LA FIAMMA DELLA SPERANZA

"Hai sentito anche tu ? I cosmi di Cristal e Andromeda hanno raggiunto il limite massimo e poi sono esplosi…" disse Dragone al compagno. Nonostante le ferite e la stanchezza, i due erano ormai vicinissimi all’ingresso del sesto tempio, distante appena una trentina di metri, ed avevano rallentato ulteriormente per riprendere fiato prima dello scontro. "Evidentemente hanno unito le forze contro Eolo… speriamo non sia successo nulla di irreparabile…" rispose con lo sguardo preoccupato Pegasus.

Intanto, sulla terra, la maggior parte delle persone, del tutto ignara delle grandi battaglie che si svolgevano nei templi divini, viveva normalmente, e ciascuno si preoccupava solo dei propri piccoli o grandi problemi di tutti i giorni. Solo in pochi erano a conoscenza della minaccia divina, e questa consapevolezza riempiva di angoscia le loro ore.

"Da alcune ore il cosmo di Atena ha iniziato a diminuire lentamente ma costantemente, e dai cavalieri ancora nessuna notizia... mi chiedo cosa stia succedendo sull'Olimpo... chissà cosa avranno trovato lassù... quali nemici ?!" disse Ioria del Leone, rivolto più a se stesso che ai compagni. Come già ai tempi della battaglia contro Nettuno, tutti i cavalieri d'oro si erano riuniti alla prima casa, e con loro c'erano anche le sacerdotesse guerriere Tisifone e Castalia. Vista la situazione di crisi, tutti i cavalieri erano tornati al Grande Tempio, con la sola eccezione del gruppo di cavalieri di bronzo guidati da Asher, che su ordine di Lady Isabel erano rimasti a Nuova Luxor, principalmente per proteggere Patricia in caso di pericolo.

Appoggiato ad una colonna, Toro annuì gravemente "Purtroppo qualcosa, forse il potere di Zeus, ci impedisce di percepire con chiarezza i cosmi dei nostri compagni, e questo rende impossibile stabilire l'esito delle battaglie... però..." A quel punto il gigantesco cavaliere incrociò per un attimo i volti di Tisifone e Castalia, e questo lo indusse a troncare di colpo la frase e distogliere frettolosamente lo sguardo. Accorgendosi del suo repentino cambiamento, Tisifone, che fino ad allora era stata seduta su uno dei gradini di pietra del tempio, scattò in piedi "Cosa ? cosa stavi per dire, cavaliere ? sai forse qualcosa che noi ignoriamo ?". Le parole le uscirono con più aggressività di quanto si aspettasse, ma Toro continuò ad esitare ed evitò di guardarla diritta in volto.

"Tisifone ha ragione" aggiunse Castalia, alzatasi a sua volta da terra "noi siamo sacerdotesse guerriere ed abbiamo giurato fedeltà ad Atena, proprio come te. Non hai motivo né diritto di tenerci nascosto qualcosa. Oppure non ci ritieni degne della tua fiducia ?"

"Placa la tua collera, sacerdotessa, e non essere adirata con Toro, che di certo non lo merita. La sua esitazione è legittima, e non è certo guidata da mancanza di fiducia nei vostri confronti." intervenne Scorpio, che fino ad ora aveva osservato la scena in silenzio, al pari degli altri cavalieri d'oro.

"Se non è mancanza di fiducia, allora cosa gli impedisce di parlare in nostra presenza ? E' forse un segreto di cui solo i cavalieri d'oro possono essere messi a parte ?" riprese allora Tisifone, stavolta con più calma.

"No, non esiste alcun segreto. Tutti noi cavalieri d'oro sappiamo già quel che Toro stava per dire. Non avrebbe dovuto esitare, è vero, perché anche voi siete a tutti gli effetti cavalieri di Atena, ma se lo ha fatto è solo perché conosce il grande affetto che vi lega ai cavalieri, ed a Pegasus in particolare." spiegò finalmente Mur, che fino ad allora aveva avuto lo sguardo perso nel vuoto del cielo. Non appena udirono il nome di Pegasus, entrambe le sacerdotesse si voltarono verso il cavaliere d'ariete. "Che cosa centra Pegasus ? gli è forse successo qualcosa ? parla, cavaliere !" proruppe con energia Tisifone, decisamente innervosita dai misteri dei compagni. "Attenta a come parli, che dopo tu non abbia a pentirtene. Siamo cavalieri d'oro, non scordarlo !" la rimproverò Ioria, peraltro senza che la sua voce rivelasse tracce di severità. Anche Castalia appoggiò una mano sulla spalla della compagna, che sembrò rilassarsi. Mur restò ancora in silenzio qualche secondo, poi finalmente, con voce preoccupata, parlò "Grazie al settimo senso, noi cavalieri d'oro possiamo avvertire, seppur a stento, i cosmi dei nostri amici, e nelle ultime ore si sono pericolosamente affievoliti... anche quello di Pegasus."

"Vuoi dire che lui e gli altri sono..." iniziò Castalia, la cui voce adesso lasciava trasparire preoccupazione, cosa alquanto rara per lei.

"No, è vivo, di questo sono certo..." rispose Toro, che fino ad ora aveva quasi avuto paura di parlare per timore di preoccupare le due compagne "... ma è molto debole, e come lui Sirio. Al momento però sono Cristal e Andromeda a trovarsi nelle condizioni peggiori, le loro energie sono appena percettibili." concluse, guardando direttamente verso Tisifone. La sacerdotessa annuì, poi aggiunse "Ti... ti ringrazio per la tua premura cavaliere, e, ti prego, perdona la mia irruenza." Toro annuì a sua volta accennando un sorriso tirato, e l'atmosfera sembrò rilassarsi.

"Se sono ridotti in queste condizioni, vuol dire che hanno affrontato avversari temibili, ma loro indossano le armature divine, contro le quali neppure Hypnos e Thanatos hanno potuto nulla. Che razza di nemici avranno trovato sul loro cammino ?!" chiese allora Castalia, dopo alcuni secondi di riflessione.

"Delle divinità !" rispose con solennità una voce, e tutti i cavalieri si voltarono verso il cavaliere di Libra. Il custode della settima casa aveva raggiunto il Grande Tempio insieme ai compagni, ma gli altri cavalieri d'oro non si erano ancora del tutto abituati alla sua presenza. Dacché ne avessero memoria, la settima casa era sempre stata incustodita, e prima della guerra sacra contro Hades avevano visto di persona il cavaliere della Bilancia solo ai tempi della loro investitura. Ora tuttavia la sua presenza emanava sicurezza, e segretamente erano tutti felici di averlo al loro fianco. Di fronte alla sua affermazione però, i cavalieri rimasero perplessi, e per alcuni attimi si limitarono a fissare il volto del compagno, troppo sbalorditi per parlare. Solo sul volto di Virgo, imperturbabile come sempre, non si leggeva stupore. Approfittando del silenzio, Libra riprese "Leggo sbalordimento misto a incertezza nei vostri occhi, ma è così: i cavalieri stanno affrontando le dodici divinità olimpiche, sono impegnati in un disperato tentativo per salvare Atena e l'umanità. Io credo... anzi sono sicuro... che stanno attraversando i dodici templi divini !". Il cavaliere si fermò di nuovo, in modo da permettere ai compagni di riflettere sulle sue parole. Per alcuni attimi sembrarono tutti disorientati, poi Scorpio, che era il più lontano, avanzò di qualche passo verso di lui e disse "Spiegati, Libra ! Cosa sono i templi divini e cosa centrano con i nostri amici ?"

"A questo credo di poter rispondere io" intervenne Mur "Ricordo che il maestro Sion me ne aveva parlato ai tempi dell'addestramento. Forse non tutti voi lo sapete, ma si dice che il Grande Tempio di Atene, che noi abbiamo l'onore di difendere, fu costruito ad immagine e somiglianza del monte Olimpo. Lassù al posto della sala di Atena c'è il tempio di Zeus, al posto delle dodici case ci sono i dodici templi divini, ed al posto di noi cavalieri d'oro..."

"... ci sono le dodici grandi Divinità olimpiche !" concluse esterrefatto Scorpio stesso.

"E' proprio così, amici. E come in caso di pericolo noi dodici cavalieri d'oro abbiamo l'alto compito di proteggere Atena, così in caso di guerra le dodici divinità fanno ritorno ai loro templi e proteggono Zeus dagli invasori !" concluse Libra.

"Ma allora Pegasus e gli altri non hanno speranze ?! Per quanto si impegnino, come possono superare anche solo il primo tempio ! In passato hanno sconfitto Nettuno ed Hades solo grazie all'aiuto di Atena... ma ora... " disse Castalia, mentre rivoli di sudore le scorrevano sul volto sotto la maschera.

"Ti sbagli, sacerdotessa dell'Aquila. Anche se a fatica, i cavalieri hanno oltrepassato i primi cinque templi, e Pegasus e Sirio stanno per entrare nel sesto !" le rispose Virgo, parlando per la prima volta. L'attenzione di tutti, che fino a quel momento era stata concentrata su Libra, si spostò sul custode della sesta casa. "Anche tu sapevi... Virgo !" balbettò Ioria fissando il compagno, che annuì lievemente.

"Cavaliere di Libra, non capisco ! Hai detto che Pegasus e gli altri stanno affrontando le divinità, ma se così fosse grazie al settimo senso dovremmo avvertire anche i loro cosmi, invece percepiamo appena quelli dei nostri amici. Per quale motivo invece non ci riusciamo ?" domandò il cavaliere del Toro.

Libra chiuse gli occhi, come cercando le parole adatte, poi iniziò "La tua domanda è legittima, ma non di facile risposta. Come sapete, l'indice di forza di un cosmo sono le sue dimensioni... più un cosmo è ampio e più è potente. Tuttavia, se si continua ad avvertire un cosmo per lungo tempo, la sua energia sembra diminuire. Questo avviene perché lentamente ci adattiamo, quasi abituamo, alla sua presenza. E' una reazione spontanea che il corpo umano produce di fronte ad uno stimolo costante... pensate ad un odore o ad un suono di sottofondo, col tempo la nostra mente lo esclude e smettiamo di esserne coscienti. Per i cosmi delle divinità accade lo stesso: essi sono attorno a noi, dominano e determinano molti dei fenomeni naturali più comuni da così tanto tempo che abbiamo perso la facoltà di distinguerli. Probabilmente, se da bambini fossimo stati capaci di percepire le energie, li avremmo notati, ma nel corso degli anni ci siamo come adattati alla loro presenza. Ricordate le battaglie contro Hades e Nettuno: eravamo del tutto ignari del loro risveglio finché non ci attaccarono, solo allora ne diventammo coscienti. I cosmi di Pegasus e gli altri sono più concentrati, e soprattutto li conosciamo bene, quindi il settimo senso ci permette di distinguerli meglio."

"La tua spiegazione è sensata, ma se così fosse non dovremmo riuscire ad avvertire neppure il cosmo di Atena, eppure in condizioni normali lo distinguiamo chiaramente !" intervenne Tisifone

Stavolta fu Virgo a rispondere, e con il consueto distacco disse "E così perché siamo costantemente consapevoli della presenza di Atena, conosciamo il suo cosmo e quindi sappiamo individuarlo. E' stato così anche con Nettuno... quando abbiamo scoperto che c'era lui dietro i maremoti e le inondazioni, siamo riusciti a percepire il suo cosmo... a distinguerlo dall'ambiente circostante. I nostri compagni, che ora stanno fronteggiando gli Dei, non avranno alcun problema ad avvertirne i cosmi perché sono consapevoli della loro presenza. Noi invece..."

"...ne siamo circondati... è come immergere una mano in acqua dunque... quando lo facciamo non riusciamo più a distinguere le singole gocce a contatto con la nostra pelle..." rifletté Castalia, interrompendo le parole di Virgo, che annuì al suo esempio.

"Questo però non spiega perché voi due riusciate a seguire lo svolgimento della battaglia meglio di noi. Non siamo forse tutti padroni del settimo senso ?" si intromise Scorpio fissando i custodi delle due case precedenti la sua.

"E' così, il settimo senso è ugualmente forte in ciascuno di noi cavalieri d'oro, ma io e Libra abbiamo passato anni dedicandoci alla meditazione, e questo ci ha permesso di acquisire una consapevolezza del mondo circostante tale da permetterci di capire quello che succede sull'Olimpo. Grazie ad essa possiamo distinguere i cosmi delle divinità, seppur vagamente, e quindi intuire lo svolgersi degli eventi." spiegò colui che era considerato "l'uomo più vicino ad Atena".

Tisifone fu sul punto di chiedere ancora qualcosa, ma un fremito alla sua destra la spinse a voltarsi verso il Grande Mur. Il cavaliere d'ariete era pallidissimo ed un rivolo di sudore gli scorreva sulla fronte. "Virgo, hai detto che Pegasus e Sirio stanno per entrare nel sesto tempio. Se non ricordo male le parole del maestro, colui che lo protegge è..." iniziò con voce tremante dopo essersi girato di scatto verso il compagno. Prima che potesse finire però, Libra lo interruppe "Si, è come temi ! Non conosco la disposizione di tutti i templi, ma di una cosa sono certo: colui che custodisce il sesto tempio, nei cui anfratti si dice risuonino le urla dei guerrieri morenti, è il più antico e mortale nemico di Atena: Ares !"

"Il sesto tempio, custodito da Ares... siamo arrivati finalmente !" mormorò Pegasus di fronte all'ingresso dell'edificio, ed al suo fianco Dragone annuì con un'espressione cupa sul volto. Pegasus inspirò profondamente, come per prepararsi alla battaglia imminente, poi si mosse verso l'entrata. In quel momento però Dragone lo fermò prendendogli il braccio e disse "Aspetta... mi è sembrato di sentire qualcosa dall'interno del tempio." Pegasus osservò per un attimo l'amico, poi si girò di nuovo verso il tempio e chiuse gli occhi, cercando di concentrarsi al massimo per captare qualsiasi suono provenisse dall'interno. Per molti secondi tutto ciò che udì fu una specie di fruscio, simile a quello causato dal vento, poi però la sua mente iniziò a percepire i singoli suoni che lo formavano: lamenti e flebili grida di dolore, in tutto e per tutto simili a quelle dei dannati dell'Ade. Istintivamente, Pegasus fece un passo verso la soglia, ed immediatamente le grida aumentarono di intensità. "Ares ci sta aspettando e vuole darci il benvenuto ! Sa del nostro arrivo e ci è ostile... non ha senso usare prudenza." disse stringendo il pugno con rabbia. "Entriamo dunque !" affermò Dragone, ed i due amici oltrepassarono di slancio l'ingresso del tempio.

Internamente, l'edificio era avvolto nella penombra e l'oscurità, pur non essendo fitta come nel tempio di Hades, produsse un senso di disagio nei due eroi. Il soffitto era troppo alto per essere visibile, mentre dalle pareti laterali emergevano le lame insanguinate di spade, lance, scuri ed altre armi da taglio. Le lame erano a circa mezzo metro l'una dall'altra e tappezzavano le pareti fino a molti metri d'altezza. I cavalieri non si fermarono ad osservarle con attenzione, ma non appena le videro ebbero ben chiara la loro pericolosità: se fossero stati lanciati verso il muro durante la battaglia, avrebbero corso il rischio di essere mortalmente infilzati. Man mano che avanzavano nei corridoi, le urla ed i lamenti divennero più forti, ma la loro origine sembrava l'oscurità stessa che avvolgeva l'edificio. Per alcuni minuti non accadde nulla, i cavalieri continuarono a correre, accompagnati solo dall'eco dei propri passi e dai lamenti provenienti dall'ombra, poi finalmente giunsero in vista di quella che sembrava una sala più grande. In realtà più che una stanza sembrava un semplice allargamento del corridoio, visto che non c'erano porte o ingressi a delimitarne i confini, ma sia Pegasus che Sirio ebbero subito la certezza che Ares li stava aspettando lì, e con questa consapevolezza rallentarono il passo. Dall'altro lato della sala si intravedeva la continuazione del corridoio, che certamente conduceva all'uscita, così, senza bisogno di dirsi nulla, i due amici si scambiarono un'occhiata rapida ed avanzarono con risolutezza verso il loro obiettivo. Improvvisamente però, i loro corpi furono attraversati da una sensazione simile ad un brivido, ma molto più profonda ed incisiva, un senso di disagio misto ad ansia e sgomento che li paralizzò, mentre rivoli di sudore presero a scorrere sui loro volti. In quel momento entrambi si sentirono spossati ed ebbero la sensazione che le gambe facessero fatica a sorreggerli, il respiro si fece affannoso, il cuore prese a battere convulsamente, e per qualche misterioso motivo l'idea di proseguire li terrorizzava. "C... che sta succedendo, Sirio... non ho mai avuto tanta paura in vita mia... sono paralizzato come una lepre di fronte ad un serpente !" sussurrò Pegasus con gli occhi dilatati dalla paura, e Sirio ebbe la sensazione che anche pronunciare quelle poche parole gli fosse costato fatica. Cercò di rispondere, ma si sentì la bocca arida, e comunque la mente stentava a mettere insieme le parole. Con uno sforzo di concentrazione, Dragone ripensò all'addestramento che aveva ricevuto ed al modo in cui il maestro gli aveva insegnato ad esercitare il distacco dagli stimoli esterni. Lentamente riprese il controllo di se abbastanza da poter parlare "Credo che sia l'influsso di un incantesimo... si dice che nelle epoche mitologiche Ares fosse accompagnato in battaglia dai suoi figli Deimos e Fobos... Spavento e Terrore... ma noi siamo soli qui... quindi forse... questa paura non è altro che..."

"La manifestazione del mio cosmo ! Hai indovinato, seguace di Atena !" dichiarò qualcuno con voce tonante, e nell'oscurità apparve un cosmo potentissimo, scarlatto come il sangue. Colui che lo emanava, Ares, signore della guerra, comparì di fronte ai cavalieri di Atena. La sua armatura, color rosso scuro ed oro, ricordava nella forma la divisa di un oplite greco, ma copriva interamente il suo corpo. L'elmo aveva la forma di un cimiero, ma si allargava abbastanza da permettere di vedere chiaramente i lineamenti crudeli del viso della divinità, i cui occhi erano completamente iniettati di sangue, al punto che a Pegasus ricordarono quelli di Gemini all'epoca della battaglia al Grande Tempio. L'aspetto del Dio era imponente: poco più alto dei cavalieri, aveva spalle larghe ed un fisico slanciato e prestante. Lunghi capelli corvini gli scendevano sul collo, per poi terminare all'altezza delle scapole.

"Benvenuti al sesto tempio... Pegasus e Dragone !" esordì il Dio fermandosi a pochi metri dai due amici e guardandoli fissi negli occhi.

"C... ci conosci ?!" chiese Pegasus sforzandosi il più possibile di impedire che la paura gli trapelasse dalla voce.

"Uh uh uh, la tua ignoranza è seconda solo alla tua follia. Conosco bene quelle che vi compiace di chiamare armature, fu per contrastare me ed i miei valorosi Berseker che millenni fa Atena fu obbligata a forgiarle. Però non mi sarei mai aspettato che proprio due armature della categoria più bassa riuscissero ad evolversi fino a diventare armature divine... ma per quel che servirà ! Contro il Dio della guerra quei pezzi di lamiera potranno ben poco !" disse con un sorriso di scherno.

"Non... non esserne così sicuro. Gli Dei dei templi inferiori hanno imparato a loro spese a rispettare queste armature... e ben presto ne scoprirai il perché a tue spese." ribatté Pegasus ostentando la sicurezza che fin dai tempi dei Cavalieri Neri lo aveva reso il leader del gruppo. Osservando l'amico però, Sirio capì che la sua tranquillità era solo apparente e che in realtà anche lui stava ancora lottando per liberarsi dalla morsa dell'insana paura causata dal cosmo di Ares. ‹‹Si può aver paura prima di una battaglia, e talvolta capita di averne dopo, ma non bisogna mai averne durante, o la fine sarà inevitabile.›› gli aveva insegnato un giorno il maestro, e memore delle sue parole il ragazzo iniziò a concentrarsi per scacciare il timore dalla propria mente.

"Sei presuntuoso oltre che folle, ragazzino. Sarai tu il primo a cadere, nessuno può prendersi gioco di Ares !" gridò il Dio sollevando la mano e lanciandosi a tutta velocità verso Pegasus. Con uno sforzo immane, il cavaliere cercò di sollevare le braccia per difendersi, ma i movimenti erano impediti dal terrore e l'eroe si trovò faccia a faccia con Ares. Con un gesto repentino però, Dragone saltò verso di lui, spingendolo a terra giusto in tempo per evitare che la mano del Dio gli tagliasse la gola.

"Come hai osato interferire ! Pagherai caro questo tuo intervento !" gridò furioso Ares girandosi verso Dragone, che si rialzò di scatto accanto a Pegasus. "Ascolta, la paura è solo nella tua mente. Puoi sconfiggerla se riesci a concentrarti abbastanza !" sussurrò Sirio all'amico prima di sollevare lo scudo e lanciarsi contro il nemico. Muovendosi il più rapidamente possibile, Sirio sferrò un destro diretto verso il petto del Dio, che però fu più veloce e schivò spostandosi di lato. Con il successivo movimento, Ares bloccò il braccio teso del cavaliere e sfruttò il suo stesso impeto per lanciarlo verso le lame della parete. A mezz'aria però Dragone diede un colpo di reni ed eseguì un perfetto salto mortale, che gli permise di toccare terra sano e salvo e di scattare di nuovo verso l'avversario. "Non mi sconfiggerai così facilmente ! Colpo Segreto del Drago Nascente !" urlò sferrando il suo colpo micidiale. Con un salto improvviso, Ares lasciò che il drago di energia cosmica si infrangesse sul muro dietro di lui e centrò con un calcio il volto di Sirio, che iniziò a sanguinare dal naso e dalla bocca e fu lanciato all'indietro. Il Dio però lo afferrò dal polso con la mano destra e lo tirò verso si se, concentrando al tempo stesso un globo di energia nel palmo della mano sinistra. Sfruttando lo stordimento del ragazzo e muovendosi con una velocità incredibile, Ares appoggiò la mano all'addome di Sirio e lasciò esplodere la sfera d'energia, la cui potenza scaraventò il cavaliere contro il soffitto del tempio. L'impatto fu terribile e per alcuni attimi l'eroe sentì l'aria che gli usciva dai polmoni, poi ricadde a peso morto verso terra. Deciso a non dargli tregua, Ares saltò di nuovo e, raggiuntolo in aria, eseguì un perfetto calcio rotante, centrandolo in pieno volto. Flotti di sangue uscirono dalla bocca dell'eroe, che sbatté al pavimento con una violenza tale da rimbalzare una volta prima di fermarsi. In aria sopra di lui, Ares piegò la gamba sinistra e stese la destra, preparandosi a dargli il colpo di grazia alla testa. Improvvisamente però, una pioggia di colpi schizzò verso di lui, spostandolo abbastanza da mancare Dragone di qualche centimetro, e voltandosi il Dio vide che Pegasus aveva assunto la posizione di combattimento.

"Non dimenticare che ci sono anch'io ! Fulmine di Pegasus !" gridò il cavaliere di Atena, ed una nuova cascata di colpi esplose verso Ares. Sorridendo malignamente, il custode del sesto tempio evitò l'assalto con un salto mortale all'indietro e, evitando le lame, toccò la parete con i piedi e piegò le gambe, per poi scattare come una molla verso il nuovo nemico. "Sei riuscito a liberarti dagli effetti del terrore, ma non ti basterà !" disse prima di lanciare un fascio di energia contro l'eroe. Mostrando una ritrovata velocità di movimenti, Pegasus incrociò le braccia davanti al volto, ma anziché raggiungerlo, il colpo centrò il suolo davanti a lui, sollevando una fitta nuvola di polvere che offuscò la vista dell'eroe. Disorientato, Pegasus abbassò le braccia e si guardò attorno, ma ciò non bastò a permettergli di schivare l'assalto di Ares, che emerse dalla polvere e lo colpì allo stomaco con una sfera di energia, lanciandolo verso il soffitto proprio come aveva fatto con Sirio. Il ragazzo sbatté duramente con la schiena contro il soffitto, poi precipitò verso il suolo, ed Ares saltò per colpirlo di nuovo. Non appena lo ebbe raggiunto in aria però, Pegasus spiegò le ali della sua armatura e le usò per cambiare improvvisamente direzione. "Con dei cavalieri di Atena non puoi usare due volte lo stesso trucco ! Sei caduto nella mia trappola ! Ora che sei in aria non potrai evitare il mio Fulmine di Pegasus !" tuonò nell'usare di nuovo la tecnica appresa da Castalia e poi perfezionata nel corso di tante battaglie. Le sfere di energia cosmica sfrecciarono verso Ares, ma ancora una volta il Dio sogghignò e rise "Evitarlo ? e perché dovrei ?! Una tecnica così primitiva non mi sconfiggerà mai !". Sotto gli occhi allibiti di Pegasus, Ares mosse le mani ad una velocità tale da parare tutti i colpi, che pure erano stati lanciati alla velocità della luce.

"E' straordinario ! Pegasus è in affanno, ma Ares non si sta affaticando minimamente... sembra persino più forte e veloce degli altri Dei !" pensò Dragone osservando i due contendenti che toccavano terra a pochi metri l'uno dall'altro. Pegasus era evidentemente stanco, aveva il volto coperto di sudore e respirava convulsamente, mentre Ares sembrava fresco e riposato come se la battaglia non fosse mai cominciata. Senza permettere al nemico di riprendere fiato, Ares si lanciò contro di lui e lo bersagliò di pugni al torace ed al volto, poi, quando lo vide vacillare, lo centrò all'addome con un destro talmente potente da incrinare l'armatura divina. Pegasus sentì la bocca che gli si riempiva di sangue e cadde in avanti, ma ancora una volta Ares fu più veloce e bloccò la sua caduta fermandogli la faccia con il palmo della mano. "Millenni fa voi cavalieri avete umiliato me e le mie legioni... ora è tempo di vendetta !" sussurrò il Dio all'orecchio di Pegasus prima di accumulare una sfera di energia nella mano e prepararsi a lasciarla esplodere contro il volto del ragazzo. All'ultimo momento però una fenditura luminosa spaccò il suolo fra i due, obbligando Ares a lasciare Pegasus e saltare indietro.

"Di nuovo tu !" esclamò Ares voltandosi verso l'autore del colpo.

"Excalibur... la spada di Atena !" dichiarò Dragone, in piedi col braccio destro davanti al corpo. Con un balzo, il ragazzo si portò accanto al compagno ferito e con un'occhiata si accertò delle sue condizioni. "Pegasus, non siamo nelle condizioni di affrontarlo singolarmente ! La nostra unica speranza è unire le forze ed usare i nostri colpi migliori !" sussurrò poi, e contemporaneamente iniziò ad espandere il suo cosmo, lasciando che attorno a lui comparisse l'aura verde smeraldo che ne era caratteristica

Senza rispondere, Pegasus si rimise in piedi al suo fianco. Flotti di sangue gli grondavano dalla bocca ed una vampata di dolore proveniente dal lato sinistro dell'addome gli fece capire di avere una costola rotta, ma il giovane la ignorò e cominciò a sua volta a bruciare il suo cosmo.

"Colpo dei Cento Draghi !"

"Cometa di Pegasus !"

Ares sorrise malignamente.

Ad insaputa dei tre combattenti però, altri seguivano le fasi dello scontro. Dal suo palazzo del Valhalla, Odino, sovrano di Asgard e di tutti gli Dei appartenenti alla stirpe degli Asi, stava infatti osservando con attenzione lo svolgimento della battaglia, le cui immagini apparivano magicamente riflesse sull'acqua contenuta nel catino posto davanti al suo trono di ghiaccio.

"Mio signore, come procede la battaglia del monte Olimpo ?" chiese con rispetto un ragazzo in ginocchio di fronte a lui.

"Non bene, Orion. Valore e coraggio hanno permesso ai cavalieri di Atena di arrivare fino al sesto tempio, ma temo che la loro corsa si fermerà lì. Colui che lo presiede, Ares, nume della guerra, sarebbe un nemico temibile per chiunque, ed i cavalieri sono ormai quasi allo stremo delle forze." rispose il Dio senza distogliere lo sguardo. Un'espressione tormentata apparve sul volto di Orion, memore di quanto la sua Asgard dovesse ai cavalieri di Atena. Comprendendo il suo tumulto interiore, Odino disse "Vedo che vorresti accorrere in aiuto dei cavalieri e combattere al loro fianco, ma questo è impossibile ! Nessun guerriero può lasciare il Valhalla... fino al Ragnarok. Solo allora i cancelli si apriranno e tutti voi guerrieri tornerete nel mondo dei vivi per la battaglia finale."

"Ne sono consapevole... ma non posso fare a meno di pensare che senza l'intervento dei cavalieri..." In quel momento Orion si fermò, l'espressione sul volto di Odino era cambiata ed il suo sguardo era perso nel vuoto.

"Mio signore, cosa..." iniziò, ma Odino lo interruppe con un cenno della mano.

"Fa silenzio, te ne prego. E' così flebile la voce che mi sta giungendo da Midgard... dalla mia celebrante."

"Ilda !" esclamò Orion spalancando gli occhi per lo stupore. Odino però non lo sentì neppure, completamente assorto dalla supplica che gli era rivolta. Sulla terra, nella piazza del palazzo di Ilda, Flare, Alcor e Mizar osservavano con un misto di ansia e ammirazione la celebrante di Odino, inginocchiata ai piedi della gigantesca statua del Dio. Accanto ai gemelli vi era un giovane, sul cui volto si leggevano speranza, trepidazione e, soprattutto preoccupazione. La sua armatura, colpita dai deboli raggi del sole che passavano attraverso le nubi, risplendeva con riflessi turchini. "Odino ci aiuterà, non temere." lo rassicurò Alcor appoggiandogli una mano sulla spalla. "Lo spero, amico mio, lo spero proprio. Questa è la mia ultima speranza... se anche Ilda dovesse fallire, non potrei mai perdonarmelo." rispose il giovane senza distogliere lo sguardo da Ilda.

"Mio signore Odino, che regni su Asgard, elevo a te una preghiera ! L'aiuto che ti chiedo non è per Asgard, ma per un cavaliere che di Asgard è amico. Quando l'oscurità ha minacciato il tuo regno, egli è accorso in nostro aiuto, rischiando la sua vita per ristabilire la pace, poi, quando la vile minaccia dell'anello maledetto è stata sventata, è andato via senza chiedere alcuna ricompensa per il suo coraggio. Ma ora... tu sei l'unico che può aiutarlo ! Ha tentato di raggiungere l'Olimpo da solo ed ha fallito, perché soltanto agli Dei è concesso l'ingresso. Ti prego, Odino, stendi la tua mano pietosa su di lui e concedigli di entrare nel regno su cui Zeus regna sovrano ! Ti scongiuro, Odino, aiuta Phoenix !" supplicò la donna in ginocchio, con le mani giunte ed il volto sollevato verso il cielo.

"Phoenix, il cavaliere della Fenice immortale... credevo fosse anche lui sull'Olimpo !" esclamò sorpreso Orion.

"No, Phoenix ha avuto bisogno di tempo per solidificare la sua armatura divina, ha mancato l'appuntamento fissato da Zeus e quindi non è stato trasportato sulll'Olimpo insieme ai suoi compagni. Credeva di poterlo raggiungere con le sue sole forze, come in passato aveva fatto su Midgard, nel regno di Nettuno e persino in Ade, ma non sapeva che quel luogo è precluso agli uomini, solo gli Dei possono accedervi. Pegasus, Dragone, Andromeda e Cristal sono lì col benestare di Zeus, ma mancando all'appuntamento Phoenix ha rinunciato a tale privilegio !" spiegò Odino.

"E voi potete aiutarlo ?" chiese speranzoso il cavaliere, che più di ogni altra cosa ora desiderava essere d'aiuto ai suoi amici di un tempo.

"Si, è nei miei poteri trasportare Phoenix sull'Olimpo e soprattutto permettergli di restare per aiutare i suoi amici... ma non lo farò !" rispose deciso il signore degli Asi

"Ma, mio signore... perché ?"

"Perché da molti millenni c'è pace tra me e Zeus. Dopo la nostra ultima guerra, agli albori della storia, facemmo un patto: io avrei regnato sulle gelide terre del Nord Europa, mentre a lui sarebbe andato il dominio sulla Grecia e le soleggiate terre del Sud. Decidemmo che nessuno dei due avrebbe mai attaccato il regno dell'altro o interferito nelle sue azioni e così è sempre stato. Zeus ha mantenuto la parola data, e non sarò io a disattendere il patto !" esclamò il Dio con autorità. Orion avrebbe voluto ribattere qualcosa, ricordare al suo signore che furono quegli stessi cavalieri a salvare Asgard non molto tempo prima, ma prima che potesse aprire bocca, un rumore di passi attirò la sua attenzione, e voltandosi vide la moglie di Odino, la bella Freja, emergere da un nero corridoio ed avanzare verso il trono.

"Eppure, marito mio, Zeus non ha fatto nulla per impedire che Nettuno, suo fratello, si servisse del tuo regno e dei tuoi cavalieri per soddisfare i suoi piani di dominio. Donando la spada Balmung per respingerlo hai mostrato la tua forza, ora mostra anche la tua generosità e concedi il tuo aiuto a quel cavaliere. " disse con dolcezza la donna avvicinandosi al consorte, che finalmente sorrise e la prese per mano.

"Odino regna su Asgard, ma è Freja a regnare sul cuore di Odino... e sia, poiché hai parlato con saggezza, moglie, accorderò ancora una volta il mio aiuto ai cavalieri di Atena. Tuttavia questa sarà l'ultima volta, d'ora in avanti non riceveranno altro giovamento da parte mia, saranno soli nella loro guerra. Ed ora fatti da parte, mia amata, ed ammira il potere di Odino !" disse il Dio allargando le braccia ed espandendo il suo gelido cosmo.

Sulla Terra, il corpo di Phoenix fu avvolto da una luce bianca. "Ti ha ascoltata !" fece appena in tempo a dire ad Ilda con la voce ricolma di gratitudine, poi scomparve nel nulla.

Sull'Olimpo, Pegasus e Dragone erano a terra, flotti di sangue scorrevano dalle crepe dei loro pettorali e gocciolavano al suolo. Avevano unito le forze e scatenato contro Ares i loro colpi migliori, la Cometa di Pegasus ed il Colpo dei Centro Draghi, ma non era servito a niente. Il nemico non aveva cercato di evitare i colpi né aveva sollevato difese particolari, aveva semplicemente bruciato il suo cosmo restando immobile, con le gambe ben piantate a terra, ed entrambi gli attacchi si erano infranti su di lui come le onde del mare su uno scoglio. Poi, approfittando dello stupore dei due cavalieri, si era portato con un balzo davanti a loro, aveva appoggiato le mani sui pettorali delle loro armature e li aveva colpiti a distanza ravvicinatissima con un scarica di energia terribile, lanciandoli in aria sanguinanti. Stavolta non aveva neppure avuto bisogno di colpirli di nuovo, del tutto esausti i due eroi non avevano avuto la forza di reagire ed erano precipitati a terra, aprendo delle crepe nel pavimento sotto di loro. Ora, Ares gli si era avvicinato per sferrare il colpo decisivo

"Non sapete quanto ho agognato questo momento... Guarda, Atena ! La vendetta che ho atteso per secoli è finalmente giunta, ed ora brinderò al suo calice col sangue dei tuoi cavalieri !" gridò ridendo sguaiatamente e sollevando gli esanimi cavalieri per la gola. Improvvisamente però, un cosmo potentissimo apparve nel tempio, rischiarando le tenebre con la sua luce bianca. "N... non è possibile... Odino !" balbettò sbalordito Ares nel riconoscere la natura di quel cosmo. Lasciati cadere i due cavalieri, il Dio si avvicinò cautamente verso la fonte della luce. Quando fu a pochi passi però, la luce scomparve, e contemporaneamente il sesto tempio sembrò prendere fuoco. Un muro di fiamme separò Ares al punto dove giacevano Pegasus e Sirio mentre colonne di fuoco si sollevarono dal pavimento, obbligandolo ad indietreggiare. Dall'altro lato del muro, Sirio e Pegasus ripresero i sensi a causa del calore intenso e si misero faticosamente in ginocchio. "Ma... che sta succedendo ?!" chiese Pegasus guardandosi attorno. Prima che Dragone potesse ipotizzare una risposta, i due eroi sentirono un rumore alle loro spalle e si voltarono allarmati e pronti alla lotta. "State bene, amici ?" chiese Phoenix con un sorriso.

"Phoenix !" esclamarono all'unisono i cavalieri, increduli nel riconoscere l'amico di tante avventure.

"Credevamo che fossi rimasto... sulla Terra. Come sei arrivato fin qui ?" domandò stupito Pegasus

"E' stato grazie a Odino ! Ha usato il suo cosmo per trasportarmi direttamente qui al sesto tempio." sussurrò Phoenix, ed al tempo stesso cercò di farsi un'idea della gravità delle ferite dei compagni.

"Odino ?! Ma come..." iniziò Pegasus, ma Phoenix lo interruppe subito "Non abbiamo tempo per parlarne adesso ! Lasciate Ares a me e cercate di raggiungere il settimo tempio !"

"Tu da solo ? Non conosci la forza degli Dei, Ares è troppo potente... non ce la farai ! Permettici di restare ad aiutarti... combatteremo insieme per una volta !" insistette Pegasus, ma l'amico scosse fermamente la testa.

"La salvezza di Atena è la cosa più importante, e combattendo insieme sprecheremmo tempo prezioso. Avverto a stento il suo cosmo... ed è fievole come non mai... non possiamo permetterci esitazioni di sorta, qualcuno deve raggiungere Zeus... voi !" dichiarò con convinzione. Pegasus sembrò sul punto di ribattere qualcosa, ma accanto a lui Sirio annuì, seppur con riluttanza. "Andremo... perché è nostro dovere, ma sta attento a non sottovalutare Ares, e ricorda: l'unico modo che hai per sconfiggerlo è trovare dentro di te la forza del nono senso. Se riuscirai a raggiungerlo, o anche solo a sfiorarlo, avrai almeno una possibilità di vittoria !" gli disse fissandolo negli occhi, poi, quando ebbe la certezza che il compagno avesse capito fino in fondo il significato delle sue parole, si issò in piedi. Esitante, Pegasus si alzò a sua volta, ma Phoenix sembrò ignorarlo e fissò lo sguardo sul muro di fuoco. "Allora noi andiamo... buona fortuna !" gli disse soltanto, prima di correre il più velocemente possibile verso l'uscita insieme a Dragone.

Non appena i due si furono allontanati, Phoenix chiuse gli occhi "Mi dispiace, amici, ma non potevo permettere che restaste. Combattendo insieme sprecheremmo tempo... ma soprattutto permetteremmo ad Ares di fare tre vittime invece di una soltanto. Avverto chiaramente il suo cosmo... non ho mai combattuto un nemico dotato di un potere così vasto... prego solo di riuscire a resistere abbastanza da permettere anche a Cristal e Andromeda di superare questo tempio !" pensò con amarezza. Improvvisamente, le fiamme del muro iniziarono a turbinare, poi la loro luce abbagliante divenne un semplice tremolio, ed infine scomparvero, completamente soffocate dal cosmo di Ares.

"E così tu sei Phoenix, il cavaliere capace di tornare dagli oscuri mondi di Ade !" disse sorridendo crudelmente. Non sembrava affatto sorpreso della sua presenza, ed il cavaliere ebbe la sensazione che avesse atteso di proposito prima di spegnere le fiamme.

"Si, sono io, ma come lo sai ?! Hai riconosciuto la mia armatura ?" chiese l'eroe, più per prendere tempo che perché fosse interessato ad una risposta.

"No, non è solo per questo. Certo ricordo bene l'armatura della Fenice, secoli fa il cavaliere che l'indossava riuscì persino a colpirmi in battaglia, ma è te che ho riconosciuto, Phoenix ! Da molto tempo infatti osservo le tue gesta !"

"Che cosa ?! E perché mai ?! " domandò, stavolta veramente stupito.

"Mpf... come avrei potuto non notare un cavaliere come te... forte e crudele, senza un briciolo di amore o compassione nel cuore... proprio il genere di uomini che adoro avere al mio seguito !"

Al suono di queste parole ricordi di un'epoca ormai dimenticata da tempo riaffiorarono nella mente del cavaliere di Atena, che rabbrividì ed assunse posizione da combattimento. "Ti sbagli ! Io non sono più quello di un tempo, è la fede nella giustizia a muovermi in battaglia ora ! Fatti avanti e ne assaggiareai la forza !" gridò bruciando il suo cosmo.

"Uh uh uh... così prevedibile... e così vicino alla morte !" sorrise Ares, ed il color rosso scarlatto del suo cosmo fece da preludio alla battaglia imminente.