziò a prendersene personalmente cura, accudendolo con affetto. Per settimane non accadde nulla, ma un giorno subì l’attacco di tre sicari: Touma, Odisseo e Teseo, Angeli della divina Artemide, incaricati di uccidere gli uomini che avevano osato ribellarsi e ferire gli Dei. Protetto facilmente Pegasus, Isabel assistette alla comparsa di Artemide, e le offrì un patto: il comando sul Grande Tempio e la Terra, in cambio della salvezza dei cinque Cavalieri, e della guarigione di Pegasus. Artemide acconsentì, a patto che i Cavalieri non combattessero mai più, e Isabel le consegnò lo scettro di Thule, scomparendo insieme a lei.
Dopo aver appreso che gli Dei avevano decretato la fine del genere umano, Isabel, pentita per quell’attimo di egoismo che avrebbe potuto significare la fine dell’umanità, offrì la propria vita pur di evitare questo destino. Giunta in un enorme salone colmo d’acqua, si tagliò il polso, versando il proprio sangue divino a protezione degli uomini. Dopo qualche ora, venne raggiunta da Pegasus, ripresosi e riuscitosi a trascinare fino a lei. Nel vedere la sua Dea, il ragazzo la supplicò di non porre fine alla sua vita in quel modo, e finalmente i due si riunirono. Isabel lo abbracciò, dicendo di non essere più la divinità della Terra e che quindi i Cavalieri erabi liberi dai loro obblighi nei suoi confronti, ma Pegasus le rispose affermando che, pur di vederla, combatterebbe contro il mondo e gli Dei se necessario. A queste parole, Isabel ricordò la promessa fatta ad Artemide di uccidere il ragazzo se si fosse opposto ancora agli Dei e convocò Artemide, chiedendole di riavere lo scettro di Nike, in modo da poter uccidere il ragazzo. Credendo alle sue parole, Artemide le rese l’arma e Isabel ne affondò la punta nel torace di Pegasus, che sembrò crollare. Portatone il corpo nel cuore del tempio di Artemide, Atena pensò a come gli uomini, nonostante commettano numerosi errori, siano capaci di amare, e proprio l'amore li rende più forti degli Dei stessi. Poggiato Pegasus a terra, Isabel decise di avere fiducia negli uomini e pianse per lui, sotto lo sguardo confuso di Artemide e Touma, chiedendo perdono per averlo obbligato a combattere ancora una volta.
Le sue lacrime lo risvegliano, e le sue prime parole furono che era felice di lottare per lei. Con lo scettro, Isabel lo ha infatti temporaneamente risanato, perché Pegasus combatte non perché gli viene ordinato, ma perché vuole farlo, e parimenti lei ha deciso liberamente di mettere il suo cuore al servizio degli uomini per proteggerli. Atena spiegò alla sorella che è per aiutare gli uomini che agli Dei è stata data l'immortalità, non esitando neppure quando Artemide fece comparire il proprio arco per punirla. Fu però Touma a proteggere la fanciulla col proprio corpo, ricevendo la freccia in pieno petto, spinto da ragioni che lui stesso ignorava. La situazione peggiorò ancora di più con la comparsa di Apollo, ora forte del suo corpo divino e deciso a occuparsi personalmente di Atena, considerata una divinità inferiore per essersi avvicinata troppo agli uomini. Pegasus si erse a contrastarlo, affiancato da Isabel che, in questo modo, voleva mostrare la sua determinazione nello schierarsi con gli uomini.
In qualche modo (vedi Note) la battaglia cancellò gli eventi degli ultimi giorni e riportò le cose allo stato precedente, con Pegasus ancora una volta in coma ed affidato alle cure di Lady Isabel. Andromeda tornò da loro al Grande Tempio, solo per scoprire che all’amico restavano appena tre giorni di vita visto che l’invisibile spada di Hades stava lentamente trapassandogli il torace fino al cuore. Per salvarlo, Isabel decise di agire di propria iniziativa ed indossò la sua armatura divina. Andromeda l’accompagnò ed insieme andarono prima sull’Altura delle Stelle e poi da lì sull’Olimpo, nella zona del regno di Artemide. Ben presto, i due si persero e, giunti ad un crocevia, incontrarono Ecate, la fattucchiera della luna, che si offrì di mostrare loro la strada in cambio di una ciocca dei capelli di Isabel, con cui avrebbe potuto creare un decotto che le avrebbe dato l’eterna giovinezza. Andromeda era contrario, consapevole dell’importanza dei capelli per una donna, ma Isabel accettò ed Ecate, rispettando la sua parte del patto, indicò loro la via per il palazzo di Artemide. Raggiuntolo, i due furono attaccati dalle Satelliti, soldatesse della Dea, ma Andromeda fermò facilmente le loro frecce. Sopraggiunse la loro comandante Callisto, la quale avvertì Isabel che gli Dei erano infuriati con lei per le umiliazioni inferte a Nettuno ed Hades per proteggere gli esseri umani. Nondimeno, insistendo, Atena ottenne di vedere Artemide, cui chiese di far tornare indietro il tempo e salvare Pegasus. Al rifiuto della Dea della Luna seguì un duello, in cui Isabel fu ben presto sul punto di essere sconfitta. Anche a rischio della vita, Atena espresse ancora una volta la propria fiducia negli esseri umani e nell’amore. Le sue parole fecero breccia nel cuore di Artemide, che in fondo era pur sempre sua sorella, e la Dea le disse di non poter modificare il tempo, ma che il sommo Chronos aveva questo potere. Andromeda ed Isabel poi furono teletrasportati di nuovo al crocevia, consapevoli di dover trovare il tempio della divinità.
A guidarli fu ancora una volta Ecate, tornata bambina grazie ai capelli di Isabel. Lungo la strada, Andromeda si rese conto che qualcuno li stava inseguendo e rimase indietro per permettere alle due donne di proseguire. Isabel ed Ecate raggiunsero il lago di Chronos, ma la divinità inizialmente fu ostile, seccata per essere stato destato. Alla fine il Dio però acconsentì a mandare Isabel e Andromeda, appena arrivato, indietro nel tempo, all’epoca della Guerra Sacra del 1743, in modo che avessero una speranza per distruggere la spada di Hades e salvare Pegasus. Uniti i polsi con un braccialetto di fiori, Andromeda ed Isabel saltarono in una nebulosa spaziotemporale e scomparvero.
Purtroppo per loro però il braccialetto si spezzò, separandoli. Inoltre, Chronos aveva, per ragioni sue, usato i propri poteri per modificare i telomeri di Isabel, facendola tornare neonata. In questa forma, indifesa e nuda, comparve ai piedi della statua di Atena, nel 1743. Con la storia curiosamente destinata a ripetersi, il Grande Sacerdote attentò alla sua vita, ma Isabel venne salvata da Shijima di Virgo, Cavaliere d’Oro dell’epoca. Inseguito dal traditore Cardinale dei Pesci, e mortalmente ferito, Shijima fuggì insieme a lei, perdendosi però nel mortale Labirinto degli Dei, evocato appositamente dal Sacerdote.
Isabel e Shijima rimasero nel Labirinto per diverse ore, durante le quali il Cavaliere d’Oro si prese cura di lei nonostante le ferite. Il tempo permise a Isabel di annullare parzialmente la modifica ai telomeri fatta da Chronos, crescendo fino all’età di una bambina. Questa trasformazione avvenne appena in tempo per salvare Shijima di Cardinale, le cui rose blu vennero rispedite al mittente. Curate le ferite del Cavaliere di Virgo, Isabel gli spiegò di non essere l’Atena della sua epoca, liberandolo così da ogni vincolo per aiutarla, e raccontò di essere venuta dal futuro per uno scopo ben preciso. Shijima, colpito dal profondo amore del suo cosmo, decise di seguirla comunque, e insieme i due si incamminarono, seguendo il Filo di Arianna usato da Cardinale per muoversi nel labirinto, per trovare l’uscita. Prima di mettersi in cammino, Isabel ripensò per un attimo a tutte le volte in cui Pegasus e gli altri l’avevano salvata in passato, promettendo di fare lo stesso per loro.
Dopo altre avventure, alla fine (vedi Note) Isabel riuscì a salvare Pegasus, ed a tornare, normale, nel presente. Fece seguito un breve periodo di pace, durante il quale Sirio e Fiore di Luna ebbero un figlio, il piccolo Ryuho, e Pegasus venne promosso a Cavaliere d’Oro di Sagitter. Come sempre, la pace fu di breve durata, stavolta a causa dell’attacco di Mars, dio del pianeta Marte, e del suo esercito. Insieme ai compagni, Pegasus corse ad affrontarlo, e fece seguito una violenta battaglia, durante la quale Isabel stessa scese in campo con indosso la sua armatura divina, e sigillò i quattro Re Celesti che affiancavano il nemico.
Prima della conclusione, la subdula Medea, sposa di Mars, fece cadere sulla Terra un meteorite ricolmo dell’oscurità di Abzu, il dio primordiale. Pur essendo riuscita a frenarlo con il proprio scudo, Isabel rischiò di essere travolta, finché non si accorse di due neonati alle sue spalle, che sarebbero sicuramente morti se lei avesse ceduta. Pronta a tutto per salvarli, innalzò al massimo il proprio cosmo, fondendolo a quello del meteorite ed irradiando la zona circostante, incluse le armature dei Cavalieri ed i neonati stessi. L’oscurità del meteorite riuscì comunque ad avvolgere uno di loro, costringendo Isabel a proteggerlo con il proprio corpo e la propria luce. Così facendo, non poté impedire a Mars, a sua volta mutato dal meteorite, di fuggire con il secondo pargolo. Per di più, la fusione del suo cosmo con quello del meteorite aveva impregnato tutte le armature esistenti, cambiandone l’aspetto e trasformandole, quando non indossate, in cristalli chiamati Cloth Stone. Sentendosi responsabile per la sorte dei neonati, ed in particolare per quello che aveva ricevuto sia la sua luce che l’oscurità del meteorite, Isabel chiese ai Cavalieri di aiutarla a crescerlo, consapevole che in futuro la sua strada sarebbe stata irta di difficoltà. Il bambino prese il nome di Koga.
Questi eventi interruppero per un po’ la guerra, anche perché un secondo effetto del meteorite era stato modificare il cosmo, permettendo ora ai Cavalieri di dominare uno tra sette elementi: luce, tenebre, vento, acqua, fuoco, terra e fulmine. Il risvolto della medaglia era che tutto ciò richiedeva tempo, e così sia Pegasus che i compagni dovettero fare un po’ pratica con questi nuovi poteri. In quel periodo, Pegasus e Isabel si presero cura di Koga, accudendolo come se fosse loro figlio. Dopo qualche tempo, Mars tornò alla carica, forte dei poteri dell’oscurità, e, nel tentativo di difendere Koga, Isabel venne ferita ad un braccio. Accorso in suo aiuto, Pegasus lo affrontò per primo e riuscì a ferirlo, ma venne trascinato nelle tenebre. Andromeda, Sirio, Cristal e Phoenix, giunti in loro soccorso, vennero a loro volta feriti, prima che il nemico fosse costretto a ritirarsi di nuovo.
La minaccia di Mars fu debellata, ma, ben presto, Isabel si accorse che la ferita subita al braccio sinistro non era normale. Si trattava di una ferita di oscurità, che peggiorava e si espandeva ogni volta che si usava il cosmo. Soprattutto, non esistevano cure. Ormai incapace di usare il suo cosmo, e zoppicante, Isabel fondò la Palaestra, un centro di addestramento e perfezionamento per Cavalieri, affidandone la direzione a Ionia, ex Cavaliere del Capricorno, a lungo autoimprigionatosi dopo aver ucciso i suoi allievi per sedare una ribellione. Sentendo di potersi fidare di lui, la ragazza gli affidò di nuovo l’armatura d’oro, poi si ritirò su un’isola insieme a Tisifone, Mylock e Koga, che iniziò a venire addestrato per diventare Cavaliere. La ragazza non gli rivelò di essere Atena, né la maggior parte dei dettagli del suo passato. Spesso si disse triste che il destino avesse condannato Koga ad un fato del genere, ma anche certa che, in futuro, avrebbe potuto trovare la propria strada seguendo la luce. Nel complesso, Isabel si comportò con lui con la dolcezza di una mamma.
Trascorsero così quasi 13 anni, durante i quali l’addestramento procedette male, a causa della ritrosia di Koga, cui Isabel cercò comunque di inculcare i principi di un Cavaliere. Avvertendo l’imminente ritorno di Mars, la fanciulla consegnò al ragazzo la Cloth Stone di Pegasus, che aveva custodito fino a quel momento. Proprio allora, Mars fece ritorno, obbligando Isabel a svelare la propria identità e ad usare il poco cosmo che le restava, accellerando l’infezione di tenebra. Nonostante la stregua opposizione di Tisifone e Koga, che riuscì persino ad indossare l’armatura di Pegasus, Mars rapì Isabel, imprigionandola su Marte tra le radici di un albero che, lentamente, le succhiava le forze e la vita, usando il suo cosmo per riportare la vita sul pianeta rosso.
Isabel rimase a lungo in questa condizione, ignara di quello che stava accadendo attorno a lei, e delle peripezie di un nuovo gruppo di Cavalieri per trovarla e salvarla. Con Pegasus, Sirio, Cristal, Andromeda e Phoenix impossibilitati ad agire a causa delle ferite di oscurità, fu infatti Koga a radunare nuovi compagni: Soma del Leone Minore, Yuna dell’Aquila, Haruto del Lupo e Ryuho, ora diventato Cavaliere del Dragone. Ben presto, a loro si unì anche Aria, ovvero la seconda neonata che aveva ricevuto il suo cosmo di luce, grazie al quale era diventata in un certo senso la nuova Atena. Dal canto suo, Mars si era insediato a capo del Grande Tempio e aveva ottenuto la fedeltà di quasi tutti i Cavalieri, in larga parte ignari del fato di Isabel, o persino della vera identità di Atena.
Seguirono una serie di scontri e avventure, durante i quali Koga e compagni sconfissero nemici su nemici, ma a prezzo della vita di Aria. Nelle fasi finali, con Mars ormai sconfitto ed il cosmo di Atena quasi interamente prosciugato insieme a quello del pianeta Terra, per riportare in vita Marte, la battaglia si spostò proprio sul pianeta rosso, dove Koga venne posseduto dall’oscurità di Abzu a causa delle manipolazioni di Medea. Incapace di intervenire, ma consapevole degli eventi attorno a sé, Isabel soffrì per il dolore dei giovani Cavalieri, che cercarono in tutti i modi di impedire ad Abzu di ucciderla, e incoraggiò Yuna a non abbandonare l’amico Koga. Il calore della ragazza, unito al bagliore dei cosmi di tutti, che riuscì a liberare Pegasus, permisero agli eroi di scacciare Abzu dal corpo di Koga, e ad Isabel di riaprire finalmente gli occhi.
Non domo, il Dio rapì la fanciulla, trascinandola nella propria dimensione di oscurità per distruggerla. Forte dell’armatura di Sagitter, Koga riuscì però a raggiungerla e salvarla, affidandola a Pegasus prima di sconfiggere Abzu con l’aiuto dei cosmi degli amici e dell’ultimo bagliore di Aria. La loro luce, oltre a dissipare le tenebre, annullò gli effetti delle ferite di oscurità inflitte da Mars.
Tornata sulla Terra, Isabel si impegnò subito a ricostruire il Grande Tempio, insieme a Pegasus ed ai nuovi Cavalieri d’Oro sopravvissuti alla guerra con Mars: Kiki dell’Ariete, Harbinger del Toro, Genbu di Libra e Fudo di Virgo. Fece inoltre ricostruire la Palaestra, ponendo una barriera a sua difesa, fece imprigionare Paradox di Gemini - restia a giurarle fedeltà - nella prigione di Capo Sounion, ed ordinò l’addestramento di nuovi Cavalieri d’Acciaio, per sopperire ai guerrieri persi contro Mars. Ben presto però, un sogno premonitore l’avvertì dell’imminente ritorno di sua sorella Pallas, destinata a scatenare un nuovo conflitto in cui Pegasus, Koga e gli altri Cavalieri sarebbero morti. Disperata pur di evitarlo, Isabel diede a Pegasus la daga d’oro di Gemini, ordinandogli di uccidere Pallas al suo ritorno sulla Terra. Il Cavaliere, nello scoprire che si trattava di una bambina, per di più disposta a morire pur di non far del male ad Atena, esitò, e ciò permise a Titan, servitore della Dea, di intervenire e portarla via. Titan inoltre fece comparire due braccialetti, uno sul polso di Isabel ed uno su quello di Pallas: per circa un anno, avrebbero sottratto il cosmo della prima per rivitalizzare e far crescere la seconda, fino al punto in cui Atena sarebbe morta.
Consapevole che la guerra in realtà era sempre stata inevitabile, Isabel perdonò Pegasus senza esitazioni, poi ordinò a Koga di riunire il suo gruppo di Cavalieri, in quel momento sparsi per il mondo. Nel frattempo, radunò personalmente i Cavalieri d’Oro e, tentennante all’idea di una nuova guerra, considerò l’ipotesi di offrirsi in sacrificio alla sorella per placarne la collera. I custodi dorati, in particolare Pegasus e Harbinger, si opposerò però a questa eventualità, con il Toro che arrivò a sgridarla per queste sue esitazioni, permettendole di recuperare la determinazione perduta. Nottetempo, si mostrò agli altri Cavalieri riuniti, informandoli della situazione e dichiarando ufficialmente l’apertura delle ostilità contro Pallas.
Il conflitto non tardò a fare vittime illustri, primo tra le quali fu Genbu, che si sacrificò per proteggere Palaestra e tutti i giovani Cavalieri al suo interno. Dopo aver percepito lo spegnersi del suo cosmo, Isabel si recò lì di persona insieme a Pegasus, arrivando appena in tempo per interrompere un’assalto del nemico e manifestare tutto il suo immenso cosmo divino. Atterrito, Hati, il Pallasite a capo del plotone d’assalto, fuggì via. Dopo aver rivisto Koga, e aver incontrato personalmente alcuni tra i tanti profughi civili causati dalle prime settimane di guerra, Isabel decise di sacrificare parte del suo cosmo per scoprire l’ubicazione della fortezza nemica. Tramite il bracciale, si mise in contatto con Pallas e ne trovò il rifugio, la città di Pallasvelda, ma lo sforzo la lasciò debole e stremata per molte ore. Prima di partire per guidare l’assalto dei Cavalieri, Pegasus la riportò al Grande Tempio, affidandola a Fudo, Kiki e Harbinger.
Alternando momenti di conoscenza ad altri priva di sensi, Isabel discusse con Fudo su come, per vincere, sarebbe stato indispensabile per i Cavalieri risvegliare Omega, lo stato ultimo del cosmo. Dopo una prima giornata di scontri, pur stando sempre peggio decise di risvegliare la sua armatura e raggiungere personalmente il campo di battaglia. Trasformata la corazza in statuina, l’affidò ad Harbinger, confidando di aver fiducia in lui nonostante il suo atteggiamento burbero, ma anche nella speranza che questo incarico gli impedisse di agire in maniera troppo avventata e rischiare la vita inutilmente. Insieme al Toro, Kiki e Fudo, si recò poi a Pallasvelda, manifestando il suo cosmo appena arrivata e rincuorando l’intero esercito grazie alla sua presenza. Subito dopo, si mise in cammino verso il castello di Pallas al centro della città, scortata dai Cavalieri d’Oro e d’Acciaio. Durante il cammino, incontrò Integra di Gemini, sorella e sostituta di Paradox all’armatura d’oro della terza casa, e accettò il suo giuramento di sincera fedeltà. Insieme ai Cavalieri d’Oro, raggiunse rapidamente il Cancello del Tempo - ultima barriera prima dell’ingresso del castello - dove si trovavano non solo Koga e i suoi amici, ma anche Subaru, un giovane Cavaliere d’Acciaio da poco divenuto Cavaliere di Bronzo, e soprattutto Sirio, Cristal, Andromeda e Phoenix, ritornati sul campo di battaglia. Insieme a tutti loro, donò parte del suo cosmo a Koga, per permettergli di sfondare il cancello e aprire la via all’interno della fortezza.
Ben presto, il gruppo si trovò di fronte a un crocevia: quattro corridoi che vennero spiegati loro dal subdolo Europa, astuto Pallasite in grado di intuire le personalità dei nemici e pungerli sul vivo. Isabel venne inizialmente accusata di non saper giudicare le persone e di non curarsi della morte di tutti i Cavalieri caduti finora nel conflitto, anzi di averlo causato non uccidendo Pallas quando poteva. Pur ammettendo i propri errori, seppe però rispondere confermando la sua fiducia nei Cavalieri e il suo essere pronta a morire in nome della pace sulla Terra, convincendo Europa ad andar via. Alla fine, i Cavalieri dovettero comunque dividersi in quattro gruppi per seguire i sentieri del crocevia. Su consiglio di Pegasus, ogni Cavaliere leggendario avrebbe accompagnato un gruppetto di guerrieri più giovani, lasciando i Cavalieri d’Oro a difesa di Atena lungo il sentiero chiamato Vanaheim.
Isabel iniziò così il cammino nei corridoi della fortezza, scortata da Pegasus, Fudo, Harbinger e Kiki. Poco tempo dopo, avvertì a malincuore lo spegnersi del cosmo di Phoenix, sacrificatosi contro Aegaeon, uno dei quattro Pallasite più potenti. A sorpresa però, la prima battaglia a riguardarla direttamente fu contro Paradox, ora passata al servizio di Pallas per vendicarsi di Atena e dell’amore incondizionato che riceveva da tutti. Decisa a saldare i conti con lei, Integra raggiunse il gruppo e l’affrontò. Comprendendo il destino delle gemelle, Isabel non partecipò attivamente allo scontro e vietò agli altri di intervenire, non potendo però fare a meno di notare il buon cuore di Harbinger quando quest’ultimo manifestò il proprio rammarico per il vedere due sorelle costrette a uccidersi tra loro. Alla fine, lo scontro si concluse con la vittoria di Integra, ma Isabel le vietò di uccidere la sorella e anzi ne curò le ferite nonostante le proprie, precarie condizioni. Il suo cosmo colmo d’amore, e le sue parole sull’offrire a tutti una seconda possibilità, colpirono Paradox al punto da spingerla a pentirsi.
Proprio quando tutto sembrava finito, davanti a loro comparve Gallia, altra Pallasite di primo livello venuta a uccidere personalmente Atena con la sua spada War God’s Manifestation Blade, in grado di tagliare facilmente persino le armature d’oro e di parare senza sforzi i colpi segreti dei Cavalieri d’Oro. Anche in questo caso, Atena non prese parte allo scontro, che fu combattuto prima da Pegasus e poi da Paradox e Integra, unitesi per eseguire la Dimensione Oscura e richiamare tutti i Cavalieri presenti nel castello di Pallas, incluso il gruppo di Koga. Nel vedere le due sorelle cooperare, Isabel comprese che il loro amore aveva sopraffatto il destino di odio e rivalità dei Cavalieri di Gemini, anche se lo sforzo era costato la vita di Paradox. Koga e i suoi amici chiesero e ottennero di affrontare Gallia, permettendo a Isabel e gli altri di proseguire, seppur con una certa ansia.
L’ostacolo successivo fu ancora più grande: Hyperion, il secondo Pallasite di prima classe, dotato di un cosmo estremamente potente e aggressivo grazie al quale mise facilmente in scacco i Cavalieri d’Oro. All’inizio, per proteggere i suoi paladini, Isabel si offrì di farsi accompagnare spontaneamente da Pallas, ma poi Pegasus, Sirio e Fudo la convinsero a non demordere. Dragone stesso rimase ad affrontare Hyperion insieme a Kiki e Fudo, facendo proseguire Atena, Pegasus e Harbinger. Poco dopo, Isabel avvertì che i tre Cavalieri avevano fatto ricorso addirittura all’Urlo di Atena pur di sconfiggere il nemico, venendo abbattuti anche loro dall’esplosione.
Con il cuore colmo di dolore per la loro caduta, Isabel raggiunse finalmente la sala del trono di Pallas, protetta dall’ultimo Pallasite di prima classe, Titan. Harbinger, furioso per i compagni caduti e per il modo in cui gli dei calpestavano gli esseri umani, lo attaccò rabbiosamente, usando l’armatura di Atena come esca per convincerlo a prenderlo sul serio. Questa scelta preoccupò Pegasus e rese sprezzante lo stesso Titan, ma Isabel confermò sempre la propria fiducia in Harbinger e rimase ad assistere al combattimento, che si concluse con la distruzione della spada del Pallasite. Quando Harbinger, ora gravemente ferito, cercò di proseguire ancora lo scontro, la ragazza intervenne di persona, ringraziandolo per quanto fatto e lodandone l’altruismo e il sentimento di difesa verso i deboli. Decisa a farsi carico delle sofferenze di tutti in quanto protettrice della Terra, rifiutò l’aiuto di Pegasus e, dopo aver invano tentato di convincere a parole l’avversaria, indossò finalmente l’armatura per affrontare Pallas nel duello finale.
Gelosa per essere stata messa in disparte a favore degli esseri umani, Pallas, che un tempo amava Atena come una sorella, l’affrontò con rabbia, indossando a sua volta la propria corazza e impugnando la spada Eternal Dance, capace di manipolare il tempo e lo spazio. Pur esitante al pensiero di farle del male e indebolita dal bracciale, Isabel le tenne testa, mostrando una buona capacità di guerriera con lo scettro di Nike, e ribadendo nel contempo la propria fiducia verso gli esseri umani, capaci un giorno di diventare qualcosa di meraviglioso. Alla lunga, Pallas riuscì a portarsi in vantaggio e a privarla dello scudo, ma Isabel, combattendo tanto con le armi quanto con le parole, ribaltò la situazione ed ebbe la meglio. Soprattutto però, le confessò di volerle comunque ancora bene come una sorella, supplicandola di non essere gelosa degli esseri umani ma anzi di condividere con loro una frazione del proprio immenso amore. All’inizio, le sue parole parvero non portare a nulla, al punto che Titan e Pegasus scesero in campo e si affrontarono a loro volta, ciascuno deciso a proteggere la propria Dea non in quanto Cavaliere, ma in quanto uomo. Quando però il Cavaliere di Sagitter ebbe la meglio e Pallas mise a repentaglio la sua stessa vita ponendosi a difesa del proprio paladino, che ormai nutriva verso di lei un sentimento ben più profondo della semplice devozione, Isabel rifiutò di continuare la battaglia, facendole notare che adesso anche lei aveva qualcuno che l’amava, e che voleva proteggere a qualsiasi costo. Le sue accorate parole, le sue lacrime e il suo spirito di sacrificio fecero finalmente breccia in Pallas, che accettò di lasciarsi alle spalle i torti del passato e riconciliarsi con Atena.
Con la guerra che ormai sembrava giunta al termine, non rimaneva che da rimuovere il bracciale. Pallas si accinse a farlo, ma sia il monile di Isabel che quello indossato da Pallas stessa si mutarono in serpenti e le imprigionarono entrambe, privandole di quel che restava dei loro cosmi. Era infatti tutta una trappola del vero dio rimasto nascosto nell’ombra, Saturno, e del suo servitore Europa, che utilizzò il cosmo rubato alle dee per far risorgere il suo signore. Incredibilmente, questi si rivelò essere Subaru, visto che Saturno, incuriosito dagli esseri umani, aveva adottato temporaneamente una forma umana priva di ricordi per poterli studiare e conoscere da vicino. Priva di sensi, Isabel venne affidata da Pegasus alle cure di Harbinger, mentre il Cavaliere si recava al tempio di Saturno insieme al gruppo di Koga, che nel frattempo aveva raggiunto il cosmo Omega. Protetta anche da Titan, Cristal e Andromeda, la ragazza percepì la terribile battaglia in corso. Saturn però si rivelò essere quasi invincibile per Koga, Pegasus e gli altri. Sconfitta facilmente ogni resistenza, paralizzò tutti gli esseri viventi del pianeta con il Chrono Conclusion Eternal, intenzionato a lasciarli così per tutta l’eternità. Isabel ne rimase vittima come chiunque altro, e venne pietrificata, ma riuscì a conservare un briciolo di consapevolezza. Con il solo Koga rimasto a combattere, fece spiritualmente appello a tutti i presenti, chiedendo loro di donargli i loro cosmi e aiutarlo. I Cavalieri, tra cui vi erano anche Sirio, Kiki, Fudo e Phoenix, in realtà sopravvissuti ai rispettivi scontri, accettarono con entusiasmo, inviando al giovane i loro cosmi e le loro anime. Con la forza di tutti, Koga riuscì a tenere il passo con Saturno, che, colpito dall’energia che gli esseri umani possono sviluppare quando collaborano, accettò di liberarli e ritirarsi, ponendo di fatto fine al conflitto.
Ripresasi completamente, Isabel fece ritorno al Grande Tempio insieme ai Cavalieri superstiti e, per premiare Harbinger della fedeltà mostrata, lo elesse Grande Sacerdote nonostante le sue burbere rimostranze. Salutò poi Koga, in partenza per un viaggio senza meta al fine di scoprire se stesso, e rimase insieme a Pegasus, amareggiata per le tante vite perdute ma anche sollevata per essere riuscita ancora una volta a salvare il mondo. Insieme, lei e Pegasus si presero per mano, pronti ad affrontare insieme il futuro.
NOTE: Le informazioni presenti in questo profilo provengono da praticamente l’intera serie animata classica, episodi 1-114 e 115-133, dai cinque OAV, dagli episodi di Saint Seiya Omega, dall’intero manga classico edizione Star Comics, numeri 1-28, da Next Dimension numeri 1-8, dalle Side Story degli artbook Jump Gold Selection 2 e 3 e dal romanzo Gigantomachia. Colonna portante della saga, Isabel è quasi onnipresente, solitamente nel ruolo di fanciulla da salvare. Ciò le è valso una reputazione abbastanza negativa tra i fan, forse anche eccessiva visto che, il più delle volte, l’essere imprigionata è parte di un piano ben preciso e non un incidente. Nel corso delle saghe, Isabel mostra sia totale fiducia nei confronti dei suoi Cavalieri, che un certo spirito di indipendenza sottolineato da tentativi di staccarsi da loro e vincere senza coinvolgerli. Ciò avviene in particolare nella seconda metà della serie, cioé in Hades, negli ultimi tre OAV, e, solo nel manga, anche nella serie di Nettuno. Purtroppo però questi tentativi tendono a non funzionare o a funzionare solo in parte, rendendo sempre necessario l’intervento di Pegasus e compagni.
Proprio Pegasus è chiaramente il Cavaliere più caro ad Isabel, con infinite supposizioni su un possibile amore tra i due. Il manga, a riguardo, rimane sempre vago, mentre l’anime lo afferma esplicitamente prima nella Side Story "Il grande Amore di Atena", pubblicata sull’artbook Jump Gold Selection 3, e poi nel film Overture al Tenkai, dove questi sentimenti sono chiaramente ricambiati dall’eroe. Secondo il manga, Isabel ha 13 anni, il che però le renderebbe impossibile governare la fondazione Thule. In effetti, i suoi compiti all’interno dell’organizzazione non vengono mai approfonditi, e sembrano limitarsi a sporadiche conferenze stampa, sempre legate alla Guerra Galattica, e poco altro. Dovrebbero essere quindi più che altro funzioni di rappresentanza o pubbliche relazioni, anche se è in contatto con uomini di alto livello come Newcomber, e non accenna mai all’esistenza di consigli di amministrazione o altro. Dal 41° episodio in poi, il ruolo di capo della Fondazione Thule viene quasi totalmente dimenticato a favore di quello di Atena, con la relativa scomparsa della maggior parte degli ambienti caratterizzanti la prima parte della serie, a favore di atmosfere più fantasy. Unica eccezione, il compleanno di Julian, verosimilmente ambientato tra 73° e 74° episodio.
Che Isabel non sia mai stata partorita viene suggerito a più riprese sia nell’anime che nel manga. Ciò serve a distinguere la reincarnazione di Atena, rinata in una forma umana creata appositamente, da quelle di Nettuno o Hades, che si impossessano di altri esseri viventi e ne prendono il controllo. I poteri di Isabel, in termini di tipologia, sono praticamente infiniti, a seconda di quel che serve in un determinato momento. Per contro, la loro estensione ed intensità tende ad essere mostrata come media o debole, inferiore a quella degli altri Dei. Non a caso, Isabel perde quasi ogni scontro cui prende parte da sola, ad eccezione di quello con Nettuno. Ciò suggerisce che essere in un corpo umano riduca parzialmente i suoi poteri. L’età stessa è un po’ un enigma: all’inizio del manga, ambientato nel 1986, ha 13 anni. Next Dimension indica che serie di Hades si svolge nel 1990, quindi, prendendo ambo le date per buone, a fine serie classica dovrebbe essere 17enne. E’ altresì possibile che tutti gli eventi siano scivolati in avanti dall’86 al ’90, e che Isabel mantenga 13 anni per tutta la serie. A seconda di queste due ipotesi, in Saint Seiya Omega dovrebbe avere tra i 25-26 ed i 29-30 anni.
Non è del tutto chiaro quanto e come sia possibile uccidere Isabel. Se usa il cosmo, è invulnerabile a colpi segreti o armi di Cavaliere, come l’ascia di Thor, ed ha una resistenza molto maggiore agli agenti esterni. Questi ultimi però possono comunque ucciderla, verosimilmente perché richiedono uno sforzo prolungato nel tempo, che, alla lunga, esaurisce il cosmo rendendola vulnerabile. A tal proposito, è curioso notare come in quasi ogni saga il suo sostegno ai protagonisti diminuisca man mano che si va avanti, forse proprio perché il suo cosmo si sta riducendo. Ad occhio e croce, sembra in grado di bruciarlo ininterrottamente per una decina di ore, come visto ad Asgard, e in questo stato può resistere anche ore senza respirare. Può però essere uccisa da divinità con un cosmo pari o superiore, oppure da speciali manufatti deicidi, come la daga di Gemini, che Episode G ricollega addirittura a Crono.
I cinque film, ed in particolare il quinto, sono da considerarsi fuori continuity ed inseriti solo per completezza, e perché approfondiscono aspetti della personalità di Isabel comunque presenti nella serie classica. In realtà, la serie di Hades ha luogo subito dopo quella di Nettuno. Lo status della Gigantomachia è più dubbio, anche se dovrebbe essere possibile inserirla tra Nettuno ed Hades senza eccessive contraddizioni, eccezion fatta per la scena in cui Isabel bagna le loro armature con il proprio sangue. D’altra parte, ambientandola dopo Hades non si spiegherebbe la presenza di Pegasus, a meno di non ipotizzare che abbia luogo addirittura dopo Next Dimension. Next Dimension e Saint Seiya Omega sono entrambi dei seguiti, il secondo ambientato "dieci e più" anni dopo Hades. Next Dimension segue la continuity manga, Omega quella anime, anche se è possibile allinearli senza eccessivi problemi. La fugace apparizione in Episode G potrebbe aver luogo in qualsiasi momento della serie, visto che ovviamente non è presente nella serie classica.
L’onorifico "lady", presente nel doppiaggio italiano al posto del "san" giapponese, viene giustificato con il titolo di duca di Alman. Di conseguenza, Isabel dovrebbe appartenere al casato nobiliare dei Thule, anche se la cosa non viene mai approfondita. L’evoluzione della sua personalità è uno dei cardini della prima parte della serie, ed in particolare dei primi episodi, che vedono evolversi il suo rapporto con Pegasus ed i Cavalieri, da freddo rispetto ad amicizia, a stima, affetto e, forse, amore. È comunque una transizione più graduale rispetto al manga, dove i rapporti rimangono tesi, o addirittura ostili, praticamente fino alla partenza per il Grande Tempio. Sempre l’anime approfondisce le paure ed il senso di inadeguatezza di Isabel, che va poi scomparendo man mano che la serie prosegue.
Saint Seiya Omega è una serie animata del 2012, con nuovi protagonisti ed ambientata circa 13 anni nel futuro. A detta della Toei, è in continuity con l’anime, Hades incluso, ma non con il manga o Next Dimension, anche se, per ora, le due serie non si escludono a vicenda. Nella prima stagione, Isabel, rapita da Mars nel secondo episodio, è quasi sempre assente, ma vari flashback la mostrano combattere attivamente sul campo ed essere determinante nella prima battaglia contro il dio e i suoi seguaci. Commette però anche diversi errori, fidandosi di Ionia, nascondendo troppe cosa a Koga e lasciando di fatto il Grande Tempio allo sbando, privo di una guida. La seconda stagione riprende un filone più classico, presentando una Isabel con uno spirito di sacrificio spesso eccessivo, ma anche proattiva nel creare l’esercito dei Cavalieri d’Acciaio, abile nel comprendere il cuore dei suoi fedeli e piena di fiducia verso gli esseri umani. Lo scontro con Pallas inoltre è il primo in cui riesce a vincere da sola una divinità nemica, senza bisogno dell’apporto dei cosmi dei suoi paladini. Tra le righe, sembra venir suggerito che lei e Pegasus si amino - cosa già ampiamente intuibile dalla serie classica - ma il sentimento non viene mai esplicitato apertamente.
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