I MITI DEI PROTAGONISTI: ORSA MAGGIORE
By Aledileo
Il mito antico della Grande Orsa è molto cruento ed è legato a Callisto. Callisto, figlia di Licaone (re di Arcadia), ha un amore con Zeus, dal quale nasce Arcade. Licaone, incredulo, invita giove a pranzo e gli serve Arcade fatto a pezzi.
Zeus si accorge di questo e, grazie ai suoi poteri divini, resuscita Arcade e trasforma Licaone in lupo (da cui il termine licantropo). Era intanto, venuta a conoscenza dell’amore di Zeus per Callisto, trasforma quest’ultima in orsa.
Arcade, divenuto cacciatore, quindicenne, incontra in un bosco quest’orsa, che è in realtà sua madre, e la uccide, mentre lei si era rifugiata in un tempio. Zeus, impietositosi, trasforma l’orsa in una costellazione e pone Arcade in un’altra, che è quella di Boote (guardiano dell’orsa).
Ovidio, riprende il mito di Esiodo con alcune varianti.
Narra Ovidio che Callisto, bellissima ninfa dei boschi e compagna di caccia di Artemide, avesse giurato solennemente ad Artemide, toccandone l’arco, che sarebbe rimasta vergine per sempre. Callisto, riuscì a stare lontana dai mortali, ma da Zeus fu indotta in colpa, cosicché fu allontanata da Artemide e cacciata via come spergiura. Dopo dieci lunazioni Callisto divenne madre.
Era si infuriò e mutò l’aspetto della fanciulla dandole le sembianze di un’orrenda fiera. Così, la donna che prima era stata amata da Zeus, divenne un’orsa vagante per le montagne impervie.
Il figlio, divenuto cacciatore, un giorno la incontrò e lei, come se lo riconoscesse, emise un gemito. Il figlio, ignaro, l’avrebbe trafitta con la sua freccia se, a quel punto, entrambi non fossero stati innalzati in cielo, per opera di Zeus. Lì ora risplendono vicini: lei è l’Orsa Maggiore, lui, che brilla alle sue spalle è la stella Arturo della costellazione di Boote (nome di origine assiro-babilonese: mandriano che guida l’orsa attraverso il cielo).
Non ancora appagata, Era chiese a Teti che l’Orsa non si bagnasse nelle acque del mare e non le toccasse, a perenne ricordo dello spergiuro. Ed è per questo, conclude Ovidio, che la costellazione dell’Orsa non tramonta mai. Essa è, infatti, circumpolare, ossia descrive nel cielo una circonferenza centrata nel polo celeste
Indiani d'America
Una storia di diverso sapore, ma non meno carica di fantasia e di fascino, lega la mitologia dei popoli Irochesi (indiani del Nord America) alle sette stelle dell’Orsa Maggiore: quattro di esse, quelle del carro, rappresentano una grande orsa mentre le altre tre, quelle del timone, sono tre coraggiosi cacciatori che la inseguono su per le montagne.
Il più vicino all’animale è l’arciere, il secondo trasporta sulle spalle una grossa pentola (Mizar e la compagna Alcor), il terzo è più arretrato perché si sofferma a raccogliere la legna per il fuoco.
In primavera, a sera non inoltrata, guardando verso est, si vedono i tre cacciatori che inseguono l’orsa che fugge verso la montagna e, quando arriva la calda estate, la caccia continua sulla cima delle montagne dove la temperatura è più fresca – infatti le sette stelle sono alte nel cielo.
Alla fine dell’estate, sul far dell’autunno, i tre cacciatori finalmente trovano il momento propizio per sorprendere ed uccidere l’orsa: si appostano ai piedi della montagna, l’arciere scocca la freccia e ferisce l’animale. La ferita è grande e la poveretta perde molto sangue che cola sulle foglie degli alberi tingendole di rosso. Giunge il freddo e l’orsa e i suoi inseguitori si rifugiano nelle caverne per trascorrere l’inverno: le sette stele sono basse sull’orizzonte.
Alla fine dell’inverno, quando torna la primavera, l’orsa si sveglia dal letargo che ha favorito la rimarginazione della ferita mentre i tre cacciatori hanno avuto il tempo di riprendersi dalla umiliazione di aver soltanto ferito l’animale. L’orsa esce dalla tana per riprendere la sua vita ed i tre cacciatori tornano ad inseguirla