I MITI DEI PROTAGONISTI: OFIUCO
By Aledileo
Questa costellazione è rappresentata da un uomo che stringe con la mano destra la coda di un serpente e con la mano sinistra la testa del rettile che gli si è avvolto attorno alla vita (Ofiuco significa "colui che tiene il serpente") ed è associata a vari personaggi della mitologia greca.
1° versione
Più comunemente Ofiuco viene riconosciuto in Asclepio (che i latini chiamarono Esculapio), dio della medicina, figlio di Apollo e Coronide, principessa dei lapìti: Apollo fu colto da immenso amore per la giovane tanto che al primo modesto approccio del dio, la fanciulla restò incinta.
Ma Apollo fu richiamato urgentemente a Delfi senza aver avuto l'opportunità di rimanere un minimo con l'amata per parlarle e condividere con lei momenti di intimità; affidò ad un uccello dal candido piumaggio, la cornacchia, l'incarico di assistere e sorvegliare Coronide e partì promettendo un rapido ritorno. Coronide, durante l'assenza di Apollo, conobbe un giovane mortale, Ischys e se ne innamorò al punto di accettare la sua proposta di matrimonio.
La cornacchia allora volò a Delfi dal dio per metterlo al corrente dell'accaduto, ma questi, che già conosceva la verità, si adirò contro l'uccello perché non aveva impedito che Ischys avvicinasse Coronide, attaccandolo ed accecandolo col suo forte becco ricurvo; per infliggergli una punizione tramutò le sue penne da candide a nere e così rimasero per tutti i suoi discendenti.
Contemporaneamente Artemide, la sorella di Apollo, con la quale il dio si era lagnato di quanto era accaduto, per salvare l'onore del fratello uccise Coronide scagliandole addosso un'intera faretra di frecce, poi la gettò su un rogo per cancellarne ogni presenza, mentre Ischys fu ucciso da Zeus con una folgore.
Ma Apollo fu colto da amorevole turbamento per il figlio che doveva nascere e chiese ad Ermes di strapparlo dal ventre della madre prima che bruciasse anch'esso. Asclepio, quindi, fu sottratto dalle fiamme e fu affidato alle cure del centauro Chirone; questi allevò con amorevole dedizione l'orfano e lo iniziò ai segreti della medicina e della farmacia. Asclepio crebbe eccellendo in queste arti e giunse perfino ad imparare a sconfiggere la morte. Un giorno il piccolo Glauco, figlio di Minosse, cadde in un otre colmo di miele e morì soffocato nella dolce ambrosia. Fu chiamato Asclepio che mentre esaminava il corpo esanime del fanciullo, fu attaccato da u n serpente, ma subito il medico lo uccise con un bastone. Immediatamente comparve un secondo serpente che recava tra le fauci un'erba che lasciò cadere sul capo del compagno morto.
Subito il rettile si rianimò e si allontanò con l'altro lasciando in terra la miracolosa erba. Asclepio, prontamente, la raccolse e anch'esso la pose sul capo del piccolo Glauco restituendogli la vita che aveva perso. Da allora il serpente divenne sacro ad Asclepio e quando questi morì e fu portato in cielo fra le costellazioni, per una giusta gloria per il suo operato in vita, anche l'animale condivise con lui l'onore dell'immortalità.
2° versione
Secondo una variante del mito, la dote di ridare la vita ai defunti fu data al figlio di Apollo da Atena, dea delle arti femminili del tessere , del filare e del cucire, facendogli dono del sangue preso dal fianco sinistro della Gorgonie, divinità marina alata e cinta da serpenti, che aveva quella miracolosa proprietà, al contrario del sangue che le sgorgava dal fianco destro che aveva la virtù di dare morte istantanea.
In quella maniera, Asclepio aveva restituito la vita a così tanti morti da destare il malcontento di Ade, dio degli inferi, che si vedeva sottrarre le anime dei defunti sue per diritto; costui si rivolse a Zeus il quale, senza riflettere sulla questione, scagliò una folgore contro Asclepio incenerendolo. A questo punto fu Apollo a sdegnarsi per l'ingiusta quanto irriverente morte data a suo figlio; Giove, allora, per ridurre la sua giusta collera, non potendo ormai fare di più, portò Asclepio fra gli astri rendendolo in tal maniera immortale e gli diede come compagno un serpente, poiché era considerato un animale dotato di facoltà terapeutiche e rigenerative.
Molti altri sono i personaggi che hanno ispirato leggende e miti che si riferiscono alla costellazione dell'Ofiuco; fra questi troviamo:
- Forbante, l'eroico padre dell'argonauta Tifi, pilota della nave Argo, che aveva coraggiosamente affrontato ed ucciso un pericoloso drago.
- Triopa, re di Tessaglia, che si era macchiato di sacrilegio per aver fatto smantellare il tempio dedicato a Demetra, la dea delle messi, per usarne le pietre nella costruzione della sua reggia. Per punirlo della sua empietà la dea lo condannò all'eterna sofferenza della fame e al termine della sua vita lo fece assalire da un drago che lo uccise.
3° versione
- Secondo Igino, l'Ofiuco sarebbe Ercole che uccide, sulle rive del fiume Sagaris, un serpente che faceva strage della popolazione e devastava i campi coltivati. Per ricompensa la regina di quelle terre, Onfale, lo riempì di doni e pregò Zeus, cui era molto devota, affinché lo premiasse anch'esso; Giove accolse la supplica e incastonò l'eroe fra le stelle nell'atto di strangolare il tremendo rettile.
4° versione
- Un'altra versione vede nel personaggio celeste Carnabone, re dei Geti, abitanti della Tracia. Costui aveva accolto nel suo regno Trittolemo (o Demofonte), figlio dei regnanti di Eleusi ma allevato da Demetra, dea delle messi, la quale gli aveva assegnato il compito di insegnare agli uomini le nozioni necessarie per la coltivazione del grano; per far ciò il giovane si serviva di un carro trainato da due draghi col quale percorreva la terra per raggiungerne ogni angolo abitato. Un giorno Carnabone decise di eliminare Trittolemo considerandolo pericoloso per il suo regno e ordinò di uccidere uno dei due draghi mentre col carro attraversava una regione scoscesa; ma Demetra, che vigilava sulla vita del suo pupillo, lo soccorse proprio nel momento in cui stava per essere schiacciato dal suo stesso carro che si era ribaltato durante la corsa. Per questa empietà, la dea, dopo aver sostituito il drago morto e ricollocato Trittolemo sul carro nuovamente attivato, scagliò il re fra le stelle condannandolo a lottare perennemente con un drago ponendolo, così, in un perpetuo supplizio.