Inno a Pegaso
Muse che eterne sull’Elicona
dimorate, prestatemi il canto
divino e d’alloro una corona
per celebrar di Perseo il vanto
e di Bellerofonte divino, 5
Pegaso grande alato destriero.
Poseidon soleva amar Medusa,
e cavallo indomito ed altero
a lei compariva e gran paura
incuteva a tutte le Gorgoni, 10
ma sol colei al solito usa
a rendere pietra con lo sguardo
egli desiderava, ardente
e bramoso di lunghe passioni.
Di lui Medusa fu alfin feconda 15
e per lungo tempo all’Occidente
estremo del mondo si nascose.
Venne Perseo e senza riguardo
eluso il suo sguardo e il suo potere
d’un colpo il capo a lei recise. 20
L’eroe senza indugio la sua testa
rapido ripose nella sacca
tolta alle ninfe Stige, e l’elmo
levò d’Ade, lo scudo ripose,
saggio dono di Pallade Atena, 25
foriero d’inganno alla Gorgone:
vista non visto dandole schiena
di lei temibile ebbe ragione.
Ecco allora compiersi il prodigio,
l’eroe senza motto, esterrefatto 30
dal collo grondante vide uscire
fiero e maestoso destriero fatto,
stirpe divina di quelle spire,
di Poseidon che scuote la terra.
L’eroe l’ammirò in quel cielo grigio 35
levarsi in tutta la sua fierezza
aprendo l’ali al docile vento.
Stupì Perseo tale bellezza
e per tornare fu assai contento
di cavalcare simil destriero. 40
Subito piacque alla saggia Atena
anche se prole del dio del mare
che l’avversò per aver Atene,
e di Medusa sguardo di pietra
che molte sorti rese più amare. 45
Pensier le venne allor alla mente
di far di lui compagno d’eroi
cavalcatura fiera e possente
d’ogni guerrier di stirpe divina.
Che benefico pure ai mortali 50
stimò ella dovesse esser poi
e nell’avvenir prefigurava
un uomo che a lui si consacrasse
e Pegaso aprendo le sue ali
limpide e splendenti lo portasse 55
dalla bianca vetta dell’Olimpo
ai neri e tristi campi dell’Ade.
Giunse in Ellade fiero e maestoso
docile calando in Elicona,
e d’una zampata sua potente 60
zampillò Ippocrene sul monte,
alle Muse placida sorgente.
Sul sacro Olimpo, a Zeus Tonante
fiero si mostrò come il cavallo
che abbia spezzato la cavezza 65
e libero giù nel verde vallo
si lancia e nei ridenti prati
scuotendo la bianca sua criniera
e lieto sbuffando il caldo fiato.
Ma al Cronide Zeus chinò la fronte 70
e devoto si fece latore
di fulmini e folgori divini
a lungo onorando con fervore
il giusto e onorevole servaggio.
Giacché il corinzio Bellerofonte 75
bramava farlo suo, Atena
da Nike ispirata un briglia
dorata donò allora all’eroe.
Il figlio di Glauco ossequioso,
destando in ognuno meraviglia 80
riuscì a domarlo e allor bellicoso
incontro si mosse alla Chimera.
Bellerofonte mandato a morte,
prima da re Preto a ciò spronato
da Antea che respinta vista s’era, 85
poi dal tardo ad ubbidir Iobato,
volse a suo favor l’iniqua sorte.
Il pio sovrano della Licia
d’uccider aveva a lui imposto
l’orrida creatura proteiforme. 90
Di quel mostro il fiato funesto
e la vampa di fiamma e di fuoco
temevano uomini ed eroi.
Ma fu dal cielo calando lesto
in groppa a Pegaso suo destriero 95
che Bellerofonte la Chimera
vinse col suo stesso fuoco nero.
Nelle fauci la lancia possente
conficcò e la punta di piombo
sciogliendosi subito alla fiamma 100
nella gola aperta fuse a fondo
uccidendo il mostro multiforme.
Il destriero prole di Poseidon
e l’eroico figlio di Corinto
eccelse imprese insieme volando 105
ebbero d’allora in successione.
Ma la mala dei mortali brama,
che volge le volubili menti
avide spesso di gloria e fama,
nell’animo del figlio di Glauco 110
s’era accesa, violenta passione.
Ardì tentare quel che le genti
dalle notti di tempi remoti
anelano stolte in fondo al cuore:
volare verso il monte divino 115
violar l’Olimpo e veder gli dei,
e dee e ninfe e immortali eroi.
All’empia impresa Pegaso spinse
che indugiando lo zoccolo duro
puntò nell’erba e un nitrito diede 120
quasi presago di un Fato oscuro.
Un’ultima volta le sue ali
aprì al cielo in favor di colui
che sì caro era stato ad Atena.
Ma a punir quell’empio s’apprestava 125
già Zeus tra pensieri cupi e bui.
Non poteva Pegaso né volle
portar con sé al monte quella soma
d’eroe glorioso fattosi folle:
per volontà divina e sua 130
disarcionato fu presso al monte.
La vita ebbe salva il cavaliere
che in tante imprese s’era distinto
ma l’amico Pegaso fidato
era irraggiungibile e perduto 135
che troppo in là l’aveva sospinto.
Tristezza n’ebbe la saggia Atena
quando Pegaso venne a lei solo,
vuoto il dorso, andatura mesta
rimuginando un’intima pena. 140
Ahi mortali che la tracotanza
porta sovente a triste destino,
eroi che già celebrati in festa
con un funesto giro di danza
conduce via il Fato a capo chino. 145
Pallade così pensava muta
ma proprio allora brillò una luce
negli occhi suoi e chiara certezza:
non alla propria misera sorte
ella avrebbe lasciato i mortali, 150
di virtù ricolmi e di stoltezza.
E Pegaso d’uman colpo nato
non più a portare di Zeus gli strali
l’inclito passo avrebbe condotto.
Fiero galoppando al firmamento 155
nuovi eroi avrebbe egli innalzato,
come Perseo al ciel destinati.
E un giovane bello e bruno vide
agli astri di Pegaso votato
indomo avanzar con una schiera, 160
scintillante in argentee e dorate
armature da un dio forgiate,
valenti uomini a lei devoti.
Un nitrito allor mandò d’assenso
sulle zampe levandosi austero 165
scuotendo maestoso la criniera,
e squassando l’aria con le ali
Pegaso consacrato destriero,
occhio vivace nell’occhio azzurro
di Atena, Pegaso via e guida, 170
Pegaso purosangue divino
che conduce gli eroi alle stelle.