XIX

 

Policrate guardava con un misto di stupore e timore la figura che si era da poco rivelata. Possibile che quell’uomo dal viso sereno e dagli occhi chiari, con i lineamenti delicati, i capelli ben curati e in ordine che ricadevano sulle spalle potesse essere proprio il dio degli Inferi? Talvolta era dipinto sui crateri rituali o nelle raffigurazioni fittili ma solitamente gli venivano attribuite fattezze non propriamente eleganti e ad ogni modo, nell’immaginario comune, il dio degli Inferi non appariva certo come la più splendida delle divinità e nemmeno troppo piacevole alla vista. Eppure tutto si poteva dire di colui che era comparso nella sala tranne che non sembrasse una delle più regali e maestose divinità olimpiche.

"Il tuo sacerdote sembra essere alquanto stupito di vedermi, nipote mia."

"Lo sono pure io, Ade." rispose la dea con decisione "Non credevo avessi l’ardire di presentarti davanti a me."

"Che io avessi l’ardire o piuttosto la forza di farlo?" replicò ironico. "Arrivare fin qui è stato fin troppo facile. D’altro canto tutto sta andando come previsto."

A quelle parole Atena ebbe un sussulto, tuttavia la rincuorò il fatto di essere riuscita a compiere quello che riteneva necessario a evitare il peggio. Certo, che ora potesse affrontare Ade e impedirgli di fare ciò che potesse avere in mente era cosa assai diversa.

Ad agire fu Policrate. Riavutosi dallo stupore si piazzò deciso davanti ad Ade e lo apostrofò così: "So di essere una ben misera creatura d’innanzi ad uno dei potenti figli di Crono, ma farò ugualmente quanto in mio potere per impedirti di nuocere alla mia dea e profanare il suo tempio."

"E cosa poteresti fare?" disse il dio con tono di commiserazione.

"Colpirvi ad esempio. Per la Sacra Excalibur!" Policrate scagliò un fendente ma Ade era sparito davanti ai suoi occhi.

"Ma cosa…"

"Sono qui." disse un voce alle sue spalle e il dio riapparve. Policrate era incredulo.

"Non voglio certo mancare di rispetto a un sacerdote di una mia congiunta, ma mi pare che tu non sia in grado di nuocermi, Policrate di Delfi! Solo per rispetto di Atena, nonché del divino Apollo che protegge la terra in cui sei nato, non leverò la mano su di te, che mostri di aver abbandonato la ragione e aver abbracciato la pazzia come testimonia il fatto che ardisci di attaccare uno dei figli di Crono. Ora però, bada, rinfodera la tua arma che la pazienza di un nume non è infinita e che altri, prima di te, hanno meritato terribili castighi divini in virtù del loro ardire."

Il grande sacerdote chinò il capo. In verità aveva già compreso che vi era assai poco che potesse fare in quel frangente.

"Ade!" disse severa Atena "Come hai fatto a penetrare nel Santuario celandoti alla mia vista?"

"Grazie a questo, naturalmente. Non lo riconosci?" disse sollevando l’elmo che aveva nella destra. "L’Elmo dell’Invisibilità, che mi fu donato nella notte dei tempi. Una delle tre armi forgiate affinché Crono potesse cadere. A Zeus toccò il Fulmine, a Poseidone il Tridente e a me quest’Elmo che nasconde allo sguardo. E’ bastato indossarlo per passare non visto davanti alla tua povera truppa, che ho disperso come foglie al vento. Certo, il Santuario era protetto dal tuo cosmo, ma penetrare le difese ora che sei debole per lo sforzo sostenuto non è stato poi così difficile. Mi sono soltanto dovuto sobbarcare la fatica di tutti quei gradini e della rimozione di quella barriera di ghiaccio, poco sotto questo Tempio."

Atena scese i gradini che la separavano dal dio e giunta di fronte a lui disse: "Ebbene, Ade, cosa vuoi?"

"Sai benissimo per cosa sono venuto."

Atena sorrise: "Te ne andrai a mani vuote. Ciò che cerchi è ora al di là delle tue possibilità."

Fu Ade ad allargarsi in un sorriso: "Forse perché hai apposto un nuovo sigillo alla Megas Drepanon? I miei complimenti! Ben fatto, nipote mia."

"Ben fatto?" esclamò incredulo Policrate "Che cosa significa?"

"Atena, mi deludi. Non avrai davvero pensato che io bramassi di mettere le mani su quell’arma? Che volessi macchiarmi di una tale empietà, di sfidare i miei fratelli e compromettere l’equilibrio cosmico così difficilmente raggiunto ai tempi della Titanomachia? Sappi che non ho nessuna intenzione di vedere piombare qui Zeus Tonante in tutta la sua furia e maestosità. La Megas Drepanon deve restare dov’è, al sicuro dove mio fratello la sigillò. E dove tu ora l’hai resa maggiormente sicura. Di questo non posso che ringraziarti e lo stesso farebbe pure Poseidone se fosse qui."

Atena scolorì. "Ma allora il sigillo che i tuoi sottoposti stavano portando qui…"

Ade rise: "Quello potrei utilizzarlo su di te." fece una pausa e calò un silenzio pesante "Era soltanto un diversivo, nipote mia. Spingerti a un gesto estremo, obbligarti a dar fondo al tuo potere per coglierti in un momento di debolezza. Il fatto che i più potenti tra i tuoi combattenti siano ora lontani ha reso il tutto ancora più facile per me e i miei sottoposti. Impresso quel sigillo non sei più in grado, adesso, di opporti a me e difatti non hai potuto impedire che fino a te giungessi attraversando con relativa tranquillità i 12 Templi dello Zodiaco. O forse non è così?"

"Tu sia maledetto, Ade!" ruggì Policrate.

"Placa la tua ira, uomo. Qui si fanno discorsi tra celesti."

"Policrate" disse Atena "lascia che me ne occupi io."

"Certamente, mia signora. Ma state attenta." Atena rispose con un sorriso e per un attimo Policrate si convinse che la dea avrebbe superato con leggerezza anche questo nuovo ostacolo, soltanto non riusciva ad immaginare come.

"Che cosa desideri, Ade?"

Ade sorrise beffardo: "Desidero che tu te ne vada da Atene. Adesso."

"E dovrei lasciare a te il Santuario e con esso, mi par di capire, la tutela degli uomini?"

"Vedo che hai capito perfettamente. Quindi, te ne prego, non rendere la cosa difficile. Non intendo muoverti guerra."

"Mi pare che tu l’abbia già fatto!" disse piccata Atena.

"E allora concludiamola, qui ed ora. Non ti pare una buona proposta? Entrambi eviteremo di consumarci in uno scontro che vedrebbe probabilmente cadere molti tra i nostri sottoposti e tu, non negarlo, ci tieni molto all’incolumità di chi ti ha giurato fedeltà." Ade pareva estremamente tranquillo e non si scomponeva minimamente, quasi che fosse perfettamente a suo agio.

Atena esitò. Policrate la fissava ansioso di sapere quale sarebbe stata la risposta.

"Cosa intendi fare una volta che ti sarai impadronito del Santuario, Ade?"

"E’ semplice, mia cara nipote. Esso diventerà il cuore del regno terrestre che controllerò. Che a Zeus resti pure il dominio dei cieli e banchetti pure con gli Olimpici e che Poseidone governi i mari. Non intendo ledere nessuno dei loro diritti né infrangere l’antico patto. Ma giacché ad Ade furono consegnati gli Inferi e la profondità della Terra, che essa sia d’ora in avanti da lui controllata, soprattutto l’umanità che la abita. In passato troppi, tra eroi e comuni mortali, si sono permessi di sfidare i Numi. Certo, spesso molti tra loro sono stati per questo duramente puntiti. Ma l’animo dell’uomo è debole e prima o poi lo porterà a scordare le divinità e tutti i precetti divini e sarà volto esclusivamente al godimento dei beni che la Terra produce mentre l’avidità di possesso di quei beni stessi porterà l’umanità intera a credere di poter sfidare l’Olimpo, devastando nel contempo il pianeta. Quando questo dovesse accadere che mondo si presenterebbe agli occhi di una divinità, dimenticata dalle sue stesse creature? Quale futuro per gli uomini che, corrotti, avranno come ultima meta le profondità del Tartaro cui però, nel frattempo, avranno smesso di credere? No, Atena, i mortali vanno mondati, va messo un freno alla loro ambizione e alla loro tracotanza. Farò in modo che si ricordino molto bene che dai celesti furono creati e che da essi ricevettero i doni che ora stanno, lentamente, portando a frutto. E’ vero, i loro cantori ancora si rivolgono alle Muse prima di intonare i loro canti e prima di iniziare a stendere le loro opere, ma cosa accadrà quando cesseranno di farlo e si convinceranno che ogni cosa che giace sotto i cieli, sia essa materiale o immateriale, possa essere sotto il loro pieno controllo? Questi uomini, che tu mostri di amare e stimare, non sono altro che dei presuntuosi che prima o poi finiranno per dimenticarsi dei Celesti e della grazia che essi hanno donato loro e vorranno disporre liberamente, e follemente, delle terre, dei mari e, forse, persino dei cieli. Questo pensiero mi è intollerabile e reso insopportabile ogni volta che poso il mio sguardo sulla triste moltitudine che, lasciato questo mondo, si affolla sulle rive dell’Acheronte. Infatti solo quando le loro ombre approdano a quelle sponde essi, stolti, comprendono in quante inutili e sciocche occupazioni abbiano trascorso la loro vita. Per questo io, Ade, ho deciso di lasciare quel triste regno di morte per estendere il mio dominio sulla terra, affinché essa abbia un guida. Ma non credere che lo faccia per generosità, lungi da me. Con la mia ambizione, che non posso certo celarti, appagherò allo stesso tempo un desiderio che coltivo da tempo e mi farò garante che l’ordine cosmico, che prevede la supremazia dei Numi Celesti sui mortali, sia rispettato e garantito nei tempi a venire. Il fatto poi che il tuo Santuario debba diventare la mia nuova, temporanea dimora, è invece frutto di una promessa che pronunciai molto tempo fa. E per te, mia cara Atena, dovrebbe essere un modo di riparare un antico torto. Sai bene a cosa mi riferisco e sai che lei non ha dimenticato. Quindi, figlia di Zeus, se davvero ci tieni ad evitare lo scontro, abbandona questi luoghi assieme ai tuoi fedeli e io eviterò che i miei Spettri entrino in azione."

Atena era confusa. Avrebbe voluto ribattere con violenza ad alcune delle affermazioni di Ade, a quelle che lei considerava delle empietà. Come poteva parlare così degli uomini colui che da secoli vedeva soltanto le loro ombre? Dietro il suo essere pacato e cordiale, e a suo dire preoccupato per l’ordine cosmico, vi erano ben altri propositi, che non aveva del tutto celato. Degli uomini si curava solo in parte e le risultava sconcertante il fatto che egli sembrasse non comprendere a fondo quello stesso equilibrio insito nell’ordine cosmico che dichiarava di voler garantire e tutelare. Tuttavia alcune parole del signore degli Inferi avevano riaperto una vecchia ferita e perciò ella ora esitava e il rimorso le impediva di replicare.

Delle parole tuttavia echeggiarono ugualmente nella sala, alte e fiere: "Ade, se pensate questo siete uno sciocco, quantunque voi siate una delle maggiori tra le divinità."

Con sguardo fiero e con piena consapevolezza di se, abbandonato il timore reverenziale verso uno dei massimi tra gli dei, Policrate aveva parlato.

"Dite che gli uomini sono deboli, superbi e che non hanno rispetto per gli dei. Ciò dimostra soltanto una cosa, vale a dire quanto poco li conoscete."

Ade, senza scomporsi, gli si avvicinò: "Vuoi dunque dimostrare che mi sbaglio?"

"Che vi sbagliate è cosa certa!"

"Bada a come parli, Policrate!" replicò alterandosi un poco.

Queste parole gelarono il Grande Sacerdote. Era al dio degli Inferi, colui che mai si nomina, al quale stava replicando in modo duro e deciso. Che sarebbe accaduto ora?

"Se anche sbagliassi" disse freddo Ade "non cambierò i miei propositi. E ora lasciaci soli." Così dicendo sollevò un braccio e senza apparente sforzo catapultò all’indietro Policrate, il quale scomparve dietro una vermiglia tenda con un tonfo sordo.

Atena fece per correre in aiuto del proprio devoto, ma Ade la trattenne: "La contesa è tra me e te, che gli uomini ne restino fuori. Ebbene cosa decidi? Mi lasci campo libero o dovrò piegarti con la forza?"

"Non mi piegherai facilmente!" disse fiera Atena.

"Nipote ostinata! E’ dunque questa la tua decisione? E sia. Mi dispiace doverti allontanare con la forza dal tuo Santuario, ma non mi lasci scelta. Non sarà inoltre azione della quale potrò vantarmi stante che il tuo cosmo è ora molto indebolito e che nulla potrai fare per opporti a me."

Sollevò una mano e liberò una sfera di luce che saettando brillò verso Atene e il mare. A quel segnale molti occhi si alzarono prontamente. Poi sfoderò la spada e puntandola in direzione di Atena vi concentrò il suo immane potere. "Sarà un’esperienza dolorosa, dea Atena occhio azzurro" disse "ma tu mi ci costringi. Il potere di Ade ora ti neutralizzerà e presto il Santuario che ti appartiene sarà pervaso dal mio cosmo, diventando a tutti gli effetti un mio possedimento. A quel punto né tu, né tanto meno i tuoi cavalieri, potrete far nulla."

Uno sfavillare rosso acceso danzò sulla lama dell’arma, delle onde di luce l’avvolsero prima di saettare verso Atena. "Questa, nipote mia, è la sacra spada di Ade, signore degli Inferi, al pari di Excalibur forgiata da Efesto ai tempi degli scontri celesti ed ora tornata in mio possesso grazie ad uno dei miei fidati generali. Immenso è il suo potere unito a quello che saprò imprimerle. Saprai tu resisterle?"

La giovane dea dispose le sue difese, ma il suo cosmo era fiacco e lo sapeva. L’impatto fu tremendo ed ella fu respinta indietro e le parve che quella lama di luce, a poco a poco, la piegasse. Incrociò le braccia sopra il capo, ma la sua resistenza stava per essere vinta. Sentì un fendente lacerarli pian piano le carni e il sangue divino gocciolare ai suoi piedi. Ripensò ai suoi cavalieri che forse non avrebbe più rivisto, ma nei quali riponeva la massima fiducia. Temette per la sorte degli uomini, sui quali il Fato sembrava ora incombere maligno. Che ne sarebbe stato del Santuario, di Atene, dell’Ecumene e delle donne e gli uomini che dimoravano sotto i cieli? La pressione del cosmo di Ade la stava ormai per sopraffare. Diede fondo ad ogni stilla di energia, ma invano. La lama del figlio di Crono fendeva inesorabile, martoriandole le braccia. Avrebbe voluto guadagnare tempo, per dar modo ai suoi devoti di prepararsi ad una battaglia tremenda e risolutiva, ma non ne aveva più la possibilità. Una lacrima solcò il suo viso un attimo prima di cedere, un attimo prima di essere piegata. Era finita.

D’un tratto, la pressione del cosmo di Ade sparì ed ella si sentì protetta.

"Scusate il ritardo, mia signora." disse la voce ferma e risoluta di Policrate.

Atena aprì gli occhi e stentò a credere a quello che vide: il Grande Sacerdote stava davanti a lei reggendo l’Egida, sulla quale ora gravava il peso dell’attacco di Ade. I suoi muscoli erano tesi nello sforzo di sostenere il peso del grande scudo della dea, dono del sommo Zeus, e al contempo di sostenere la pressione dell’attacco del signore degli Inferi.

"Quale prodigio è mai questo?" disse Ade stizzito abbassando la lama.

Policrate rispose soppesando le parole: "La battaglia non è perduta, né per Atena né tanto meno per i suoi devoti. Debole è il suo cosmo ma forti sono ancora le sue difese."

"Sciocco." replicò il dio "L’Egida sarà anche una difesa di prim’ordine, vestigia divina creata dai Celesti al pari della mia spada, ma non la potrai reggere a lungo poiché sei un mortale e come tale non potrai resistere alla potenza dei miei attacchi."

"Policrate, ha ragione." disse Atena con la voce incrinata "Non gettare la tua vita inutilmente."

"Sarebbe gettarla se lo facessi per voi? No, sarebbe offrirla e santificarla. Per voi e per i miei compagni che hanno bisogno di voi come guida. Atena darebbe la vita per gli uomini, può osare un uomo, a lei devoto, offrirle la sua se ciò è necessario? Credo che possa e debba farlo. Dunque, se costretto, io lo farò."

L’uomo e la fanciulla si diedero uno sguardo d’intesa. Se quella era la resa dei conti, perché esitare? "Prometti tuttavia" disse lei con voce lieve "che non ti sacrificherai inutilmente."

"Cercherò di prestarvi fede, mia signora." rispose lui asciutto.

Ade sorrise sarcastico: "Siete patetici. Potevate concedervi una fine più gloriosa e congedarvi dal mondo con parole più sagge. Policrate, sarai il primo a cadere perché il tuo corpo mortale non potrà reggere a lungo contro la mia spada. Sarai fatto a pezzi e poi dovrò profanare, mio malgrado, le carni della figlia di mio fratello Zeus e rispedirla sull’Olimpo, nella casa del padre, a meditare."

"E se con il celeste Tonante ella tornasse, cosa faresti? Te lo sei mai chiesto?"

"Taci, insolente."

"Con il dovuto rispetto, tacete voi. Per la sacra Excalibur!"

Policrate, in modo del tutto inaspettato per il dio, si lanciò in avanti e provò a colpirlo con la sacra spada di Atena. Ad Ade tuttavia bastò un solo fendente per fermare quell’attacco. Policrate passò oltre senza riuscire nemmeno a sgualcirgli le vesti. Con tutta la forza di cui era capace sferrò allora un secondo attacco. Ade calò la spada dall’alto dicendo a gran voce: "Questa è la tua fine, incauto sacerdote di Atena! Mai affrontare direttamente una divinità!" La lama calò inesorabile ma Policrate all’ultimo si lasciò cadere di fianco ed evitò il colpo, che spaccò numerose lastre pavimentali, scivolando a fianco di Ade e ritrovandosi ancora una volta vicino ad Atena, a reggere il peso dell’Egida a difesa della figlia di Zeus.

"La rapidità non ti manca, lo ammetto." commentò Ade "Ora però sono stanco di giocare. E’ la fine."

"State pronta, mia signora." disse piano Policrate.

"Come potrai reggere insieme tanto l’attacco di Ade quanto l’Egida per proteggermi?" rispose Atena vedendo il proprio Grande Sacerdote ergere il sacro scudo a sua difesa.

"Mi basterà reggere per poco. Voi prendete questo!" e le passò un oggetto scintillante. La dea era senza parole. Grande era Policrate e ingegnoso il suo piano!

"Così rischierai molto." disse premurosa.

"No, se voi vi allontanerete in fretta." Atena sperò che le sue energie residue bastassero.

Ade intanto aveva alzato l’arma che sfavillò di rosso acceso. Poco dopo il fendente di luce vermiglia impattò sull’Egida. "Per quanto resisterai, Policrate? E quanto tu Atena…" Mentre pronunciava queste parole vide la dea sollevare qualcosa sopra la propria testa. Trasalì e una folle rabbia lo invase. Atena scomparve.

"Che tu sia maledetto, Policrate! Tra tutti gli uomini sacrileghi contro gli dei tu sei sicuramente uno dei peggiori. Quando hai osato sottrarre a me l’Elmo?"

"Durante il secondo attacco, sommo Ade." E poi volutamente provocatorio "Forse eravate troppo esaltato all’idea di porre fine alla mia miserabile vita per accorgervene, forse la foga di affondare il colpo vi ha tradito!" Poi gridando forte: "Allontanatevi, mia dea!"

Ade dovette interrompere l’attacco. Se Atena fosse fuggita il suo piano sarebbe riuscito solo a metà. Non doveva allontanarsi. "Atena! Non credere che ti basti essere invisibile per sfuggirmi. Ti troverò individuando il tuo cosmo divino!"

Policrate lo interruppe di nuovo: "Non considerate una cosa. Il cosmo di Atena è debole, non lo avete detto voi stesso? E ora quella stessa debolezza si volge a nostro vantaggio. Inoltre prima di lanciarvi in un improbabile inseguimento dovrete abbattere me."

Giocato dall’astuzia di un uomo. E dire che aveva sovente sorriso quando, di tanto in tanto, gli erano state riferite le beffe patite da Zeus e gli altri Olimpici ad opera dei mortali. Ora però la beffa toccava a lui e sentiva il suo sangue divino ribollire di rabbia come mai gli era accaduto. Irriso da un uomo. Non poteva tollerarlo. La sua aura cosmica divina si allargò a dismisura e tutto il Tempio ne fu avvolto. Rosse fiamme scivolarono sui muri e colonne, avvolgendo tutte le strutture.

Fissò Policrate il quale, conscio che la fine era vicina, compì l’ultimo azzardo: "Colpitemi con tutta la vostra forza, Ade, o l’Egida mi proteggerà e vano sarà l’attacco."

"Staremo a vedere se sarà così. Sprofonderai nel Tartaro, ora!" replicò Ade di nuovo calmo e pienamente padrone di se. L’attacco fu tremendo e colpì in pieno lo scudo divino. Policrate si appiattì nell’incavo, sentì la temperatura salire e poi si rese contro di essere stato spazzato via assieme all’artefatto divino dal colpo devastante del dio degli Inferi. Come un bolide solca le alte sfere celesti, così i cavalieri che stavano alla Prima Casa videro una cometa di fuoco allontanarsi dal Tempio di Atena e spegnersi nella notte.

Ade si guardò attorno e tese al massimo i sui sensi divini. Aveva conquistato il Santuario, è vero, ma Atena era sparita. La partita, dovette ammetterlo, era ancora aperta.