VI

Nella grande sala del Tempio, sulla sommità del Santuario, numerosi cavalieri erano in reverente attesa che la dea terminasse loro di esporre la drammatica situazione che si stava profilando. Le torce ardevano rumorose presso l’altare della dea e il loro tremolio creava giochi di luce sulle corazze dorate e d’argento che erano lì riunite e scintillavano addosso ai loro fieri possessori.

"E così ha inizio. La tempesta si abbatterà sul Santuario." Nonostante la tensione fosse palpabile, la dea non tradiva alcuna emozione, i suoi occhi verdi color del mare sembravano voler abbracciare e infondere sicurezza ai cavalieri che le stavano di fronte e che, lei lo sapeva, non avrebbero fallito nel loro compito, come non avevano fallito i loro predecessori.

"Mia signora" fece Policrate dopo un istante di esitazione "voi dite che il Signore degli Inferi ci colpirà qui al Santuario, ma come potrà egli farlo se solitamente non abbandona mai l’Ade?" A solo sentire quella parola qualcuno dei cavalieri più giovani fu scosso da un brivido.

"Non lo abbandonerà infatti. Si è incarnato in un uomo mortale che ne ospiterà lo spirito."

Un mormorio di sorpresa si levò dall’uditorio. "Volete dunque dire che Egli farà la medesima scelta che fu vostra?" chiese Archita.

Atena annuì: "Per questo vi invito a vigilare, non sappiamo come e quando egli farà la sua comparsa. Sarà il suo cosmo a renderlo palese, anche se credo che saprà mascherarsi molto bene prima di attaccarci formalmente. Tuttavia prima di lui ci colpiranno i suoi numerosi e temibili servitori, i 108 Spettri di Ade."

"Un elevato numero di nemici." disse Astylos soppesando le parole, mentre un altro mormorio si levava. Poi rivolto ai compagni e ai cavalieri più giovani che stavano più indietro disse con ardore: "Tuttavia non ci faremo impressionare da tale numero, non è vero? Siamo Cavalieri di Atena! Già in passato abbiamo dovuto confrontarci con nemici agguerriti in battaglia o che ci soverchiavano nel numero, il nostro valore non vacillerà. Dico bene amici?" I Cavalieri d’Oro annuirono convinti, imitati presto da tutti gli altri.

"Ti ringrazio per le tue parole, prode Astylos" disse Atena "Per quanto riguarda il luogo dal quale la minaccia giungerà posso solo dirvi che ciò avverrà presso uno degli ingressi al regno delle tenebre. Ingressi che, come ben sapete, sono più d’uno sotto le stelle."

Fu allora Kyriakos, uno dei più maturi tra i cavalieri, reso cauto e riflessivo dalle lunghe battaglie passate, rientrato la mattina precedente da Eleusi, a prendere la parola: "Come ben sapete, la tradizione e il mito collocano porte per il regno dei morti in luoghi molto diversi e molto distanti tra loro. Come potremo noi indovinare con esattezza il luogo? Più volte, in questi due giorni, io e Plistene abbiamo cercato di percepire dove l’entità maligna del signore degli inferi si concentrasse maggiormente, purtroppo senza esito alcuno."

Poco più in là, un cavaliere dall’incarnato chiaro e dai lineamenti delicati, che appariva molto stanco sia a livello fisico sia mentale, come capita a chi sostiene un grande sforzo psichico, prese la parola: "Il mio maestro dice il vero. Abbiamo sondato per ore le Porte della Notte, espandendo quasi al massimo la nostra capacità di concentrazione, ma non abbiamo percepito la presenza che cercavamo. Essa si nasconde. Sembra che Egli voglia farsi percepire solo da voi, mia signora."

"Sono io il suo principale ostacolo e il suo obiettivo primario." disse la dea con naturalezza.

"Tuttavia, qualcosa abbiamo trovato." concluse Plistene.

"Parla dunque, mio saggio Plistene."

"Abbiamo avvertito chiaramente l’adunarsi di una moltitudine di cosmi oscuri, sentore dei servitori del nemico."

"Gli Spettri…" mormorò Policrate. Poi con tono più deciso: "E dove li avete percepiti?"

A rispondere stavolta fu Kyriakos. "In quattro luoghi distinti. Luoghi distanti da Atene, come se il nemico volesse muovere verso il Santuario partendo da molto lontano."

"Ma ciò non ha alcun senso." intervenne Astylos "Il nemico si dev’essere pur confrontato con Ares e dovrebbe quindi sapere che non è conveniente muovere verso di noi da così lontano. A meno che non voglia costringerci a disperderci per lasciare indifesa Atene e la dea."

Astylos alzò lo sguardo verso Atena, che ricambiò prima di pronunciarsi. Le sue parole erano colme di dolore e preoccupazione: "La tua paura, nobile Astylos, sarebbe giustificata se l’obiettivo di Ade fossi solo io, se Egli mirasse alla sola distruzione del Santuario. Purtroppo così non è. Egli sa che l’unico modo per fare uscire allo scoperto tanto me quanto voi è far sì appunto che i miei cavalieri siano costretti a muoversi verso di lui. E quando questo dovesse accadere, ecco che egli scatenerebbe parte delle sue nere armate contro il Santuario, sempre che non voglia venir qui di persona."

Fu la volta di Alcmene di prendere la parola: "Se le cose stanno così, attendiamolo. Egli mira a vibrare il colpo nei pressi dell’Altura delle Stelle? Ebbene, noi saremo qui ad attenderlo."

Policrate scosse la testa: "Temo ci sia dell’altro. Sbaglio, mia signora?"

Atena attese un istante prima di rispendere: "Ade sa che mai permetterei che venisse perpetrata una guerra anche a coloro che non sono direttamente coinvolti in questa disputa tra divinità, che la battaglia coinvolgesse quanti dimorano sotto le stelle. Ma il frutto del suo abominio è proprio questo, egli vuole muovere guerra non solo ad Atena e ai suoi Cavalieri, ma all’umanità tutta pur di costringermi ad intervenire per far sì che morte i distruzione non si abbattano sulle terre di Grecia e chissà dove."

"Non è possibile!" sbottò Callimaco. "Come può essere ignobile al punto da arrivare a tanto?"

"Placati mio allievo." gli intimò Policrate.

Con più pacatezza intervenne Archita: "Una divinità non dovrebbe arrivare a tanto, rivelandosi assieme al suo nero esercito tra gli uomini per seminare terrore e morte."

"Non è necessario che lo faccia in prima persona o che mandi i suoi servitori" fece Atena "egli ha molti modi per manifestarsi in modo nefasto sulla terra. Può far scendere una tenebra di morte che renda la notte ancora più buia per rapire quanti vi si imbattano, può generare pestilenze, scatenare le oscure forze della Terra sotto forma di terremoti, eruzioni e quant’altro. Per questo dobbiamo affrontarlo senza esitazione, per evitare che le vite di migliaia di persone siamo messe in pericolo."

Il pensiero dei cavalieri tutti andò alle loro rispettive regioni di origine, alle città dove dimoravano i loro cari.

"E come dite che dovremmo agire dunque?" disse questa volta con tono pacato Callimaco, dando voce a quella che era la domanda di tutti.

"Mia dea, compagni." disse Kyriakos con gravezza "Lasciate che prima vi dica in quali luoghi io e Plistene abbiamo avvertito l’adunarsi delle oscure forze del nemico. Abbiamo percepito un’aura negativa in una zona nota come le Meteore, nella regione della Tessaglia, un’altra nella penisola di Mani, in Laconia, e sull’isola di Limnos, nel nord dell’Egeo."

"Avevi detto che i luoghi erano quattro." intervenne Anassilao.

Kyriakos ebbe un’esitazione, alzò lo sguardo verso Archita e disse senza scomporsi: "Il quarto luogo è l’isola di Thera."

Archita, solitamente freddo e controllato, ebbe un sussulto. "Thera, la mia patria! Le truppe di Ade potrebbero dunque irrompere a casa mia, proprio nei luoghi dove sono cresciuto." Alcmene, che gli era vicino, pose una mano sulla sua spalla, come a condividerne stupore e preoccupazione.

"Vi ringrazio, Kyriakos e Plistene" disse Atena con riverenza "per lo sforzo sostenuto nell’individuare il nemico. Ora sappiamo chi per primo dovrà guardarsi dagli Spettri.

Fu allora Policrate a prendere la parola: "Si tratta, a quanto mi è dato sapere, di luoghi che hanno a che fare con il sottosuolo, dove si aprono fenditure o grotte o lunghe gole incassate tra i monti, dove il fuoco che avvampa nelle profondità della terra talvolta giunge fino in superficie. E credo ci sia di più. Vogliate attendere un attimo." Policrate sparì dietro un tendaggio e quando riapparve teneva in mano una pinax dipinta con il vasto oceano che abbracciava tutte le terre conosciute dai figli dell’Ellade. Avvicinandosi alla dea e indicando i luoghi man mano che li nominava disse: "Come avevo intuito. Sembra proprio che Atene sia pressoché al centro rispetto a questi ipotetici punti di partenza." Rivolto dunque alla dea: "Mia signora, si tratta ora di decidere come muoverci."

I cavalieri annuirono gravi. Fu Plistene il primo a rompere quel pesante silenzio, mentre si udiva soltanto il crepitio delle torce. "Credo che vi siano ben poche alternative. Ci dovremo dividere in gruppi. Ma chi non dovesse trovare nemici ad accoglierlo o chi li sbaragliasse in fretta dovrebbe tornare a presidiare il Santuario."

"Questo è fuor di dubbio, Plistene." disse il gran sacerdote, poi rivolto alla dea "Mia signora, credo che sia assai utile che siate voi a stabilire chi dovrà muoversi assieme. Se posso però darvi un consiglio, farei in modo che almeno un paio dei Cavalieri d’Oro restino al vostro fianco, mandando con gli altri anche alcuni dei Cavalieri d’Argento."

Policrate non aveva finito di parlare che dall’ultima fila un cavaliere scattò in piedi e disse a gran voce: "E noi Cavalieri di Bronzo? Dovremo restarcene qui al Santuario quando fuori infuria la lotta?" Mentre parlava il giovane stringeva i pugni con rabbia "Pure siamo pronti a combattere, permetteteci di partire con gli altri."

Il grande sacerdote lanciò un’occhiata di riprovazione al giovane e lo apostrofò così: "Dovresti essere ben felice di restare qui, a proteggere da vicino la tua dea. Non è forse anche questo un compito di grande prestigio per un suo devoto? E non è forse più saggio mandare in battaglia i cavalieri più esperti?"

"Certo che proteggere la dea è un compito di grande prestigio, ma non vedo perché noi Cavalieri di Bronzo dovremmo essere lasciati qui. Se non ci permettete di fare esperienza sul campo come potremmo mai prepararci alle battaglie più dure?" continuò con trasporto.

"Può essere benissimo che l’esperienza voi la possiate provare proprio presso queste mura, se il nemico decide di assalire il Santuario." fu la risposta "Anche se gradirei che ciò non accadesse. Ad ogni modo se l’attacco arrivasse stai certo che avrai la tua occasione."

"E se l’occasione non arrivasse, sommo sacerdote?" argomentò il ragazzo con tono perplesso.

"Adesso basta, Pegasios!" Astylos si era levato in piedi e con un’occhiata aveva fulminato il giovane. "Come ti permetti di discutere le decisioni del sommo sacerdote? Credi che sia questo un comportamento degno di un cavaliere? Abbiamo delle decisioni importanti e urgenti da prendere, cosa ti fa pensare che ci sia il tempo di stare ad ascoltare le tue lagnanze?"

Pegasios abbassò i pugni: "Perdonate, maestro. Non era mia intenzione, è solo che…"

"Ora siediti. E ascolta e rifletti." disse Astylos. "Ma prima porgi le tue scuse al sommo Policrate."

Prima che Pegasios potesse parlare fu tuttavia Atena ad intervenire: "Astylos, non essere così duro con il tuo allievo. E’ giovane, irruente, ma il suo intervento era mosso da devozione e buone intenzioni. Non mortificarlo troppo." E rivolta a Pegasios: "Mio fedele cavaliere, vedrai che il tuo momento arriverà e che saprai farti onore. Ora però attendi quel che sarà e cerca di far sì che il tuo cuore si muova di pari passo con la tua mente, come ti ha suggerito il tuo maestro. Percepisco una grande forza in te. Imparerai a farne buon uso."

Pegasios si inginocchiò e chinando il capo disse: "Vi ringrazio, Atena, mia magnanima dea. E voi, sommo sacerdote, e voi nobile maestro, perdonate la mia irruenza."

Policrate annuì. Poi rivolto ai cavalieri, mentre leggeva degli appunti che aveva fissato su un frammento di pinax, continuò. "Ebbene, ecco come vi muoverete. Tu Kyriakos, assieme a Pelopida e Pisandro prenderai la via che conduce alla Meteore. Archita e Anassilao si recheranno a Thera. Astylos, tu e Archelao raggiungerete la penisola di Mani. Plistene, Callimaco e Lisandro faranno vela verso Limnos. Con me, a presidiare il Santuario, resteranno Alcmene e Clearco. Ognuno di voi porti con sé, se lo desidera, i propri allievi scelti tra i cavalieri d’argento. Ad ogni modo Metoneo, Elettra, Miklos, Yanni e Pegasios dovranno restare al Santuario. Rapidità di spostamento, scrupolosa attenzione e decisione nell’azione siano i vostri punti fermi. Sappiate però valutare bene il pericolo; individuatolo, adoperatevi a farlo cessare. Diversamente fate ritorno al Santuario il più presto possibile." Fece una pausa "E soprattutto, prudenza."

Atena scese allora i pochi gradini che la separavano dai suoi cavalieri e disse: "Ripongo in ognuno di voi la massima fiducia, so che non deluderete me, così come non deluderete i vostri compagni e tutte le persone che avete care. Ricordate che combattete questa guerra sacra non tanto e non esclusivamente per il Santuario o per la vostra dea, ma per il bene del genere umano e di quanti amate. Fate che le vostre azioni non permettano ad Ade e ai suoi Spettri di espandere sull’ecumene il terrore delle loro tenebre. Andate ora. Ricordate di aver cara la vita dei vostri compagni, oltre la vostra, e di non esporvi inutilmente al rischio."

Il cosmo della dea, ampio e rasserenante, si diffuse nella sala: "Per Atena e per la giustizia." gridarono numerose voci all’unisono.

Pegasios guardava crucciato Archelao e non osava dire nulla, ma si leggeva sul suo volto una profonda delusione. Fu l’amico che trovò il coraggio di parlare.

"So quanto vorresti poterti unire a me e al maestro, ma pazienta. Vedrai, il momento di scendere in campo arriverà anche per te."

Pegasios, cui il rimprovero subito al Tempio pesava ancora, disse con mestizia: "Sì, potrebbe arrivare, ma mi pesa di più il sentirmi inutile, qui al Santuario, che non poter seguire te e il maestro."

"E chi ha mai detto che qui sarai inutile?" echeggiò la voce autorevole e profonda di Astylos "Pegasios, ora tutto ciò può sembrarti un peso, l’essere lontano dalla battaglia può essere odioso e insopportabile. Ricorda però che le guerre sacre hanno sempre richiesto un alto tributo da parte dei cavalieri di Atena." Un’ombra passò sui volti di Archelao e Pegasios, quindi Astylos addolcì il tono. "L’ora della battaglia suona per tutti prima o poi, che lo si voglia o meno. E potrà accadere che rimpiangerete la quiete di questi momenti. Non sempre si può godere di un pacifico tramonto come questo e annusare l’aria fresca della sera. Ora però auguriamoci l’un l’altro buona fortuna, che Atena e gli Olimpici ci siano propizi."

Così dicendo Astylos pose le mani sulle spalle dei suoi allievi, mentre una brezza che arrivava dal mare carezzava i loro volti.

Callimaco si stava già avviando assieme ai compagni, ma volle fermarsi un attimo a salutare l’amico fraterno Archelao e il suo maestro. Molte mani si strinsero, molti sguardi si incrociarono, poche parole furono proferite.

Poco più in là i gemelli Lisandro e Pisandro stavano l’uno di fronte all’altro; il sole faceva scintillare le loro armature e le loro chiome dorate.

"Fratello, stai in guardia." diceva Lisandro.

"Tranquillo" replicò Pisandro con la consueta giovialità "anzi bada che non sia io a doverti venire a cavare d’impaccio."

"Ho capito, eroico Pisandro, correrò come il vento quando si tratterà di combattere al tuo fianco, non sia mai che lasci a te tutta la gloria." rispose con scherno l’altro.

"E sia, ma stai attento anche tu."

I due si abbracciarono con forza prima di salutarsi e separarsi.

Poco dopo quattro gruppi di cavalieri si allontanavano in direzioni diverse con la massima rapidità, mentre altri, speranzosi, li seguivano con lo sguardo dalla sommità del colle, ai piedi della statua della dea.