I

Il ragazzo se ne stava ai piedi di un grande olivo. La lunga giornata di raccolta era terminata e ora il sole, basso sull’orizzonte, faceva sembrare ancore più rosse le colonne del tempio che sorgeva poco distante, sulla collina. Avrebbero avuto un ottimo olio pure quell’anno, pensava, e ciò avrebbe permesso alla sua famiglia di passare una stagione invernale serena grazie a quanto avrebbero ricavato dalle vendite. Di ciò doveva ringraziare gli dei che pur avendo scatenato gli elementi all’inizio dell’estate, quando a molti era sembrata addirittura prossima la fine del modo o quasi, si erano evidentemente rabboniti; forse avevano accolto con favore i sacrifici celebrati nei templi cittadini e l’ecatombe purificatrice, fatto sta che avevano concesso poi lunghe settimane di sole. Lode a Zeus e Poseidon, pensava il ragazzo, e lode ad Atena cui sacro era il frutto delle tante fatiche di quegli ultimi giorni. Mentre questi pensieri gli passavano per la mente allungò la mano nel cesto e si portò alla bocca alcune olive.

"Sono ottime, vero?"

"Eccoti." esclamò il giovane "Dove eri finito? Sempre a battere al fiacca, vero?"

"Non sono certo io quello che se ne sta sdraiato ai piedi di un nodoso olivo secolare, a mordicchiare olive con lo sguardo perso nel vuoto!" replicò il nuovo venuto con una malcelata ironia.

"Guarda che io me lo sono meritato il riposo! Chi è che ha appena finito di legare le ceste sul dorso degli asini? E chi invece si è dovuto sorbire la faticaccia, anzi l’impresa, di portare un po’ d’acqua alle ragazze, tra cui la mia avvenente sorella?"

Il ragazzo in piedi si passò una mano tra i neri capelli, poi lo fissò e improvvisamente scoppiò a ridere. Era sempre stato così tra loro. La loro amicizia si era consolidata grazie a quelle baruffe che spesso li contrapponevano ma cui loro stessi non credevano fino in fondo. Si limitavano a recitare la parte ma, non essendo attori consumati come coloro che indossavano le maschere giù al teatro sull’istmo, non potevano reggere quel gioco per molto.

"Sei rimasto senza parole, Callimaco?"

"Va bene, lo ammetto, Cratilo. E’ stata una dolce faticaccia." Rise "E lo sai benissimo che ho un debole per tua sorella. Ti ricordo poi che sei tu che hai passato gli ultimi venti giorni a dirmi che ti farebbe enormemente piacere se, un giorno o l’altro, io e te diventassimo parenti."

"Per il grande Zeus, ho davvero detto questo?" rise l’altro

"Lo ricordo distintamente. Le parole non ti mancano certo."

"Quello taciturno sei tu in effetti. E’ da tempo che desideravo chiedertelo, ma volevo prima che terminassimo il lavoro qui nei campi. Da quando sei sparito, durante quei giorni che tu sai, sei strano. Scherzi come un tempo, a volte, te lo concedo, ma sei spesso taciturno, ti vedo assente, preoccupato, cupo a volte. Per gli dei, tutti lo siamo stati quando sembrava che Zeus tonante e Poseidon signore dei mari volessero che la bella Corinto fosse spazzata via dalla faccia della terra! Per nostra fortuna tuttavia tutto si è risolto. E’ passata anche questa…"

"Già, è passata…" disse Callimaco a bassa voce.

"E tu che sparisci proprio in quei giorni e torni quando tutto è finito, senza voler dire nemmeno a me cosa sei andato a fare ad Atene." Fece una pausa. "Ci ho pensato su, e credevo che tu fossi andato là per placare l’ira dei celesti, però poi mi sono detto, perché non farlo qui, nei nostri santuari? Forse perché qualcosa ti lega in modo particolare ad Atene. Ad ogni modo un mercante, giorni fa, mi ha raccontato che là sono accaduti fatti strani, per non dire terrificanti, quando si sono scatenati gli elementi e che gli Ateniesi hanno organizzato una lunga processione votiva sulla loro acropoli, come abbiamo fatto noi.

"Dici il vero, Cratilo, le cose sono andate proprio così. E se mi sono recato ad Atene è perché, tu dovresti saperlo, di là giunse il padre di mio padre. Mi spiace avervi lasciati, spero che tu e Melissa non siate stati troppo in ansia."

"Mia sorella" e dicendolo ammiccò "era parecchio in ansia a dire il vero. C’è da capirla. Intendi cosa voglio dire, vero?" Così dicendo gli strizzò l’occhio e rise. Poi riprese: "Ad ogni modo, io ho capito che nascondi qualcosa."

Callimaco chinò il capo e un rigo di sudore gli imperlò la fronte. Scandì bene la parole e si fece molto serio "Cosa credi che io nasconda, Cratilo?"

L’amico sorrise: "Vedi che ho ragione!" Callimaco fece un passo avanti e gli piantò gli occhi nei suoi mentre l’altro proseguiva. "Io sono convinto, amico mio, che tu ad Atene non ci sia mai stato, non per tutto il tempo. Sì, forse giusto qualche giorno. Io ho capito che la tua vera meta era un'altra" E qui fece una pausa per aumentare l’importanza della rivelazione e vedere la reazione dell’amico, il quale fece un altro passo avanti. "Ebbene, amico mio, tu…" "Io cosa, Cratilo?" "Tu sei stato ad Eleusi!" disse con espressione trionfante.

"Eleusi?" disse Callimaco come sciogliendosi di colpo.

"Per i Misteri" disse Cratilo a bassa voce. "Tranquillo, non lo dirò a nessuno. E non sai quanto vorrei farlo, non capita tutti i giorni di avere un amico, anzi il migliore amico, che è riuscito a diventare un iniziato ai Misteri pur essendo un umile contadino di Corinto."

Callimaco si era rilassato completamente. "Proprio a nessuno?"

"Certo. Cioè, vorrei, ma non lo farò. Sono un uomo di parola. Però…"

"Cosa altro?"

"Ecco, a dire il vero questa deduzione non è solo mia, ne ho parlato con un’altra persona, ma una sola e molto fidata."

"Chi?"

"Se vuoi saperlo non hai che da voltarti. Sta arrivando."

Melissa avanzava tra gli ulivi avvolta nella corta tunica bianca che era solita vestire per il lavoro nei campi. Era un incanto pure vestita in quel modo così umile e semplice, con i lunghi capelli neri raccolti a far da contrasto con il candore della veste. A dare bellezza al suo volto pensavano due occhi verdi che parevano rubati al mare nelle giornate più belle, due occhi che ora il sole del tramonto riempiva di luce.

Si fermò a pochi passi dai due giovani, lì fisso per un attimo, poi inclinando leggermente il capo e sorridendo disse: "Voi due avete in mente qualcosa, vero?"

"Noi?" le rispose il fratello.

"Sì, vi ho visti parlare fitto fitto. Non vorrete ripetere lo scherzo dell’ultima raccolta, quando avete fatto prendere un colpo ai nostri poveri genitori!"

"No, sorella, si tratta di altro e visto che sei arrivata tanto vale che ne parli tu a Callimaco. Glielo ho detto, sai…"

"Detto cosa?" disse arrossendo all’istante.

Cratilo non poté fare a meno di notare che pure il viso di Callimaco si era accesso e si affrettò a rispondere: "Quella faccenda di Eleusi, Melissa."

"Cratilo! Come hai potuto, io…" disse lei, portando le mani al viso.

A quel punto Callimaco, vinto l’imbarazzo, le si avvicinò e disse: "Non temere, Melissa. Che tu e tuo fratello siate giunti a questa conclusione non mi imbarazza né mi preoccupa, tanto meno mi mette a disagio, se è questa la tua paura. Anzi vi stimo per la discrezione che state dimostrando di fronte ai miei tanti silenzi e alla mia sparizione dei mesi scorsi. Vi devo delle scuse. Soprattutto, Melissa, le devo a te. Mi sia testimone Atena che in quei giorni ho pensato spessissimo a voi, soprattutto nei momenti di maggior sconforto." E avrebbe voluto aggiungere, ho pensato soprattutto a te, Melissa, peccato che la presenza di Cratilo non lo aiutasse minimamente in questo.

La ragazza, rassicurata, disse: "Lo avevo capito da molte cose, da molti tuoi atti. Di questo ho parlato a mio fratello. Si capiva che dovevi aver compiuto qualcosa di importante."

"Amico, le sere che ci piantavi in asso subito dopo il lavoro per ritirarti sui colli, solo dopo abbiamo capito. E’ diventato evidente che gli dei ti sono propizi, Callimaco. E poi, una notte che passeggiavo non avendo sonno, e vidi quei lampi di luce abbagliante…"

"Basta così, Cratilo!" disse con fermezza Callimaco prendendolo per un braccio. Fu allora che sentì la mano di Melissa posarsi sulla sua e la sua voce che diceva: "Noi siamo fieri di te, se quello che pensiamo corrisponde a realtà. E sapremo tenere il segreto. E’ una benedizione, per noi che dalla terra traiamo di che vivere, saperti così vicino alla dea, così legato a Demetra, signora delle messi."

A quelle parole il giovane non poté fare a meno di sorridere. "Tu mi poni vicino a Demetra più di quanto io non meriti. E non volendo far torto ad altre divinità dell’Olimpo, non posso ora che raccontarvi quel poco che mi è concesso fare. Ma non qui e non adesso. Sentite? Già ci chiamano. Domani, al Tempio, all’alba."

Così dicendo raccolse alcune pertiche, se le caricò in spalla e si avviò. Fratello e sorella si scambiarono un’occhiata di intesa, compresero che non era tempo di porre ulteriori domande e si avviarono anch’essi verso casa. Il giorno successivo avrebbe portato risposte e novità, in numero maggiore di quanto essi non credessero.

"Callimaco è un caro ragazzo, questo è fuori dubbio, però si comporta in modo strano a volte. Tu non te ne puoi ricordare perché eri troppo piccola all’epoca, ma devi sapere che già quando lui era poco più che bambino sparì per lunghissimo tempo dalla città. Me ne ricordo benissimo perché non si parlava d’altro. Era uno dei bimbi più vivaci del vicinato, una ventata d’allegria. Pensavamo tutti che fosse morto cadendo in qualche pozzo, si fosse smarrito sulle colline o fosse annegato. Cratilo non faceva che chiedere di lui e io non sapevo cosa rispondergli. Poi, d’improvviso tornò. S’era fatto grande e forte. Disse che si era imbarcato su una trireme e aveva navigato in lungo e in largo visitando tutte le colonie greche o quasi. Non so se sia vero o meno, certamente è uno che di mondo ne ha visto tanto; gli dei gli devono essere stati propizi. E’ un ragazzo molto sveglio e se la cava in tutto, però se ci pensi bene ama troppo la vita dei campi e la terra per essere stato uomo di mare come dice lui."

"Madre, forse io e Cratilo abbiamo capito perché è così attaccato alla terra." disse Melissa.

"Ed è importante saperlo, figlia mia?"

"Lo è dal momento che ho l’impressione che non ti fidi di lui."

"Te l’ho detto, c’è qualcosa di strano in lui. Eppure, nonostante questo, qualcosa mi dice che ci si può fidare di lui. E io sono tranquilla pensando che i miei figli vivano a contatto con Callimaco il viaggiatore." disse mentre versava la zuppa nella ciotola che la figlia le stava porgendo.

"Sono lieta che tu dica questo, madre. Anch’io mi fido di lui."

"Figlia mia, ma tu lo ami, è naturale che sia così! Lascia che ti dica una cosa: una madre che si fida ha ben più ragioni di una figlia innamorata." Melissa arrossì. La donna, porgendole una focaccia, disse: "Glielo dirai?"

"Non lo so, madre." rispose imbarazzata. Stette un attimo in silenzio. "Tu saresti felice se lui mi amasse?"

La vecchia Antimaca sorrise: "Invero non potrei desiderare genero migliore." Rise e aggiunse: "Però gli devi far promettere che quando sarà tuo sposo non sparirà più all’improvviso o legherò lui all’aratro al posto dei buoi! Ed ora svelta, va a chiamare tuo fratello."

Melissa uscì e rientrò poco dopo seguita da Cratilo che si mise a sedere e cominciò a gustare il suo pasto. Con la madre e la sorella, tra una cucchiaiata e l’altra, cercò di discutere solo dell’olio che avrebbero venduto al mercato cittadino. I suoi pensieri, tuttavia, così come in quelli della sorella, erano proiettati altrove.

Le stelle si erano ormai accese da un pezzo in cielo quando le luci nella piccola casa si spensero e tutto tacque.

Quando un raggio di sole fece capolino dalla finestrella e scivolò sul suo giaciglio, Cratilo sobbalzò. L’alba era già passata e lui era ritardo. La fatica delle giornate di lavoro nei campi di faceva sentire e, unita all’attesa della rivelazione, aveva fatto sì che il suo sonno fosse agitato e che crollasse tra le braccia di Morfeo proprio quando invece era ora di alzarsi. Sentì la voce della sorella chiamarlo da fuori, con tono impaziente e molto seccato. S’affrettò a infilarsi la tunica e i calzari; poco dopo era fuori.

La luce del mattino illuminava le verdi distese di olivi e oltre quelle il Tempio sulla collina, al quale si avvicinavano sempre più. A quell’ora poche persone si aggiravano nel recinto sacro e infatti quando arrivarono di fronte alla scalinata che conduceva all’ingresso non videro anima viva. Nella penombra, lungo il colonnato, intravidero una figura slanciata che camminava impaziente. Il sole illuminò d’un tratto il volto di Callimaco che si accorgendosi dei nuovi venuti porse loro un saluto augurale.

Assieme si avviarono al sacello della dea, le offrirono l’olio che Melissa aveva portato, stettero per un momento silenziosi di fronte alla statua in marmo pario poi, sempre in silenzio, uscirono dirigendosi verso il peristilio.

Fu Callimaco a rompere il silenzio: "Ora che abbiamo onorato la Dea con l’offerta del frutto del nostro lavoro e ci siamo guadagnati la sua benedizione, invochiamola affinché possa guidarci con la sua saggezza. E’ tempo che voi sappiate. Vi devo pregare, naturalmente, di non riferire mai ad alcuno ciò che state per udire. Gli dei sanno essere amici dei mortali, e spero di potervelo testimoniare, ma sanno anche essere severi e crudeli se i mortali contravvengono ai loro desideri e non sanno far tesoro dei loro insegnamenti e dei loro ammonimenti."

Melissa sentì un brivido correrle lungo la schiena, Cratilo di irrigidì e riuscì solo a dire: "Ti ascoltiamo. E sapremo tacere, qualunque cosa noi udiremo."

"Aspetta, Callimaco." proruppe Melissa. "Fratello, mi chiedo ora se sia un bene che noi sappiamo. E se la dispensatrice di frutti non ci accordasse la sua benevolenza? Callimaco, ti prego, non esporti se credi non sia il caso. Forse noi chiediamo troppo nel voler essere partecipi di cose che sono più grandi di noi. Tu hai viaggiato, hai visto molte genti e gli dei ti hanno protetto. Ora che sei così vicino alla dea forse dovremmo accontentarci di saperti tale, di essere felici quando ti allontani prendendo la via per Eleusi, di aver compreso molte cose riguardo il tuo comportamento. Non rischiare di incorrere nell’ira di Demetra dispensatrice di messi se non lo ritieni opportuno."

Callimaco sorrise nell’accogliere quelle parole e lo sguardo di Melissa dai verdi occhi e rispose: "Non di Demetra e di culti misterici, amici, vi sto per raccontare." Sul volto dei fratelli apparve un’espressione di profondo stupore. "Sono stato ad Eleusi, qualche volta, è vero; qualcosa di quei luoghi e forse un giorno potrò raccontarvi. La maggior parte del tempo tuttavia l’ho passata ad Atene e quello che state per udire riguarda Atena." Fece una pausa "Atena e i suoi cavalieri."

"Atena, dea della saggezza." mormorò Cratilo.

"Atena, dea della guerra." aggiunse Melissa.

"E’ entrambe le cose, invero, ma forse non nel senso che intendete voi. Saggia è davvero la protettrice di Atene, ma pronta alla lotta quando è necessario."

"Adesso parli come se tu fossi stato pure sull’Olimpo e l’avessi conosciuta." disse con malcelata ironia Cratilo. "Guarda che non sono venuto qui per sentimi raccontare favole!"

"Nel mito gli uomini incontrano gli dei, non nella vita reale." aggiunse Melissa "Pur se molte volte vorremmo davvero poter parlare direttamente con loro, invece che con gli oracoli. Quanto sarebbe desiderabile ad esempio poter impetrare di persona Asclepio quando ci si reca al santuario di Epidauro a chiedere la guarigione da qualche male."

"Sono sagge le tue parole, Melissa. E comprensibile il tuo desiderio. A quante domande noi mortali non sappiamo rispondere e per questo desidereremmo poter avere risposta direttamente da uno dei celesti? E quante volte, io bambino, pregai Asclepio perché guarisse il nonno dai suoi mali? In quei giorni non avrei mai potuto immaginare che un giorno, davvero, mi sarei trovato faccia a faccia con una dea."

Melissa gli si avvicinò e disse a bassa voce quasi sconsolata: "Callimaco, perché parli così? Per qualche motivo di vuoi burlare delle divinità e di noi?"

Il giovane non poté trattenersi allora dal posare una mano sulla guancia della ragazza e dirle mentre l’accarezzava: "Mai potrei mentire ai tuoi occhi, Melissa, mai potrei anche solo pensare di prendermi gioco di te. E mai, d’altro canto potrei voler ingannare te, Cratilo, amico mio."

Esitando la ragazza bisbigliò: "Hai davvero visto la dea Atena? E le hai pure parlato?" Stupore e riverenza vi erano nelle sue parole.

"L’ho veduta. E naturalmente le ho parlato."

"Se può essere naturale parlare con di Dei! Eppure i tuoi occhi sembrano sinceri."

"Lo sono le mie parole, Melissa."

Cratilo, sul cui viso vi era lo stesso stupore della sorella, a quel punto disse con tono serio: "Ebbene, amico mio, se davvero i numi ti hanno concesso una simile grazia io non posso che rallegrarmi con te e ed essere fiero di esserti amico e compagno. Io sono un uomo semplice, che vive di quel che la terra produce, che ha visto solo poche leghe del mondo, per terra e per mare, lontano dalla bella Corinto. Tuttavia se il mio migliore amico dice di aver avuto la grazia di parlare con una dea, ebbene, io gli credo. E possa questo essere una benedizione per noi tutti."

Callimaco allora abbracciò l’amico dicendo: "Lo è più di quanto tu immagini. Ora, lasciate che vi racconti quel che mi è concesso dire."

E mentre il cuore di Melissa cominciava a battere sempre più forte il suo amato cominciò a narrare.