ANDROMEDA
(ANDROMEDA SHUN)
ETA': 13 anni (inizio della saga); 17 anni (saga di Hades), 29-30 anni (Saint Seiya Omega). 35 anni circa (Episode G: Assassin).
ALTEZZA: 1.65 M.
PESO: 51 Kg.
OCCHI: Verdi.
CAPELLI: Verdi.
DATA DI NASCITA: 9 Settembre.
LUOGO DI NASCITA: Giappone, probabilmente Nuova Luxor.
GRUPPO SANGUIGNO: A.
SEGNI PARTICOLARI: Nessuno.
PARENTI CONOSCIUTI: Phoenix (fratello maggiore), i genitori sono entrambi morti poco dopo la sua nascita.
COSTELLAZIONE / SIMBOLO: Andromeda, principessa Etiope figlia di Cefeo e Cassiopea.
ARMATURA / ARMI: Armatura di bronzo di Andromeda. L'armatura di Andromeda in tutte le sue forme è dotata di due catene, una per braccio. Quella attaccata al braccio destro è la catena di attacco ed alla sua estremità vi è un triangolo, quella attaccata al braccio sinistro è la catena di difesa ed alla sua estremità vi è una sfera. Le catene di Andromeda sono fatte di un materiale sconosciuto, più resistente di quello delle normali armature di bronzo, e possono allungarsi verosimilmente all'infinito. Possono inoltre avvertire la presenza di un nemico, anche non umano, e colpirlo anche quando è del tutto invisibile. Le catene obbediscono ai comandi vocali di Andromeda e ritornano alle dimensioni originali se fermate dal cavaliere o dopo aver portato a termine il loro compito. In almeno una circostanza, le catene hanno dimostrato di saper "comunicare" con Andromeda formando una scritta sul suolo, sebbene pare conoscano solo il greco antico. A parte le catene, l'armatura di Andromeda non ha altre caratteristiche particolari e possiede, almeno nella prima versione, la resistenza di una comune armatura di bronzo. Viene distrutta tre volte, la prima da Fish, cavaliere d'oro dei Pesci, la seconda da Syria, Generale di Nettuno, e l'ultima da Thanatos, Dio della morte. In tutti i casi viene riparata e potenziata, la prima volta da Mur dell'ariete, che usa il sangue dei cavalieri d'oro, la seconda da Sion, ex grande sacerdote, che usa il sangue di Atena, e l'ultima da Andromeda stesso, che bruciando al massimo il suo cosmo la fa evolvere in armatura divina. L'armatura divina di Andromeda è immensamente più resistente delle versioni precedenti, copre il corpo interamente ed è dotata di ali. L'armatura divina viene danneggiata, ma non distrutta, da Hades, signore dell'aldilà. In seguito alla sconfitta di quest'ultimo, la corazza ritorna alla sua penultima forma, quella creata da Sion, e viene in seguito distrutta da Teseo, cavaliere di Artemide. In seguito, l’armatura divina torna ad essere V3. Nella serie Saint Seiya Omega, entra in contatto con un frammento di meteorite e si trasforma in Cloth Stone, mantenendo più o meno la stessa forma pur con qualche differenza. Più avanti, si evolve ulteriormente in una nuova forma chiamata New Cloth. Le catene di Andromeda sono presenti in tutte le versioni dell'armatura e mantengono invariati i loro poteri.
Nel futuro visitato da Capricorn in Episode G: Assassin, Andromeda è ormai diventato Cavaliere d’Oro della Vergine e indossa una nuova versione dell’armatura d’oro un tempo appartenuta a Virgo. Rimane comunque in grado di evocare catene dorate di cosmo.
STIRPE: Cavaliere di bronzo di Atena.
PRIMA APPARIZIONE: Episodio 2 "Il torneo inizia" (anime), Saint Seiya N° 1 capitolo 4 (manga edizione Star Comics).
EPISODI (SAGA):. 2-9, 11-20, 22-23, 25-47, 50, 53-70, 73 (saga del Grande Tempio), 74-81, 83-88, 90-99 (saga di Asgard), 100-114 (saga di Nettuno), 117, 120-133 (saga di Hades), OAV 1 (Discordia), 2 (Balder), 3 (Apollo), 4 (Lucifero), 5 (Artemide). Saint Seiya Omega 12, 24, 33, 43, 45 (saga di Mars), 58-59, 68, 73, 76-79, 81-85, 87-88, 93-97 (saga di Pallas).
NUMERI DEL MANGA:.N° 1-28. Next Dimension 1-9. Episode G: Assassin 2.
COLPI SEGRETI / POTERI: L'arma che Andromeda usa più spesso sono le catene della sua armatura. La Catena di Andromeda è un'arma formidabile, spesso letale in attacco, quasi insuperabile in difesa. Definire la catena un'arma è comunque limitativo, essa è quasi un essere vivente, dotato persino di una parvenza di volontà propria e della capacità di imparare. Come detto, le catene sono due: la catena di attacco (triangolare o piramidale) e la catena di difesa (sferica). Per buona parte della storia questa distinzione non è ben chiara, la catena infatti si limita a disporsi in cerchi concentrici a terra intorno ad Andromeda, assumendo l'aspetto di una Nebulosa. Non appena un nemico si addentra fra le sue spire, la catena scatta e lo colpisce in pieno. Da notare che per far scattare la catena, non è necessario che il nemico entri "fisicamente" fra i cerchi concentrici, ad esempio calpestandoli, ma basta che varchi in qualche modo il territorio che l'arma delimita, ad esempio attaccando dall'alto come fa Asher durante la Guerra Galattica. A rendere ulteriormente pericolosa la catena c'è il fatto che gli anelli sono attraversati da una fortissima tensione elettrica, e quindi se a toccarli è qualcuno che la catena avverte nemico, il malcapitato viene colpito da una scarica di diverse centinaia di volt. Questa disposizione della catena è una difesa passiva, che agisce solo se qualcuno attacca Andromeda, le potenzialità offensive dell'arma vengono svelate solo durante lo scontro con Gemini alla terza casa. A partire da questa occasione, la distinzione fra le due catene si fa ben netta, la catena di difesa infatti assume una disposizione più attiva, iniziando a vorticare come un mulinello attorno ad Andromeda, in modo da parare qualsiasi colpo, mentre quella di attacco viene lanciata contro il nemico con la tecnica chiamata "Onde di Tuono". In caso di necessità comunque, Andromeda può lanciare all'attacco anche la catena di difesa, mentre non c'è modo di usare quella di attacco per difendersi. Per svolgere il suo ruolo, la catena può allungarsi a dismisura, in modo da raggiungere il nemico ovunque fugga, persino ad anni luce di distanza o in un'altra dimensione. La catena di Andromeda possiede anche altre straordinarie caratteristiche, la prima delle quali è la capacità di imparare le tecniche nemiche e di creare una difesa efficace. In questo senso la vediamo all'opera contro Kira, la catena infatti assume una disposizione diversa a seconda dell'attacco che il generale lancia, diventando ad esempio una rete contro l'aquila o un boomerang contro i vampiri. Un'altra capacità dell'arma è quella di avvertire una minaccia incombente, indipendentemente dalla volontà di Andromeda. Quando ciò accade, la catena si tende verso il pericolo, indicandone la direzione ad Andromeda, che può decidere se ignorarlo o lanciare la sua arma all'attacco. L'intensità del pericolo dipende dalla tensione della catena, più la minaccia è grave, più l'arma è tesa. Come detto, la catena avverte anche la presenza di nemici che Andromeda ignora, inclusi insetti o persino esseri inanimati come pietre, ma può anche essere usata per trovare un nemico che si è nascosto o che ha cambiato aspetto. Per quanto potente comunque, anche la catena di Andromeda ha dei punti deboli. Per prima cosa infatti non può colpire qualcuno che non sente come nemico, ovvero qualcuno che non è spinto dal desiderio di ferire e uccidere ma solo da quello di difendersi. Inoltre, l'arma è inefficace nella neve, perché le basse temperature ghiacciano gli anelli, è inutile contro il fuoco, perché gli anelli sono troppo radi per fermare le fiamme, e conduce elettricità nei due sensi, infatti la scarica di Medusa attraversa l'arma e raggiunge Andromeda. Quando Andromeda usa la catena, alle sue spalle appare l'immagine della costellazione di Andromeda o quella di una nebulosa.
Oltre alla catena, Andromeda possiede un vero colpo segreto, la Nebulosa di Andromeda, opera del suo cosmo. Andromeda ne dà un'ottima descrizione durante lo scontro con Syria, in cui spiega che nella Nebulosa riversa tutto se stesso, tutta la determinazione e la virtù guerriera che non sa dimostrare in battaglia a causa del suo animo sensibile. La Nebulosa si manifesta come raffiche di vento, prima abbastanza deboli, poi sempre più forti, fino a diventare una vera e propria tempesta che travolge il nemico senza via di scampo. La funzione delle prime raffiche è di bloccare il nemico, impedendogli di attaccare o difendersi, e soprattutto dandogli un'ultima possibilità di arrendersi. La Nebulosa vera e propria è difficile da controllare per lo stesso Andromeda, cui non piace uccidere gli avversari, ed infatti non colpisce solo il nemico, ma anche l'ambiente circostante. Andromeda usa questo colpo solo in rare occasioni, e sempre a malincuore. Per lanciarlo, di solito espande il suo cosmo, generando il vento della Nebulosa, che poi scatena sollevando il braccio destro verso il nemico.
Dal punto di vista fisico, Andromeda ha i poteri di un comune cavaliere, può frantumare la roccia con un pugno e saltare grandi distanze. In aggiunta a ciò, sa leggere e tradurre il greco antico.
STORIA: Andromeda nacque a Nuova Luxor, secondogenito di genitori sconosciuti, che morirono pochissimo dopo la sua nascita. Suo fratello maggiore, di nome Phoenix, provò da subito un profondo affetto fraterno nei confronti di Andromeda e, realizzando che oramai loro erano soli al mondo, decise di fare tutto il possibile per proteggerlo. Phoenix non voleva che lui ed Andromeda venissero messi in orfanotrofio, o magari separati, e per questo, pur avendo solo un paio di anni, fuggì col fratellino in fasce. Ben presto però i due si trovarono inseguiti da una bambina, di pochi anni più grande di Phoenix, che portava a sua volta in mano un fagotto. Fermati i due, la bambina disse a Phoenix che Andromeda era suo fratello, e che era destinato ad unirsi allo spirito che lei stessa portava in braccio, lo spirito di Hades, signore dell'oltretomba, che presto sarebbe risorto dopo un sonno di 210 anni. Phoenix però si oppose e difendette strenuamente il fratello, resistendo persino alle scariche elettriche della bambina e continuando a stringere il fratellino anche dopo aver perso i sensi. Alla fine comunque la bambina stava per prendere Andromeda, ma attorno al neonato comparve un cosmo molto potente, che la fermò. Temendo che insistendo avrebbe danneggiato il corpo di Andromeda, la bambina decise di lasciarlo a Phoenix, ma gli mise al collo un ciondolo a forma di stella, con sopra la scritta "Yours Ever", a significare che da quel giorno in avanti Andromeda apparteneva ad Hades. Prima di andarsene poi la bambina cancellò dalla mente di Phoenix buona parte dei ricordi di quegli eventi, e gli fece credere che il ciondolo fosse un ricordo della loro madre.
Ripresisi, Phoenix ed Andromeda, sempre in fasce, vennero verosimilmente trovati da qualche agente di Alman di Thule, ricco uomo d'affari di Nuova Luxor che all'epoca stava cercando dei bambini che potessero essere adatti, un giorno, a diventare cavalieri di Atena. I due fratelli vennero portati alla villa di Alman, ma Phoenix, sempre preoccupato di essere separato dal fratello, fuggì dal palazzo con Andromeda, e riuscì ad arrivare almeno fino alla zona rocciosa alla periferia di Nuova Luxor. Gli uomini di Alman però li trovarono lo stesso e l'uomo, forse temendo una nuova fuga, decise di lasciare insieme i due fratelli e li fece affidare all'orfanotrofio St. Charles, in cui stava raccogliendo i bambini potenzialmente adatti a diventare cavalieri. Stavolta Phoenix si convinse che fuggendo non avrebbe risolto nulla, e così i due fratelli passarono anni nell'orfanotrofio.
Crescendo, Andromeda sviluppò una personalità molto timida ed introversa, in netto contrasto con quella forte ed autoritaria di Phoenix. Preoccupato per il fratello, Phoenix cercò di insegnargli ad essere forte, ricordandogli che non avevano nessuno al mondo e quindi un giorno avrebbero dovuto cavarsela con le loro forze. Phoenix cercò anche di insegnare ad Andromeda come difendersi e lo allenò a testare la sua resistenza prendendo a pugni un tronco d'albero nel parco cittadino, ma il bambino, facile alle lacrime, non possedeva la grinta necessaria per reagire. Di conseguenza, Phoenix dovette spesso accorrere in suo aiuto e difenderlo quando gli altri bambini lo minacciavano o gli facevano dei dispetti. A parte queste rare situazioni, gli anni dell'orfanotrofio furono comunque sereni per Andromeda, che si divertiva giocando al calcio con gli altri bambini.
Passarono così circa sei anni, poi Alman decise che era il momento di preparare i bambini all'addestramento per diventare cavalieri, e li fece portare tutti nel suo palazzo, allo scopo di farli allenare per circa un anno nella sua palestra, prima di mandarli dai vari maestri sparsi in giro per il mondo. Non avendo scelta, Andromeda e Phoenix furono obbligati ad obbedire e si allenarono con gli altri bambini. A differenza del fratello, naturalmente portato alla lotta, Andromeda si rivelò troppo sensibile per combattere, e quindi spesso veniva sconfitto e scoppiava in lacrime, obbligando Phoenix a correre a difenderlo ed a giustificare le sue reazioni, che gli altri bambini pensavano dovute alla vigliaccheria. Oltre a ciò, Andromeda fu spesso testimone dei surprusi della piccola Isabel, nipote di Alman, nei confronti degli altri bambini, ma, forse per via del suo carattere timido, non ne fu mai vittima in prima persona.
Dopo un anno di allenamenti, nel corso del quale Andromeda apprese qualche rudimento di lotta corpo a corpo, giunse il giorno in cui un sorteggio avrebbe deciso il luogo in cui ciascun bambino sarebbe andato per l'addestramento. Andromeda fu il penultimo a pescare, e gli toccò in sorte il luogo più terribile di tutti, l'Isola della Regina Nera, un posto dal quale solo in pochi erano tornati vivi, e sempre cambiati nel corpo e nello spirito. La prospettiva di andare in un posto del genere terrorizzò Andromeda, ma Phoenix, volendo proteggere il fratellino, si offrì con veemenza di andare al suo posto, ed alla fine riuscì a convincere Alman. Andromeda non voleva che il fratello si sacrificasse per lui, ma Phoenix fu irremovibile. Di conseguenza, ad Andromeda toccò andare in un altro luogo, chiamato, ironia della sorte, Isola di Andromeda, in riferimento al mito greco di cui era protagonista l'omonima principessa. Il giorno della partenza, Andromeda e Phoenix dovettero separarsi, ma prima di andare quest'ultimo fece promettere al fratello di essere sempre forte in qualsiasi situazione, nonostante le avversità. Andromeda promise, ed aggiunse che, per quando si sarebbero rivisti, lui avrebbe conquistato l'armatura e sarebbe diventato cavaliere.
Lasciato il fratello, Andromeda venne imbarcato su un mercantile e raggiunse l'isola di Andromeda, posta nell'Oceano Indiano. L'isola era un luogo disabitato, con temperature che variavano tra i - 20 C° notturni ed i 50 C° diurni e sulla quale le condizioni di vita erano proibitive. Sull'isola, Andromeda incontrò il cavaliere che sarebbe diventato suo maestro, Albione di Cefeo, e numerosi compagni di addestramento, tra cui una ragazza di nome Nemes ed un ragazzo di nome Reda. Andromeda, il maestro ed i compagni divennero gli unici abitanti dell'isola ed iniziarono l'allenamento, che consisteva principalmente in esercizi fisici e duelli, sia a mani nude che con catene, l'arma principale di cui era dotata l'armatura di Andromeda. Oltre a ciò, venne insegnato loro qualche rudimento di greco antico.
Gli anni dell'addestramento furono difficili per Andromeda, il suo carattere sensibile lo spinse subito ad affezionarsi ai compagni, anche all'orgoglioso ed arrogante Reda, e questo gli impediva di impegnarsi fino in fondo negli scontri. Nonostante questo handicap però il ragazzo fece molti progressi, e la sua forza crebbe lentamente ma costantemente col passare dei mesi. Andromeda sentì la propria energia crescere, ma non volle usarla per affrontare i compagni, e così spesso si lasciò ferire e sconfiggere senza reagire. A differenza degli allievi però, Albione si accorse delle doti di Andromeda e comprese che era solo il suo nobile cuore a limitarlo, e non paura o mancanza di abilità. Questa scoperta spinse Albione a considerare Andromeda uno tra i suoi allievi migliori. Gli altri ragazzi tuttavia non avevano particolare simpatia per il compagno, che consideravano un debole. L'unica a fare eccezione era Nemes, che, pur non comprendendo in pieno il potenziale del ragazzo, provò da subito affetto nei suoi confronti. Andromeda a sua volta ricambiò, e tra i due si sviluppò una forte amicizia, che spinse Nemes a curarlo ogni volta che era ferito dopo uno scontro ed il ragazzo a confidarsi con lei ed a raccontarle di Phoenix e della promessa di ritornare a Nuova Luxor da cavaliere. Nemes comprese l'affetto che legava Andromeda al fratello e, pur temendo per lui, spesso cercò di motivarlo ricordandogli proprio la promessa fatta. In altre circostanze tuttavia la ragazza, temendo per la sua incolumità, cercò invano di convincerlo ad interrompere l'addestramento.
Passarono i mesi, ed Albione scelse Andromeda, Reda, Nemes ed un ragazzo distaccato di nome Sanzius come suoi allievi migliori e diede loro lunghe lezioni sul potere e sul significato del cosmo, spiegando che è dentro se stessi che bisogna trovare la forza in battaglia, senza fare eccessivo affidamento sulle lontane stelle. Andromeda fu onorato della fiducia concessagli dal maestro, verso il quale aveva imparato a nutrire fiducia e profondo rispetto, e che oramai considerava quasi come un secondo padre nonostante le circostanze non certo facili. A sua volta, Albione giudicava Andromeda una persona con un cuore forte e capace di ribellarsi al destino, ma al contempo nobile al punto da non voler ferire un compagno d'addestramento.
Alla fine, venne il giorno in cui decidere chi fosse degno del titolo di cavaliere e dell'armatura. Andromeda, Reda e Sanzius si rivelarono i candidati più adatti ed Albione decise che si battessero a turno in duello per stabilire chi fosse degno di affrontare l'ultima prova, il rituale della regina Andromeda. La sera prima degli scontri Nemes, dopo aver interrotto un duello tra Andromeda e Reda ed aver curato ancora una volta le ferite dell'amico, cercò di convincerlo a non combattere, ma il ragazzo si mostrò ostinato e dichiarò di voler mantenere la promessa fatta a Phoenix. Così, il giorno stabilito, Andromeda affrontò Sanzius nel primo scontro e, dopo essersi trovato inizialmente in difficoltà, riuscì a trovare dentro di se la determinazione per vincere. Il duello successivo fu però più impegnativo ed Andromeda e Reda si trovarono di nuovo faccia a faccia. Consapevole che, per sconfiggere il compagno avrebbe dovuto correre il rischio di ferirlo, Andromeda esitò a lungo e rischiò la sconfitta, ma le grida di incoraggiamento di Nemes e le parole di derisione di Reda stesso lo spinsero a bruciare almeno in parte il suo cosmo per difendersi. Andromeda frantumò una delle catene di Reda, poi i due si scontrarono a mezz'aria e, pur restando ferito, il ragazzo uscì vincitore. Vedendo Reda a terra, Andromeda cercò di soccorrerlo, ma il compagno rifiutò il suo aiuto e, guardando il disprezzo nei suoi occhi, Andromeda comprese che non avrebbe dimenticato facilmente la sconfitta subita.
Sconfitti i compagni in duello, Andromeda, nonostante le ferite, chiese ad Albione di essere sottoposto il giorno seguente all'ultima prova, che consisteva nell'essere legato a degli scogli con le leggendarie catene dell'armatura di Andromeda. Se fosse riuscito a dominarle ed a liberarsi, Andromeda avrebbe ottenuto l'armatura, altrimenti sarebbe annegato con l'alta marea. Pur preoccupato nei confronti di chi ormai amava come un figlio, Albione acconsentì e così il giorno seguente Andromeda venne legato agli scogli. Per molte ore, i suoi sforzi per dominare le catene e liberarsi sembrarono vani e quando l'alta marea sopraggiunse, sommergendolo completamente, Andromeda temette che per lui fosse giunta la fine. Nel momento di maggiore difficoltà però il ragazzo non volle deludere la fiducia che Albione e Nemes avevano in lui, nè tantomeno rompere la promessa fatta a Phoenix, e per la prima volta bruciò il suo cosmo senza esitare, comprendendone anche il vero potere. Grazie al suo cosmo ardente, Andromeda riuscì a dominare le catene e creò un vortice che lo liberò dalle acque e dagli scogli, permettendogli dunque di superare la prova. Davanti allo sguardo fiero del maestro, Andromeda indossò per la prima volta la sua armatura e divenne Cavaliere dello Zodiaco.
Dopo pochi giorni, nei quali si esercitò ad usare le nuove catene e l'armatura, Andromeda si apprestò a lasciare l'isola per tornare a Nuova Luxor e salutò tutti i compagni. Quando venne il momento di salutare Albione però, il maestro gli rivelò che qualcosa nel rituale non l'aveva convinto, ed affermò che il ragazzo non aveva raggiunto la totale padronanza del proprio cosmo durante l'ultima prova, ma molto prima, nel corso degli anni dell'addestramento. Andromeda confermò le sue supposizioni, e, dopo aver spiegato di non avergliene parlato prima perché incerto e non per presunzione, decise, in segno di affetto, di mostrargli il suo vero potere e lanciò un fascio di energia che sfiorò l'uomo e colpì la roccia alle sue spalle. Subito dopo Nemes sopraggiunse per avvisare che la nave per Nuova Luxor era in partenza ed Andromeda, dopo un ultimo commosso saluto al maestro, partì dall'Isola. Albione non disse più nulla, ma in cuor suo si sentì fiero del ragazzo, che gli aveva appena dimostrato di saper combattere anche senza bisogno dell'armatura, ed infatti l'energia del fascio era stata tale da distruggere sia la roccia che il bracciale dell'armatura di Cefeo, che era stato solo sfiorato.
Lasciata l'isola, Andromeda tornò a Nuova Luxor dalla Fondazione, nella speranza di ritrovare Phoenix. Raggiunta la città, il ragazzo venne accolto dagli uomini della Fondazione, che lo accompagnarono al palazzo. Arrivato, Andromeda scoprì che Alman era morto da ormai cinque anni e che ora era sua nipote Isabel a guidare la Fondazione. Cosa più importante, Andromeda scoprì che Phoenix non era ancora tornato e che di lui non c'erano più notizie da oramai sei anni. Isabel ordinò ad Andromeda di partecipare ad un torneo tra cavalieri, e per convincerlo gli spiegò che al vincitore sarebbe andata l'armatura d'oro del Sagittario. Andromeda non era interessato nella corazza, ma siccome ancora tre cavalieri, Pegasus, Cigno e Fenice, mancavano all'appello, accettò di partecipare sperando che uno di loro potesse essere Phoenix. Non avendo una casa dove abitare, Andromeda venne alloggiato in una delle stanze del palazzo stesso, così come la maggior parte degli altri cavalieri.
Qualche giorno dopo, il torneo iniziò ed i dieci partecipanti teorici vennero casualmente divisi in cinque coppie di avversari. Andromeda venne selezionato per combattere nel quinto round, contro il vincitore del primo scontro, che si sarebbe tenuto tra Asher dell'Unicorno e Ban del Leone Minore. Il ragazzo così potè osservare gli avversari combattere, e fu testimone della vittoria di Asher sul nemico. Ad impressionarlo maggiormente tuttavia fu il cavaliere che scese in campo nel secondo round, Pegasus, il quale, appena tornato dalla Grecia, mostrò incredibile abilità contro il suo avversario Geky dell'Orsa Minore e lo sconfisse rapidamente. Osservando Pegasus, Andromeda si rese conto che sarebbe stato un difficile avversario per la vittoria finale. Il giorno seguente, Andromeda fu invece testimone della facile vittoria del cavaliere del Cigno, Cristal, sul suo avversario Aspides dell'Idra. Tra l'altro, l'arrivo di Pegasus e Cristal diminuiva le possibilità che Phoenix tornasse, dal momento che ora era il solo cavaliere della Fenice a mancare. All'indomani della vittoria di Cristal, Andromeda assistette al duello che più lo impressionò tra quelli combattuti fino a quel momento, quello tra il cavaliere del Dragone, Sirio, e Pegasus. Il ragazzo fu colpito dalla forza sia offensiva che difensiva di Sirio, ed ancora di più dalla determinazione di Pegasus, che continuava a lottare nonostante il nemico sembrasse superiore. Quando sia Pegasus che Sirio si tolsero le armature, ormai seriamente danneggiate, e mostrarono di voler continuare a lottare senza difese, Andromeda, considerando la vita la cosa più importante, cercò di convincerli ad interrompere il duello, ma non ebbe successo. Come purtroppo aveva temuto, lo scontro costò quasi la vita ai due, ed in particolare Sirio rischiò di morire per arresto cardiaco. Per permettere a Pegasus di salvarlo, Andromeda sostenne Dragone privo di sensi e si lasciò colpire insieme a lui da uno dei colpi del cavaliere, l'unica cosa che avrebbe potuto riattivare il cuore di Sirio. Fortunatamente il disperato tentativo ebbe successo, ed Andromeda, nell'accorgersi che il cuore di Dragone aveva ripreso a battere, potè dare la felice notizia agli altri presenti. La gioia, unita ad una ancora non perfetta sintonia con la sua catena, lo rese tuttavia imprudente, e così, quando, poco prima della chiusura del Palazzo dei Tornei, la sua arma si mosse d'improvviso ed indicò lo scrigno dell'armatura del Sagittario, il ragazzo non vi prestò molta attenzione.
Il giorno dopo venne finalmente il turno di Andromeda di combattere contro l'avversario designato, Asher dell'Unicorno, in quello che sarebbe stato il suo primo scontro dal giorno dell'investitura. Indossata l'armatura e salito sul ring, il cavaliere scoprì tra l'altro che il suo bell aspetto lo aveva reso popolare con il pubblico femminile, che tifava quasi unicamente per lui. Andromeda tuttavia non desiderava battersi o ferire Asher, e così cercò di convincerlo ad arrendersi, ma le sue richieste vennero scambiate per vigliaccheria dall'avversario, che attaccò ripetutamente. Non avendo altra scelta, Andromeda usò la catena, che si rivelo una difesa formidabile e respinse senza alcuno sforzo tutti gli attacchi dell'Unicorno, atterrando ripetutamente Asher e penetrando con facilità la sua armatura. Andromeda comunque non voleva ferire il compagno cavaliere, e così fece del suo meglio per trattenere la violenza della sua arma.
Nel corso del duello tuttavia la catena percepì una minaccia nascosta e, per avvisare Andromeda, formò la parola "Axia" sul pavimento del ring. Dopo qualche minuto di dubbio, Andromeda comprese il senso del messaggio, che in greco antico significa "cosa di grande valore", appena in tempo per assistere alla comparsa del decimo cavaliere ancora mancante, il guerriero della Fenice, il cui volto era coperto da una visiera.
Purtroppo, la gioia per la comparsa del decimo cavaliere fu di breve durata, Fenice infatti si rivelò subito ostile ed Andromeda non potè impedire alla sua catena di attaccare il nuovo venuto legandogli il polso. Il ragazzo fu subito sbalordito dal cosmo carico di odio e rabbia di Fenice, ma ancora di più quando Sirio e Pegasus, appena sopraggiunti, gli fecero notare quanto era ovvio a tutti gli altri: Fenice altri non era che Phoenix, il suo fratello perduto. Nel sentire tale verità, Andromeda non potè trattenere delle lacrime di commozione, ma Phoenix si rivelò subito ostile e lo attaccò con durezza, ferendolo alla spalla. Una tale dimostrazione di crudeltà fece dubitare nuovamente Andromeda sull'identità del nemico, ma Fenice si tolse la maschera, mostrando di essere proprio Phoenix. Tuttavia, gli anni passati all'Isola della Regina Nera sembrarono aver cambiato in modo sorprendente il cavaliere, che dichiarò di voler uccidere tutti i presenti, a cominciare proprio da Andromeda. Incredulo, il ragazzo non accennò neppure una difesa e così venne travolto in pieno ed atterrato.
Mentre Phoenix mostrava una forza incredibile contro gli altri cavalieri, che parvero incapaci di fermarlo, Andromeda comprese che sull'Isola Nera qualcosa doveva aver spinto suo fratello a passare alle forze oscure. Alla fine comunque Phoenix, dopo aver fatto apparire i suoi seguaci, i guerrieri decaduti noti come Cavalieri Neri, ed aver dichiarato apertamente guerra alla Fondazione ed a tutti i cavalieri, decise di fuggire portando con se l'armatura del Sagittario. Non volendo lasciar scappare il fratello senza ricevere spiegazioni, Andromeda si gettò all'inseguimento insieme a Pegasus, Cristal e Sirio, ma tutto ciò che lui e gli altri riuscirono ad ottenere fu di recuperare quattro dei pezzi della corazza. Durante lo scontro con un cavaliere nero inoltre Andromeda ebbe la conferma che era stata la permanenza all'Isola Nera a cambiare Phoenix, e questo gli causò un forte senso di colpa poichè sarebbe dovuto essere lui ad andare in quel luogo maledetto e non il fratello.
Non essendo riuscito a parlare con Phoenix, Andromeda non potè fare altro che tornare al palazzo di Lady Isabel con i tre compagni, in attesa di una mossa del fratello. Durante una notte amara ed insonne, passata per lo più a ricordare il passato, ad Andromeda tornò in mente il parco in cui Phoenix si allenava da bambino, e così il giorno dopo decise di recarsi lì, più per cercare conforto nei ricordi che nella speranza di trovare qualche traccia. Al parco Andromeda trovò l'albero che Phoenix prendeva a pugni per allenarsi, lo stesso sul quale lui stesso aveva tentato senza fortuna, ma i suoi ricordi vennero interrotti dall'attacco di un nuovo nemico, Cigno Nero, uno dei quattro cavalieri neri più potenti agli ordini di Phoenix, venuto per ucciderlo. Nell'affrontare il nemico, Andromeda si rese conto per la prima volta di uno dei punti deboli della sua catena: le basse temperature la congelavano rendendola più lenta e pesante, quasi inutilizzabile. Improvvisamente privo della sua arma migliore, il cavaliere non potè difendersi dagli assalti del nemico e rischiò di soccombere quando in suo aiuto venne Cristal, che affrontò Cigno Nero al suo posto. La battaglia venne comunque fermata dopo pochi minuti dall'arrivo degli altri tre grandi cavalieri neri, tra i quali Andromeda scorse il proprio doppio, Andromeda Nero, anch'egli armato di catene. Per ordine di Phoenix, i cavalieri neri interruppero lo scontro, ma Andromeda e gli altri capirono che il duello era solo rimandato.
Pochi giorni dopo infatti, Phoenix mandò una lettera di sfida, in cui invitava i quattro cavalieri in un luogo chiamato Valle della Morte, dove avrebbero combattuto per il possesso dell'armatura d'oro. In mancanza di Sirio, partito per la Cina per far riparare la sua armatura e quella di Pegasus, i tre cavalieri partirono con un aereo di Lady Isabel per quel luogo, dal quale nessuno in passato era tornato in vita. Siccome c'era il rischio di perdersi, Andromeda portò con se quattro campanellini, e ne diede uno a Cristal e due a Pegasus, nel caso Sirio fosse tornato, poi il gruppo si separò e ciascuno andò in una direzione diversa.
Dopo aver camminato per circa mezz'ora, Andromeda, giunto sul ciglio di un precipizio, trovò al suolo i pezzi dell'armatura di Pegasus, segno che Sirio era tornato, ma la sua gioia fu di breve durata quando scoprì che Pegasus, gravemente ferito e con la pelle quasi completamente nera, stava disperatamente cercando di arrampicarsi sul dirupo. Per aiutarlo, il ragazzo gli lanciò la catena al polso e cominciò a tirarlo su, ma l'opera fu interrotta dall'arrivo di Andromeda Nero, che sfidò la sua controparte a duello. Andromeda però si rifiutò di abbandonare Pegasus, che ormai considerava un amico, e così, impossibilitato ad usare la catena per difendersi, dovette subire gli assalti del nemico, la cui catena nera penetrò in più punti la sua armatura, ferendolo. A rendere le cose ancora più complicate giunse Dragone Nero, il quale consigliò al compagno di finire il combattimento alla svelta. Andromeda Nero così usò la sua tecnica speciale, e le sue catene nere si trasformarono in serpenti, che morsero a più riprese Andromeda. Nonostante tutto il ragazzo continuò a sorreggere Pegasus, ma quest'ultimo, non volendo il suo sacrificio, spezzò la catena che lo legava all'amico, cadendo nel precipizio. Furioso per quanto era successo, ed ancora di più per le parole di scherno di Andromeda Nero nei confronti di Pegasus, Andromeda si liberò delle catene nere e scatenò la sua catena contro il nemico, uccidendolo al primo assalto.
Il provvidenziale arrivo di Sirio, che ingaggiò battaglia con Dragone Nero, permise ad Andromeda di calarsi nel precipizio per soccorrere Pegasus e riportarlo su. Riuscito nell'impresa, anche con l'aiuto di Sirio che alla fine aveva sconfitto il nemico, Andromeda osservò preoccupato Dragone prendersi cura delle ferite del compagno, poi i due si avviarono alla ricerca di Phoenix. Mentre camminavano però Andromeda pensò di nuovo al fatto di essere responsabile per il cambiamento del fratello e così, quando lo ebbero trovato, decise di parlargli da solo e con una mossa improvvisa colpì Sirio, facendogli perdere i sensi. Fatto ciò, Andromeda si inginocchiò ai piedi del fratello e lo implorò di abbandonare i suoi piani di vendetta. Le sue suppliche però rimasero inascoltate, e Phoenix lo avrebbe ucciso se non fosse stato per l'arrivo di Pegasus, ora di nuovo in forze.
Ben presto tutti i quattro cavalieri si riunirono di fronte al nemico, ma prima di iniziare il combattimento Andromeda volle fare un ulteriore tentativo di mediazione e gli ricordò il loro saluto quando partirono per l'addestramento. Anche stavolta però Phoenix non si fece convincere, e così il ragazzo fu obbligato ad assistere allo scontro tra il fratello e Cristal. Quando il cavaliere del Cigno riuscì a respingere il Fantasma Diabolico, un colpo psichico di Phoenix, su Phoenix stesso, Andromeda non se la sentì di lasciar uccidere suo fratello e bloccò la mano al compagno. Tale gesto si rivelò un errore perché diede a Phoenix il tempo di reagire efficacemente, ed alla fine tutti i cavalieri tranne Pegasus vennero messi fuori combattimento dal nemico. Anche se privo di sensi però, Andromeda volle aiutare l'amico a sconfiggere il fratello, in nome della loro nuova amicizia, e tale volontà permise alla sua catena di agganciarsi al braccio di Pegasus e di aiutarlo in battaglia. Fu solo alla fine del duello, conclusosi con la vittoria di Pegasus, che Andromeda riprese i sensi, giusto in tempo per ascoltare la storia di Phoenix su quanto era accaduto durante gli anni passati sull'Isola della Regina Nera. Il racconto addolorò profondamente il ragazzo, ma prima che potesse dire qualcosa al fratello, nuovi nemici apparvero sul campo di battaglia, intenzionati a prendere la sacra armatura.
Nella furiosa battaglia che seguì, Phoenix cadde in un crepaccio ed Andromeda corse ad aiutarlo porgendogli l'estremità della catena, e contemporaneamente gli chiese finalmente perdono per non avere avuto il coraggio di andare lui all'Isola Nera come era stato stabilito. Pur rischiando di cadere a sua volta, Andromeda non volle abbandonare il fratello e le sue lacrime di frustrazione fecero finalmente svanire ogni traccia di odio o ira dal volto di Phoenix. Resosi conto del cambiamento, Andromeda raccolse tutte le forze e tirò su il fratello, per poi correre ad abbracciarlo. Dopo qualche attimo tuttavia la loro riunione venne interrotta dall'apparizione di Docrates, un gigantesco guerriero a capo degli uomini che avevano attaccato poco prima.
Temendo che la forza devastante del nemico potesse uccidere Andromeda e gli altri cavalieri, Phoenix affidò a Pegasus l'elmo del Sagittario, l'unico pezzo ancora in suo possesso, poi causò una frana che travolse il nemico, ma che rischiò di seppellire anche i cavalieri. Phoenix, troppo debole per allontanarsi, rimase immobile in attesa della fine, ma Andromeda non voleva lasciare il fratello, e così Pegasus fu obbligato a trascinarlo via di forza per impedire che venisse sepolto anche lui. In lacrime, Andromeda non potè fare altro che assistere alla scomparsa dell'amato fratello sotto le rocce. Più tardi, il ragazzo e gli altri cavalieri si riunirono per dare l'estremo saluto al cavaliere della Fenice e piantarono una croce simbolica al suolo in suo ricordo.
Affranto dal dolore per la perdita di Phoenix, Andromeda tornò a Nuova Luxor insieme agli altri cavalieri per riconsegnare l'elmo a Lady Isabel e per discutere circa l'identità del nuovo misterioso nemico, ma lui ed i compagni dovettero prima subire le dure critiche di Mylock, maggiordomo di Isabel, che li rimproverò per aver perso gli altri pezzi dell'armatura d'oro. Il burrascoso arrivo di Kiki, apprendista cavaliere e fratello minore di Mur, l'uomo che aveva riparato le armature di Pegasus e Sirio, allentò un pò la tensione della serata, ma, rimasto solo, Andromeda non potè fare a meno di pensare di nuovo al fratello, e giurò di vendicarlo. La notte non portò sollievo al cavaliere, che il mattino dopo cercò di rilassarsi facendo qualche giro di corsa attorno al palazzo. L'esercizio diede i suoi frutti e, ora più calmo, il ragazzo tornò nella villa per fare una doccia. Il relax però non durò a lungo e la doccia di Andromeda venne interrotta da un segnare d'allarme.
Indossata l'armatura, Andromeda corse nel giardino della villa ad affrontare il nemico, Docrates, arrivato insieme ai suoi uomini per riprendere l'elmo. Aiutato da Cristal, Andromeda sconfisse facilmente i soldati nemici, ma Docrates stesso si rivelò troppo forte per loro nonostante l'aiuto di Sirio. Il potente colpo del nemico, il Pugno di Eracle, atterrò temporaneamente i cavalieri e fu necessario l'arrivo di Pegasus per impedire a Docrates di impadronirsi dell'elmo. Messo alle strette, il gigante rapì Isabel e Mylock ed ordinò in cambio l'elmo d'oro, per poi fuggire. Questa situazione obbligò i cavalieri a formulare una strategia e così Andromeda e Pegasus si presentarono da soli all'appuntamento col nemico e portarono con loro l'elmo, che poi Cristal avrebbe cercato di recuperare. Il piano riuscì solo in parte ed Andromeda e Pegasus furono obbligati ad un nuovo scontro con Docrates ed i suoi uomini. Stavolta, le tecniche di gruppo dei soldati del nemico misero in difficoltà Andromeda, ma alla fine il ragazzo riuscì a sconfiggerli e potè aiutare Pegasus contro Docrates. Desideroso di vendicare il fratello Phoenix, Andromeda tenne testa al nemico, ma nessuna delle sue tecniche sembrò in grado di fermarlo permanentemente e Docrates riuscì persino a resistere alla tensione elettromagnetica della catena del ragazzo ed a tirarlo verso di se. Solo l'arrivo di Cristal, tornato dopo aver recuperato l'elmo, cambiò la direzione della battaglia, e grazie al suo aiuto Pegasus ed Andromeda riuscirono a colpire in pieno il nemico ed a sconfiggerlo.
La vittoria portò solo a pochi giorni di pace, poi il nemico attaccò di nuovo, stavolta dirottando una petroliera della flotta di Lady Isabel ancorata nei Caraibi e chiedendo l'elmo in cambio della sua liberazione. Una delle condizioni era che fossero i quattro cavalieri a portare l'elmo, e così Andromeda e gli altri partirono in elicottero per i Caraibi, dove vennero accolti da tre cavalieri nemici, Serpente di Mare, Delfino e Medusa, agli ordini della misteriosa Morgana. I tre minacciarono di distruggere la petroliera ed ordinarono a Pegasus di incatenare i compagni, per poi attaccarlo in gruppo, ma Andromeda, usando la catena di nascosto, riuscì a bloccare Medusa, il nemico che avrebbe dovuto affondare la nave, e ciò permise agli altri cavalieri di poter agire senza esitazioni. La vittoria venne però mandata in fumo dall'arrivo di Morgana, i cui poteri illusori permisero a Serpente di Mare e gli altri di fuggire con l'elmo.
Fortemente demoralizzato, Andromeda, che aveva riportato una lieve ferita nello scontro, andò a riposare nella sua cabina. Al risveglio, scoprì che Isabel li aveva raggiunti sulla nave con indicazioni per raggiungere l'isola su cui Morgana si nascondeva. A bordo di un aereo a reazione, il cavaliere partì insieme ai compagni, ma il mezzo venne abbattuto poco prima di arrivare a destinazione e cadde in mare. Non a proprio agio in acqua, Andromeda venne improvvisamente trascinato verso il fondo da Serpente di Mare, ma Cristal riuscì a salvarlo ed a sconfiggere il nemico insieme a Pegasus. Arrivati a riva, i cavalieri si trovarono ai piedi di una ripida scogliera, ed Andromeda usò le sue catene per aiutare gli amici nella scalata. A metà strada però gli eroi vennero attaccati da ragni velenosi, e fu solo grazie alla catena di Andromeda che riuscirono a raggiungere sani e salvi la cima.
Lasciato Cristal, stanco dopo la scalata, e poi Sirio, sconfitto dall'attacco di un nemico misterioso, Andromeda si incamminò nella palude dell'isola con Pegasus. Lì però i due vennero assaliti da Medusa, e, per proteggere l'amico, Andromeda bloccò l'avversario con la catena. La sua arma però, essendo fatta di metallo, trasmetteva la corrente elettrica in entrambe le direzioni, e così il ragazzo rischiò di essere fulminato dalle scariche del nemico. Nonostante il rischio, Andromeda non volle arrendersi e gettare la catena e continuò a resistere, permettendo a Pegasus di sconfiggere il nemico. Troppo stanco per proseguire, Andromeda chiese a Pegasus di lasciarlo lì, e rimase ad aspettare fino all'arrivo di Sirio e Cristal. I due, recuperate le forze, lo aiutarono ad arrivare al castello di Morgana, giusto in tempo per gioire per la vittoria di Pegasus sulla nemica e soprattutto per il recupero dell'elmo d'oro.
Tornato a Nuova Luxor, Andromeda potè festeggiare la vittoria con gli altri cavalieri, ma la felicità venne offuscata pochi giorni dopo da un incendio appiccato al Palazzo dei Tornei da alcuni teppisti. Per di più, il mistero sull'identità del nemico dietro i recenti attacchi rimaneva irrisolto. Andromeda, ancora addolorato per la morte di Phoenix, si lamentò che il fratello non fosse riuscito a dir loro di più, ma Pegasus lo rimproverò e cercò di spingerlo a superare il dolore della perdita subita. Subito dopo, i cavalieri decisero che sarebbe stato meglio per Lady Isabel nascondersi in un posto sicuro con l'elmo d'oro, ed Andromeda partì con lei e Mylock per proteggerli, anche se la località scelta, una baita di montagna, era molto vicina alla Valle della Morte in cui Phoenix aveva perso la vita. Raggiunto il posto in elicottero, Andromeda, Isabel e Mylock si sistemarono nella baita. La ragazza gli chiese scusa per averlo portato in quel posto, ma Andromeda le disse che Pegasus aveva ragione ed era ora di andare avanti.
I primi giorni alla baita passarono tranquilli, ma la pace venne interrotta quando, al notiziario televisivo, apparvero le immagini della villa di Lady Isabel in fiamme. Addolorata alla vista di un luogo così ricco di ricordi che andava in pezzi, Isabel ordinò di preparare un jet per tornare in città, ma Andromeda, intuendo che probabilmente quella era una trappola del nemico, la convinse a restare. Mylock tuttavia non volle ascoltarlo ed in segreto tornò a Nuova Luxor, dove venne catturato dal nemico. Sotto tortura, il maggiordomo fu obbligato a rivelare l'ubicazione della baita ai suoi sequestratori: Gigars, primo ministro di Arles, Grande Sacerdote di Grecia, ed il Cavaliere della Fiamma.
Ben presto quindi Isabel ed Andromeda si trovarono attaccati dai nemici. Indossata l'armatura, Andromeda uscì fuori dalla baita per non mettere in pericolo Isabel e sconfisse con facilità i soldati nemici. Ben più difficile fu però lo scontro col Cavaliere della Fiamma, i cui pugni infuocati si rivelarono una minaccia persino per la catena di Andromeda.
L'arma aveva infatti gli anelli troppo radi per fermare il fuoco, ed Andromeda si trovò a rischiare la vita avvolto in un vortice di fiamme. Spossato dal calore, il ragazzo perse i sensi, ma quando tutto sembrava perduto in suo soccorso comparve Phoenix, tornato a nuova vita e deciso ad aiutare i cavalieri di Lady Isabel. Nel rivedere il fratello creduto scomparso, Andromeda fu sopraffatto dalla gioia e potè trattenere a stento le lacrime. Davanti ai suoi occhi, Phoenix sconfisse con facilità i nemici e strinse la mano a Pegasus e Cristal, appena arrivati, suggellando il suo ingresso nel gruppo.
Quella sera, Isabel, Mylock ed i cavalieri, ai quali si era unito anche Sirio, appena tornato dalla Cina dopo una visita al suo maestro, tennero una piccola festa nella baita per festeggiare il ritorno del cavaliere della Fenice. Al pensiero di essere di nuovo insieme all'amato fratello, ad Andromeda venne da piangere per la gioia, e lo stesso Phoenix, nonostante avesse sempre giudicato le lacrime un segno di debolezza, si commosse.
I cavalieri poi discussero circa l'identità del loro misterioso nemico, che Sirio aveva scoperto essere Arles. Pegasus, stanco di aspettare che fossero gli altri a fare la prima mossa, propose ai cavalieri di andare al Grande Tempio per affrontare il nemico, ma Isabel li fermò, ricordando loro quanto avessero combattuto ultimamente e consigliando di prendersi alcuni giorni di riposo per recuperare le forze e rilassarsi dopo tante battaglie. Alla fine le parole della ragazza riuscirono a convincerli ed i cavalieri, tornati a Nuova Luxor, si separarono.
Volendo passare un pò di tempo insieme dopo tanto tempo, Andromeda e Phoenix si recarono poco fuori Nuova Luxor (vedi Note), al cimitero in cui erano sepolti i loro genitori, e pregarono sulla loro tomba. La loro preghiera venne tuttavia interrotta da una sensazione di paura e stupore quando avvertirono il cosmo di Pegasus diminuire d'intensità. A loro insaputa infatti, l'amico era impegnato in battaglia contro un nuovo sicario inviato da Arles, un cavaliere d'argento. Preoccupati per lui, Andromeda e Phoenix si affrettarono a tornare in città, ma quando arrivarono il nemico era già stato sconfitto da Pegasus.
Quella sera, i due fratelli si riunirono a Mylock, Isabel, Sirio, Cristal e Pegasus tra le rovine del Grande Tempio, per parlare del cavaliere che aveva attaccato quest'ultimo. Per di più, Pegasus era stato attaccato anche da altri due avversari, ma era stato salvato da Castalia, colei che lo aveva addestrato, che poi prima di partire aveva lasciato sulla sabbia la scritta "Pegasus proteggi Atena". Andromeda e gli altri si interrogarono sul significato di quel messaggio, ma fu Mylock a spiegarlo svelando che Isabel in realtà altri non era che la reincarnazione di Atena, Dea della giustizia. A riprova di ciò, il suo cosmo dorato abbracciò l'area, unendosi a quelli scintillanti dei cinque cavalieri. Tale visione riempì di gioia il cuore di Andromeda, che giurò fedeltà alla Dea insieme agli altri cavalieri.
I festeggiamenti vennero interrotti dall'arrivo di un nuovo nemico, Babel, capace di creare sfere di fuoco con la forza del proprio cosmo. Non avendo indosso l'armatura, Andromeda potè solo stare a guardare mentre Cristal affrontava, ed infine sconfiggeva il nemico, con l'aiuto di tre nuovi misteriosi cavalieri, i Cavalieri d'Acciaio, che dopo aver soccorso il cavaliere del Cigno scomparvero nel nulla. A differenza dei più sospettosi compagni, Andromeda provò un immediato senso di fiducia nei confronti dei nuovi venuti, sebbene non vi fossero prove per chiarire se si trattasse davvero di nuovi alleati e non di nemici.
Nei giorni successivi non vi furono altri attacchi da parte di Arles, e così Andromeda potè mettersi alla ricerca di una casa tutta sua in cui vivere, dal momento che il palazzo di Isabel era in fase di ristrutturazione dopo l'assalto del Cavaliere della Fiamma. Seguendo l'esempio di Pegasus, Andromeda prese una casa vicino al mare, a breve distanza dal porto di Nuova Luxor, e vi si trasferì.
Ben presto però gli eroi dovettero tornare a concentrarsi su Arles. Dopo che Lady Isabel ebbe mostrato loro il nuovo quartier generale, scavato nella roccia sotto il Palazzo dei tornei, i cavalieri decisero di partire per una missione esplorativa in Grecia, ed Andromeda fu scelto da Pegasus per farne parte insieme a Sirio. Saliti a bordo di un jet privato della Fondazione, i tre partirono per la Grecia, ma dopo diverse ore di volo vennero abbattuti e fatti precipitare su un'isola dell'Egeo, dove incontrarono i loro nuovi nemici: Tisifone, vecchia avversaria di Pegasus, Birdam, cavaliere con poteri telecinetici, ed Argor, cavaliere d'argento.
Dopo alcune schermaglie iniziali, i sei guerrieri si divisero in tre coppie di avversari, ed Andromeda si trovò davanti ad Argor. Quest'ultimo si rivelò capace di evitare con apparente facilità gli assalti della catena, poi, stanco dell'avversario, volse le spalle ad Andromeda ed usò contro di lui la sua arma segreta, lo scudo della Medusa, capace di pietrificare chiunque guardasse il volto della Gorgone che vi era scolpito sopra. Colto di sorpresa ed ignaro della minaccia, Andromeda guardò lo scudo e venne trasformato in una statua di pietra. Solo la sconfitta di Argor per mano di Sirio gli permise di tornare normale più tardi, ma nel riprendere i sensi Andromeda scoprì che Dragone aveva dovuto sacrificare i suoi occhi per vincere il nemico e salvarlo. Colpito da tale gesto e preoccupato per l'amico, che stava sanguinando copiosamente dalle ferite agli occhi, Andromeda corse a soccorrerlo, ed ignorò i Cavalieri di Acciaio, che avevano raggiunto l'isola nel periodo in cui lui era pietrificato. A loro volta, i tre rivelarono l'ubicazione della loro base e lasciarono l'isola con i propri mezzi.
Più tardi, dopo che un altro jet della Fondazione ebbe riportato lui e gli altri a Nuova Luxor, Andromeda preferì restare in ospedale ad aspettare l'esito dell'operazione a cui era stato necessario sottoporre Dragone, e non accompagnò Pegasus, Phoenix, Cristal e Lady Isabel alla base dei cavalieri d'acciaio. L'attesa fu però lunga e solo qualche ora più tardi, dopo che anche Isabel e gli altri erano sopraggiunti, l'intervento si concluse. Purtroppo l'esito fu solo parzialmente buono, Dragone sopravvisse ma era destinato a rimanere cieco per sempre. La notizia sconvolse Andromeda, che si sentì responsabile per la sorte dell'amico. Qualche giorno dopo però fu Sirio stesso a consolarlo ed a ricordargli l'amicizia che unisce tutti loro. Sollevato, Andromeda salutò l'amico, in partenza per un periodo di convalescenza in Cina. La defezione di Sirio però non fu l'unica a cui Andromeda dovette assistere, quello stesso giorno Phoenix, senza motivi apparenti, scatenò quasi una rissa con Pegasus e poi lasciò il gruppo. Incapace di comprendere il comportamento del fratello, Andromeda lo pregò di restare, ma fu invano.
I problemi per quella giornata però non erano terminati, pochi minuti dopo la partenza di Phoenix, i cavalieri vennero attaccati da uno stormo di corvi ammaestrati, che rapirono Lady Isabel. Per permettere a Pegasus di lanciarsi all'inseguimento, Andromeda aiutò Cristal contro i soldati che avevano seguito lo stormo ed insieme i due li sconfissero in fretta. Vinti i nemici, Andromeda e Cristal corsero verso le montagne sulle tracce di Pegasus, temendo che potesse essere in difficoltà da solo. Dopo una notte di ricerche, all'alba del giorno dopo i due trovarono il compagno, ferito e svenuto, e Lady Isabel, giusto in tempo per proteggerli contro Tisifone ed un cavaliere d'argento di nome Damian. Usando la catena, Andromeda atterrò i nemici, poi lanciò l'arma contro Damian, il quale, sotto choc dopo aver visto il cosmo di Atena, per evitarla cadde nel precipizio che si trovava accanto al campo di battaglia e perse la vita. Lo scontro con Tisifone fu più difficile, la donna mostrò un'agilità straordinaria e, correndo lungo la catena, raggiunse Andromeda con i suoi colpi. Unendo le forze però il ragazzo e Cristal riuscirono a sconfiggerla.
Vinti i nemici, Andromeda, Cristal e Lady Isabel si apprestarono a lasciare le montagne, ma vennero fermati dall'arrivo di altri due avversari, Agape e Vesta, cavalieri d'argento, armati rispettivamente di dischi rotanti e di una catena chiodata. Andromeda e Cristal si rifiutarono di consegnare Isabel ai nemici e li affrontarono in battaglia. Lo scontro fu inizialmente incerto, usando le catene Andromeda riuscì a proteggere Cristal dai dischi di Agape, ma si trovò in difficoltà contro la catena di Vesta. Alla fine, il ragazzo venne bloccato alla caviglia dall'arma del nemico e lanciato svenuto nel burrone insieme a Cristal, legato all'altra estremità della catena chiodata. Fu solo per pura fortuna che il ragazzo si salvò, in quanto la catena del nemico si incastrò in un ramo a pochi metri dal fondo del burrone. Ripresi i sensi, Andromeda usò la sua catena per scalare la parete insieme a Cristal, ed i due raggiunsero la cima giusto in tempo per interrompere un duello tra Vesta e Phoenix, che, sopraggiunto nel frattempo, aveva già ucciso Agape. Felice nel rivedere il fratello, Andromeda gli assicurò che si sarebbe occupato lui di Vesta ed affrontò il nemico, già ferito dal cavaliere della Fenice. Espandendo il suo cosmo, Andromeda frantumò la palla chiodata dell'avversario e lo uccise con la catena, conquistando la vittoria. Phoenix comunque non rimase ad attendere l'esito dello scontro ed abbandonò il campo di battaglia.
Soltanto qualche giorno più tardi, Andromeda scoprì che il fratello aveva fatto ritorno sull'Isola della Regina Nera per chiudere definitivamente i conti col proprio passato. Pur ammettendo di non riuscire talvolta a capire Phoenix, Andromeda, preoccupato per lui, decise di andare a sua volta sull'Isola Nera, e Cristal ed il convalescente Pegasus lo accompagnarono. Giunto sull'Isola grazie ad un elicottero di Lady Isabel, Andromeda trovò il fratello in stato catatonico a causa degli effetti del colpo di uno dei suoi avversari, Phoenix Nero, ma con le sue grida riuscì a farlo tornare in se. Sconfitti alcuni nemici con la catena, Andromeda fu testimone della morte di Phoenix Nero e del suo capo, Jango, per mano di Phoenix, ma anche dell'esplosione dell'Isola Nera, provocata dai poteri di Arles. Isabel però salvò il ragazzo e gli altri cavalieri avvolgendoli in sfere luminose che li portarono in salvo.
Tornato a Nuova Luxor con gli altri, Andromeda volle chiedere spiegazioni a Phoenix per il suo recente comportamento ed i due andarono a parlare sulla spiaggia della città. La conversazione si spostò gradatamente sul destino e la sua importanza, e Phoenix spiegò al fratello che, sebbene alcune cose sembrino davvero prestabilite, gli esseri umani hanno la forza e la possibilità di ribellarsi al fato e cambiare il proprio destino. Questo dialogo riportò armonia tra i due fratelli, ma non durò a lungo dal momento che solo qualche giorno dopo, usando come scusa una conversazione riguardo la possibilità che Sirio, ancora cieco, tornasse il guerriero di un tempo, Phoenix litigò con i compagni e lasciò nuovamente il gruppo. Stessa cosa fece Pegasus, anche se solo temporaneamente e nel tentativo di trovare una cura per Dragone, così Andromeda rimase con Cristal l'unico cavaliere presente a palazzo. Ad un paio di giorni di distanza, l'elmo della sacra armatura del Sagittario scomparve nel nulla, rubato da una forza misteriosa.
Il non essere riuscito ad impedire il furto provocò un forte senso si frustrazione in Andromeda, che non potè fare altro che aumentare quando tutte le ricerche si rivelarono vane. Solo il ritorno di Pegasus risollevò in parte l'animo del ragazzo, anche se solo per poco dal momento che il cavaliere venne ricoverato quasi immediatamente a causa delle ferite riportate in un recente scontro. Preoccupati per lui, Andromeda e Cristal andarono a trovarlo, ma si trovarono di fronte a Ioria, cavaliere d'oro del Leone inviato da Arles. A rendere le cose persino più sorprendenti, Pegasus stava indossando l'armatura del Sagittario. Vedendo l'amico in difficoltà, Andromeda e Cristal non esitarono ad accorrere in suo aiuto, ma vennero sconfitti con rapidità, anche se non riportarono ferite gravi. Al risveglio, Andromeda scoprì che Ioria era partito per tornare ad Atene.
La comparsa dei cavalieri d'oro fece capire ai cavalieri che era tempo di attaccare direttamente il Grande Tempio, e così i tre iniziarono ad organizzare il viaggio insieme a Lady Isabel. Dopo diversi giorni di preparazione, i ragazzi erano ormai pronti a partire, ma prima visitarono un'ultima volta l'orfanotrofio St. Charles per salutare i loro piccoli amici. Vedere i bambini che giocavano risvegliò in Andromeda diversi ricordi della sua infanzia trascorsa insieme agli amici e Phoenix, ed il ragazzo partecipò addirittura ad una partita a calcio contro gli orfani del collegio.
La mattina dopo, alzatosi di buon ora, Andromeda si recò all'aeroporto dove aveva appuntamento con gli amici. Per farlo, attraversò la zona del porto, ma all'improvviso venne fermato dall'apparizione di Nemes, la sua vecchia compagna d'addestramento. Andromeda fu stupito e felice nel rivedere la ragazza, ma quest'ultima, armata di una frusta e con indosso un'armatura di bronzo, gli chiese se davvero stava andando ad affrontare i cavalieri d'oro e, quando il ragazzo glielo confermò, lo informò che proprio i cavalieri d'oro hanno distrutto la loro isola, o meglio uno solo di loro. Nemes raccontò che si era sparsa voce che Andromeda fosse al fianco di Lady Isabel contro Arles, tanto che molti guerrieri dell'isola avrebbero voluto chiarire le cose col Sacerdote, per evitare che li giudicasse tutti dei traditori. Il loro maestro Albione però aveva rifiutato questa ipotesi, sia per fiducia nei confronti di Andromeda, sia a causa di alcuni suoi sospetti sul Grande Tempio, ed aveva preso una posizione di neutralità. Questa scelta non era stata accettata da Arles, che aveva inviato sull'isola il cavaliere d'oro di Scorpio. Costui sconfisse con una facilità sorprendente Albione e gli altri guerrieri e distrusse l'intera isola. Albione, prima di soccombere, riuscì a permettere la fuga di un piccolo gruppo di loro. Nel sentire questo racconto Andromeda si sentì in colpa per quanto era successo, ma non ritornò sulla decisione di partire per il Grande Tempio, sebbene Nemes lo pregasse di ripensarci e non affrontare i cavalieri d'oro.
Nonostante le suppliche della ragazza, Andromeda restò deciso sulla sua scelta, ma inaspettatamente Nemes lo attaccò con la sua frusta, bloccandolo al polso ed affermando di essere pronta a tutto pur di fermarlo. Andromeda tentò in ogni modo di convincerla a desistere, ma tutto fu inutile e così il cavaliere fu obbligato a reagire e ad atterrarla con uno strattone. La caduta fece volare via la maschera della ragazza e per la prima volta Andromeda potè vedere il suo volto. In lacrime, Nemes lo supplicò ancora una volta di non partire, ma Andromeda si limitò ad abbracciarla senza rispondere. All'improvviso però, anche Reda e Sanzius sopraggiunsero sul campo di battaglia, entrambi con indosso armature dotate di catene. A differenza di Nemes, i due dimostrarono subito intenzioni ostili e, decisi a vendicare Albione ed a provare la loro fedeltà ad Arles, attaccarono Andromeda, imprigionandolo ben presto con le loro catene in una morsa mortale.
Privo di armatura, Andromeda non riuscì a reagire e subì i colpi dei due, che lo paragonarono alla regina Andromeda del mito greco, dicendogli che sacrificarsi era parte del suo destino. I due insistettero affermando che chiunque abbia Andromeda come costellazione guida è destinato a sacrificarsi, poi tirarono entrambi le loro catene, per fare a pezzi il corpo del ragazzo. Andromeda fu sul punto di perdere i sensi e si convinse lui stesso dell'impossibilità di opporsi al destino, ma poi sentì la voce di Phoenix ricordargli la conversazione avuta pochi giorni prima sulla spiaggia. Le parole del fratello fecero capire al ragazzo che sono le proprie azioni a determinare il destino e gli diedero la forza di reagire. Bruciando il suo cosmo, Andromeda frantumò le catene di Reda e Sanzius, per poi usarle contro di loro come fruste. Sconfitti i compagni di un tempo, Andromeda potè raccogliere lo scrigno della sua armatura e soccorrere Nemes, svenuta nel corso del combattimento. Presa in braccio l'amica, Andromeda la portò con se all'aeroporto, dove venne accolto con gioia dagli amici, preoccupati per il suo ritardo. Affidata la ragazza ai Cavalieri d'Acciaio, Andromeda potè finalmente partire alla volta di Atene con Pegasus, Cristal e Lady Isabel.
Durante il lungo volo, Andromeda raccontò agli amici quanto dettogli da Nemes circa la distruzione della sua isola, e manifestò la sua intenzione di riparare al male fatto da Arles e ricostruire il luogo. Poi la conversazione si spostò sul Grande Sacerdote e sulla sua identità, ma nessuno potè arrivare ad una conclusione concreta. Alla fine Andromeda e gli altri decisero di riposare e dormirono per la maggior parte del viaggio.
Finalmente, dopo diverse ore di volo, l'aereo arrivò ad Atene ed atterrò in un'arena nelle vicinanze del Grande Tempio. Lì, il gruppo venne accolto da una guida mascherata inviata da Arles, che Isabel aveva deciso di avvisare del loro arrivo. Pochi minuti dopo, i cavalieri ebbero anche una lieta sorpresa, nei panni di Sirio, venuto al Grande Tempio per combattere insieme a loro sebbene ancora privo della vista. La guida poi li portò alla base di un'altissima gradinata, scavata nella montagna, nel corso della quale erano posti dodici templi, e spiegò che quelle erano le Dodici Case dello zodiaco, presidiate dai dodici cavalieri d'oro. Per poter raggiungere Arles, la cui residenza era in cima alla scalinata, i cavalieri ed Isabel avrebbero dovuto attraversare tutti i templi e di conseguenza sconfiggere i dodici cavalieri d'oro, un'impresa in cui nessuno era mai riuscito dai tempi dell'antica Grecia. A complicare ulteriormente le cose, la guida si rivelò un cavaliere d'argento di nome Beteljuse, che, prima di essere abbattuto da Pegasus, riuscì a ferire gravemente Isabel vicino al cuore con una freccia d'oro. Prima di morire, Beteljuse disse che solo Arles avrebbe potuto estrarre la freccia, e che altrimenti Isabel sarebbe morta in dodici ore. A segnare lo scorrere del tempo, Beteljuse indicò una meridiana sulla quale vi erano dodici fuochi, uno per ciascuna casa dello zodiaco. Ogni fuoco si sarebbe spento dopo un'ora, indicando ai cavalieri il tempo restante per salvare Isabel.
Non avendo altra scelta, Andromeda e gli altri indossarono le armature e, dopo aver promesso ad Isabel che l'avrebbero salvata, si precipitarono sulle scale della prima casa, il tempio dell'Ariete. La loro corsa venne però fermata dall'apparizione del Grande Mur, il fratello maggiore di Kiki, che si rivelò essere proprio il cavaliere d'ariete. L'uomo all'inizio parve ostile, ma in realtà voleva solo mostrare ai quattro cavalieri in che condizioni precarie fossero le loro armature dopo le varie battaglie che avevano combattuto. Mur si offrì poi di riparare e fortificare le corazze, avvisando però che avrebbe avuto bisogno di un'ora per farlo. Andromeda e gli altri lasciarono la scelta a Pegasus, che accettò. Dopo un'ora, i cavalieri poterono così indossare le loro nuove armature, esteticamente identiche alle precedenti ma ora ricche di energia vitale e capaci di resistere, almeno temporaneamente, ai colpi dei cavalieri d'oro. Mur inoltre informò i ragazzi circa l'esistenza del cosiddetto settimo senso, la capacità di conoscere il proprio cosmo fin nel profondo ed espanderlo oltre ogni limite, spiegando che era quello il segreto della potenza dei cavalieri d'oro, e che avrebbero dovuto raggiungerlo anche loro per vincere e salvare Atena. Salutato Mur e lasciata la prima casa, i cavalieri raggiunsero la seconda, quella del Toro. La catena di Andromeda non segnalò alcuna minaccia all'interno e così i cavalieri vi entrarono di slancio, ma il guerriero del Toro gli si pose davanti, atterrandoli con facilità. Toro, che non aveva neanche bisogno del suo cosmo per combattere, si rivelò subito un guerriero formidabile, capace, al pari di tutti i cavalieri d'oro, di muoversi e lanciare colpi alla velocità della luce. Affidando a Pegasus la battaglia, i cavalieri cercarono di oltrepassare la seconda casa, ma bastò un colpo del nemico per metterli fuori combattimento.
Al risveglio, Andromeda e gli altri scoprirono che Pegasus nel frattempo aveva sconfitto il nemico trovando dentro di se la forza del settimo senso ed ottenendo il permesso di superare la casa. Toro tuttavia non volle concedere lo stesso permesso agli altri tre cavalieri senza che prima lo sconfiggessero a loro volta. Dopo aver convinto Pegasus a proseguire da solo, i tre attaccarono insieme il nemico. Inizialmente in difficoltà, Andromeda riuscì a contrattaccare ed usò le catene per trattenere Toro abbastanza a lungo da permettere a Sirio e Cristal di combinare le loro tecniche di attacco contro il nemico. Nemmeno questo assalto di gruppo si rivelò fruttuoso, ma impressionò Toro a sufficienza da dare ai tre il permesso di passare. Prima però il cavaliere li avvisò che solo lottando da soli e cercando in se stessi avrebbero potuto raggiungere il settimo senso.
Oltrepassata la seconda casa, i cavalieri raggiunsero la terza, quella dei Gemelli, e si riunirono a Pegasus, che finora era stato incapace di attraversarla. Decisi a tentare insieme, i quattro entrarono nel tempio, ma al suo interno percepirono solo un cosmo fatto di luci ed ombre senza incontrare alcun nemico. Raggiunta quella che credevano l'uscita però si ritrovarono all'entrata, come se si fossero persi in un labirinto, e per di più nel voltarsi scoprirono che la casa si era sdoppiata ed ora ne esistevano due identiche. Non avendo altra scelta, i cavalieri si divisero in due coppie, promettendo che quelli che fossero riusciti a passare sarebbero andati alla casa di Cancer senza attendere gli altri. Augurata buona fortuna agli amici, Andromeda entrò insieme a Cristal nella casa di sinistra. Stavolta i due non trovarono un labirinto, ma davanti a loro d'improvviso comparve il cavaliere di Gemini, dal volto completamente invisibile sotto l'elmo bifronte della corazza. Stranamente però la catena di Andromeda non reagì al nemico, a sua volta immobile davanti ai due. Solo quando Cristal attaccò l'avversario la catena si mosse per un attimo, segnalando la comparsa del cosmo del cavaliere d'oro, ma Andromeda non fece in tempo ad avvertire il compagno, la cui Polvere di Diamanti tornò inspiegabilmente indietro, travolgendo lui e l'amico. Resosi conto del rischio, Andromeda suggerì prudenza, ma Cristal non lo ascoltò ed attaccò di nuovo, stavolta con l'Aurora del Nord. Come Andromeda aveva temuto, l'attacco si ritorse contro di loro, facendogli perdere i sensi per alcuni minuti.
Andromeda fu il primo a riprendersi, ma prima che potesse aiutare Cristal, ancora svenuto, Gemini, che finora il ragazzo aveva creduto un fantasma, si mosse per la prima volta ed avanzò verso di lui. Andromeda si riprese in fretta dalla sorpresa e lanciò la catena contro il nemico, ma, come già contro Argor, l'arma cadde a terra prima di ogni forza. Non riuscendo a colpire il nemico, Andromeda dispose la catena in posizione difensiva per impedire a Gemini di avvicinarsi a lui e Cristal, sperando nel fatto che gli anelli dell'arma, attraversati da una fortissima tensione elettromagnetica, avrebbero fermato il cavaliere d'oro. Con suo enorme stupore però, Gemini si mostrò capace di camminare sulla catena come se nulla fosse. Poi, giunto a breve distanza da Andromeda e Cristal, il cavaliere prese una posizione di combattimento e scagliò il suo colpo segreto, la "Dimensione oscura", col quale aprì una porta per un'altra dimensione, dalla quale i due amici vennero risucchiati. Con un gesto disperato, Andromeda riuscì a lanciare le catene in modo da assicurarle a due colonne per non essere risucchiato, ma non potè fare nulla per Cristal che, ancora svenuto, scomparve nella dimensione oscura. Subito dopo la porta dimensionale scomparve ed Andromeda crollò al suolo, privo di difese contro Gemini.
Il cavaliere d'oro usò nuovamente la "Dimensione Oscura", stavolta usando anche il suo cosmo per spezzare le catene di Andromeda. Ormai prossimo alla fine, il ragazzo venne salvato dal cosmo di Phoenix, giunto in suo soccorso per pochi attimi e capace di spezzare la concentrazione di Gemini e far sparire l'altra dimensione. Andromeda fu grato al fratello per l'aiuto, ed alzandosi si accorse che Gemini era scomparso ed al suo posto era apparsa l'uscita della terza casa. Per un attimo il ragazzo fu tentato di proseguire la corsa, ma poi decise di sconfiggere Gemini per salvare Cristal, ed attese fino alla ricomparsa del nemico, che non si fece attendere. Il cavaliere d'oro derise il nemico per essere rimasto invece di fuggire, poi lanciò di nuovo la Dimensione Oscura, inghiottendo Andromeda che, con le catene ancora spezzate, non aveva possibilità di difendersi. Per alcuni secondi, lo sconforto si impadronì del ragazzo, che pensò fosse arrivato il momento della fine, poi però gli tornarono in mente le parole di Toro sul settimo senso, e su come Pegasus fosse riuscito a trovarlo cercando dentro di se. Comprendendo di aver dipeso dall'aiuto di Phoenix anche troppo a lungo, Andromeda decise di reagire da solo e bruciò al massimo il suo cosmo, risvegliando le catene, le cui estremità spezzate si ricongiunsero come se nulla fosse successo.
Per di più, il cosmo di Andromeda, aggressivo ora che il ragazzo aveva scelto di passare all'offesa, risvegliò la distinzione tra la catena di attacco e quella di difesa. La seconda si dispose attorno al suo corpo formando una nuova difesa nella forma di una spirale impenetrabile, mentre la prima si pose nella mano del padrone, pronta per essere lanciata. Andromeda, pur detestando il dover attaccare in modo aggressivo, comprese che quello era l'unico modo per sconfiggere il nemico e salvare Cristal e, dopo aver raccomandato alla sua arma di non lasciarsi ingannare dalle illusioni e trovare il vero Gemini, la lanciò. La catena penetrò ed affondò nell'elmo del cavaliere d'oro, raggiungendo il suo vero bersaglio, per poi ritirarsi subito dopo, portando per caso con se una collana del nemico. Subito dopo, l'armatura d'oro cadde, rivelandosi vuota, e si ricompose nella sua forma originaria. Nell'osservare la corazza, e l'ambiguità del segno dei Gemelli che essa rappresentava, Andromeda non potè fare a meno di esserne affascinato, forse consapevole che in lui vi era un simile conflitto tra lo spirito sensibile e quello del guerriero.
Dopo pochi secondi di riflessione, il ragazzo tornò alla realtà ed uscì dalla casa, sperando che la sua vittoria avesse permesso a Cristal di uscire dalla Dimensione Oscura. Questo dubbio non durò a lungo ma venne dissolto nel peggiore dei modi: non molto più tardi, mentre era ancora sulle scale verso la quarta casa, Andromeda avvertì il cosmo di Cristal spezzarsi e poi scomparire nel nulla, segno inequivocabile della caduta del cavaliere del Cigno. Più preoccupato che mai, il ragazzo si affrettò sulle scale per raggiungere il prima possibile la quarta casa. Entrato però, trovò al suolo Sirio, anch'egli apparentemente privo di vita. Temendo di aver perso un altro amico, Andromeda si avvicinò al corpo di Dragone, ma in quel momento l'anima del cavaliere tornò letteralmente dall'aldilà e rientrò nel suo corpo, permettendogli di svegliarsi. Riprendendo i sensi, Sirio mormorò il nome di Fiore di Luna, la ragazza che si era presa cura di lui ai tempi dell'addestramento in Cina, e dopo aver soccorso l'amico Andromeda gli chiese spiegazioni a riguardo. Dragone, prossimo alle lacrime, disse che la vittoria su Cancer, il cavaliere custode della quarta casa, gli era costata la vita della ragazza, ma improvvisamente un cosmo d'oro, appartenente a Libra della settima casa, lo rassicurò. Libra, che in realtà era il Maestro stesso di Sirio, disse all'allievo di essere riuscito a salvare Fiore di Luna. Felice per l'amico, Andromeda gli tese la mano, e, nel vedere Sirio rispondere al suo gesto, si rese conto con immensa gioia che Dragone aveva finalmente recuperato la vista. Ora più sereno, Andromeda lasciò la quarta casa insieme a Sirio, nella speranza di poter ancora fare qualcosa per Cristal.
Per svariati minuti Andromeda e Sirio corsero sulle scale verso la quinta casa, presieduta da Ioria del Leone, ma, quando ormai erano vicini a raggiungerla, i due vennero fermati da Cassios, l'antico rivale di Pegasus per la conquista dell'armatura di bronzo. Il gigantesco guerriero li avvisò che Ioria era ora loro nemico, e stava combattendo contro Pegasus. Andromeda, ricordando il giuramento del cavaliere d'oro a Lady Isabel, non credette alle parole dell'uomo, ma Cassios spiegò che Ioria era ormai sotto il controllo di Arles, che lo aveva soggiogato col suo colpo segreto "Demone dell'Oscurità". Preoccupati per questa rivelazione e non sapendo dove Cassios volesse arrivare, Andromeda e Sirio cercarono di passare con la forza, ma il guerriero approfittò della loro stanchezza dopo gli scontri alle case inferiori e li atterrò rapidamente, per poi correre alla quinta casa.
Troppo debole per camminare da solo, Andromeda dovette essere sostenuto da Sirio, che lo accompagnò lentamente fino al tempio del Leone. Arrivati, i due trovarono il cadavere di Cassios, sacrificatosi per salvare Pegasus e far tornare in se Ioria. Il ragazzo non potè fare altro che piangere la caduta del guerriero. La sosta fu comunque di breve durata, consapevoli che il tempo correva veloce, i cavalieri si incamminarono verso la sesta casa, presieduta da Virgo, che secondo Ioria era tra i nemici più terribili. Ora più in forze, Andromeda riuscì a tenere il passo degli amici, ma diverse volte durante la corsa ebbe la sensazione che suo fratello Phoenix fosse in difficoltà, sebbene qualcosa gli impedisse di raggiungerlo col suo cosmo. Alla fine comunque il ragazzo raggiunse la sesta casa con gli amici. Nell'entrare, i tre ebbero la visione di un tranquillo giardino fiorito, abitato da uccelli multicolore, e si videro costretti ad avanzare confusi, poi tutto scomparve e di fronte a loro apparve il cavaliere della sesta casa. Virgo, i cui occhi erano chiusi, era seduto in meditazione in piedi di fronte a loro, e subito i cavalieri percepirono la grandezza del suo cosmo.
Non avendo altra scelta, i tre si prepararono allo scontro, ma sia Pegasus che Sirio vennero respinti con facilità. Per aiutare gli amici, Andromeda lanciò la catena contro il custode della sesta casa, che però la fermò pronunciando una sola sillaba, e con altrettanta facilità la rimandò contro il cavaliere. Andromeda si vide stritolato dalla sua stessa arma, che si avvolse intorno a lui ferendolo nelle zone scoperte dall'armatura. Virgo minacciò di aumentare la pressione e spezzargli il collo o la schiena, poi, annoiato, lasciò andare il ragazzo lanciandolo contro Pegasus. Decisamente malconcio, Andromeda non ebbe neanche il tempo di rialzarsi che Virgo lanciò un nuovo attacco, facendo perdere conoscenza a lui ed ai compagni. Privo di sensi, il ragazzo rischiò di essere il primo a cadere per mano di Virgo, ma, a sua insaputa, venne salvato dall'arrivo di Phoenix, pronto ad unirsi agli amici dopo aver riparato la propria armatura in un'isola vicino la Grecia.
Quasi un'ora più tardi, Andromeda riprese finalmente i sensi, svegliato da alcune gocce di pioggia che filtravano dal soffitto della sesta casa e dai rumori della battaglia. Al risveglio vide che Virgo aveva ormai avuto la meglio su Phoenix, che giaceva al suolo privo dei cinque sensi e dell'armatura, e subito cercò di aiutare il fratello bloccando il polso del nemico con la catena. Phoenix però chiese telepaticamente al ragazzo di non intervenire, e così Andromeda, pur non capendo il fine del fratello, finse di tradirlo e di lasciarlo a Virgo e rimase solo a guardare. Solo pochi minuti dopo, Andromeda fu di nuovo tentato di intervenire, ma venne nuovamente fermato da Phoenix, deciso a vincere da solo la battaglia. Obbedendo, Andromeda vide il fratello raggiungere il settimo senso e, alla fine, scomparire insieme a Virgo in un lampo accecante di luce.
Disperato per la scomparsa dell'adorato fratello, Andromeda crollò in lacrime davanti all'armatura vuota di Virgo, tutto ciò che restava dello scontro, ed anche le parole di Sirio e Pegasus, ripresisi giusto in tempo per assistere alla fine di Phoenix, furono di poco conforto. All'inizio il ragazzo sembrò addirittura intenzionato a non proseguire la corsa, e lasciò andare avanti i due amici da soli, ma poi, ripensando al sacrificio di Phoenix, comprese che era suo dovere combattere in nome di Atena e la giustizia e raggiunse i compagni subito fuori la sesta casa. Sebbene le immagini della morte di Phoenix continuassero a tormentarlo, Andromeda non rallentò la corsa e ben presto raggiunse insieme agli amici la casa della Bilancia, presieduta dal maestro di Sirio. Sapendo che l'uomo era ancora in Cina, e che quindi la casa era incustodita, i tre vi entrarono, sperando di poter così recuperare il tempo perduto. All'interno tuttavia trovarono un blocco di ghiaccio al cui interno giaceva, apparentemente privo di vita, Cristal il Cigno. Osservando il blocco, Sirio comprese che doveva essere opera di Acquarius, signore delle energie fredde, ma nessuno seppe spiegare come mai si trovasse alla settima casa.
Improvvisamente, i tre udirono il cuore di Cristal battere, seppur debolmente, segno che l'amico era ancora vivo. Pegasus tentò disperatamente di rompere il ghiaccio che lo imprigionava, ma i suoi tentativi furono vani e fu solo grazie all'armatura d'oro della Bilancia ed alle sue armi sacre, impugnate da Sirio, che i cavalieri riuscirono a liberare Cristal. Pur libero dal ghiaccio però, Cristal era in uno stato di ipotermia dal quale non sarebbe mai potuto uscire da solo. Comprendendo che per salvarlo sarebbe stata necessaria una grande fonte di calore, Andromeda convinse gli amici ad andare avanti, dicendo che si sarebbe preso lui cura del compagno. Non appena i due ebbero lasciato la settima casa, il ragazzo si stese accanto al compagno ed iniziò a bruciare al massimo il proprio cosmo, sperando che il calore prodotto in questo modo avrebbe risvegliato l'amico, ma anche consapevole che consumare tanta energia gli sarebbe probabilmente costato la vita. Ignorando il rischio e pronto comunque a sacrificarsi, Andromeda pensò un'ultima volta a Phoenix ed ai tempi dell'addestramento e poi portò il suo cosmo ai massimi livelli.
Il gesto coraggioso di Andromeda ebbe successo e riportò in vita Cristal, ma il ragazzo, svenuto per lo sforzo, non fu testimone del risveglio dell'amico. Riconoscente, Cristal portò l'amico fino all'ottava casa e poi lo affidò a Pegasus, che a sua volta lo portò in spalla fino alla nona. Laggiù, Andromeda riprese finalmente i sensi, giusto in tempo per assistere all'arrivo di Cristal, sopravvissuto ad uno scontro con Scorpio, custode dell'ottava casa. Di nuovo insieme, gli amici si avventurarono nei misteriosi cunicoli della nona casa.
La corsa fu però più complicata del previsto, i cunicoli infatti si rivelarono stretti e pieni di trappole. Dopo aver perso Dragone, rimasto sepolto da una frana per permettere ai compagni di proseguire, Cristal, Pegasus e Andromeda si ritrovarono in una caverna sotterranea formata da rocce calcaree. All'improvviso, le catene del cavaliere segnalarono una minaccia, che ben presto si rivelò essere una pioggia di stalattiti. Usando la sua arma, Andromeda distrusse le rocce, ma così facendo inavvertitamente danneggiò il fragile soffitto della caverna, causando un'inondazione che travolse Cristal, rimasto indietro per porre fine alla minaccia. Rimasti soli, Pegasus e Andromeda si incamminarono in un'altra galleria, fino ad arrivare ad un largo crepaccio. Per permettere a Pegasus di passare, Andromeda agganciò la catena ad una roccia e la usò come liana. La roccia però non resse il peso dei due ed Andromeda, sperando di salvare almeno Pegasus, lo lanciò verso l'altra sponda prima di precipitare nel burrone. Allo stremo delle forze per le battaglie affrontate nelle case inferiori, Andromeda rischiò di non riprendersi mai più, ma in suo soccorso venne l'armatura del Sagittario, la cui luce dorata rinfrancò le sue forze e quelle degli altri cavalieri. Ripresosi, il ragazzo scalò il burrone con la catena, prima che un lampo di luce lo riportasse alla nona casa insieme agli amici. Subito dopo, la freccia d'oro del Sagittario frantumò la parete, facendo apparire un messaggio in greco antico lasciato 13 anni prima da Micene. Le parole del defunto cavaliere, che affidava loro la difesa di Atena, commosse i quattro amici, che in lacrime rinnovarono il giuramento di salvare Isabel.
Lasciata la nona casa, i cavalieri raggiunsero la decima, quella del Capricorno. Dopo essere entrati con prudenza, vi trovarono una statua raffigurante Atena che donava la sua spada sacra, Excalibur, ad un cavaliere a lei fedele, evidentemente Capricorn, il custode di quel tempio. Dopo aver sedato l'inizio di un litigio tra Sirio e Pegasus circa chi fosse il cavaliere d'oro più fedele ad Atena, Andromeda lasciò il tempio con gli amici, ma appena fuori il quartetto venne attaccato da Capricorn, il cui colpo aprì un crepaccio al suolo. Andromeda cadde nel burrone ma riuscì ad uscirne rapidamente con la catena e l'aiuto di Pegasus. Appena in salvo però si accorse che Sirio era rimasto alla decima casa ad affrontare Capricorn, ed invano gli gridò di saltare e raggiungerli. Alla fine Cristal, compreso che Dragone era rimasto indietro per permettere loro di proseguire, convinse Pegasus e Andromeda a riprendere la corsa per l'undicesima casa. A malincuore, Andromeda seguì gli amici.
Quasi un'ora più tardi, quand'ormai i tre erano già davanti all'undicesima casa, nel cielo si levò il grido di Sirio, che chiese agli amici di salvare Atena e se stessi. Guardando verso il cielo, Andromeda vide un fascio di luce dirigersi verso lo spazio e comprese che, come Phoenix prima di lui, anche Dragone si era sacrificato per sconfiggere il suo nemico. In lacrime, Andromeda crollò in ginocchio e chiamò il nome dell'amico, senza ottenere però alcuna risposta. Attimi dopo, Sirio sembrò svanire in un lampo di luce. Le lacrime dei cavalieri vennero interrotte dall'apparizione di Acquarius, in piedi davanti all'undicesima casa. Cristal, avendo un conto in sospeso con lui, disse agli amici di proseguire senza di lui. Seppur tesi, Pegasus e Andromeda passarono accanto ad Acquarius e superarono senza battaglia l'undicesima casa. Avvertendo Cristal che si preparava allo scontro, Andromeda fu tentato di tornare indietro, ma Pegasus lo fermò, dicendogli che Cristal non avrebbe mai perdonato un'interferenza. Ammettendo che il compagno aveva ragione, Andromeda riprese la corsa.
Anche lo scontro all'undicesima casa però ebbe un esito infausto. Quando ormai erano vicini alla dodicesima casa, i due avvertirono i cosmi dei contendenti che si spegnevano, e nello stesso momento sul palmo di Andromeda cadde, a ciel sereno, un fiocco di neve. Confuso, Andromeda si rivolse a Pegasus per spiegazioni, ma il cavaliere gli disse di non porsi domande e pensare solo a proseguire, perché presto tutto sarebbe finito in un modo o nell'altro. Reprimendo il dolore, Andromeda riprese quindi la corsa, finché, a pochi passi dalla dodicesima casa, un mancamento dovuto alla fatica lo fece incespicare e cadere. Quando Pegasus lo soccorse, Andromeda gli chiese di poter affrontare Fish da solo, in modo da permettergli di raggiungere Arles. Pegasus esitò, temendo che l'amico si sarebbe sacrificato, ma Andromeda lo rassicurò, ricordandogli la promessa fatta a Phoenix in punto di morte e raccontando le lezioni ricevute da Albione su come trovare la forza dentro di se e non nelle lontane stelle.
Riflettendo su quanto Andromeda fosse maturato durante la battaglia di Atene, Pegasus acconsentì a fargli condurre la battaglia alla dodicesima casa. Attimi dopo, i due vennero attaccati da due rose rosse, lanciate come armi dal custode della dodicesima casa, Fish dei Pesci. Nel vedere le rose, Andromeda ricordò un dettaglio della morte di Albione raccontatogli da Nemes: vicino al cadavere del maestro era stata trovata proprio una rosa rossa, cosa strana dal momento che non c'erano fiori sull'Isola di Andromeda. Anche per risolvere questo possibile mistero, Andromeda confermò a Pegasus di voler combattere da solo e bloccò Fish con la catena per permettere all'amico di proseguire. Stranamente, Fish non si scompose per la fuga di Pegasus, ed anzi affermò che il ragazzo non avrebbe comunque superato la dodicesima casa. Sulla scalinata per il tempio di Arles infatti il cavaliere d'oro aveva posto centinaia di rose, le cui spine ed il polline avrebbero lentamente ucciso Pegasus. Preoccupato per l'amico, Andromeda fu tentato di correre ad aiutarlo, ma alla fine comprese che per farlo doveva prima sconfiggere il nemico.
Prima che lo scontro iniziasse però, Fish chiese al ragazzo se fosse divenuto cavaliere sull'Isola di Andromeda, e quando il cavaliere rispose di si, il custode della dodicesima casa rivelò di essere stato lui in effetti ad uccidere Albione. Scorpio, a cui era stata inizialmente affidata la missione, si era infatti trovato in difficoltà, e per questo Fish era intervenuto, pur mantenendosi nell'ombra. Ora ancora più motivato a sconfiggere Fish, Andromeda attaccò per primo, ma il suo assalto venne respinto dal colpo segreto di Fish, la "Rosa di sublime bellezza", che uccide senza sofferenze. Investito in pieno, Andromeda crollò a terra ed iniziò a perdere le forze. Sul punto di cedere però ricordò l'addestramento, la conquista dell'armatura e la fiducia che il maestro aveva sempre riposto in lui. Tali ricordi gli diedero la forza di rialzarsi e contrattaccare con efficacia.
Usando la catena di difesa, il ragazzo respinse le nuove rose rosse di Fish, e poi con quella di attacco lo colpì superficialmente. Pensando di essere vicino alla vittoria, Andromeda scagliò la catena per l'attacco finale, ma con sua grande sorpresa l'arma venne fermata da una rosa nera. Fish rivelò infatti la sua seconda arma, la Rosa di Fatale Incanto, che a differenza della rosa rossa uccide tra molte sofferenze. Sbalordito, Andromeda vide la rosa nera frantumare prima la catena di attacco, poi quella di difesa ed infine la sua stessa armatura. Messo alle strette, il ragazzo comprese di essere obbligato, per la prima volta in tante battaglie, ad usare il vero potere del suo cosmo, che aveva sempre tenuto represso, lo stesso potere grazie alquale aveva conquistato l'armatura tempo prima. Ricordando proprio quel giorno ed il successivo saluto ad Albione, Andromeda iniziò lentamente ad espandere il suo cosmo, preparando il suo colpo segreto, la Nebulosa di Andromeda. In pochi secondi, il potere della Nebulosa si manifestò come un potente vento, preludio di tempesta.
Sbalordito, Fish venne travolto e sbalzato in aria, ma la fatica di mantenere quel colpo era troppa per Andromeda che, stanco, crollò a terra. Nel vedere ciò Fish si rallegrò, ma con suo grande stupore scoprì che il vento lo aveva circondato con una corrente che gli impediva i movimenti. Rialzandosi, Andromeda avvisò che il potere della Nebulosa era in continua crescita e che ben presto sarebbe diventato inarrestabile. Lo spirito pacifista del ragazzo tuttavia rifiutava l'idea di uccidere un avversario inerme, e così Andromeda propose a Fish di lasciarlo andare in cambio della salvezza di Pegasus. Fish però rise della generosità del ragazzo, ed approfittò della sua esitazione per sfoderare la sua ultima arma, la più terribile, la rosa bianca, progenitrice di quella rossa e poi di quella nera. Fish spiegò che questa rosa, una volta conficcata nel cuore del nemico, ha il potere di assorbirne il sangue, fino a diventare rossa. Non avendo alternative, Andromeda scatenò di nuovo il tornado della Nebulosa, travolgendo in pieno Fish prima di permettergli di lanciare la rosa bianca.
Ancora una volta però, Andromeda esitò a dare il colpo di grazia e chiese un'ultima volta a Fish di salvare Pegasus. Fedele ad Arles e non volendo vedere la dodicesima casa conquistata da un nemico, Fish approfittò dell'esitazione del nemico per lanciare la rosa bianca, che si conficcò nel cuore di Andromeda. Nello stesso momento, vedendo l'inutilità delle sue suppliche, Andromeda scatenò la Nebulosa al massimo livello, travolgendo mortalmente Fish. Il cavaliere d'oro si schiantò a terra ed ebbe solo il tempo di complimentarsi col nemico prima di morire. A sua volta, Andromeda si rese conto che per lui era giunta la fine, dal momento che la rosa bianca stava velocemente assorbendo il suo sangue e diventando rossa. Ciononostante, il ragazzo non aveva rimpianti, aveva mantenuto la promessa di non sacrificare inutilmente la sua vita. Solo la morte di Fish e la sorte di Pegasus lo addoloravano. Dopo pochi secondi, la rosa bianca fece effetto e, sorridendo per l'ultima volta, Andromeda si accasciò esanime al suolo, circondato da decine di rose, comparse ad onorare il corpo di Fish.
Il riposo di Andromeda durò appena un'ora. A sua insaputa infatti Pegasus era riuscito a salvare Lady Isabel e la fanciulla, rialzatasi, aveva iniziato a scalare le dodici case insieme a Kiki, Mylock, Asher e gli altri cavalieri di bronzo, giunti in sua difesa alcune ore prima, e soprattutto con i cavalieri d'oro sopravvissuti, Mur, Toro, Ioria, Virgo, tornato sulla Terra insieme a Phoenix, e Scorpio. I cavalieri d'oro avevano infatti finalmente riconosciuto Atena in Lady Isabel e giurato lei fedeltà. Alla fine, Isabel giunse alla dodicesima casa, dove si trovava il corpo di Andromeda, ed al suo tocco la rosa bianca si dissolse nel nulla. Il cosmo della fanciulla inserì una scintilla di vita nel corpo esanime dell'eroe, che così riuscì a rialzarsi, seppur con estrema fatica per tutte le ferite ancora presenti. Per di più, Andromeda ebbe anche la felice sorpresa di vedere vicino a se Cristal e Sirio, anche loro tornati in vita grazie ai poteri di Atena.
Troppo debole per camminare, Andromeda venne quasi trascinato da Asher fino alla statua di Atena, posta in cima alle dodici case, dove Phoenix e Pegasus stavano disperatamente combattendo contro Arles, che si era rivelato essere Gemini, il custode della terza casa. Andromeda fu felice di vedere il fratello ancora vivo, ma sia lui che Pegasus erano in condizioni critiche per via dei potenti assalti di Gemini. Deciso ad aiutare il fratello e l'amico, Andromeda trovò incredibilmente le forze per avanzare contro Gemini, affiancato da Sirio e Cristal. Raccogliendo le ultime forze, i tre lanciarono i loro colpi più potenti, ed Andromeda arrivò persino ad usare di nuovo la Nebulosa pur di fermare il nemico. Gemini però si rivelò troppo forte per gli esausti eroi, e riuscì con relativa facilità ad evitare i loro colpi ed a travolgerli con una scarica di energia. Andromeda crollò al suolo insieme agli altri, troppo debole per rialzarsi, ma anche in queste condizioni rifiutò di darsi per vinto, e quando Pegasus, moribondo, si rimise in piedi, strisciò verso di lui per aiutarlo.
Alla fine, con uno sforzo straordinario, Andromeda si rialzò insieme a Sirio, Cristal e Phoenix, e tutti insieme bruciarono al massimo quel che restava dei loro cosmi per donarne l'energia a Pegasus. Un tale sforzo prosciugò completamente le energie dei quattro, ma permise a Pegasus di assestare il colpo che sostanzialmente sconfisse Gemini, il quale poi si suicidò chiedendo perdono ad Atena. Privo di sensi, Andromeda venne soccorso da Isabel e gli altri cavalieri, che onorarono lui e gli altri come salvatori della giustizia. Le condizioni dei cavalieri però erano disperate e nessun medico avrebbe potuto salvarli. Nella speranza di un miracolo, i ragazzi vennero portati in un tempietto nella periferia del Grande Tempio, dove sin dalle epoche mitologiche venivano portati gli eroi in fin di vita. Per giorni Isabel vegliò sui suoi paladini, ma alla fine il miracolo si compì ed i cinque eroi superarono il periodo critico e si ripresero. Nei giorni che seguirono, Andromeda sperò con tutte le sue forze che quella vittoria, conquistata al prezzo di molte vite, ponesse fine a tutte le guerre.
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