XVII
"Frusta del Giudizio, strazia le sue carni!" gridò Lune. In un attimo che sembrò eterno l’arma scivolò lungo la lucida corazza dorata del Toro e, di colpo, non si mosse più.
"Che succede? La mia frusta è come immobilizzata!"
Fu una voce alterata a rispondere: "La tua frusta è ormai congelata ed inutile!" Clearco si era alzato e una strana luce brillava ora nei suoi occhi. La freschezza della sua gioventù sembrava essere trapassata lasciando il posto alla consapevolezza della maturità; la sua espressione era severa e determinata.
"Maledetto!" rise "Sciocco sei, Clearco! La mia arma sarà pure inoffensiva adesso, ma la sua stretta sul tuo amico è stata comunque mortale."
In quella un rivolo di sangue colorò le braccia di Alcmene e rivoli scarlatti corsero lungo i bracciali, fin sulle dita, per poi gocciolare sul pavimento. "Ed è solo l’inizio!"
"Alcmene, no!" gridò Clearco furente.
Il cavaliere del Toro alzò appena il capo. Il suo sguardo sembrava spento eppure, d’un tratto, rise. "Lo sciocco sei tu, Lune! Arma formidabile, la tua, se utilizzata contro un guerriero sprovvisto di vestigia dorate. Ma nulla può essa contro un’armatura d’oro, una delle dodici che Atena fece forgiare ai tempi del mito. Nulla temono le dodici armature dello Zodiaco, salvo i soli colpi di un Nume Celeste. E tu, Lune, non mi sembri un dio."
"No, è assurdo…"
"Eppure è così. Solo le mie braccia sono ferite, laddove restano scoperte tra il coprispalla e il bracciale. Se l’avessi saputo, avresti potuto provare ad avvolgermela al collo e allora, sì, sarei stato spacciato. Il gelo che Clearco sa generare ha fatto il resto, limitandone gli effetti. Sì, le braccia mi dolgono ma sono perfettamente in grado di sopportare questo strazio. E di attaccarti!"
Lune, istintivamente, indietreggiò.
Valentine gli si avvicinò: "Attento, Lune. Guardalo."
"Com’è possibile?" esclamò incredulo Lune. "E’ questa la vera forza dei Cavalieri d’Oro di Atena? E tu, Clearco, come Aldebaran sei in grado di resistere allo Specchio delle Colpe?"
"Esatto." rispose Clearco "E non hai visto ancora nulla. Il tuo colpo ha avuto effetto, ma non nel modo che avresti voluto tu. E questo sarà la vostra rovina! Abbandonate questo luogo o diverrà la vostra tomba. Alcmene!" urlò scuotendo il compagno "Allontanati subito. Me la vedrò io con loro!"
Valentine stentava credere a ciò che vedeva: "La sua aura cosmica si espande a dismisura! I ghiacci eterni del Cocito… pure essi potrebbero sembrare poca cosa ora d’innanzi a un tale potere…"
Alcmene, incredulo riuscì a dire: "Che vuoi fare?"
"Bloccare questi due invasori." Puntò l’indice contro Lune. "Spettro, gli incubi che hai risvegliato in me sono terribili e stavano per sopraffarmi. Per tua sfortuna, invece, mi hanno reso più determinato e consapevole. E il ricordo di mio padre, che ho perso tragicamente, ne ha risvegliato in me un altro. No, non dovete riuscire a porre le mani sull’oggetto della vostra cerca! Alcmene! Avvisa Atena di stare in guardia. L’arma del progenitore va protetta."
Un barlume di consapevolezza attraversò la mente del cavaliere del Toro e quel pensiero lo fece rabbrividire. Il freddo però era anche reale: il cosmo di Clearco stava espandendosi sempre più, facendo sì che le pietre del pavimento e del piazzale, le colonne, i capitelli, i muri del tempio, e le armature stesse, si ricoprissero di ghiaccio.
"L’arma del progenitore" mormorò Alcmene non credendo a quello che gli era balenato alla mente.
La risata di Lune scivolò gelida nel silenzio di ghiaccio che stava avvolgendo l’Undicesima Casa: "Sì, Alcmene, avvisa Atena! Prima però sii così gentile da distruggere il diaframma che ci confina al di qua del tempio della dea, cosicché noi ti si possa seguire. Coraggio, segui il consiglio del tuo dotto de sagace compagno." Poi facendosi più serio, quasi aspro: "Clearco, il tuo cosmo è ampio, potenti le tue tecniche d’attacco, ma manchi decisamente di strategia."
"Taci, insolente!" rispose a tono duro il cavaliere. "Per poco ancora dovrò udire la tua voce."
"Ragazzino, come osi rivolgerti a quel modo al venerabile Lune?" disse una voce sarcastica. Tutti si voltarono verso la gradinata che scendeva alla Decima Casa. Uno Spettro di Ade era giunto in quel momento. Il suo volto era sofferente, la sua nera armatura incrinata in più punti e in altri completamente distrutta. Sul volto e sugli arti, qua e là, vi erano tracce di sangue rappreso.
"Koibe" disse sorridendo Valentine "Quali notizie dal nord? Se esse sono pari il tuo stato non sono di certo buone."
Koibe si schernì, poi avanzando disse fissando prima Alcmene e poi Clearco: "Ammetto, abbiamo avuto delle perdite, ma pare che anche qualcuno tra i compagni di questi damerini rivestiti d’ori ci abbia lasciato le penne."
"La Sfinge ha dunque colpito?"
"Inesorabile, venerabile Lune." disse con un ghigno Koibe.
Alcmene si sentiva bollire di rabbia: "E così tu sei uno degli Spettri che hanno assalito il mio maestro? Bene, preparati a raggiungerlo!"
"Errore fatale!" gridò Lune cogliendolo di sorpresa. Con un pugno violento scaricò addosso al cavaliere del Toro le onde del suo cosmo. Alcmene, preso alla sprovvista, fu sollevato in aria e cadde malamente, perdendo l’elmo. "Credo che il tuo maestro non sarebbe molto soddisfatto di te, se ora ti vedesse."
"Alcmene!" gridò Clearco cercando di intervenire.
"Buono tu!" lo apostrofò Koibe "Adesso te la vedrai con me. E non credere che tema questa tua brezza gentile. Abissi più gelidi ho conosciuto!"
"Completerò l’opera iniziata dai miei amici, stanne certo. Ti reggi a stento in piedi."
"Lo vedremo." Tuonò Koibe lanciandosi all’attacco. "Pozzo dell’Oscurità! Inghiottilo!"
"L’oscurità non graverà mai su Atene finché noi cavalieri la difenderemo. E tanto meno ciò avverrà sotto la luce del sole!" replicò Clearco. Per un attimo, tuttavia, gli parve che il sole fosse velato ed egli precipitasse nella dura terra, nei cupi abissi. Ma cosa poteva essere tutto ciò paragonato allo Specchio delle Colpe di Lune? Subito si riebbe e si preparò ad attaccare.
"Aurora del nord, colpisci!"
Dalle braccia di Clearco un turbinio di cristalli di neve saettò rapidamente verso Koibe che fu come investito da una tormenta. Le sua membra, poco difese dall’armatura, furono ricoperte di uno strato di ghiaccio mentre veniva spinto verso l’alto. Poco dopo ricadde a terra, lo sguardo raggelato, gli arti in una posa innaturale.
"I ghiacci siano la tua tomba, povero illuso." E lanciando uno sguardo di sfida a Lune e Valentine disse: "Ora tocca a voi."
Alcmene si stava rialzando in quell’istante. "Clearco, che ne è stato di Elettra, Pegasios e Miklos? Koibe avrebbe dovuto incontrarli!"
"Saranno scesi in Ade" disse freddo Lune. "Restate solo voi due, è evidente. E siamo stanchi di giocare. Il nostro signore ci ha affidato una missione e la porteremo a termine. Valentine, a te lascio Clearco. Alcmene è mio."
A quel punto fu Clearco a parlare e la sua voce risuonò fiera come mai era stata prima: "Alcmene, ascolta. Qualche oscura malia sembra sostenere in battaglia questi Spettri di Ade, come avrebbero potuto con tanta facilità tenerci testa?"
"Siamo superiori, che domande." disse Valentine.
Alcmene replicò: "No, affatto. Vi teniamo testa. E’ solo che sembrate sostenuti da qualcosa che non riesco a spiegare. Quale arcano si nasconde in voi."
Un sorriso comparve fulmineo sui volti di Lune e Valentine.
Clearco continuò: "Credo portino qualcosa con loro. Qualcosa che è in grado di liberare l’arma che tu sai, Alcmene. Quale terribile potere potrebbe gestire Ade se essa cadesse nelle sue mani? No, questi due sono giunti troppo vicini al loro obiettivo, non abbiamo tempo per attendere il ritorno degli altri Cavalieri d’Oro." Il suo cosmo, azzurro e luminescente, si espanse ulteriormente e sul palmo della sua mano destra apparve una sfera blu azzurra che brillava emanando energie fredde. "Dobbiamo arrestarli ora, Alcmene! Userò il massimo tra i miei attacchi, quello che scatena le sacre energie fredde. Il gelo avvolgerà questa casa e creerà una barriera tra i nostri avversari e il Tempio. Mai lo attraverseranno. Il gelo, che è messaggero di morte, il gelo che tutto immobilizza e tutto blocca. Si narra che in quelle zone dell’ecumene dove il gelo regna perenne e incontrastato tutto si cristallizzi, anche il tempo e tutto diviene fragile fino ad andare in pezzi. Questo è il potere che è proprio del Sacro Acquarius. Genererò un freddo mortale qui ed ora, pur sotto la luce del Sole, dando fondo al mio cosmo. Allontanati, Alcmene, o dietro di me o alle case inferiori."
"Clearco, sono con te!" disse, ma Valentine gli si parò innanzi "Dove credi di andare?"
"Allontanati, Alcmene. Una barriera si ergerà presto davanti a me e questi due si troveranno in un vicolo cieco. Imprigionati che siano nel ghiaccio eterno, colpiscili con il Grande Corno e assicurati che di essi non resti che il ricordo!"
Veloci correvano le meditazioni di Alcmene in quel momento… I sigilli degli dei. Atena stessa ne aveva fatto ricorso in alcune occasioni. Sapeva benissimo quali fossero gli straordinari poteri che i sigilli divini potevano sprigionare. Distruggere e conservare, bloccare ed aprire, dispensare vita o seminare morte. Ma ora tutto gli era terribilmente chiaro. Se i due invasori fossero giunti nei pressi del Tempio della Dea il sigillo che portavano con loro forse… No, come poteva… Si diceva che l’arma fosse stata sigillata direttamente da… No, forse nemmeno Ade non poteva annullare un simile sigillo. Eppure il mito narrava che… Sì, anche Ade era presente e quindi… Ne conosceva il segreto! Un brivido lo scosse.
"Policrate!"
Il Grande Sacerdote percorse di gran lena la sala fino ad arrivare al cospetto della dea. La sua espressione era tesa e preoccupata ma guardando in viso la dea capì che i suoi timori erano condivisi.
"Mia signora…"
Atena cercò di misurare le parole: "Avverto chiaramente una presenza divina. Chi ha invaso il Santuario porta con sé un manufatto divino o un sigillo. E credo tu abbia capito a cosa mira Ade, vero Policrate?"
La fronte del Grande Sacerdote era imperlata di sudore e un brivido gli stava correndo lungo la schiena al solo pensiero di quanto poteva accadere.
"Atena, ritenete dunque possibile che essi possano… Intendo dire, senza la presenza diretta di Ade qui al Tempio. Non avrei mai immaginato che il signore degli inferi potesse mirare a tanto e soprattutto che potesse farlo, per interposta persona per di più."
"Policrate, in un sigillo divino può essere concentrata una quantità limitata del potere di un dio, come tu bene sai. Io stessa ne ho fatto uso per bloccare in passato le aspirazioni di Poseidone. Una divinità non può bloccare completamente un’altra divinità, parte del suo cosmo e del suo spirito resta libera da influenze esterne e può continuare ad agire sul mondo fenomenico, mantenendo gli equilibri che dipendono da quella divinità, talvolta interagendo anche con altri Numi o, talvolta, con gli stessi mortali."
"Allora" disse Policrate "come è possibile che essi possano riuscire nel loro intento?"
Atena chinò il capo e disse con amarezza: "Ti ho mai raccontato come andarono le cose quando i Tre sconfissero il Re dell’Età dell’Oro?"
"Me ne avete parlato, mia signora."
"Ebbene ricorderai che, dopo la sua sconfitta, il suo cosmo fu imprigionato e sigillato. Uno fu Colui che impresse il suo sigillo alle proprie radici, ma pure gli altri due erano presenti. E videro e condivisero. E seppero."
Policrate sbarrò gli occhi: "Ma allora Ade con un suo sigillo può forse annullare quello di..."
"Non del tutto, mio devoto. Tuttavia può indebolirlo a tal punto da permettere al Re Antico di liberarsi da solo, indebolite che siano le barriere che lo trattengono." Atena si mise a sedere, pensierosa "Mai avrei creduto che Ade osasse tanto. Policrate, noi siamo il primo dei suoi obiettivi, ma forse non quello principale."
Il Grande Sacerdote raggelò: "Ma se così fosse voi dovreste…"
"Lo so. Ma Egli interverrà solo quando il pericolo sarà massimo. Fino ad allora toccherà a noi occuparci della difesa."
Policrate, che aveva imparato a non porre troppe domande riguardo i pensieri e i modi di agire dei Numi Celesti, eccetto di colei che aveva imparato a conoscere, disse: "E allora si compia il volere del Fato. Fino ad allora, tuttavia, faremo quanto è in nostro potere."
"Parli da Grande Sacerdote e al tempo stesso da Cavaliere di Atena." sorrise compiaciuta la dea.
In quello stesso istante entrambi avvertirono un cosmo espandersi a dismisura. Policrate si girò, percorse la sala fino al portale e restò in ascolto.
"Mia signora, lo avvertite pure voi?"
"Sì." fu la sommessa risposta.
Policrate guardò verso la dea, poi ancora oltre il pronaos e con il pensiero scese fino all’Undicesima Casa. Lì sarebbero volato il suo spirito ma il suo posto, in quel momento, era a fianco di Atena.
"Clearco, non fare sciocchezze." meditò tra sé e sé.
Alcmene fu scosso sa un brivido. Era incredibile come la temperatura stesse rapidamente calando. Il cosmo freddo di Clearco stava agendo rapidamente e muri e pietre del terrazzo erano ormai coperte di brina. Dall’Undicesima Casa spirava un alito gelato che freddava cuore e mente.
Lo riscosse la voce di Lune: "Tienilo a bada, Valentine! Io proverò a passare, non possiamo rischiare di restare bloccati a un passo dalla meta."
"Vento del Cocito!" gridò allora il compagno e una sferzata di gelo colpì Clearco che rimase impassibile. In quel mentre però Lune scattò in avanti per superare l’ostacolo.
"Dove credi di andare?" lo apostrofò Alcmene seguendolo da presso. Subito però fu Valentine a bloccarlo.
"Troppo tardi, Lune!" gridò Clearco portando all’estremo l’espansione cosmica che gli era propria.
"Allontanati, Alcmene! Teca di Ghiaccio!" Un’esplosione fredda scaraventò indietro Valentine che era ancora intento nel suo attacco e lo congelò all’istante. Alcmene, con un gesto istintivo, arretrò verso la scalinata ma il ghiaccio aveva ricoperto anche la sua armatura ed egli sentì i sensi abbandonarlo. Avrebbe voluto approfittare del momento per colpire Valentine ed annientarlo definitivamente ma i movimenti riuscivano difficili pure a lui.
Clearco intanto vedeva i frutti del suo sforzo concretizzarsi. Stava già per compiere un balzo indietro, per non restare a sua volta prigioniero della Teca di Ghiaccio quando senti qualcosa avvolgerglisi attorno. Lune, con un ultimo, estremo e disperato sforzo, era riuscito a ridare energia alla frusta e cercava di trascinarlo verso di sé. "Se devo soccombere, non lo farò da solo!" gridò.
Clearco avvertì la stretta infernale delle spire ed il gelo attraverso l’armatura dorata. Provò a divincolarsi, dando fondo alle forze residue. Il tempio fu avvolto da una spessa coltre di ghiaccio che occupò tutti gli spazi liberi, sia interni che esterni. Clearco, al centro di quell’irradiazione cosmica, fu anch’egli inghiottito. Poi tutto fu silenzio.
Gli parve di aver vagato a lungo, senza meta, in un mondo di ghiaccio. Giaceva esanime sul piazzale retrostante la Decima Casa. Quando, a fatica, aprì gli occhi sopra di sé vide lo sguardo dolce, e allo stesso tempo preoccupato, di Elettra.
Dalla sua bocca uscirono solo queste parole: "Dov’è… Clearco?"
"Non lo so, Alcmene…" rispose lei alzando gli occhi verso l’alto.
Il cavaliere del Toro istintivamente fece lo stesso e ciò che vide lo raggelò. Un muro di ghiaccio, immenso, si ergeva lassù, dove prima sorgeva il tempio dell’Acquario. Non poteva sapere che nello stesso istante Atena e Policrate, attoniti, miravano quella stessa barriera standosene di fronte al Tempio della dea. La via era chiusa e i nemici sconfitti. Un tenue bagliore si levò in quell’attimo. Quanto restava del cosmo del giovane Clearco. Il suo corpo prigioniero di quel sepolcro, il suo spirito correva invece in direzione dei Campi Elisi, a ricongiungersi con quello del padre.