CAPITOLO IV

Sotto l’ombra di quell’albero di fico i tre cavalieri pendevano dalle labbra della propria Dea la quale ora avrebbe narrato loro ciò che era stato discusso e forse deciso in Olimpo.

La grande scalinata in marmo bianco che conduceva al tempio di suo padre Zeus era così ampia e maestosa esattamente come la sua memoria la ricordava. I gradini, così come le grandi colonne che, con passo regolare ne delimitavano i confini, apparivano, nella loro perfezione architettonica e nella loro candida lucentezza, come la lingua di un ghiacciaio di alta montagna che anche in piena estate taglia e si insinua fermamente tra i verdi prati degli alpeggi. Al termine di essa poi si allargava la grande piazza rotonda attorniata da un ampio colonnato sormontato dalla trabeazione sulla cui sommità dominavano le statue degli antichi Dei come Crono e Rea, rispettivamente padre e madre di Zeus, dei Titani, dei Ciclopi e degli Ecatonchiri; la piazza era infine solo il preambolo alla facciata principale del palazzo di suo padre ed era costituita dallo stilobate diviso in dodici scalini e sormontato da altrettante imponenti colonne sui cui capitelli la grande architrave, il fregio e il timpano erano decorati con le gesta dello stesso Padre degli Dei.

Athena se lo aspettava ed infatti egli era esattamente lì dove contava di incontrarlo; appoggiato ad una delle colonne perimetrali alla piazza, suo fratello Hermes se ne stava di vedetta o in attesa di ricevere incarichi da parte delle altre divinità.

Vestito con una tunica corta di colore bianco e stretta in vita da una cintura dorata finemente decorata, la osservava con gli stessi occhi azzurri che la natura divina aveva conferito ad Athena al momento della nascita; la chioma costituita da folti e neri capelli ricci era in parte domata da una sorta di cerchietto di ramoscelli di ulivo intrecciati tra loro e colorati di una brillante tinta dorata, il fisico asciutto era sorretto dalle gambe lunghe e muscolose alle cui estremità non era possibile non notare i suoi particolarissimi calzari alati.

«Sempre sull’attenti fratello?» disse Athena richiamando la sua attenzione.

«Athena: ben tornata in Olimpo, sono lieto di vederti. E’ da molto tempo che manchi da questi luoghi, stavamo iniziando a pensare che preferissi vivere tra i mortali anziché tra noi divinità tue pari».

«Non è detto che non sia così caro Hermes. In ogni caso sono attesa da nostro padre Zeus e da tutti gli altri Dei e, anche se vuoi lasciarmi intendere di essere all’oscuro di questa adunanza, non credo che proprio tu che sei il messaggero degli Dei non sia venuto a conoscenza né delle ragioni che mi hanno spinto a lasciare la Terra per salire sin qui né quantomeno della mia venuta».

Hermes sorrise beffardamente e, senza rispondere direttamente alla provocazione verbale della sorella, si staccò dalla colonna sulla quale si era adagiato muovendosi in direzione di lei. Presala sotto braccio la guardò negli occhi e, continuando a sorridere, le disse:

- Andiamo, sei attesa in effetti, lascia che ti accompagni.

Athena, ricambiando il cordiale sorriso di Hermes, si lasciò condurre all’interno del palazzo percorrendo insieme al fratello prima i dodici scalini e poi il grande corridoio che conduceva alle stanze private del padre di entrambi.

La via verso la grande sala dove le divinità dell’Olimpo erano solite riunirsi per discutere dei problemi dell’universo era ora solamente loro preclusa dalla grande porta in solido legno di quercia decorata con fregi lignei e alto e bassorilievi in oro massiccio tra i quali spiccavano e dominavano il tridente, il bastone biforcuto ed il fulmine che erano un chiaro richiamo a Poseidone, Hades e allo stesso Zeus ovvero le tre principali divinità dell’intero folto gruppo delle entità celesti che la stavano attendendo.

Hermes esercitando solo una lieve pressione sui due battenti del grande e pesante portone lo fece aprire spalancando ad Athena e a se stesso la visuale sul salone retrostante.

La grande stanza ricordava nella sua struttura la camera del senato della città di Atene: sulle ali due gradinate costituivano una sorta di tribune sulle quali le divinità generalmente presenti alle assemblee solevano accomodarsi. Le quattro pareti riccamente affrescate con storie delle gesta eroiche degli Dei e dei loro Santi erano intervallate da delle semicolonne altissime che a lato pratico obbligavano il visitatore a volgere il proprio sguardo verso l’imponente soffitto cassettonato anch’esso finemente dipinto e al cui centro vi era un affresco rappresentante l’intera volta celeste punteggiata di tutte le stelle e di tutte le costellazioni di essa costituenti.

Dioniso, Demetra ed Artemide erano intenti a parlottare tra loro al centro della gradinata di destra, Ares ed Efesto invece erano presi da un’accesa discussione sicuramente in tema di lotta o di armi da battaglia che in pratica erano gli unici temi che attirassero attivamente il loro interesse, gli altri due fratelli di Athena, Apollo e Afrodite, se ne stavano invece in silenzio quasi sul fondo della sala dove Zeus in persona sedeva sul suo lucente trono in oro ed avorio. Immediatamente dietro alla regale seduta stazionava la moglie Era la quale, stando in piedi, gli teneva delicatamente una mano appoggiata sulla spalla, infine Zeus era affiancato dai fratelli minori: alla sua destra sedeva Poseidone, Dio dei mari, mentre alla propria sinistra vi era Hades, Dio degli inferi.

Nel momento in cui Hermes aprì il grande portone d’ingresso, Athena sentì sul viso come una tiepida brezza mentre la vista di suo padre quasi annoiato che sedeva reggendosi il mento con il pugno destro le fece sobbalzare per un istante il cuore in petto. L’aspetto austero e minaccioso di Zeus le aveva da sempre dato quella sensazione di ansia che tra l’altro il più delle volte era assolutamente ingiustificata. Suo padre, pur dovendo mantenere quella rigidità e quella maestosità che deve per forza di cose essere propria di un Re, era sempre stato docile ed affettuoso nei confronti di una delle sue figlie predilette. Nonostante ciò, anche l’aspetto fisico di Zeus non rincuorava certo chi si trovasse al suo cospetto: la grande e robusta mole, insieme con l’elevata statura, contribuivano certamente a far sentire inerme chiunque si fosse trovato innanzi a lui, inoltre i capelli e la folta barba canuta nascondevano solo in parte i lineamenti duri e spigolosi del padre degli Dei, le labbra rosse, il naso ampio e due grandi e profondi come l’universo occhi azzurri completavano la sua figura che, in generale, veniva condita con un’espressione piuttosto corrucciata e minacciosa.

Questo omone se ne stava ora sul suo trono avvolto nella sua lunga tunica bianca con drappi color porpora orlati con ricami dorati in attesa di chissà cosa mentre intorno a lui altri dibattevano, ipotizzavano decisioni da prendere, forse complottavano ma tanto, in cuor suo, sapeva già che qualsiasi cosa fosse emersa durante questa assemblea, nonostante i pareri spesso discordanti dei fratelli Poseidone e Hades e dei consigli sussurratigli all’orecchio della moglie Era, l’ultima parola sarebbe stata la sua.

Quando Athena ed Hermes varcarono la soglia della grande sala, la ragazza, mentre chi stava parlando più o meno ad alta voce interruppe ogni discorso, sentì posarsi su se stessa ogni coppia di occhi dei presenti ma i propri si incrociarono solo con il fermo sguardo di colui che sedeva sul trono reale diametralmente opposto alla sua attuale posizione; per un secondo riuscì a reggere lo sguardo del padre, poi si sentì costretta ad abbassare gli occhi verso terra mentre Hermes si faceva da parte andando a prendere posto sulla gradinata di sinistra accanto ad Ares e ad Efesto. Sulla destra poteva avvertire i bisbigli degli altri.

Athena, ora fulcro dell’attenzione di tutti i presenti, inspirò a fondo dal naso e, raccogliendo mentalmente tutte le proprie forze, alzò nuovamente gli occhi verso il fondo del salone espirando dalla bocca.

«Padre, fratelli e sorelle, amici tutti: sono molto felice di ritrovarvi tutti qui riuniti e di ritrovarvi così come vi ricordavo in piena salute ed affaccendati…»

Sulla parola "affaccendati" Afrodite sussurrò qualcosa all’orecchio di Apollo; con ogni probabilità qualche commento sarcastico ai danni della sorella che mai aveva né particolarmente gradito né particolarmente sopportato.

Lanciata solo una tanto breve quanto fulminea, comunque sufficiente a lasciar intendere di non gradire né interruzioni né commenti, occhiata in direzione della coppia di suoi fratelli, Athena, accennando soltanto una minima pausa all’interno della frase, continuò:

- so perfettamente di essere oggi l’evento del giorno per così dire, so che molti di voi non hanno gradito la decisione che ho preso anni fa di andare a vivere sulla Terra tra gli uomini lasciando i miei simili qui in Olimpo, so che altri non hanno compreso questa mia scelta, immagino che ad alcuni non interessi affatto. Ebbene in questo giorno e in questo luogo ho fatto ritorno tra voi Dei ma non per restarvi a lungo. Non sono qui nemmeno per tessere le lodi degli uomini o raccontarvi quanto in verità essi siano creature notevoli e per infinite ragioni addirittura sorprendenti e degni di ammirazione; non farò questo perché so che non potreste, o in alcuni casi vorreste, capire l’importanza e la meraviglia dell’essere umano. Non offendetevi, vi prego, per quanto ho appena pronunciato: nonostante la nostra divina natura, sappiate che spesso la nostra superbia ci acceca e ci impedisce di vedere oltre i confini del monte Olimpo ed è forse solo per questa ragione, senza essere dunque scesi in Terra ed aver provato a vivere per del tempo con loro, che vi dico che non potete capire. Io farò ritorno tra gli uomini non appena mi sarà possibile, non voglio assentarmi troppo a lungo anche perché, come forse sapete, il nostro antenato Cronos ha fatto in modo che il modo di percepire il tempo sulla Terra sia molto più rapido rispetto al modo in cui lo si percepisce qui in Olimpo. Invito chiunque di voi lo desideri a venire con me o a raggiungermi quando lo desideri, non troverete da parte mia nessun ostacolo in merito. Se al contrario preferite però continuare serenamente ad oziare tra i palazzi, le vasche, le fontane e gli splendidi giardini che si trovano qui e gettare solamente di tanto in tanto lo sguardo sul mondo a voi sottostante per noia e per puro diletto, nessuno, e quindi tantomeno io, ve ne farà una colpa. Ciò che chiedo in quanto figlia di Zeus e in qualità di Dea della giustizia è che non venga mossa da parte vostra nessuna mossa atta a danneggiare quello che è il destino ed il mondo degli esseri umani o di poter quantomeno poter avere il diritto di costituire una schiera di guerrieri al mio servizio, o meglio, al servizio del genere umano che siano votati, in caso di estremo bisogno, a questo scopo.

Su queste parole Apollo si alzò in piedi e prese la parola:

-Sorella, anche io sono molto felice di vederti ma, perdonami, ci chiedi il permesso di costituire una schiera di guerrieri o forse, magari non ho ben inteso le tue parole, un intero esercito al tuo servizio e in difesa degli uomini?

Athena socchiuse gli occhi ed annuì in segno di assenso.

Apollo, alzando il tono della voce per farsi ben udire da tutti, proseguì con aria canzonevole:

-Ma non è forse vero ciò che si dice in merito al fatto che tu ti sia già circondata di tre personaggi che tu stessa usi chiamare cavalieri? Se non erro si dice che siano uno spartano, un ateniese e, scusatemi se mi viene da sorridere, un apprendista fabbro?

Efesto diede un doppio colpo di tosse scambiandosi uno sguardo d’intesa con Ares.

«Non ti sono già sufficienti per salvare ciò che c’è da salvare sulla Terra?» concluse ironicamente l’arringa Apollo.

«Non chiedo un esercito» ribatté stizzita Athena.

«Domando solamente di avere il permesso di poter costituire sulla Terra ciò che voi tutti, chi più chi meno, ha già qui in Olimpo.»

E’ noto come chiunque di voi divinità olimpiche abbia a disposizione almeno un paladino guerriero, o Santi come normalmente si usa chiamarli, al proprio servizio. Essi vi fanno da difensori, da guardie del corpo personali, da servitori; ripeto: tutti ne avete almeno uno a partire dal grande e fedele Abidos, Santo devoto a Zeus, Hades ha i suoi tre Giudici infernali o almeno così ci è dato sapere, Poseidone dispone addirittura di ben sette Santi che se non ho mal udito sono noti come Generali degli abissi, ma tutto questo manipolo è asservito solo a voi Dei. Io chiedo di poter costituire un ordine di cavalieri non per farmi idolatrare o per salvaguardare la mia persona ma per aiutare l’intera umanità.»

«Athena, come osi?», intervenne Hades drizzandosi sulla propria sedia.

Il Dio degli Inferi stava fissando con sguardo alterato la nipote. Gli occhi di Hades erano di un colore marrone con sfumature più chiare che a tratti sembravano dare al rosso, i capelli arruffati e la barba nera come la capigliatura, insieme alla carnagione pallida, esaltavano ancor più la minacciosità dei suoi occhi cerchiati ed infossati; il fisico alto e magro avvolto in una tunica di colore grigio scuro ed arricchita da un drappo color porpora rendevano l’insieme di questa divinità un figura estremamente lugubre e paurosa.

Athena, reggendo fermamente lo sguardo di Hades, lo squadrò da testa a piedi con aria interrogata.

«Al di là che personalmente ritengo assurda la tua proposta dato che non ci può importare meno del destino dei mortali, mi pare che tu abbia lasciato intendere che io stia celando qualcosa a voi tutti. Io dispongo unicamente dei miei tre Giudici anche se, dalle tue parole, è abbastanza palese che tu stia osando intendere diversamente».

«Non oso intendere alcunché, Hades! Non posso dimostrare nulla in proposito al momento e comunque non è questo né il giorno né il luogo per discutere di codesta questione», ribatté quasi stizzita Athena.

Poseidone, un uomo grande quasi quanto Zeus, dai lineamenti decisamente più paffuti dei fratelli, barba e capelli folti e di un grigio che, se esposto alla luce, dava quasi l’idea di avere dei riflessi azzurrastri, vestito con una toga di colore blu scuro ed impugnando il proprio tridente dorato, non aveva ancora proferito parola fino al momento in cui, perentorio, interruppe bruscamente il fratello Hades.

«Dio degli inferi, frena la tua lingua biforcuta! Nostra nipote non sta insinuando nulla come ti ha detto ed inoltre, come appena affermato, non intende dibattere con noi quest’oggi delle tue presunte o non presunte armate. Ciò che chiede è tutta un’altra cosa ed io, parlando in totale sincerità, non mi sento di volerla contrariare. Noi divinità abbiamo i nostri Santi mentre Athena non ne ha nessuno ed il fatto che abbia deciso di trascorrere parte della sua esistenza sulla Terra e tra i mortali non deve implicare necessariamente che debba rinunciare a questo diritto. Io sono il Dio dei sette mari e per difendere le colonne che li reggono ho avuto la necessità di avere sette Generali sotto il mio comando. Athena chiede di farsi carico di qualcosa di cui nessuno di noi, sin dalle ere più antiche, ha mai pensato di fare ovvero il patrocinio della razza umana la quale, nel suo essere, è una moltitudine. Quindi perché negare ad Athena ciò che chiede?»

Ares insieme ad Efesto, Dioniso ed ad Hermes batterono timidamente le mani in segno di approvazione nei confronti di quanto appena concluso da Poseidone, altri Dei al contrario trattennero lo sdegno, il padre Zeus con la fronte ancora più corrucciata non pareva ancora intenzionato ad esprimere il proprio giudizio.

Nella sala si poteva ora udire un brusio di fondo dettato dal parlottare degli Dei presenti i quali, dopo l’arringa del Dio dei mari e la chiara presa di posizione in un senso o nell’altro di alcuni loro pari, si scambiavano reciprocamente pareri ed umori.

«E’scandaloso!»: con queste parole Afrodite irruppe tra il vociare che mano a mano stava salendo di tono.

«Athena ha voluto lasciare l’Olimpo e vuole vivere da mortale tra i mortali. Va benissimo, che conduca la propria esistenza come preferisce, noi non sentiremo certo la sua mancanza. Detto ciò io sostengo che chi abbandona la propria casa abbandoni anche le sue regole e soprattutto i suoi privilegi».

Afrodite, che somigliava incredibilmente alla sorella Athena ma con dei lineamenti e delle curve che, se possibile, erano ancora più sensuali ed al contempo eleganti, mosse alcuni passi in direzione del centro della sala rivolgendosi prima ad Athena e poi, quasi in una supplica ma con un tono di voce fermo e deciso, verso tutte le divinità presenti. Avvolta in una veste di un bianco quasi accecante, camminava scalza e con passo leggiadro sopra la ricca pavimentazione del salone ammaliando attraverso i suoi movimenti e le sue forme, che la seta del suo abito lasciava ampiamente intravedere, i partecipanti alla santa riunione.

«Hai voluto scendere tra i mortali e ora vuoi farne dei Santi?» disse ad Athena sorridendole sarcasticamente.

«Poseidone rivedi la tua posizione, Hades per quel che mi riguarda sei nel giusto, padre Zeus attendiamo il tuo verbo per chiudere definitivamente questa fastidiosa questione» concluse Afrodite riprendendo posto accanto ad Apollo il quale, con le braccia incrociate, non si era di fatto mai mosso dalla sua postazione originale.

Sul finire dell’arringa di Afrodite, Zeus stava ascoltando ciò che la moglie Era gli stava suggerendo all’orecchio; dopodiché finalmente il padre degli Dei levò la propria mano da sotto il mento e irrigidendo la schiena assunse una posizione fiera ed imponente.

Guardando negli occhi uno ad uno tutte le divinità presenti innanzi a lui proferì le seguenti parole:

- Dei tutti, ho ascoltato con attenzione le vostre parole ed è chiaro che siamo davanti ad un conflitto di idee che non può portare a nulla di buono. Alcuni di voi ritengono che Athena, avendo scelto di abbandonare l’Olimpo, non abbia diritto ad avere dei Santi al suo servizio che perseguano i suoi scopi o, come lei stessa sostiene, che difendano gli uomini ed il loro mondo, altri al contrario sottolineano la comunque divina natura della Dea della giustizia e per tanto ritengono che anch’ella possa godere dei diritti riservati a noi che abitiamo ancora questi luoghi celesti. Tralasciando quello che possa essere o non essere il nostro interesse nei confronti della razza umana, ritengo che il fulcro di questa spinosa questione sia essenzialmente quello di decretare se Athena possa avere questi Santi pur decidendo di vivere sulla Terra.

A questo punto Zeus si rivolse direttamente ad Athena:

- Figlia mia, non potendo decidere per te del tuo destino o parlando più semplicemente da padre che vorrebbe gioire della presenza della propria figlia al suo fianco, intendo metterti davanti ad una scelta.

Zeus fece una pausa raccogliendo le idee e cercando di donare ad esse la forma più chiara possibile.

«Puoi tornare a vivere sull’Olimpo portando con te i tuoi tre cavalieri che a loro volta saranno al tuo servizio e potranno per tanto diventare ufficialmente i tuoi Santi ed avere l’immenso privilegio di camminare tra gli Dei oppure perseverare nella tua folle scelta di vivere lontano dall’Olimpo e superare una prova».

«Di quale prova stai parlando divino Zeus» chiese a gran voce Hermes dal fondo del salone.

«Athena dovrà fare ritorno oggi stesso sulla Terra ed avrà sette anni di tempo per costituire il suo piccolo esercito di cavalieri che dovrà essere composto al massimo da tredici unità. Trascorso questo lasso di tempo, a sette anni esatti da oggi, mia figlia dovrà ritornare tra noi mentre i suoi uomini avranno l’arduo incarico di giungere sin qui scalando il difficile percorso che conduce sino a questo palazzo e che normalmente è precluso ed invisibile ai comuni mortali; lungo la scalata dovranno incontrare e sfidare un paladino a testa di ciascuno di noi presenti oggi. Quanti più cavalieri di Athena riusciranno a giungere in questa stanza da vincitori, quanti saranno ad essere da me personalmente nominati santi di Athena.»

«Questa è follia» sbottò il Dio Hades battendo il pugno sul bracciolo del suo trono.

«Un’assurdità» incalzò Afrodite mentre Poseidone era intento a fare da paciere agitando vistosamente le braccia in segno di mantenere la calma.

Athena era ancora in piedi al centro della sala.

Tra la ressa che si stava scatenando la voce tuonante di Zeus rintonò come il fragore del primo fulmine nel cuore di una notte silenziosa scossa dall’abbattersi di un temporale estivo.

«Athena, qual è la tua scelta»?

La giovane dopo un primo attimo di esitazione dovuto all’attesa di avere nuovamente silenzio intorno a sé, inspirò profondamente ed incrociò fermamente lo sguardo con quello del padre.

«Non ho dubbi, farò rientro oggi stesso sulla Terra! Ti ringrazio, padre, per questa avermi concesso questa opportunità».

Athena, dopo aver salutato Zeus, i suoi fratelli ed Era, aveva loro già voltato le spalle e stava iniziando a ripercorrere la navata centrale del salone in direzione del grande portone di legno tra le grida di alcuni e gli applausi di altri.

Incrociando lo sguardo di sua sorella Afrodite, la quale la stava osservando con odio, Athena si lasciò scappare un sorriso malizioso che le fu ricambiato dal fratello Hermes il quale la stava già attendendo vicino all’uscita per accompagnarla fuori.

Zeus si era già alzato dal trono e, con Era al proprio fianco, si stava incamminando a sua volta verso le stanze private della coppia, Poseidone era invece ancora seduto con fare pensieroso, Afrodite era già accorsa verso Apollo lamentandosi a gran voce, Ares ed Efesto infine inneggiavano felici ad una nuova battaglia chiamando a loro Dioniso per avere una coppa di vino per festeggiare.

Hades, tiratissimo in viso, stava covando rabbia.

Quest’ultimo, sotto gli occhi del fratello Poseidone che gli sedeva accanto a distanza di pochi passi e di tutti gli altri presenti, scattò non riuscendo più a trattenere l’ira; raggiunta Athena la afferrò con veemenza per un braccio e strattonandola e fissandola negli occhi con odio le disse digrignando i denti:

- Non finirà bene per te questa storia, ragazzina!

Con tutta la tranquillità del mondo la Dea Athena rispose con grazia:

- Vedremo Hades, vedremo…

Hermes prese per mano la sorella intimando con lo sguardo al Dio degli inferi che la questione, almeno per il momento, non doveva andare avanti. Hades liberò la presa dal braccio di Athena la quale, voltandogli le spalle, si lasciò accompagnare al di fuori dalla sala ora quasi in subbuglio.

«Tu sei pazza sorella, lascia che te lo dica» le sussurrò sotto voce Hermes.

«Forse è vero ciò che dici ma il destino degli uomini mi è troppo caro e per loro sono disposta a rischiare tutto, anche me stessa se necessario».

Giunti insieme sino alla grande scalinata, Hermes guardò per un’ultima volta Athena ed abbracciandola le disse con preoccupazione:

- Presta molta attenzione sorella, attenderò personalmente i tuoi cavalieri ai piedi dell’Olimpo tra sette anni esatti a partire da oggi. Nel frattempo non escludo di venire in incognito a vedere come te la cavi.

Athena restituì l’abbraccio al fratello e, ricambiando il suo affetto più con i gesti che con le parole, si congedò da Hermes e dall’intero regno degli Dei.