E SE QUESTA FOSSE LA FOLLIA ?

Appoggiata dietro i vetri, una fanciulla osservava l'orizzonte con lo sguardo perso nel vuoto. Una violenta tempesta di neve infuriava sulla zona, portando con se temperature di molte decine di gradi al di sotto dello zero, ma la furia degli elementi non era paragonabile all'angoscia ed al tormento che la ragazza portava nel cuore, sensazioni causate dal sapere in pericolo chi si ama e dal non poter far niente per aiutarlo.

Ancora una volta Asgard era stretta nella morsa della neve e dei ghiacci, eppure Flare non poteva fare altro che pensare ai valorosi cavalieri di Atena, che sapeva impegnati nella battaglia più difficile che avessero mai affrontato. Averli rivisti ad Asgard così poco tempo prima, quando erano venuti in cerca d'aiuto per riparare le loro armature, aveva risvegliato in lei i ricordi, in realtà mai sopiti, di quando i cavalieri erano venuti a liberare il suo regno dal malvagio influsso di Nettuno. Già in quell'occasione aveva temuto per loro, consapevole che i loro avversari sarebbero stati i sette potenti cavalieri che di Asgard erano protettori, ma persino il timore di quel giorno impallidiva al pensiero dei nemici che i cavalieri stavano affrontando stavolta. La riconoscenza che provava nei loro confronti era ancora forte, quei ragazzi avevano rischiato le loro vite per aiutare degli stranieri, gente che in altre epoche gli sarebbe stata nemica, ma Flare non poteva nascondere a se stessa che non era solo per gratitudine che ora era così preoccupata del destino dei cavalieri di Atena.

"Temi per loro, non è così ?" chiese improvvisamente una voce alle sue spalle, e voltandosi la fanciulla vide entrare nel salone sua sorella, Ilda. La donna era vestita con abiti pesanti, necessari persino in quella stanza riscaldata dal fuoco di un caminetto, ed avanzò verso di lei con apparente sicurezza. A Flare tuttavia bastò osservarla per un attimo per rendersi conto che quella sicurezza era solo apparente, e che in realtà anche Ilda era profondamente preoccupata per la sorte dei suoi amici. In quanto celebrante di Odino, Ilda era a conoscenza di informazioni sui vari pantheon divini che quasi tutti, inclusa la maggior parte dei cavalieri, ignoravano, e quindi non aveva avuto difficoltà ad intuire quali nemici gli eroi stessero affrontando sull'Olimpo.

Nonostante il suo ruolo la rendesse la persona più potente d'Asgard, Ilda si sentiva impotente. Tutto ciò che aveva potuto fare era stato aiutare Phoenix ad ottenere i favori di Odino e raggiungere la reggia degli Dei di Grecia, ma con questo il suo compito sembrava concluso, ed il pensiero che degli uomini a cui doveva così tanto stessero combattendo completamente da soli era più di quanto potesse sopportare. Ciononostante però, Ilda sapeva di dover essere una guida per gli altri, specialmente in una situazione così disperata, e così si sforzava di esternare sicurezza sul buon esito della battaglia.

Flare non rispose nulla alla domanda, si limitò a voltarsi di nuovo verso la finestra, mentre Ilda la raggiungeva. Per molti secondi le due sorelle rimasero così, una accanto all'altra, senza dir nulla, entrambe immerse nei propri pensieri, poi Ilda strinse la mano di Flare tra le sue, proprio come aveva sempre fatto quando erano bambine e voleva rassicurarla o incoraggiarla. "Torneranno, non avere paura. Dovresti avere più fiducia in loro, non sono cavalieri da poco e ce ne hanno dato ampia dimostrazione in passato. Anche il misericordioso Odino li ha aiutati, abbi fiducia, presto loro tutti saranno di nuovo tra noi" disse con voce rassicurante, e le sue parole fecero finalmente comparire uno stanco sorriso sul volto di Flare. Osservandola, Ilda intuì che, sebbene fosse in pena per tutti loro, Flare era particolarmente preoccupata per uno degli eroi, una persona nei cui confronti probabilmente provava un sentimento ben più profondo della semplice gratitudine. In altre circostanze questa consapevolezza, già a lungo sospettata sin dai giorni subito successivi la battaglia tra i cavalieri di Atena ed i cavalieri di Odino, avrebbe rallegrato la celebrante, ma stavolta Ilda non potè evitare di essere sollevata dal fatto che Flare non fosse in grado di percepire i cosmi degli eroi sull'Olimpo, perché dell'energia cosmica di Cristal il Cigno ben poco restava.

Sospirando, Ilda volse di nuovo lo sguardo al cielo, ed in cuor suo recitò una preghiera ad Odino.

Ignaro di tutto ciò, Cristal stava finalmente percorrendo l'ultima rampa di scale che lo separava dall'ottavo tempio, che ricordava presieduto da Dioniso. L'idea di incontrare questa divinità in realtà lo lasciava perplesso, di lui sapeva ben poco e per quanto si sforzasse non riusciva a ricordare racconti in cui venisse descritto in battaglia. "Magari non sarà un avversario difficile come gli altri" pensò, anche se senza troppa convinzione. I templi inferiori, ed in particolare la battaglia con Estia, gli avevano insegnato che tutti gli Dei erano avversari da non sottovalutare per alcun motivo, e per di più nelle sue condizioni probabilmente chiunque si sarebbe rivelato un nemico pericoloso.

Il torace ormai gli doleva incessantemente per i colpi ricevuti da Estia ed Eolo, ed anche le ferite al volto, che pure si stavano finalmente cicatrizzando, bruciavano terribilmente. Durante il cammino Cristal aveva contemplato l'idea di usare il suo cosmo per alleviare il dolore, come aveva fatto poco prima con Pegasus, ma poi aveva desistito, non osando sprecare la poca energia che gli restava. Le gambe infatti erano sempre più barcollanti, piegate dalla fatica e dal dolore, e persino il peso della sua armatura divina stava diventando insopportabile da reggere. Per di più, la stanchezza iniziava a far fare strani scherzi alla vista, per due volte nel cammino tra il settimo e l'ottavo tempio era inciampato nei gradini, che per brevi attimi erano sembrati sdoppiarsi davanti a lui.

Arrivato a pochi passi dall'ingresso del tempio, l'eroe rallentò l'andatura fino a fermarsi ed iniziò a concentrarsi per cercare di percepire il cosmo di Dioniso al suo interno. La sensazione che percepì fu alquanto strana, dall'edificio proveniva sì energia cosmica, ma inconstante, fatta di sprazzi d'energia e pause di tranquillità. Perplesso, il cavaliere cercò di immaginare cosa ciò potesse significare, ma le sue supposizioni furono interrotte sul nascere da un'esplosione cosmica proveniente dal tempio di Artemide. "Pegasus !" gridò il ragazzo voltandosi preoccupato. Il cosmo di Artemide era improvvisamente calato d'intensità, ma quello del cavaliere era ora appena percettibile. Per un attimo Cristal fu tentato di tornare indietro ad aiutare l'amico, ma poi scosse la testa "No, non devo correre in suo aiuto, Pegasus è un cavaliere, sono certo che saprà cavarsela da solo…" affermò, per poi voltarsi di nuovo verso il tempio divino e dichiarare con determinazione "E comunque non è tornando indietro che un cavaliere aiuta un compagno… ma sconfiggendo un nemico !".

Messe da parte i dubbi dunque, Cristal iniziò a camminare verso il tempio e, fatto un profondo sospiro, ne varcò la soglia. Come già al tempio di Hades o a quello di Ares venne accolto dall'oscurità, fredda e silenziosa, ma questo non bastò ad intimorirlo e così, pur rallentando ulteriormente l'andatura e facendo attenzione ai suoi passi, il ragazzo continuò il cammino. Nello stesso tempo con le mani tastò attorno a se per cercare di orientarsi, e ben presto si rese conto di trovarsi in un corridoio dalle ruvidi pareti di pietra grezza. Questa scoperta gli diede un pò di sicurezza e, appoggiata una mano al muro, il ragazzo potè cominciare a camminare più speditamente. Avanzando, il cavaliere pensò che, al suo ingresso, il cosmo che risiedeva in quel tempio e che probabilmente apparteneva al suo nemico Dioniso si era affievolito ed aveva perso quell'incostanza percepita poco prima. "Cosa significherà tutto ciò… un segno di pace… o una trappola ?" si chiese il cavaliere, pur senza riporre molta fiducia nella prima ipotesi. Gli Dei dei templi inferiori infatti erano stati chiari, per nulla al mondo avrebbero tradito Zeus, e non c'era motivo che Dioniso la pensasse diversamente.

Tristemente sicuro nel suo ragionamento, l'eroe continuò il cammino. Per alcuni minuti non accadde nulla, non un suono o una voce si sentiva nell'aria, e Cristal era accompagnato solo dal rumore dei suoi passi sul pavimento e dallo struscio della mano sul muro, poi finalmente in lontananza vide una luce, flebile ma all'apparenza naturale. Consapevole che molto probabilmente ciò indicava una battaglia ormai imminente, Cristal si fece coraggio ed avanzò verso la luce.

Buio. Solo buio e silenzio. Poi qualcosa, un rumore strano... un fruscio, che diventa sempre più forte, si avvicina da tutte le parti, lo circonda. Ed ecco due luci nel buio... no, non due luci, due occhi, gialli e pieni di malvagità. E con loro viene l'oblio. Cerca di muoversi, di scappare, ma non ci riesce. Viene avvolto dalle tenebre, precipita, un terribile e terrificante grido lo segue nel buio mentre ne viene inesorabilmente inghiottito. Poi, all'ultimo istante, con l'ultimo pensiero razionale, si rende conto che quel grido... è suo.

Cristal si svegliò di scatto, ansimando e col volto bagnato dal sudore. Si portò la mano alla fronte per asciugarsi e fu solo allora che si accorse che si trovava in un morbido letto, riscaldato da pesanti coperte. Sbalordito e confuso, il ragazzo si guardò attorno: a quanto pare era in una piccola stanza, scarsamente arredata. Non c'era molto mobilio, solo un comodino accanto al letto, una cassettiera di legno davanti alla parete alla sua sinistra ed una scrivania di fronte a lui, di fianco all'unica porta. Cristal era assolutamente senza parole, ma prima che potesse anche solo cercare di capire dove si trovava, la porta di fronte a lui si aprì di colpo ed una donna con occhi chiari e lunghi capelli biondi entrò nella camera. "Cristal, stai bene ? Ti ho sentito gridare ! Cos'è successo ?" gli chiese con uno sguardo preoccupato. Il cavaliere però non rispose alla domanda, con gli occhi spalancati dallo stupore riuscì a pronunciare una sola parola "M... mamma !".

Natassia lo fissò, confusa, poi gli sorrise e si avvicinò "Che ti succede, Cristal ? Solo poche ore fa ci siamo salutati per andare a dormire, ma ora mi guardi come se mi vedessi per la prima volta…hai fatto un incubo per caso ?" disse con dolcezza, prima di aprire con un gesto deciso le tende dell’unica finestra della stanza, posta proprio accanto al letto. I raggi del sole invasero l’ambiente, illuminando anche il volto di Cristal. "S… si, credo di aver fatto un incubo…ma non ricordo molto, solo grida e rumori…" disse il ragazzo prima di spostare le coperte ed alzarsi dal letto. Stiracchiandosi, infilò i piedi nelle ciabatte che la notte prima aveva lasciato accanto al letto e si alzò in piedi. Stava per aggiungere qualcos’altro, ma poi scosse la testa, come ad allontanare le ultime ombre della notte. "Probabilmente sarà il peso dello stress…sei stato molto indaffarato negli ultimi giorni, hai dormito poco e mangiato ancora meno, non hai pensato ad altro che alla cerimonia !" commentò con tono triste Natassia.

"La cerimonia ! E’ incredibile… è per oggi… eppure l’avevo quasi dimenticata… a quanto pare sono stanco davvero !" rispose il ragazzo, e quasi a conferma delle sue ultime parole giunse uno sbadiglio. "Ah ah ah… dimenticarti del tuo matrimonio, Natasha non sarebbe felice di sentirti parlare così ! E se continui così ti addormenterai di nuovo ! Vai in bagno, magari un po’ d’acqua fresca ti sveglierà del tutto, mi occuperò io di rifare il letto…come al solito !" rise la donna prendendo in mano l’estremità più vicina delle coperte. Sorridendo a sua volta, Cristal si avviò verso la porta, poi quando stava per aprirla, la voce della madre lo fermò di nuovo "Cristal, non preoccuparti per oggi… tu e Natasha siete stati fidanzati a lungo e vi siete sempre amati ! Tuo padre sarebbe fiero di te!" gli disse con calore, mentre gli occhi le brillavano di commozione. Il ragazzo non rispose nulla, si limitò a sorriderle ancora una volta, come a rassicurarla, poi uscì dalla stanza.

"Sia benedetta la tua forza d’animo, mamma, senza di te forse non sarei mai diventato quello che sono… mi hai insegnato a credere in me stesso, proprio come voleva papà !" pensò nel percorrere il breve corridoio che separava la sua camera dal bagno. D’un tratto si fermò, nel corridoio, appoggiata su un comodino, c’era una foto in una cornice d’argento, raffigurante lui, il papà e la mamma. Ricordava il giorno d’inverno in cui l’avevano scattata, tanto tempo prima, quando aveva appena tre anni. Durante tutta la mattinata era nevicato, e lui aveva passato ore dietro i vetri, incantato dal vedere per la prima volta in vita sua quei fiocchi bianchi e candidi. Non appena la neve aveva smesso di cadere, era corso fuori a giocare, senza nemmeno coprirsi come si deve nonostante il vento, ma dopo pochi passi era scivolato sul ghiaccio, finendo col visino nella neve. Era scoppiato a piangere come un disperato, ma suo padre lo aveva subito preso in braccio, coccolandolo, accarezzandogli la testa e parlandogli accentuando il suo già buffo accento francese, in modo da divertirlo. Erano bastati pochi minuti per fargli tornare il sorriso sul volto. Quanto adorava suo padre, da piccolo passava sere intere ad ascoltarlo mentre gli raccontava della natia Francia, della sua storia e delle sue tradizioni. Per un po’ aveva anche cercato di insegnargli il francese, ma si era rivelata un’impresa senza speranza, ed ancora oggi l’unica parola che sapeva pronunciare bene in quella lingua era il nome stesso del padre… «Camiù»… Camus.

Perso in quel ricordo, Cristal rimase per un po’ fermo nel corridoio, con la foto in mano e le spalle appoggiate al muro. Stava per riappoggiarla quando il suo volto fu coperto da un’ombra mentre gli tornava in mente il sogno fatto quella notte, e soprattutto la strana sensazione avuta al risveglio. "Perché quel dubbio ?" si chiese "E’ stato davvero come se non vedessi la mamma da anni, quando è entrata nella stanza quasi mi veniva da piangere… spero non sia un brutto presentimento… per poco non mi dimenticavo persino di oggi !" rifletté. Non riusciva a ricordare molto di quello strano sogno, ma in qualche modo l’aveva turbato più profondamente di quanto lui stesso avesse pensato alzandosi. Per nulla contento di questa situazione, chiuse gli occhi e cercò di richiamare alla mente qualche dettaglio in più di quell’incubo. La memoria di quel giorno d’infanzia però era ancora fresca nella sua mente, e così dopo pochi secondi il ragazzo si ritrovò di nuovo a pensare al padre ed a quel giorno d’inverno. Improvvisamente però accadde qualcosa d’inaspettato: il vento che gli soffiava attorno iniziò a cambiare, il suo rumore si attenuò diventando un sussurro, ed a Cristal sembrò quasi di riuscire a sentire una voce femminile, debole e lontana, eppure al tempo stesso familiare e dolcemente suadente. "No ! non è così che deve essere ! ricorda quel che è stato…" gli parve di capire prima che svanisse, e nello stesso momento il giardino innevato, la casa ed i genitori scomparvero, sostituiti da immagini mai viste prima, che gli volavano davanti ad una velocità straordinaria, immagini di luoghi coperti da ghiacci o nevi, di mari sconfinati e di corridoi avvolti nelle tenebre. La maggior parte di queste figure non gli fu davanti che per pochi attimi, ma l’ultima sembrò quasi fermarsi, come per permettergli di osservarla con attenzione. All’inizio era sfocata ed indistinta, ma lentamente iniziò a schiarirsi, e Cristal vide se stesso, con indosso una specie di strana corazza bianca, sulla quale spiccava l’emblema del cigno. Ai suoi piedi, pallido e privo di vita, giaceva suo padre Camus, il cui corpo era coperto da un sottile strato di ghiaccio, e nell’osservarlo il ragazzo sentì dentro di se la certezza di essere lui il responsabile della sua morte. Questo pensiero fu più di quanto potesse sopportare, riaprì gli occhi e barcollò all’indietro, appoggiando la schiena al muro. Per alcuni secondi rimase immobile con gli occhi sbarrati ed il respiro affannoso, mai in vita sua aveva fatto un sogno del genere, e mai in vita sua un sogno gli era parso così terribilmente reale. Ansimando, incapace di trovare una spiegazione, si portò la mano alla maglietta del pigiama, e sotto le dita la sentì bagnata di sudore. "Ho proprio bisogno di un po’ d’acqua fresca…" si disse con un sorriso tirato e, rimessa a posto la foto, si avviò con passo incerto verso il bagno.

Entrato, il ragazzo si chiuse la porta alle spalle e vi si appoggiò pensieroso. Nonostante le parole di un attimo prima, non riusciva a cancellare così facilmente dalla mente quel che aveva visto. "Prima il sogno, poi quella specie di visione… che significa tutto ciò ?!" si chiese preoccupato. Gli ultimi giorni erano stati stressanti per via dei vari preparativi per il matrimonio, ma non gli veniva comunque in mente nulla che potesse spiegare quelle immagini. Sospirando, Cristal si tolse la camicia del pigiama e, avvicinatosi al lavandino, girò la manopola dell'acqua fredda. Unite le mani a formare una coppa, il ragazzo le riempì d'acqua e le portò ripetutamente alla faccia. Il contatto con la gelida acqua lo liberò dagli ultimi torpori del sonno, e quando ebbe finito Cristal si sentì molto meglio, pronto a dimenticare gli strani eventi di pochi minuti prima. Allungata una mano, il ragazzo prese un asciugamano e si asciugò il viso davanti allo specchio. Fatto ciò, guardò il suo volto riflesso, il viso era pulito e gli occhi apparivano riposati. Quasi senza pensarci, si voltò per riappendere l'asciugamano al gancio da cui l'aveva tirata, ma in quel momento qualcosa colse la sua attenzione, spingendolo a continuare a guardare il riflesso del suo volto, ed in particolare gli occhi. "Io… dovrei avere due occhi ?" si chiese, portandosi la mano all'occhio sinistro. In tanti anni non si era mai ferito al viso, se non superficialmente, eppure ora gli pareva di ricordare una benda che gli copriva l'occhio. Senza parole, Cristal avvicinò il volto allo specchio, come nella speranza che guardandosi più da vicino avrebbe trovato una risposta, ma improvvisamente il riflesso del suo volto venne sostituito dall'immagine indistinta di una donna dai lunghi capelli lillà. "E' così che deve essere, Cristal ! E' co…" disse la figura prima di svanire.

Sobbalzando spaventato, Cristal indietreggiò di scatto e quasi non inciampò nella vasca da bagno alle sue spalle. Col cuore che gli batteva all'impazzata, si appoggiò al bordo della vasca. "E'… è la stessa voce di prima ! C… che significa ?!" esclamò prossimo al panico. "D… deve essere la stanchezza… si ! Non c'è altra spiegazione !" si disse portandosi la mano al volto. Chiuse gli occhi per un attimo, ma qualcuno lo scosse toccandogli la spalla.

"Che fai, Cristal ? Gli invitati stanno arrivando, manchi solo tu !" gli disse una voce. Riaprendo gli occhi, Cristal si ritrovò appoggiato al muro in stanza piccola ma molto ben arredata. Il pavimento e la maggior parte del mobilio erano di legno, ed alle pareti vi erano varie immagini sacre. Lui stesso non indossava più il pantalone del pigiama, ma uno splendido completo bianco come la neve, sul quale spiccava solo il rosso purpureo della cravatta. Sbalordito, il ragazzo si guardò attorno "Ma… dove sono ?!" balbettò confuso.

"Come «dove sono» ? Siamo in chiesa per il tuo matrimonio ! La cerimonia inizierà tra poco, non avrai mica cambiato idea ?" gli rispose la stessa voce di un attimo prima. Voltandosi con un'espressione stralunata, Cristal vide accanto a se Sergei, il suo migliore amico sin dai tempi dell'infanzia. Era vestito in un elegante abito nero italiano e lo fissava preoccupato.

"Chiesa ?!" esclamò Cristal, senza neache lui sapere il perché. Sapeva benissimo dove si trovava, era arrivato già da alcune ore per assicurarsi che tutto fosse pronto ed ormai mancavano solo pochi minuti alla cerimonia… eppure avrebbe potuto giurare di essere stato a casa sua solo un attimo prima.

"Va tutto bene, amico ?" gli chiese di nuovo Sergei. Cristal guardò di nuovo il suo amico, l'uomo cui aveva chiesto di fargli da testimone alle nozze, poi annuì e disse "S… si, ho solo avuto un capogiro. Torniamo di là."

Nascondendo la preoccupazione e l'incertezza sotto un sorriso tirato, Cristal tornò nella parte principale della chiesa. Tutti gli invitati erano già ai loro posti, il prete era pronto a dare inizio alla cerimonia e la sposa, splendida nel suo abito bianco, stava facendo il suo ingresso nell'edificio accompagnata dal fratello che le faceva da testimone. Era un ragazzo alto con gli occhi chiari e i capelli biondi lunghi fino alle spalle. Cristal lo conosceva da tempo, eppure vedendolo entrare ebbe la sensazione di ricordarlo diverso, con gli occhi coperti da una visiera ed un lungo mantello rosso. "No… non durante le mie nozze !" si disse scacciando il pensiero ed aspettando che la sposa raggiungesse l'altare.

Fortunatamente, le cose sembrarono proseguire senza altre stranezze. Quasi in trance, Cristal aspettò col cuore in gola fino al momento del fatidico "lo voglio !", poi sollevò finalmente il velo per baciare la sposa. Il volto che vide era quello della sua adorata Natasha, gli occhi verdi come smeraldi, i capelli biondi come il platino. Cristal chiuse gli occhi e si chinò in avanti per baciarla, eppure, nel momento in cui le sue labbra sfioravano quelle della fanciulla, un altro nome gli venne in mente, un nome sconosciuto "Flare…".

"Dormi in piedi, Cristal ?" gli chiese Sergei col suo solito tono scherzoso. Confuso, Cristal riaprì gli occhi, solo per scoprire di non essere più in chiesa, ma nel salone di una splendida villa settecentesca. Le pareti erano finemente decorate con motivi dorati e lampadari d'oro illuminavano il salone nel quale decine di persone conversavano allegramente "Ma che cosa…" mormorò "Sergei, dove siamo ?"

"Alla villa per i festeggiamenti delle nozze, dove altrimenti ?" rispose l'amico, prima di continuare in tono serio "Che cosa ti succede oggi ? è la seconda volta che ti comporti in modo strano…". Cristal notò la preoccupazione negli occhi castani dell'amico e si sforzò di sorridere, ma l'espressione divenne una smorfia quando, nello specchio sulla parete di fronte, vide riflesso il volto di quella ragazza dai capelli lillà. "Ho bisogno di un pò d'acqua, lo champagne inizia a darmi alla testa…" disse goffamente prima di allontanarsi per entrare nella prima stanza che trovò. A differenza dello sfarzoso salone, questa stanza era molto più piccola e modesta, anche se comunque ben arredata ed abbellita da pregiati vasi e statuette di ceramica. Cristal però non era nello stato d'animo di apprezzare il mobilio, si limitò ad entrare e chiudersi la porta alle spalle.

"Non ero qui… ero in chiesa ! Un attimo fa ero in chiesa !! Che mi prende ?!" borbottò sempre più preoccupato mentre con una mano si allentava la cravatta. Improvvisamente rialzò lo sguardo, e davanti a se vide di nuovo la ragazza misteriosa. La sua immagine offuscata, quasi incorporea, ma stava a pochi passi da lui. "Non è così che deve essere. Ti supplico, Cristal, ricorda !" esclamò la figura. Spaventato, Cristal indietreggiò di qualche passo, e così facendo si ritrovò a passare davanti allo specchio della stanza. Guardando il suo riflesso, si vide indosso non più il suo abito da sera bianco, ma una corazza dello stesso colore, rovinata però da numerose crepe. Il suo stesso corpo era coperto di lividi e ferite sanguinanti, e l'occhio sinistro era coperto da una benda. "Uuh" esclamò indietreggiando mentre gocce di sudore gli scorrevano sul volto, ma in questo modo sbattè contro un tavolino e fece cadere sul pavimento il vaso di rose rosse che vi era appoggiato sopra. Istintivamente cercò di prendere il vaso al volo, ma senza volerlo si graffiò la mano con una spina. Guardò il suo sangue che scorreva, poi gli steli spinosi delle rose sul pavimento, e quella visione lo gettò nel panico. Gridando di paura si guardò intorno, in ogni riflesso, in ogni angolo, in ogni ombra vedeva quella strana ragazza dai capelli lillà. "Vattene chiunque tu sia ! Lasciami in pace !" sbraitò in preda al panico prima di accasciarsi a terra e stringersi il volto tra le mani. "S… sto impazzendo ?" si chiese in lacrime, quando qualcuno gli poggiò una mano sulla spalla. Sobbalzando, Cristal si voltò di scatto e vide accanto a se Sergei. "A… aiutami, ti prego ! Ho delle a… allucinazioni, penso di stare impazzendo ! Vedo ovunque una donna e…" iniziò avvicinandosi a lui.

"Non preoccuparti, amico mio. Presto finirà tutto. Prendi questo pugnale e vieni con me, è quella donna la causa di tutto !" gli disse l'uomo porgendogli un'arma dall'elsa d'oro. Senza neanche pensare, Cristal afferrò l'arma, poi seguì l'amico, che si diresse verso una porta chiusa dall'altro lato della stanza. Qualcosa nelle profondità della mente di Cristal lo avvertì che lì non c'era mai stata una porta, ma il ragazzo represse il pensiero e, barcollando e col respiro affannoso, continuò a seguire Sergei. L'uomo aprì la porta, rivelando una piccola stanzetta, completamente vuota eccetto che per una donna, che giaceva addormentata su un letto al centro della stanza. Cristal osservò quel volto dai capelli lillà, e subito riconobbe la donna delle sue visioni.

"E lei la causa di tutto !" ripetè Sergei "Uccidila e tutto tornerà come prima !". Affermate queste parole, l'uomo si fece da parte, per permettere a Cristal di raggiungere la sua vittima. Cristal passò accanto all'amico, e per un attimo vide uno scintillio dorato, poi barcollando raggiunse il lettino e, con gli occhi stralunati, i capelli arruffati ed il volto sudato osservò la ragazza. Sembrava dormire di un sonno quieto ed il suo volto trasmetteva purezza, eppure era senz'altro lei la persona che gli aveva causato quelle terribili visioni. Cristal guardò ancora una volta Sergei, i cui occhi ora erano gialli e brillavano crudelmente, poi sollevò il pugnale sopra la testa, la mano gli tremava, il cuore batteva all'impazzata e rivoli di sudore gli scorrevano sul volto e sul corpo.

"Tutto tornerà come prima !" lo esortò Sergei

"T… tutto co… come prima !" ripetè con una voce vuota Cristal, poi inspirò un'ultima volta, trattenne il fiato ed abbassò la lama.

"Uh uh uh… l'hai uccisa finalmente…" sogghignò Sergei con un sorriso crudele. Cristal gli dava ancora le spalle ed era piegato in avanti, coprendogli così la visuale. Sergei gli si avvicinò per contemplare il volto senza vita della fanciulla, ma con una mossa improvvisa Cristal si voltò di scatto e lo colpì all'addome con un calcio, lanciandolo indietro.

"Cristal, che significa ?!" gridò l'uomo, poi Cristal si fece da parte, e Sergei scoprì con orrore che il pugnale era conficcato nel cuscino e non nel volto della fanciulla addormentata.

"Mi hai gettato in quest'illusione… hai ottenebrato la mia mente, annebbiato la mia capacità di giudizio, mi hai fatto credere di essere impazzito… ma hai dimenticato che, qualunque siano le circostanze, c'è una cosa che non farei mai… uccidere un innocente !" gridò Cristal con rabbia, e nello stesso momento tirò fuori il pugnale dal cuscino e lo gettò contro Sergei, che gridò disperato. Non appena l'arma raggiunse il bersaglio ci fu un lampo di luce, e quando la luce scomparve Cristal il Cigno era nel tempio di Dioniso, in piedi di fronte al Dio nemico.

Respirando ora con più calma, Cristal osservò il nemico. Sebbene non avesse il fisico scolpito e slanciato delle altre divinità, era comunque apparentemente giovane e ben lontano dalla figura bassa e grassoccia di cui aveva sentito parlare. I tratti più evidenti del suo fisico erano comunque quelli del volto. I capelli, folti ma lunghi solo fino metà collo, erano verde opaco, mentre gli occhi erano gialli e brillavano di una luce maligna. Cercando di apprendere quanto più possibile sul nemico prima di iniziare lo scontro, Cristal ne osservò l'armatura. Era di colore vermiglio, con sottili decorazioni verdi a rilievo che scendevano a spirale lungo i bracciali ed i gambali. L'elmo era in realtà un diadema ed assomigliava moltissimo ad una corona di alloro indossata al contrario, con l'apertura verso la nuca. Unico elemento distintivo erano le protezioni per le orecchie, che scendevano lungo entrambi i lati del volto fino a circa metà delle guance. I coprispalla, esternamente appuntiti in modo simile a quelli dell'armatura di Cancer, non avevano alcuna decorazione, mentre sul pettorale, che poi scendeva a formare anche la protezione per l'addome e il bacino, erano ben visibili quelle che sembravano gocce di vino, o di sangue, che scorrevano verso il basso.

L'espressione di Dioniso era chiaramente ostile, eppure nei suoi occhi Cristal poteva leggere evidente la sorpresa, la stessa che aveva provato lui non appena era entrato nel cuore del tempio. La luce verso cui era andato incontro si era rivelata proveniente da quello che era sembrato un bosco. Dopo essersi guardato attorno però Cristal aveva subito notato le differenze col precedente tempio di Artemide. Mentre il primo assomigliava ad una vera foresta, immacolata e rigogliosa, quello di Dioniso ricordava un giardino abbandonato a se stesso, il suolo era coperto da uno strato di foglie secche e rovi, erbacce e rampicanti coprivano le pietre e alcuni ruderi di colonne. Il ragazzo aveva appena avuto il tempo di farsi un'idea del posto che dei rampicanti erano schizzati verso di lui, quasi avessero una vita propria. Preso di sorpresa e con i riflessi appannati dalle battaglie ai templi inferiori, Cristal non era riuscito a reagire e le piante gli avevano bloccato mani e piedi, legandolo come fossero catene. Usando il suo cosmo Cristal sarebbe riuscito a liberarsi, ma prima che potesse farlo di fronte a lui era comparsa una figura ammantata nella luce. L'essere non si era neppure presentato, aveva solo sollevato la mano destra ed urlato "Follia Divina !", poi Cristal era piombato nell'oscurità.

Ora, il cavaliere del Cigno era davanti al suo nemico, la cui identità era oramai ovvia. "Quell'illusione in cui mi hai imprigionato… qual'era il suo significato ?!" chiese con rabbia il ragazzo avanzando di un passo. Le sue parole sembrarono riportare alla realtà Dioniso, che rispose "Io sono il Dio del vino, ed il vino è piacere, ebbrezza… e follia ! Il mio colpo avrebbe dovuto intrappolare la tua mente in un sogno fatto di piaceri, e proprio l'enfasi del piacere ti avrebbe poco a poco annebbiato… e reso mio schiavo, spingendoti ad uccidere l'immagine della Dea cui sopra ogni altra cosa sei devoto, Atena ! Dopo la sua morte ti avrei fatto tornare in te, e la consapevolezza del tuo gesto ti avrebbe portato alla pazzia o persino al suicidio. Proprio come un tempo le Baccanti sotto l'influsso del mio potere uccisero il loro amato Orfeo, tu avresti ucciso Atena, e poi avresti posto fine alla tua vita colto dal rimorso !". Nel dire queste parole, il Dio mostrò un sorriso sadico, come al pensiero della gioia che il compimento del suo piano crudele gli avrebbe portato. Poi però la sua espressione cambiò e si fece seria "Ti avevo già nelle mie mani, ma è successo quel che mai era successo in tanti secoli… la tua mente ha rivelato una forza di volontà maggiore di quanto mi aspettassi. Non è stata capace di opporsi in pieno al mio potere divino, ma si è aggrappata a ricordi ed immagini del tuo passato, interferendo con la mia illusione. Il tuo subconscio ha fatto riemergere i volti di alcuni uomini e donne che erano stati o sono ancora importanti per te, ed il vederli nel tuo mondo illusorio ha incrinato l'inganno, rendendoti dubbioso, incerto. Ma sarei lo stesso riuscito a dominarti se non fosse stato per il cosmo di Atena !"

"Il cosmo di Atena ?!" ripetè stupito Cristal.

"Esatto. Usando le pochissime energie che ancora le restano, Atena è riuscita ad inviarti un messaggio d'avvertimento tramite il suo cosmo ! «non è così che deve essere», quelle poche parole comparivano ogni volta che cercavo di rafforzare il mio controllo su di te ! Ho sperato lo stesso che la presenza di due energie divine fosse più di quanto la tua fragile mente umana potesse sopportare ed ho cercato di accelerare le cose spingendoti ad uccidere l'immagine di Atena, ma grazie a lei sei riuscito a scacciare la follia in cui ti avevo indotto ed a liberarti !" dichiarò Dioniso, senza nascondere una punta di disprezzo nella voce.

Alle parole del Dio, gli occhi di Cristal si velarono di lacrime di commozione "Lady Isabel… nonostante la sua stessa esistenza sia in pericolo, ha usato lo stesso le poche forze che le restano per venire in mio aiuto. Mi mostrerò degno della sua fiducia ottenendo una solenne vittoria su costui !" affermò il ragazzo, e cristalli di ghiaccio comparvero attorno a lui.

Intanto, non molto lontano, appena fuori dal tempio di Artemide, Sirio osservava preoccupato il corpo privo di sensi di Pegasus. Il ragazzo sanguinava copiosamente dalla ferita al fianco e non si era ancora ripreso dopo aver perso i sensi alla fine dello scontro con la Dea della caccia. Il suo cosmo era appena percettibile, sfiancato dalla fatica e dalle ferite, ed il battito era molto debole a causa dell'emorragia. "Stavolta ho proprio creduto che per te fosse arrivata la fine, amico mio…" mormorò Dragone vegliando il compagno. Quando l'aveva visto crollare al suolo nel tempio di Artemide aveva temuto che il Raggio Lunare della Dea avesse ferito a morte il cavaliere, ma per fortuna si era reso subito conto che Pegasus era solo svenuto, sebbene le sue condizioni fossero gravissime. L'emorragia al fianco infatti non accennava a fermarsi ed il ragazzo rischiava di morire dissanguato. Sirio non sapeva cosa fare, percepiva il cosmo di Cristal che si apprestava a dar battaglia a quello di un Dio e voleva correre in suo aiuto, ma al tempo stesso non voleva abbandonare Pegasus in condizioni così precarie. Sospirando preoccupato, Sirio guardò il ramo di legno che aveva portato fuori dal bosco di Artemide. La ferita di Pegasus era troppo estesa perché l'emorragia potesse essere arrestata colpendo i centri vitali e questo gli lasciava solo un'alternativa, ma sarebbero bastati un istante di distrazione o un movimento improvviso di Pegasus perchè la vita del cavaliere andasse probabilmente persa. D'altra parte continuare ad esitare sarebbe stato ugualmente dannoso, e per di più ogni secondo che passava il cosmo di Atena si affievoliva ulteriormente. Improvvisamente, un gemito di dolore risvegliò Sirio dai suoi pensieri, e, voltandosi verso l'amico, il ragazzo si accorse che finalmente Pegasus aveva ripreso i sensi. Muovendosi lentamente il cavaliere aprì gli occhi e, stringendosi il fianco, riuscì a mettersi seduto.

"Sirio… cos'è successo ?" chiese con voce flebile guardandosi attorno.

"Sei caduto alla fine dello scontro con Artemide. Il suo colpo segreto ti ha ferito gravemente al fianco ed eri stato privo di sensi fino ad ora…" rispose Sirio accovacciandosi accanto al compagno di tante battaglie. Pegasus tolse la mano dalla ferita e la vide grondante di sangue fresco. Per qualche attimo continuò a fissarla come smarrito, poi il suo sguardo si spostò verso il ramo di legno, e nel vederlo il cavaliere sorrise debolmente.

"Uuh…capisco… probabilmente… è l'unica soluzione… !" disse afferrandolo, per poi porgerne l'altra estremità a Sirio. Senza dir niente, Dragone chiuse gli occhi ed inspirò profondamente, poi li riaprì ed appoggiò la mano sull'estremità del ramo, concentrando una piccola parte del suo cosmo sul legno. Quasi immediatamente la punta del ramo prese fuoco con una vampata. "Si, è l'unico modo per fermare l'emorragia, ma sii prudente, un movimento brusco e raggiungerai gli organi sottostanti. In quel caso, i danni sarebbero sicuramente fatali !" consigliò lasciando la presa.

Annuendo, Pegasus strinse la presa sul ramo. Il cavaliere era consapevole che, nonostante le condizioni precarie, era l'unico a poter agire con sufficiente precisione. "E' l'unico modo che ho per fermare l'emorragia e poter tornare a combattere. Atena sta soffrendo una pena superiore ad ogni nostra immaginazione per permetterci di portare a termine la missione e salvare l'umanità… misera cosa è il mio dolore a confronto !" pensò, poi con un movimento rapido capovolse il ramo in modo da avere l'estremità infuocata verso di se e con un grido di agonia appoggiò la fiamma sulla ferita al fianco.

Contemporaneamente, nell'ottavo tempio, il gelido cosmo di Cristal bruciava di fronte a Dioniso. Cristalli di ghiaccio comparvero attorno al cavaliere di Atena e la temperatura dell'aria si abbassò immediatamente di diverse decine di gradi. In pochi attimi, un sottile strato di neve e brina coprì il suolo e le piante circostanti. Persino Dioniso fu stupito dalla manifestazione del potere del nemico ed indietreggiò di un passo prima di ritrovare la sicurezza.

"Certo… con i tuoi poteri hai tenuto testa ad Estia, le cui fiamme sono seconde solo a quelle generate da Apollo… e poi hai affrontato gli ardenti venti di Eolo. E' chiaro che tali battaglie ti hanno temprato, permettendoti di sfiorare il nono senso ed aumentare il tuo potere. Non credere però che questo ti basti ! Ora ti mostrerò la forza di un Dio !" dichiarò il signore dell'ottavo tempio bruciando il suo cosmo.

Senza altri preamboli, Dioniso si lanciò in avanti e sferrò un pugno al nemico. Con un rapido spostamento laterale, Cristal cercò di schivare l'assalto, ma non potè fare a meno di essere centrato sul pettorale della corazza, che comunque resse il colpo. Approfittando del fatto che Dioniso era sbilanciato in attacco, Cristal eseguì un calcio rotante e lo colpì alla base del collo, facendolo barcollare in avanti. Reagendo prontamente, Dioniso si voltò di scatto e dal suo corpo scaturì un'onda di energia, che prese di sorpresa Cristal lanciandolo di vari metri indietro. Il cavaliere del Cigno sbattè duramente al suolo, ed immediatamente rovi e rampicanti strisciarono verso di lui per imprigionarlo. "Stavolta non sarà così facile !" sussurrò però Cristal espandendo il suo cosmo, che congelò le piante circostanti per poi mandarle in frantumi.

"A te la difesa ora !" gridò Cristal rialzandosi di scatto ed eseguendo la danza del cigno, prerogativa della Polvere di Diamanti. Prima che Dioniso potesse sollevare la guardia, l'aria congelante di Cristal lo investì in pieno, scaraventandolo in aria e poi al suolo. Dioniso si rialzò immediatamente, ma anzichè riprendere la battaglia restò fermo a rifiatare.

"«Ti mostrerò la forza di un Dio» avevi detto ? Eppure il tuo cosmo non è potente quanto quello delle altre divinità ! Hai usato tutto il tuo potere per generare l'illusione in cui mi avevi imprigionato, non è così ?!" affermò Cristal guardando negli occhi il nemico. Le sue parole sembrarono colpire nel segno ed il Dio serrò i denti frustrato. Per un secondo il suo cosmo parve diminuire, poi però vi fu una vampata d'energia e Dioniso parlò con voce profonda e minacciosa. "E' vero, nel corso dei secoli ho smesso di esercitare la forza del corpo, preferendo gli inganni della mente… ma non dimenticare che anche il Dio del Piacere sa come arrecare dolore !" gridò bruciando il suo cosmo. Mostrando una velocità finora insospettata, Dioniso si lanciò con un calcio contro il nemico. Cristal fece appena in tempo ad incrociare le braccia davanti al volto che il colpo lo raggiunse in pieno, incrinando i bracciali dell'armatura e lanciandolo indietro. Dioniso tuttavia non interruppe l'attacco e bersagliò il cavaliere con una serie di pugni, diretti principalmente all'addome ed al torace, già ferito in seguito alle battaglie precedenti. Rendendosi conto del vantaggio, Dioniso intensificò la potenza dei suoi colpi e, concentrando tutte le sue forze, sferrò un destro tremendo che centrò in pieno Cristal sul lato destro del torace. L'armatura, già danneggiata dalle vecchie battaglia, non resse il colpo ed andò in pezzi in quel punto. Con un grugnito di dolore, Cristal sentì una delle sue costole spezzarsi in più punti ed indietreggiò tossendo sangue. Nel cadere però, l'eroe bruciò il suo cosmo, eriggendo davanti a se uno spesso muro di ghiaccio, la cui temperatura era vicina allo zero assoluto.

Memore delle battaglie con Thanatos ed Estia, Cristal intuì subito che il muro non avrebbe fermato a lungo Dioniso, ma ne approfittò comunque per riprendere fiato ed alzarsi. Un attimo dopo, la barriera andò in frantumi, abbattuta da un altro potente pugno del Dio. Saltando indietro per evitare i frammenti di ghiaccio, Cristal sollevò la guardia per difendersi da un attacco a distanza di Dioniso, ma il Dio preferì lanciarsi contro di lui per continuare lo scontro sul piano fisico.

"Colpisce con forza inaudita… ma continua ad attaccare da vicino… è evidente che lo sforzo per generare l'illusione ed impedire al cosmo di Atena si svegliarmi lo ha stancato più di quanto voglia ammettere… Bene ! Questo mi sarà di sicuro vantaggio !" pensò Cristal, e prima che Dioniso potesse raggiungerlo, spiegò le ali della sua armatura divina e balzò in aria.

"Maledetto !" gridò Dioniso scagliando un fascio di energia contro il nemico, oramai fuori dalla portata dei suoi pugni. Con un agile movimento però Cristal evitò di farsi colpire, e contemporaneamente dando fondo alle poche energie che gli restavano bruciò il suo cosmo, abbassando la temperatura del tempio di varie decine di gradi sotto lo zero. Le piante ed il terreno congelarono, mentre una morsa di gelo attanagliava i due contendenti. Non avendo scelta, Dioniso continuò a scagliare fasci di energia al nemico, che però, forte di una maggiore manovrabilità, evitò la maggior parte degli attacchi, venendo solo ferito di striscio in un paio di occasioni.

"N… non sperare di… sfuggirmi così !" dichiarò Dioniso rabbiosamente, ma nello stesso momento incespicò, indebolito dal gelo e dalla fatica.

"Ecco, questo è il momento !" esultò tra se e se Cristal, e nello stesso momento sollevò le mani sopra la testa e raccolse tutte le sue forze. "Per il Sacro Acquarius !" gridò l'eroe, scatenando la tecnica più potente delle energie fredde, la cui forza era ulteriormente amplificata dai poteri del nono senso che ancora una volta Cristal era riucito a sfiorare.

Nel vedere il terribile assalto, Dioniso comprese di essere stato ingannato, era troppo debole per bloccarlo ed il suolo ghiacciato e scivoloso gli impediva di muoversi agilmente.

"Non cadrò così !" gridò il Dio del piacere, scagliando a sua volta un potente fascio di luce. Il colpo raggiunse in pieno l'ala destra di Cristal, che andò in frantumi fracendo precipitare il ragazzo malamente al suolo, ma oramai era troppo tardi, il Sacro Acquarius centrò Dioniso con tutta la sua violenza, travolgendolo in pieno e facendogli perdere i sensi.

"Ce l'ho fatta…" sussurrò Cristal, sforzandosi per mettersi seduto ed appoggiando la schiena ad una roccia. La battaglia aveva quasi del tutto consumato le poche forze che gli erano rimaste, e se Dioniso non fosse stato così affaticato per lo sforzo iniziale, lo scontro avrebbe probabilmente avuto un altro vincitore.

"Atena… se non fosse stato per lei, le stelle del Cigno stavolta si sarebbero sicuramente spente !" pensò Cristal riprendendo fiato. Tale era la sua fatica che il ragazzo non si accorse di un rumore di passi finché non gli fu quasi addosso. Reagendo d'istinto, il cavaliere sollevò il braccio, pronto ad attaccare, ma dai cespugni innevati emersero due figure ben note.

"E' così che si accolgono due amici ?" disse Sirio sorridendo. Appoggiato a lui, un pò pallido e barcollante ma vivo c'era Pegasus, il cui fianco era segnato da un orribile ustione chiazzata di sangue.

"Pegasus, Dragone ! Anche se malconci siete vivi !" esclamò Cristal con gioia "Temevo che Artemide…"

"E noi temevamo per te. Evidentemente ci sbagliavamo, sei riuscito a sconfiggere Dioniso con le tue sole forze, complimenti amico !" lo elogiò Dragone. Sorridendo a sua volta, Pegasus lasciò la spalla di Sirio e sollevò il pugno con aria di sfida

"Altri quattro… solo altri quattro templi ed Atena sarà finalmente salva ! Preparati, Zeus, presto i cavalieri saranno da te !"