CAPITOLO XXIII
Gordias, Hermos, Ofiuco, Costa, Alexandros, Chrysante, Heliodoros e Demetrios guidati da Theodote che tra tutti era il solo a conoscere esattamente la via da percorrere per giungere alla destinazione finale, avvistarono il famigerato frutteto in una tiepida mattina di marzo.
Ad attenderli non vi erano né Patros né la Dea Athena ma un ragazzino dallo sguardo sfrontato e la chioma rossa come una fiamma.
Quest’ultimo, vedendo il gruppo discendere dal colle in direzione di Maratona, rimase in un primo momento nascosto tra gli alberi, poi, identificando alcuni elementi della compagnia uscì allo scoperto sbracciandosi per attirare la loro attenzione.
La prima a riconoscerlo, anche se incredibilmente ripulito rispetto all’ultima occasione in cui aveva avuto a che fare con lui, fu Ofiuco che correndo a perdifiato giù per il pendio si precipitò ad abbracciarlo:
- Vasianos sei arrivato anche tu sin qui!
L’ex capo della banda di piccoli delinquenti di Ioannina strinse forte l’amica ritrovata ed il di lei fratello che si unì all’abbraccio un attimo dopo. Raccontò di essere giunto in quel luogo circa all’inizio dell’anno senza incontrare particolari problemi grazie alle indicazioni che Atthia gli aveva dato, rassicurò tutti sullo stato di salute di tutti gli altri bambini e con grande entusiasmo parlò quasi sino a perdere il fiato di Athena, di Patros il cavaliere dell’unicorno, di un altro bambino di nome Kallistratos che abitava con loro e la madre in una fattoria non molto lontana da lì e di come, dal momento del suo arrivo, si fosse costantemente e fiduciosamente fatto carico di recitare il ruolo della vedetta in attesa di poterli finalmente riabbracciare.
Circa nello stesso momento in Olimpo il Dio Hermes era impegnato in una discussione con il proprio Santo appena fuori dall’ingresso principale del palazzo di Zeus dal quale un’ancella ne uscì con passo rapido e leggero.
La giovane si avvicinò alla coppia accompagnando la propria venuta con un inchino reverenziale:
- Divino Hermes, messaggero degli Dei, vogliate perdonare la mia intromissione nei vostri dibattiti con il fido Petro ma Zeus in persona richiede la vostra presenza nella sala del trono.
Tale richiesta di udienza non poteva naturalmente essere discussa né tantomeno si poteva far attendere il Re di tutti gli Dei. Per tanto Hermes si congedò da Petro seguendo l’ancella che lo scortò sino a quando non fu al cospetto del padre.
«Divino padre Zeus, il tuo fido servitore è qui come hai richiesto. Impartiscimi i tuoi ordini e saranno come sempre eseguiti con perizia» disse Hermes prostrandosi innanzi al Dio del fulmine.
Zeus, affiancato come abitudine dalla moglie Era, non indugiò nello spiegare al figlio il motivo per il quale lo aveva fatto convocare:
- Nel caso in cui te lo fossi chiesto, sappi che ti ho voluto vedere perché so che tra tutti gli Olimpici sei sempre il più informato dei fatti e, per l’appunto, ci sono alcuni accadimenti giunti al mio orecchio che voglio approfondire. Come ben ricorderai al tempo della riunione avvenuta in questa stessa sala avevo esplicitamente stabilito che nessuna divinità o nessun Santo ad essa fedele sarebbe dovuto intervenire a favore o contro gli uomini di tua sorella Athena sino al giorno in cui essi si presenteranno ai piedi dell’Olimpo per tentare di conquistare, a costo della loro stessa vita, il diritto di potersi incensare del titolo di Santo della Dea della giustizia. Sappi che già nel momento stesso in cui diedi quest’ordine sapevo che qualcuno di voi non avrebbe saputo resistere alla tentazione di mettere o far mettere il bastone tra le ruote agli uomini di Athena; so con certezza che qualcuno ha tentato in più di un’occasione di mettere fine alla loro brama di gloria come so con altrettanta certezza che Petro, e non credo per sua spontanea iniziativa, abbia dato loro un aiutino in almeno un paio di occasioni.
Hermes abbozzò un tentativo di protesta a metà tra il voler negare quanto appena affermato dal padre e il volersi giustificare.
Zeus tagliò sul nascere le parole del proprio messaggero proseguendo da dove era stato interrotto:
- Non abusare della mia pazienza! Come ti ho appena spiegato questa era una cosa che avevo già messo in conto; quindi non intendo né indagare più di tanto né punire nessuno per avere in fin dei conti e di fatto disubbidito al mio volere. Ciò che in verità mi ha davvero infastidito e preoccupato è stato il sapere che qualcuno abbia addirittura osato ordire un attentato alla stessa Athena.
«Non ne sapevo nulla» commentò Hermes.
«Non interrompermi!!!» tuonò Zeus battendo il pugno destro sul bracciolo del trono ed alzando di molto il tono della voce.
Hermes, sorpreso per l’improvviso scatto d’ira del padre, abbassò lo sguardo al suolo e promise a se stesso non aprire più bocca. Pensò che evidentemente anche se il monologo del padre era iniziato con toni blandi, il Re degli Dei doveva già essere piuttosto in collera per l’accaduto ancor prima del suo arrivo; se lo conosceva a sufficienza, poteva essere abbastanza certo che in cuor suo il padre aveva già dei fondati sospetti che lo avevano reso facilmente alterabile e che, qualunque piega avesse preso il discorso, non gli avrebbe svelato.
Zeus inspirò a narici aperte per ritrovare la compostezza e la calma che si confacevano al suo rango, poi concluse quanto doveva riferire al divino messaggero:
- La vita di mia figlia è stata messa in pericolo e questo è per me un fatto tanto inaccettabile quanto imperdonabile! Esigo saperne di più ed arrivare in fondo alla questione! Porta con te Petro e scendete sulla Terra, recatevi presso il luogo dove ha preso dimora tua sorella e ricava quante più informazioni riuscirai a strapparle di bocca. Dico "strappare di bocca" perché, come anche tu ben sai, Athena non è persona che, se non inequivocabilmente certa di qualcosa, accuserebbe un Dio suo pari senza prove tangibili da esibire. In ogni caso fai del tuo meglio e fai rapporto direttamente a me appena sarai di ritorno. Ora puoi andare!
Hermes chinò il capo in segno di assenso e si allontanò senza tradire emozioni.
Quando Hermes fu uscito dalla sala, Zeus si rivolse infine alla moglie Era che per tutta la durata del colloquio avuto con Hermes era rimasta in silenzio ed in disparte alla spalle del marito:
- Tu di tutta questa faccenda non ne sai proprio nulla, vero?
Era, pallida in viso, deglutì e profuse ogni sua energia nel tentativo di risultare il più disinteressata possibile.
«Ovviamente no, mio caro» fu la secca risposta che non convinse affatto il sospettoso marito.