XII

 

Pelopida, Pisandro e Kyriakos tenevano gli occhi fissi sull’altro pilastro di roccia che si ergeva davanti a loro. Finalmente la luce dell’alba incendiò le alte cime di pietra e la figura del guerriero che poco prima li aveva apostrofati minaccioso fu visibile. La nera armatura aveva una foggia diversa da quelle viste fino ad ora, sembrava orientale. Egizi, stimarono i tre cavalieri, apparivano pure i lineamenti dello Spettro. Ripensarono tutti al porto di Atene e ai giorni nei quali sbarcavano dei mercanti provenienti dall’Egitto, inconfondibili per la loro fisionomia e il loro vestiario. In mano il nemico sembrava reggere qualcosa, che non distinsero subito.

"Chi sei?" disse ad alta voce Kyriakos.

"Ve l’ho detto" fu la risposta " io sono colui che vi sprofonderà negli Inferi e poi verrà di persona a verificare che le vostre anime siano tormentate per l’eternità."

"Lo vedremo!" esclamò con foga Pisandro "Coraggio, scendi di lì e attacca se sei così sicuro di poterci battere. Sappi che basterà uno di noi per rispedirti dal tuo padrone."

La risata soffocata di Koibe si fece sentire. "Sciocco Leone! Non sai chi avete di fronte. Apofis, della Stella della Terra delle Fiere."

"Koibe!" disse severo Apofis. "Ti avevo ordinato di andare a seminare il terrore altrove. Sai qual è la nostra meta finale. Precedimi!"

"Subito, mio signore."

Koibe fece per allontanarsi ma Pisandro fu su di lui. "Dove credi di andare tu?" In quel mentre si udì un suono nell’aria e a Pisandro parve che le sue membra fossero come paralizzate.

Ciò fu di breve durata poi udì la voce di Apofis: "Non affannatevi a pensare a Koibe e alla sua missione. Non avete forse udito ciò che ho detto poco fa? La valle delle Meteore sarà il vostro monumentale e splendido sepolcro."

Il Sole era ormai sorto e illuminava completamente la sua figura. Ora potevano distinguere chiaramente il suo volto, i neri capelli e gli occhi allungati, così come l’oggetto che teneva in mano: uno strumento musicale a corde.

Koibe intanto si era allontanato. Pelopida, che come l’allievo era rimasto per un attimo come paralizzato si affrettò a dire: "Pisandro, penseremo noi a costui. Tu segui quel messaggero di sventure."

"Certamente maestro!" disse risoluto il ragazzo ma aggiunse subito: "Sembra molto insidioso, state attenti. Non ho mai visto nessuno bloccare un cavaliere con tanta facilità, ma sono sicuro che voi, maestro, e il nobile Kyriakos avete le risorse e l’esperienza per batterlo."

"Così sarà certamente. Ora corri." rispose Pelopida rivolto all’allievo che si lanciò in quel mentre all’inseguimento del fuggiasco.

"Quanta fretta!" gridò Apofis "Ti avevo già detto di restare al tuo posto!"

"Sarò io il tuo avversario." rispose Pelopida.

"Lo siete tutti, indistintamente. Anzi no, mi correggo: non avversari, ma vittime!" fu la risposta, carica di scherno. Con la mano sfiorò la sua arpa e subito suoni profondi e penetranti raggiunsero i tre cavalieri di Atena, paralizzandoli all’istante.

"Questa volta non vi lascerò più andare. La mia melodia vi tratterrà qui fino a condurvi alla morte."

Bloccato nell’atto della corsa, Pisandro provò a reagire: "Staremo a vedere! Ardi cosmo del Leone."

"Sei patetico, cosa speri di fare? La musica penetra nella tua mente e ti rende via via incapace di agire. O sei così sciocco che non te ne rendi conto? Poco male. Vorrà dire che a te per primo darò il colpo di grazia." Aumentò la portata del suo attacco, mentre l’eco della sinistra melodia rimbalzava sulle alte pareti rocciose che li circondavano. L’eco era insopportabile.

"Attento Pisandro!" urlò Pelopida. Il giovane già si contorceva dal dolore.

"Addio, sciocco cavaliere!"

"Non ancora. Strati di Spirito!" gridò impetuoso Kyriakos, riuscendo a sferrare l’attacco con uno sforzo supremo avendo vinto per un attimo la malia della melodia.

Apofis, per schivare il colpo, dovette interrompere la sua esibizione musicale. "Come è possibile? Come puoi aver vinto la forza delle mie note che ogni cosa costringono all’abbandono e all’immobilità?" fece con lo stupore dipinto sul volto.

"Sei tu lo sciocco!" disse Kyriakos "Ti sei illuso nel poter tenere sotto scatto tre Cavalieri d’Oro contemporaneamente. Quando hai attaccato Pisandro la forza del tuo attacco su di noi è diminuita. Sei tu quello destinato alla sconfitta."

Apofis, ascoltata la risposta, ritornò presto a mostrare il suo sorriso sarcastico. "E’ ben vero, cavaliere. Ho commesso un’imprudenza. Ma è stata anche l’ultima, purtroppo per voi. Ora so come vincervi e non avrete scampo. Per colpirmi dovete vedermi. La musica, invece può colpire anche quando il bersaglio non è a me visibile. E quindi…" Riattaccò con la musica e Pisandro cadde bocconi come stordito.

Kyriakos stava già per rispondere all’attacco quando vide Apofis girarsi e sparire alla vista spostandosi verso il centro dell’imponente pilastro roccioso. Solo la musica ora si udiva e con lei la voce del guerriero di Ades che lì scherniva: "Coraggio, colpiscimi ora!" Nel frattempo Pisandro si contorceva in preda a spasmi e pure Pelopida e Kyriakos cominciavano ad avvertire la pesantezza del suono della lira penetrare in loro rendendo i movimenti più difficili.

"Che tu sia dannato!" fece Kyriakos "Preparati, sto venendo a prenderti." Così dicendo bruciò il suo cosmo e spiccò un balzo portandosi incredibilmente in alto, in direzione della sommità della colonna rocciosa, pronto a lanciare il suo contrattacco. Ecco però la musica cessare di colpo, Apofis apparire fulmineo su bordo del precipizio sferrando un pugno verso il basso all’indirizzo del cavaliere esclamando: "Vibrazioni sonore!" Onde violacee saettarono celeri verso Kyriakos che fu colpito a mezz’aria; sentì l’armatura di Cancer come rimbombare e poi la violenza del colpo lo fece precipitare a terra. Nell’impatto col suono l’elmo volò via e picchiò violentemente a terra col capo. Poco più in là Pisandro era stramazzato al suolo, occhi sbarrati e bava alla bocca.

"Maledetto vigliacco!" tuonò Pelopida a quella vista. "Pisandro! Kyriakos! Rispondete!"

Il cavaliere di Cancer si sollevò a fatica, il volto insanguinato; nell’impatto si era lacerato un labbro. Pisandro emise un rantolo e strinse piano un pugno, con rabbia.

"Avanti, sciocchi." fece Apofis "Continuate pure con i vostri attacchi suicidi. Sempre che abbiate ancora la forza di lottare."

Sputando sangue Kyriakos disse con tono cupo e mentre la sua aura cosmica si espandeva: "Solo un servitore di Ades può combattere in modo tanto meschino e vigliacco. Preparati a pagarne le conseguenze."

"Vigliacco io? Siete voi ad essere in tre contro uno solo. Peccato però che la vostra potenza poco valga contro uno dei custodi degli Inferi, contro…" ma le parole gli morirono in bocca. Un lampo di fuoco lo colpi in pieno petto, facendolo accasciare al suolo.

"Chi ha osato tanto? Chi ha potuto…"

"Le zanne del Leone ti hanno colpito!" urlò Pisandro barcollante sugli arti ancora irrigiditi e con l’armatura che scintillava. "Adesso scoprirai qual è la vera forza di un cavaliere di Atena."

"Che voi siate dannati! Dunque dicevano il vero i generali del dio della guerra mettendoci in guardia contro di voi." Si rialzò e riprese in mano lo strumento, caduto accanto a lui. "Ebbene, lo ammetto, mai avrei pensato di dover impiegare la mia tecnica più terribile al di fuori degli Inferi. Tanto peggio per voi, la vostra sorte sarà terribile e nulla potrà salvarvi. State per ascoltare il Giudizio di Anubi!" L’immagine di una bilancia apparve dietro di lui e scintillò nella luce del mattino. "Ora i vostri cuori verranno strappati dai vostri petti e uno ad uno verranno posti sulla bilancia e se il loro peso sarà maggiore della sacra piuma di Maat tra atroci sofferenze sprofonderete nel Tartaro. E anche se così non fosse, cosa di cui fortemente dubito, orribile sarebbe comunque la vostra sorte perché con le mie mani strazierò i vostri cuori e con le loro pulsazioni si spegnerà la vostra vita."

Impugnata saldamente l’arpa Apofis gridò: "Suonate, corde della celeste arpa! Giudizio di Anubi!"

Una musica, più ammaliante della precedente, che sembrava trarre energia da accordi dissonanti, a volte quasi stridenti, calò dall’alto come avvolgendoli lentamente e in breve una sensazione di abbandono si impadronì di loro. Invano portarono le mani alle orecchie. I suoni che Apofis traeva pizzicando le corde dell’arpa arrivavano nel profondo delle loro menti, intensi e insopportabili.

"E ora" fece lo Spettro "ha inizio la fine per uno di voi. Comincerò con te, arrogante e impertinente cavaliere del Leone. Cuore del Leone, poniti sulla bilancia!"

Pisandro avvertì come un sussulto e un peso premergli sul petto, ma dall’interno.

"Il tuo cuore ora ti verrà strappato e tu sarai giudicato!"

"No! Pisandro!!!" gridarono con voci distorte Pelopida e Kyriakos.

"Inutile urlare, tutto ora si compirà."

Il pettorale dell’armatura del Leone parve per un attimo deformarsi, poi s’illuminò di una luce dorata e tutta l’armatura cominciò a brillare, mentre una smorfia di dolore si dipinse sul volto del giovane.

"Incredibile." fece Kyriakos "Riesce a opporre resistenza alla musica. Come può essere?"

Pelopida, vedendo l’allievo profondersi in quello sforzo disperato, lo incitò: "Coraggio! Brucia ogni stilla del tuo cosmo."

"L’armatura…" disse Kyriakos parlando a fatica "E’ l’armatura del Leone che lo sta proteggendo. La sua energia vitale trattiene il suo cuore e si combina con suo cosmo per renderlo più potente. Sta acquisendo la piena padronanza delle vestigia dorate che gli sono proprie."

"Nobile allievo…" esclamò Pelopida con una smorfia di soddisfazione sul volto.

"Sarà anche nobile, ma è un folle che sta per fare una fine orribile." rise Apofis "L’armatura trattiene il suo cuore nel petto ma la mia musica lo attira inesorabilmente sulla Sacra Bilancia. Tra un po’ esso finirà schiacciato sull’armatura stessa, conducendolo alla morte."

"No!!!" gridò Pelopida con uno sforzo estremo. "Onda… Impetuosa… colpisci!" Ma il suo attacco, reso fiacco dalla musica, si arrestò poco sotto la cima rocciosa.

"Tutto inutile, sciocco!" e preparandosi a suonare l’accordo finale Apofis disse: "Muori!"

Quel che accadde allora fu di una rapidità estrema. Il pettorale dell’armatura di Pisandro, assieme a bracciali, coprispalla ed elmo, schizzarono verso il guerriero degli Inferi in un lampo di luce accecante ed egli non ebbe nemmeno il tempo di reagire. Il pettorale lo colpì di taglio in pieno viso, mandando in pezzi il suo elmo e lacerandoli fronte, sopraciglio e zigomo; la sua mente si annebbiò, poi barcollando cadde all’indietro.

Nello stesso istante Pisandro cadeva al suolo, con un vistoso ematoma sul petto.

Pelopida, libero dalla malia della musica, fu subito su di lui, ponendo le mani sulla ferita ed espandendo il suo cosmo. Kyriakos lo raggiunse immediatamente e vide delle lacrime solcare il viso del cavaliere di Pesci. "E’ vivo, Pelopida." disse per rassicurarlo, ma ora ha bisogno di cure. Lo ha fatto di proposito… Ha approfittato del tuo attacco per cercare di colpire Apofis" "Folle…" mormorò Pelopida, e le lacrime continuavano a cadere copiose.

"Pelopida." disse con delicatezza Kyriakos ". Lascia che me ne occupi io con i miei poteri curativi. Tu, piuttosto, controlla che fine ha fatto quel dannato." Kyriakos era consapevole che in quel momento il compagno era troppo scosso, troppo coinvolto, per prendersi cura dell’allievo, quindi era meglio distrarlo.

Pelopida non aveva mosso che pochi passi che una figura si erse ai piedi della parete rocciosa. Il viso era una maschera di sangue e una smorfia segnava il volto adirato di Apofis. "Con le mie mani, strapperò quel cuore! Pagherete caro quest’affronto ad Apofis, custode della Seconda Prigione degli Inferi!"

"No" replicò Pelopida digrignando i denti "sarai tu a pagare per quello che hai fatto al mio nobile allievo. Preparati, stai per scoprire cosa significa essere travolti dalla furia incommensurabile delle acque. Vortice dell’Egeo!" Un immenso vortice apparve alle spalle di Pelopida e le spume vorticose cominciarono a mulinare velocemente e poi si diresse verso l’avversario, la cui Surplice venne avvolta dalla acque. Acque che ben presto lo trascinarono via, facendolo roteare vorticosamente fin a che si schiantò sulla nuda roccia alle sue spalle.

Pelopida lo vide cadere a terra, poi si diresse di nuovo verso l’allievo ferito.

Kyriakos, con tono grave disse: "La ferita interna è grave. Ho bisogno di tempo." E cominciò a premere con le mani sul torace del giovane e subito una luce si liberò a quel contatto.

"Mi fido di te." disse Pelopida "Prenditi tutto il tempo di cui hai bisogno."

Il cavaliere di Cancer annuì: "Non lo potremo spostare finché non sarò riuscito ad arrestare l’emorragia."

Una voce li fece sussultare: "Il tempo vi è tiranno, purtroppo."

Tre figure, su un ampio litorale e sotto un cielo terso, si stavano ponendo delle domande cui non sapevano dare risposta. Ad un tratto uno di loro diventò terreo in volto e cominciò a sudare freddo.

"Fratello mio!" esclamò.

Plistene gli fu subito vicino: "Che succede Lisandro?"

"Mio fratello…" fece l’altro come colto da sgomento "Avverto il suo cosmo sempre più debole! E’ come se… se lui…"

"Sì, è molto debole." ammise Plistene.

Lisandro scattò verso il mare e lo videro percorrere a lunghi balzi il declivio e poi la spiaggia, fino ad arrestarsi sul bagnasciuga, lo sguardo fisso ad occidente, verso un luogo che non poteva vedere.

"Plistene" disse Callimaco "davvero percepisci il cosmo di Pisandro così debole?"

"Purtoppo sì."

"Combatti, Pisandro, combatti." mormorò Callimaco stringendo i pugni e guardando là dove Lisandro si era arrestato. Poi, rivolto a Plistene: "Pensiamo io e te a risolvere l’enigma e lasciamo che Lisandro salpi subito per la terraferma, anche se con suo fratello ci sono già Pelopida e Kyriakos."

"Non glielo impediremo di certo se è quello che vuole." rispose Plistene "Avverto tutti e tre i cosmi molto deboli, come se un oscuro arcano li avesse avvolti." Seguì un silenzio pesante.

"E allora che Atena li protegga." disse infine Callimaco.

Recuperata l’arpa, con l’armatura che mostrava crepe sia sul pettorale che sui coprispalla, Apofis avanzava di nuovo verso di loro.

"Gran colpo il tuo, cavaliere dei Pesci." fece con tono deciso "Peccato però che la musica ti avesse già indebolito. Al massimo della forza probabilmente il tuo attacco mi sarebbe stato fatale, ma come puoi ben vedere così non è stato. La musica, la più alta e pura tra le arti, arriva ovunque, in ogni cuore in ogni mente, che essi lo vogliano o no. E soprattutto essa s’insinua in quelle di coloro che sono mossi da intenti malvagi."

"Stai vaneggiando! Noi i malvagi?" replicò sconvolto e schifato Pelopida.

"Certo! Ancorché le vostre azioni vi sembrino giuste, sempre che opporsi alla volontà del divino Ade possa essere giusto, la vostra natura deve essere senz’altro malvagia. E il vostro aver lottato contro gli dei, anche in passato, non depone certo a vostro favore. Ma ora la dolce melodia degli Inferi completerà la sua opera. La musica che appaga, la musica che placa, la musica che colpisce e infine la musica che, con gli uomini come voi, ferisce e annienta."

"Stolto!" fece Kyriakos "Non certo la tua musica è degna di lode e fonte di bellezza e serenità che appaga cuore e mente. Orfeo, cavaliere di Atena, egli sì seppe usare la melodia e l’armonia per diffondere messaggi di serenità, pace, equilibrio e bellezza."

"E’ inutile, non potete capire. Ora basta con le vuote parole. Voi che avete oltraggiato un ministro di Ade subirete la giusta punizione. E tu raggiungerai presto il tuo compagno caduto."

"Non è caduto!" disse furioso Pelopida.

"E’ questione di attimi." e così dicendo si apprestò a suonare ancora "Dimmi, cavaliere, cosa accadrà quando la mia melodia lo raggiungerà di nuovo? Egli non potrà opporsi e vani saranno i tuoi sforzi di salvare il suo spirito dal tormento anche perché sarai tormentato del pari anche tu. E così assieme cadrete nel Tartaro."

I due cavalieri compresero con sgomento che quella era l’amara verità, almeno che con riuscissero ad allontanare Pisandro da quel luogo. Ma in quell’ora le parole di Kyriakos, inaspettate e orgogliose, si levarono forti sopra il silenzio: "Apofis, la tua musica agisce sui nostri spiriti per mezzo dei nostri corpi. Ma se i nostri corpi fossero vuoti, vana sarebbe la tua azione. E io vana la renderò." Sorrise, poi chiudendo gli occhi concentrò il proprio cosmo nelle sue mani per sanare la feria di Pisandro. Poi proseguì: "Ascolta, Pelopida, amico mio! Ora io e Pisandro compiremo un viaggio. Separerò il mio spirito e il suo dai nostri corpi e lo condurrò nei pressi della Bocca di Ade. I miei poteri mi permettono di recarmi sul limitare del regno dei morti e di fare lo stesso con un mio avversario. In questo caso sarà un amico a venire con me. Tu però bada! I nostri corpi resteranno indifesi. A te il peso di difendere noi e te stesso. Mi spiace doverti lasciare solo ma è questo l’unico modo che abbiamo per salvare l’allievo che ami."

Pelopida, spronato da queste parole, disse: "Fai quello che devi fare, Kyriakos e non ti preoccupare per me. La salvezza di Pisandro è nelle tue mani, che so mani sicure. Possano esserlo le mie per garantire la vostra. Agisci, ora!"

"Per il Sacro Cancer! Separazione dell’anima!" fece Kyriakos. Sotto gli occhi stupefatti di Apofis due tenui fuochi fatui si dileguarono nella luce del mattino fino a sparire come assorbiti dalla nuda terra. Solo una stilla del cosmo di Kyriakos era ancora presente concentrata nei palmi delle sue mani curative.

"Stupefacente, certo, stupefacente!" disse sarcastico Apofis "Ma non servirà per sottrarvi al vostro destino. Essi non torneranno mai indietro perché ora tu li precederai e poi mi occuperò dei loro corpi inerti. Anzi, comincerò con loro due." E così dicendo lanciò una sfera di energia contro l’immobile Kyriakos. Pelopida la intercettò a mezz’aria con la mano e la fece svanire.

"Dovrai passare su di me! Non torcerai loro un capello."

"Lo vedremo. Maledizione di Anubi!" urlò "Pelopida, voglio il tuo cuore!"

Il cavaliere di Pesci realizzò in un attimo che la situazione era drammatica. Il nemico lo teneva in stallo e se egli si fosse distratto anche solo un attimo, avrebbe attaccato ancora i suoi compagni ed egli avrebbe fatto sempre più fatica a difenderli. La musica, inoltre, prima o poi lo avrebbe sopraffatto. Doveva farla tacere, per sempre. Sentiva già il suo cuore palpitare in modo convulso nel petto e immaginava cosa sarebbe successo di lì a poco. L’armatura dei Pesci, come già quella del Leone, avrebbe limitato gli effetti del colpo. Ma poi? Avrebbe fatto la fine del suo allievo? E sarebbe riuscito a portare un attacco prima che ciò accadesse? E quand’anche ci fosse riuscito sarebbe stato quello decisivo che ponesse fine a quella battaglia? Non vi era scelta, doveva esserlo. Fallire significava condannare a morte l’allievo e l’amico. Ripensò a quel giorno lontano, quando aveva sentito le sue carni ardere di dolore e aveva pensato che il suo cammino a fianco della dea Atena fosse destinato ad interrompersi. Ripensò ai molti nemici caduti quel giorno, al suo essere stato cosciente di aver compiuto il suo dovere fino in fondo. Al provvidenziale arrivo di due giovani cavalieri che gli avevano permesso di allungare fin a quel momento il suo camino come seguace della dea. Ora avrebbe pareggiato il conto, evitando che due vite andassero perse. Fu questione di pochi secondi. Decise, indirizzò l’ultimo pensiero alla dea e agli amici lontani, e fu felice.

"Vuoi il mio cuore?" disse con autorità Pelopida.

"E non solo il tuo! Tre ne ghermirò!"

"Uno sarà già tanto." urlò il cavaliere

"Davvero, povero illuso? Tra un po’ il tuo cuore farà la fine di quello dell’incauto Leone! Non vi è scampo, soccombete!"

"Sei tu lo stolto! Ora vedrai come un cavaliere di Atena può mettere a tacere anche il potere delle tue note demoniache!"

L’aura del suo cosmo si espanse e i Pesci, cari ad Afrodite ed Eros, simbolo della sua costellazione, apparvero dietro di lui. Un cosmo gioioso e frizzante, come la luce che gioca con le acque del mare in una limpida giornata di sole, che si allargava a dismisura. Tutta la valle parve risuonare dello scrosciare dell’acque del mare quando riversa i marosi sulle nude scogliere o su spiagge assolate. La stessa musica dell’arpa ne parve sopraffatta.

"Fino all’ultima stilla di energia! Per i Sacri Pesci! Onda impetuosa dell’Egeo!" Il cavaliere guizzò in avanti, mentre sentiva il suo cosmo farsi grande come il mare e il cuore esploderli in petto. In un baleno fu su Apofis che non poté nemmeno abbozzare una difesa. Un’ondata di immenso vigore, coronata di creste spumeggianti, proiettò entrambi lungo la valle, mentre le sue acque furiose e devastatrici trascinavano via tutto ciò che incontravano sul loro cammino. A poco a poco l’eco di quell’onda spaventosa si perse nella pianura, lontano dalle montagne, fino a spegnersi. Poco dopo una cometa dorata solcava il cielo. Ogni residuo dell’ombra, ogni eco di malia mortale aveva abbandonato la valle delle Meteore.

Nella luce del mattino ora solo le rocce e le tenaci piante che dimoravano in quei luoghi restavano a contemplare due cavalieri, l’uno riverso sull’altro.