Capitolo 52: Legame Eterno
La luce aveva invaso la galleria che portava dal labirinto dove Shiqo stava avendo ragione di Steno al prossimo luogo e, di certo, al prossimo nemico. Il Sommo Sacerdote di Atene, raggiunto da quell’immensa luminosità, fu sensibilmente rallentato nei suoi movimenti, tanto da doversi momentaneamente fermare, attendendo che quel bagliore si placasse; al contrario, Elettra e Lorgash, che prima di Golia avevano intrapreso quel percorso, furono appena raggiunti dalla luce, che non occluse loro la visuale, permettendogli di arrivare all’esterno della galleria in cui stavano correndo.
I due guerrieri si ritrovarono in una vasta arena semisferica, una cavità nel terreno che v’affondava di alcuni passi, ma impossibile da evitare con un salto, poiché di una vastità troppo grande era il diametro di quella semisfera, al cui centro stagliava una figura avvolta in un mantello.
"Il nostro prossimo nemico?", domandò l’amazzone, una volta focalizzata la figura, "Il mio nemico, tu hai già combattuto la tua battaglia, ora lascia questa a me." , sussurrò con tono deciso il cavaliere d’oro, avanzando per primo in quella fossa le cui pareti erano delle naturali scalinate, che portavano verso il fondo.
Quando ormai furono a pochi passi dalla loro avversaria, la videro in volto: una donna dal capo rasato, adornato con feroci, quanto ancestrali, simboli ed abbellita da un diadema dagli splendidi decori, che quasi contrastavano per grazia, con il viso e gli scarlatti occhi nello stesso incastonati.
"Siete voi i miei primi nemici, quindi? Primi di una lunga lista di assassini che pagheranno con la vita i loro crimini." , esordì l’avversaria, "Assassini ci chiami? Eppure gli Hayoka hanno impedito il massacro di coloro che i figli della Bestia avevano asservito alle loro volontà!", replicò con tono calmo Lorgash di Capricorn.
"Ebbene, assassini voi siete agli occhi miei, agli occhi di Echidna, la sposa di Tifone!", esclamò presentandosi la mitologica creatura, "Poiché avete strappato alla terra dei vivi i miei figli una seconda volta, io vi chiamo assassini e come tali vi punirò, uno dopo l’altro, senza sconto alcuno!", minacciò, lasciando esplodere il proprio cosmo maestoso.
Il mantello che copriva l’esile figura della Sposa di Tifone andò in cenere per l’avvampare di quel cosmo, rivelando le vestigia di cui la creatura si fregiava: decorate con la medesima bellezza del diadema, per magnificenza erano simili al contrasto che già si delineava sul volto fra eleganza e selvaggia furia, ora riproposto sui gambali e sul tronco dell’armatura, ma mai quanto sulle minacciose braccia, dove scaglie aguzze costituivano le spalliere, mentre, dai gomiti, s’andavano sviluppando verso il suolo due lunghe fruste, simili a serpenti, che ricoprivano del tutto gli avambracci, celando perfino le mani dell’Echidna.
"Fatevi dunque avanti, forza! Così che possa liberarmi di voi e di colui che vi segue, poiché altri ne sopraggiungeranno, vincitori su Steno e sui miei figli e desiderosi di schiacciare anche noi, ancestrali sposi…", esclamò la creatura, schioccando al suolo le due fruste.
"Elettra, fai qualche passo indietro, lascia a me la battaglia." , affermò con tono pacato Lorgash, osservando la nemica, "Inutile cavalleria la tua, guerriero di Atena, non temo di affrontarvi tutti assieme, so già che la vittoria mi arriderà!", ribatté l’Echidna; "Vana è invece la tua superbia, creatura mitologica! Come puoi contare sulla vittoria se ancora non conosci le capacità dei nemici che affronterai?", incalzò il santo d’oro, "Perché conosco la mia forza e, cosa più rilevante, so di seguire la via giusta! Che le motivazioni che muovono le mie fruste sono quelle più nobili!", replicò l’altra, movendo attorno a se le proprie armi.
"Noi combattiamo per la salvezza degli uomini che voi volete schiacciare dopo aver abbattuto gli dei, per la Giustizia e la Pace muoviamo battaglia contro voi, mostri mitologici! E dimmi, Echidna, cosa può esserci di più giusto di questo?", domandò allora Lorgash, mentre già il dorato cosmo lo circondava, "Il legame fra due sposi! L’indissolubile unità che condivido con Tifone. Quello è il fuoco che anima la mia forza e rende spietate le mie azioni. Le vostre azioni, ai miei occhi, cercano solo di spezzarlo, dividendoci di nuovo, ebbene questo è il massimo dei peccati per me, per questo morirete! Sappiate ciò, nel momento in cui la vita abbandonerà quelle carcasse di carne!", tuonò la sposa della Bestia, mentre anche il suo cosmo si preparava alla battaglia.
"Parole tanto nobili mai le avrei immaginate dette da una creatura come te, Echidna, ma ciò non cambia il dovere che mi è imposto. Ti combatterò, mitologica sposa della Bestia, e ti vincerò, per la Giustizia in cui credo!", esclamò il santo di Capricorn, scagliando un fendente della sacra spada Excalibur contro il corpo nemico.
Lesta fu l’Echidna nello spostarsi lateralmente, accompagnando a questo movimento un attacco con la frusta destra, che, seguendo il movimento a semicerchio del braccio, danzò verso il bersaglio, il santo d’oro di Atena, che prontamente effettuò un’altra spezzata con la sacra Lama, cercando di spezzare lo strumento nemico; proprio all’ultimo, però, come se animata da una volontà distinta, la sinuosa arma si contrasse nella direzione opposta a quella che aveva puntato, deviando subito dopo di un angolo piatto, per cercare di colpire Lorgash allo sterno.
Con un considerevole lavoro addominale, però, il cavaliere di Atena si allontanò prima che l’arma lo colpisse, lasciandola conficcare nel terreno, dove, improvviso e devastante, esplose il cosmo dell’Echidna, annerendo la terra attorno alla frusta; "Portatrici del mio siero, venefico per qualsiasi forza, queste sono le Fidia dell’Echidna!", esclamò la creatura mitologica, sorridendo minacciosa contro il proprio nemico. Lorgash, in tutta risposta, si chinò sulle ginocchia, spiccando quindi un pronto salto verso l’avversaria, "Se anche quelle fruste riescono a muoversi all’ultimo istante, una volta superata la loro difesa, come farai in uno scontro a breve distanza?", incalzò il cavaliere d’oro, mentre già l’attacco andava scatenandosi; con prontezza il santo del Capricorno si gettò in avanti, tentando un affondo, ma trovando subito le due Fidia in difesa della loro padrona, una difesa più simile ad un attacco, per come le due fruste si mossero rapide nel tentativo di affondare nello sterno del cavaliere che, prontamente, spiccò un salto, evitando la frusta destra e poggiando un piede sulla sinistra, per darsi maggiore slancio e cercare un affondo frontale contro la nemica.
"Eccoti, Echidna, il taglio della Sacra Excalibur!", esclamò il santo d’oro, ma, nel momento stesso in cui il taglio della destra andava all’assalto della preda, questa mosse con rapidità una frusta, deviandone la direzione e conficcandola alla propria destra, si lasciò attirare verso la parete, evitando l’affondo della lama d’energia cosmica, che si perse nel terreno sotto di lei, lasciando ora una breve distanza fra i due contendenti.
"Attento, Lorgash!", ebbe appena la voce di urlare Elettra, spettatrice del duello, quando il santo d’oro, rotolando lateralmente, evitò un affondo della seconda delle Fidia, che si perse nuovamente nel terreno.
"Non vi sono punti morti nell’assalto delle mie fedeli armi, che sia breve o vasta la distanza fra me e la preda." , avvisò con tono secco la sposa di Tifone, mentre un nuovo sguardo di sfida veniva scambiato fra i due combattenti, "Eppure, creatura mitologica, ancora non conosci appieno le capacità della mia Sacra Spada." , replicò con tono sicuro il santo d’oro, mentre un suono di passi interrompeva lo scontro, annunciando un nuovo arrivo sul campo di battaglia, quello di Golia del Toro.
"Sommo Sacerdote…", esordì il Cavaliere d’oro, riconoscendo l’Oracolo di Atena, appena uscito dalla galleria che collegava con il labirinto, ormai assorbito dalla luce, "Un altro nemico dunque…", osservò Echidna, lasciando per un attimo lo sguardo sul nuovo giunto, "abbi pazienza di aspettare, verrà il tuo turno per morire." , affermò decisa la mitologica creatura.
"Al contrario, creatura del Mito, tu non avrai modo di affrontare il primo seguace di Atena, dovrai piuttosto difenderti dal mio prossimo attacco!", incalzò Lorgash, scattando nuovamente in avanti.
Pronta fu la frusta di destra nel tentare un affondo contro il nemico, ma questi compì un balzo laterale per evitare l’attacco, che fu prontamente continuato da una variazione di traiettoria della Fidis, disegnando nell’aere un angolo piatto, per puntare verso la schiena del cavaliere d’oro, che, prontamente, compì un salto all’indietro, lasciando affondare nel vuoto la frusta, così da aver modo di poggiare il proprio piede sull’arma nemica ed usarla come sostegno per un salto in avanti, quando già la seconda frusta stava spazzando l’aria dinanzi al suo bersaglio, pronta a colpirlo.
Lorgash fu però altrettanto pronto e, sbilanciatosi indietro, poggiò i piedi sull’arma nemica, dandosi la spinta verso il terreno, dove si sostenne con la braccia, per lanciarsi di nuovo in avanti con gli arti superiori incrociati dinanzi al viso; "Ora, Sommo Sacerdote, avanzate!", urlò il cavaliere d’oro, "Golden Cross", tuonò poi, scatenando la tagliente croce dorata sulla nemica.
Leste furono le Fidia a tornare dalla loro padrona, "Spirate in difesa, mie preziose braccia, danzate, disegnando la volta del Tartaro Oscuro…", esclamò l’Echidna, "Tolos Nucton!", tuonò la creatura mitologica, mentre già le fruste iniziavano a volteggiare, emanando il tetro cosmo della loro custode, che come una tetra cupola si delineò fra la sposa di Tifone e le lame dorate.
Per alcuni interminabili secondi, Golia attese, osservando le lame dorate immobilizzarsi e quindi indietreggiare, come spaventate da quella cupola oscura, furono le parole di Lorgash a far riprendere il Sommo Sacerdote: "Forza, cavaliere del Toro, va avanti! Questa battaglia spetta a me, come all’Oracolo della dea spetta lo scontro con la Bestia!", esclamò il santo di Capricorn, scattando dal lato opposto al supremo Custode, effettuando un secondo attacco delle proprie spade, così da impedire all’avversaria di fermare la propria difesa, lasciando in tal modo la possibilità d’avanzare all’amico.
Il Sommo Sacerdote di Atene poté così avanzare, oltrepassando la nemica intenta in una superba difesa e lasciando al cavaliere d’oro ed all’amazzone quel confronto, poiché uno ben più impegnativo, di lì a poco, lo avrebbe atteso.
Una volta sicuro che Golia fosse passato, Lorgash interruppe l’inutile attacco, così come la sua nemica fermò la continua rotazione difensiva.
Per alcuni attimi il cavaliere d’oro e l’Echidna si scrutarono: le sacre lame dell’Excalibur e le sinuose movenze delle Fidia erano pronte a scattare verso il rispettivo bersaglio, ma in quel momento i due contendenti si stavano studiando vicendevolmente.
"Quello che hai definito Sommo Sacerdote era dunque la guida di voi cavalieri di Atena, è esatto?", domandò la mitologica creatura, "Sì, esatto. La nostra attuale guida e, per molto tempo, mio compagno in battaglia, Golia del Toro che prima d’ora ha vinto diverse battaglie in nome della Giustizia." , rispose il santo d’oro; "Un più che degno avversario per il mio sposo dunque, l’unico che avrà l’onore di incontrarlo e morire per sua mano." , osservò con voce compiaciuta l’Echidna.
"Non Golia conoscerà la sconfitta, bensì la Bestia a cui sei legata, creatura mitologica. Pieno di vigore e capacità è colui che ci guida, che in passato ebbe modo di confrontarsi con Briareo il centimane, oltre che con Thor, dio del Fulmine nordico e con una divinità egizia!", esclamò sicuro Lorgash, "Avesse anche vinto Urano, tutto ciò non servirà al tuo comandante, poiché, all’atto pratico, egli non ha mai incontrato l’assoluta potenza di Tifone, il mio sposo!", replicò con altrettanta sicurezza l’Echidna, mentre di nuovo le Fidia si lanciavano all’assalto.
Ancora una volta, prima la frusta sinistra, poi la destra, si mossero, dirigendosi all’unisono verso il petto del nemico, che, con un rapido scarto laterale, evitò la mancina, chinandosi quindi sulle ginocchia per scongiurare l’impatto con l’altra arma, prima di darsi la spinta con le gambe e compiere un altro salto contro l’avversaria; che prontamente richiuse sull’avversario le due Fidia, costringendolo ad una manovra differente, portandolo infatti ad abortire quel salto, spingendo verso il basso il proprio baricentro, per avanzare rasoterra, quasi scivolando sul terreno per la spinta datasi, dandosi quindi una nuova incisiva forza per un salto.
Stavolta, però, non fu un balzo in avanti quello tentato da Lorgash, bensì un attacco montante portato con il corpo e ricolmo d’energia cosmica, "Puoi anche aver evitato con la tua difesa vorticante le dorati croci che tutto spazzano via, ma niente potrai con tal difesa dinanzi ad un attacco ben più tecnico e mirato quale è il prossimo che ti mostrerò!", esclamò il santo di Capricorn, "Kuzuryusen!", urlò di seguito, scatenando la sequenza dei nove affondi d’energia.
Veritiere risultarono quindi le parole del cavaliere di Atena: niente poté la difesa di Echidna, ancora impegnata nell’assalto, contro un attacco tanto potente, quanto preciso, e quindi ben più difficile da riuscire ad arginare al meglio; la violenza del colpo raggiunse interamente il bersaglio, sollevando da terra la sposa di Tifone e scagliandola con violenza contro una parte di quella cupola capovolta, ferita, ma non priva delle sue armi.
Con placida calma la creatura si risollevò in piedi, "Bene, cavaliere, sembri non essere uomo da poco," esordì la mitologica sposa di Tifone, "avrai modo dunque di vedere una delle temibili tecniche offensive dell’Echidna." , continuò con tono sicuro, mentre già un tetro cosmo circondava le due Fidia, sollevandole a mezz’aria.
"Divé Fidion", esclamò l’Echidna, mentre, dinanzi agli occhi di Lorgash, le fruste aumentavano di numero, come se il cosmo dell’oscura creatura le moltiplicasse, rendendole venti, anziché due, e confondendone le traiettorie, ora tutte unite in un’unica spirale, incontenibile per velocità di rotazione.
Il cavaliere d’oro rimase quindi in silenziosa attesa, cercando di avvertire, attraverso il proprio cosmo, dove si trovassero le vere armi nemiche e, alla fine, percepì parte della verità, oltre l’inganno attuato dall’oscura aura: avvertì la frusta di destra dirigersi con un violento affondo contro il suo petto e solo scartando con un balzo rapido a sinistra, poté evitarla; solo all’ultimo, però, Lorgash percepì una spazzata effettuata verso il suo capo dall’altra frusta, quindi, compiendo un incredibile sforzo sulle gambe, il cavaliere spiccò un veloce salto all’indietro, allontanandosi dalla zona attaccata. Fu in quel momento che, distratto dall’attacco appena evitato e confuso dalla visione di decine di fruste, il cavaliere d’oro non s’avvide dell’altra Fidis, ora vicinissima al suo braccio destro, nel quale affondò con estrema facilità.
Un urlo di dolore proruppe per alcuni interminabili attimi dalla bocca del santo di Capricorn, "Lorgash!", esclamò Elettra, pronta ad intervenire nella battaglia, mentre, con un inumano sforzo, il cavaliere d’oro sferrò un fendente con il braccio sinistro, costringendo l’Echidna a ritirare la propria frusta e se stessa.
Per alcuni interminabili attimi il santo di Atena si guardò il braccio, stringendo dolorante il pugno, "Che cosa mi hai fatto?", fu la prima e sconvolta domanda che il guerriero pose all’avversaria, "Te ne sei reso conto, vero?", ridacchiò l’Echidna, chiaramente divertita.
"Cos’è successo, cavaliere?", incalzò preoccupata Elettra, "La sacra Lama di cui tanto ti vantavi non avrà più modo di mostrarsi da quel braccio, almeno non lungo questa battaglia e di certo non finché il mio cosmo resterà in questo mondo. Il siero di cui sono portatrice è veleno di morte per ogni forma di forza vitale, che sia il soffio della vita, o l’energia di guerriero, tu non potrai più sperar di mostrarla dopo essere stato infettato dal mio fiele ancestrale!", esclamò con soddisfazione la mitologica creatura, mentre ancora le Fidia s’agitavano attorno a lei.
"Ho ancora la forza di combatterti; le armi del Capricorno non si interrompono per la perdita d’un braccio…", avvisò Lorgash, rialzandosi in piedi e sollevando il braccio sinistro in una guardia frontale, con il taglio portato verso il suolo e la punta diretta contro la mitologica avversaria.
"Allora, forza, uomo, attaccami!", sfidò l’Echidna, agitando le Fidia, prima di lanciarle in una rapida corsa contro il loro bersaglio.
Le due fruste saettarono quasi all’unisono contro il cavaliere nemico che, con un rapido balzo, si spostò, portando ambo le armi nemiche sul suo lato sinistro, l’unico da cui ancora poteva partire un attacco attraverso il braccio, ma altrettanto pronte furono le due armi a chiudersi, quasi fossero una mazza, contro il nemico, costringendo Lorgash ad un lieve salto indietreggiante, mentre effettuava un fendente a spazzare.
L’attacco trovò però il vuoto dinanzi a se, poiché rapide le due estensibili fruste s’erano spostate sui fianchi del nemico, puntando l’una a colpirlo dall’angolo basso a sinistra, lì dove la posizione del braccio lasciava una zona scoperta, mentre l’altra già si dirigeva sulla destra, dove l’arto superiore cercò di fermarla, ricevendo solo una lieve ferita, che ne dimostrò l’inutilità in una così complessa battaglia.
"Ora anche la tua fiamma vitale si spegnerà!", minacciò soddisfatta l’Echidna, "Horse Fire Gallop!", urlò però una voce alle sue spalle, costringendo la mitologica creatura a variare la traiettoria delle Fidia, che ora puntavano all’unisono contro l’amazzone che s’era intromessa nello scontro.
"Elettra!", urlò Lorgash, portando in avanti il proprio corpo, così da poggiarsi sul braccio sinistro, effettuando una capriola in avanti e, proprio mentre quel movimento spazzava l’aria, un’esplosione d’energia cosmica scaturì dalle gambe del cavaliere d’oro, creando un fendente energetico che con immensa velocità corse contro la sposa di Tifone, costringendola a ritrarre le armi e salvando l’amazzone dallo scontro diretto con la nemica.
"Cosa fai, cavaliere? Volevi forse colpirmi?", domandò stupita Elettra, "No, ho cercato di evitarti il contatto con le armi dell’Echidna." , spiegò secco Lorgash. "Non posso farti combattere da solo, specie in una condizione del genere." , replicò decisa l’amazzone, espandendo il proprio cosmo pronto allo scontro, "Ma io non voglio rischiare che tu perda la vita…", rispose, con inaspettata sincerità, il santo di Atena, lasciando sorpresa la guerriera di Artemide.
"Dunque vi è un legame anche fra voi? In una situazione del genere, però, non sarà la vostra forza, bensì una debolezza se l’uno non crederà nell’altra…", li ammonì la mitologica creatura, mentre la sorpresa si disegnava sul viso di Lorgash per quelle parole, "Non servirà che ti combattiamo entrambi, Echidna; come hai visto, anche nelle mie gambe risiede il sacro taglio dell’Excalibur! Basterà questo per aver ragione di te." , avvisò con decisione il santo d’oro.
"Sarai anche dotato di altre due lame, cavaliere di Atena, ma ciò non cambia la verità dei fatti: sono le braccia la tua forza, si comprende da come hai voluto combattere finora; se la donna a cui sei legato non avesse rischiato la vita, tu non avresti usato quelle gambe in battaglia, proprio perché non sono arma su cui hai fiducia, o sbaglio?", incalzò con attenta analisi l’Echidna.
Elettra sapeva bene come le parole dell’avversaria fossero veritiere: Lorgash stesso le aveva confessato tempo addietro come l’addestramento impartitogli da Shiryu di Dragon fosse stato sempre più concentrato sulle braccia che sulle gambe ed anche in seguito all’investitura, il cavaliere d’oro non aveva mai cercato di sanare questa sua mancanza, solo di recente, durante i loro addestramenti, il santo di Atena aveva iniziato ad apprendere come combattere con gli arti inferiori, cosa in cui l’amazzone era più ferrata.
"Non temere, Echidna, non serviranno le gambe per vincerti, basterà il taglio della mia mano sinistra e l’ultimo colpo che ho appreso dal grande Shiryu di Dragon!", avvisò nel frattempo il santo d’oro, scattando all’assalto della nemica.
Le Fidia non si fecero quindi attendere, assalendo da ambo i lati il cavaliere, che, inaspettatamente, si lanciò contro quella alla propria destra, proprio il lato che il braccio non avrebbe potuto difendere, e fu proprio l’arto superiore che per primo incontrò l’arma nemica, cercandola con il palmo della mano, per poi, con un consistente sforzo, sollevarsi sulla frusta, compiendo una breve corsa, sufficiente per prendere la spinta necessaria a compiere un alto salto, tale da trovarsi, in pochi attimi, al di sopra dell’Echidna.
Ora il taglio della mano sinistra rifulgeva di cosmo ardente, "Preparati, sposa della Bestia, ora subirai il massimo colpo dell’Excalibur!", esclamò Lorgash, "Ryutsuisen!", tuonò il cavaliere d’oro, producendo il possente fendente d’energia, che calò come un maglio contro il proprio bersaglio.
Per un attimo, il timore s’impadronì dello sguardo dell’Echidna, poi anche il cosmo della mitologica creatura s’alimentò, "Tolos Nucton!", ordinò la sposa di Tifone, sollevando l’estrema difesa contro il potentissimo attacco.
Elettra osservava lo scontro da una distanza ravvicinata e lo scatenarsi di quelle due maestose potenze la sbalzò indietro, scaraventandola con violenza contro una parete di pietra, in quella cava che faceva da arena a quel magistrale scontro.
Per interminabili momenti l’amazzone non vide cosa succedeva, ma sentì solo le urla dei due contendenti, intenti in un magistrale confronto di forza; poi, quando la luce dell’attacco dorato e l’oscurità dell’ancestrale difesa, si quietarono, tutto tornò chiaro agli occhi, ormai privi di maschera, della guerriera di Artemide.
Poco distante dai due nemici restava una Fidis, recisa lì dove iniziava la mano dell’Echidna, come il sangue, gocciolante dal polso sinistro della creatura, lasciava facilmente comprendere, ma non era quella l’unica ferita residua da quella battaglia: entrambi i contendenti erano segnati nel viso e le loro armature incrinate in più punti… solo allora, però, dopo aver osservato tutto dai piedi fin alle teste dei due, l’amazzone vide ciò che la lasciò sgomenta: l’altra Fidis, la destra, era penetrata nell’avambraccio sinistro di Lorgash!
"Ancora una volta, sono io in vantaggio, cavaliere! Per quanto devo ammettere che questo tuo ultimo colpo è stato degno di lode… una forza che mai mi sarei immaginata di vedere da un mortale." , osservò prontamente l’Echidna, mentre il suo nemico digrignava i denti, per trattenere il dolore, stringendo ambo le mani contro la frusta nemica, pronto ad usarla come trampolo per un fendente con le gambe.
La sposa di Tifone, però, s’avvide di questa tattica e con incredibile semplicità mosse la propria arma, scagliando lontano il nemico ferito, che sarebbe di certo caduto contro la parete di pietra se Elettra non si fosse mossa prontamente per aiutare il compagno.
Per alcuni secondi il santo d’oro e l’amazzone si guardarono, ancora una volta l’uno capiva i pensieri dell’altra ed ancora una volta entrambi intuirono quante fossero le possibilità che l’uno fosse di peso per l’altra, date le ferite che entrambi avevano subito, ma questa volta un sorriso si dipinse su ambo i visi, "Sembra che sia tempo anche per me di partecipare alla battaglia… in fondo, persino la tua nemica ti ha detto poc’anzi che fare del nostro legame un difetto non sarà d’aiuto, questa dovrà essere piuttosto la nostra forza!", esordì l’amazzone, mentre stringeva a se la mano del cavaliere d’oro, "Una forza indissolubile, come ciò che ci lega…", concordò Lorgash, rialzandosi in piedi.
"Vedo che infine avete compreso ciò che rende potenti me ed il mio sposo, ma ciò non vi salverà dalla sconfitta… poiché più antico è il legame fra Tifone e l’Echidna!", avvisò la mitologica creatura, "Sarà da vedersi, se, però, è altrettanto profondo come legame…", ribatté con sarcasmo Elettra, lanciandosi all’assalto dell’avversaria assieme a Lorgash.
I due effettuarono un attacco combinato, portandosi l’uno alla destra dell’Echidna, l’altra nella zona scoperta, la sinistra; con un veloce salto il santo d’oro tentò un fendente con la gamba sinistra, piombando dall’alto contro l’avversaria, mentre già Elettra, portatasi sul fianco opposto era pronta a sferrare un violento pugno contro il corpo dell’avversaria, ricolmo d’energia cosmica.
"Stolti!", urlò allora la sposa di Tifone, spazzando con violenza l’aria con la Fidis, che deviò il calcio di Lorgash prima ancora che questo fosse sferrato e costrinse l’amazzone del Cavallo a fermarsi, indietreggiando di alcuni passi.
L’attacco non s’era però concluso, poiché le attente mani di Lorgash si poggiarono al suolo, dando al cavaliere d’oro la spinta per lanciarsi in un nuovo affondo, stavolta a gambe unite, contro il ventre dell’Echidna, che prontamente sferrò un attacco con la propria frusta, in difesa da quello nemico, costringendo il cavaliere d’oro a poggiare al suolo la mano destra, spingendosi nell’angolo più lontano dall’arma avversa.
Solo in quel momento, mentre Lorgash s’allontanava, l’Echidna si rese conto che il suo avversario sorrideva, "Fire Explosion!", ebbe appena il tempo di sentir urlare alle spalle, prima di lanciare in avanti la Fidis per affondarla nella dura pietra ed essere dalla stessa attirata, salvandosi così dall’esplosione di fuoco avversa.
"Sembra che il vostro legame sia poi più forte di quanto m’aspettassi…", si complimentò la sposa di Tifone, "ma non è ancora abbastanza per vincermi!", tuonò infine, asportando dalla parete rocciosa un’intera zolla di pietra e scagliandola contro i due avversari.
"Spostati, Elettra!", urlò Lorgash, spiccando un veloce salto e portandosi dinanzi all’amazzone, così da dividere a metà la zolla di pietra con un secco calcio, prima che un violento cosmo la polverizzasse del tutto.
"Proprio ciò che volevo, i miei due nemici uno dinanzi all’altra; ora proverete l’ultima tecnica dell’Echidna!", esclamò la mitologica creatura, mentre la Fidis veniva circondata da un tetro bagliore, premonitore di morte, "Butizo Scoteinò!", tuonò, mentre la sinuosa frusta diventava un gigantesco ed oscuro cono, che tutto inaridiva lungo il suo percorso, diretto verso i due guerrieri.
Shiqo della Lontra era stato raggiunto, all’interno del labirinto dove aveva vinto Steno la Gorgone, dai quattro cavalieri che, nei precedenti scontri, erano stati lasciati indietro da lui e da Golia; lieto era stato il comandante degli Hayoka di rivedere oltre ad Ash del Corvo, anche Bow dello Storione, Botan di Cancer e lo stremato cavaliere d’argento di Cefeo in particolar modo, il guerriero pellerossa ringraziò il suo tetro parigrado per l’aiuto datogli indirettamente nello scontro appena conclusosi.
"Ho riconosciuto il tuo cosmo, amico mio, portatore di una freddezza innaturale per chi non ha vissuto la stessa sorta che ti è stata data… un cosmo che mi è stato comunque d’aiuto in questa battaglia ed in quella che avevo con me stesso; di ciò ti ringrazio Ash del Corvo." , aveva con franchezza affermato Shiqo, prima di invitare i quattro a seguirlo verso l’uscita da quel tetro labirinto.
A lungo il gruppo aveva corso, avvertendo l’evolversi dello scontro nella sala successiva, una battaglia da cui il Sommo Sacerdote s’era allontanato, unico a dirigersi verso la Bestia che li attendeva, ma più di questo, ciò che premeva ai cinque era la furia dei cosmi che s’andavano scontrando: dapprima quelli di Lorgash e della sua nemica, poi, lentamente, la forza del cavaliere era stata come bloccata, mentre anche l’amazzone era scesa in campo, per aiutare l’alleato, finché, d’un tratto, una nuova e più spaventosa espansione d’energia dell’ultima avversaria aveva fatto fermare il gruppo.
"Quale terribile potenza…", ebbe il tempo di balbettare Bow dello Storione prima che, inaspettatamente, Botan barcollasse, cadendo in ginocchio.
"Sacerdotessa d’oro, che succede?", domandò sorpreso Shiqo della Lontra, "Qualcosa… qualcuno è stato investito da quella potenza oscura…", affermò preoccupata la Custode della Quarta Casa, quasi ignara di cosa avesse percepito, ma timorosa per il peggio.
Lorgash di Capricorn era stato sbalzato indietro dalla violenza del colpo nemico, incapace di trattenerne la forza, o evitarlo, l’unica cosa che il cavaliere d’oro fece fu urlare: "Elettra, allontanati, presto!", poi solo le tenebre lo avvolsero per interminabili secondi, mentre un caldo respiro parve soffiare sul suo viso, prima che la scena si palesasse anche agli occhi, oltre che alla mente timorosa: l’amazzone era stata colpita!
La Fidis era affondata per diversi centimetri attraverso una ferita nella schiena dell’ultima amazzone, che ora scivolava, quasi senza forze, fra le braccia del cavaliere d’oro, mentre l’arma si ritirava.
"Elettra!", urlò in lacrime il santo di Atena, espandendo il proprio cosmo, quasi a volerlo donare a quello sempre più flebile della compagnia, che, in tutta risposta, lasciò espandersi le ultime forze che ancora la legavano alla vita mortale; fu in quel momento che le due energie vitali si fusero e Lorgash poté vedere se stesso attraverso gli occhi dell’amazzone e pianse, poiché sapeva che mai più avrebbe vissuto un momento simile, un’unione tanto profonda un incolmabile desiderio di restare l’uno accanto all’altra, che provava con il suo cuore e con quello di Elettra allo stesso tempo.
"Non saremo mai più soli, la nostra solitudine sarà vinta dalla presenza che ognuno di noi due sarà per l’altro…", con queste parole una volta avevano condiviso quasi un mutuo giuramento, parole che, in quel momento, parvero rompersi per sempre nel cuore del cavaliere d’oro.
"Vivrò per sempre nel tuo ricordo, eterno sepolcro della mia esistenza mortale…", sussurrò con un soffio di voce l’amazzone, "mentre il mio spirito t’attenderà nelle vaste praterie del Paradiso dei Cavalieri, lì la nostra solitudine si quieterà per sempre, l’uno nelle braccia dell’altra, ancora una volta…", continuò, mentre calde lacrime rigavano i visi di entrambi, "vedi, però, di farmi attendere il più possibile…", concluse, con un ultimo affaticato alito di vita Elettra del Cavallo, mentre un triste sorriso e delle calde lacrime ne segnavano l’ultimo sguardo verso Lorgash di Capricorn, prima che la visse abbandonasse anche l’ultima delle Amazzoni di Artemide.
"Infine il vostro legame s’è dimostrato profondo oltre ogni immaginazione… mai avrei pensato che due mortali potessero arrivare ad un così alto sacrificio l’una per l’altro." , osservò con vero rammarico l’Echidna, "Per questo, cavaliere di Atena, ti lascerò vivere. Va via da questo labirinto, abbandona quelle vestigia e la guerra, cerca il riposo per un cuore spezzato, come fu il mio quando il mio sposo fu rinchiuso in questo orrido Vulcano e seppi della morte della nostra prole; poiché conosco il dolore che t’arde dentro, ti lascerò vivere, cavaliere, quindi sfrutta questo mio atto di pietà e fuggi da questa caverna che per i tuoi compagni sarà sepolcro.", sentenziò con tono accondiscendente la sposa di Tifone.
Lorgash di Capricorn, però, non aveva orecchie per le parole esterne al suo piccolo mondo; rigato era il suo cuore, pieno di solchi simili a quelli che sul volto stavano facendo le lacrime, altrettanto in pezzi stava andando in lui la speranza e l’onore, lasciando il posto alla sofferenza ed all’unica valvola che aveva per fermare tale dolore: l’odio.
Poggiato al suolo, con immensa delicatezza, il corpo senza vita dell’amazzone, il cavaliere d’oro alzò lo sguardo verso l’Echidna, "Indietreggia, cavaliere, non voglio la tua vita in questo momento!", minacciò la mitologica creatura, ondulando la Fidis dinanzi a se. Proprio in quel momento, però, la sposa di Tifone poté notare come il cosmo che ora circondava il suo nemico non fosse più semplicemente dorato e tagliente, ma adesso vi era qualcosa di nuovo: una fiamma che pareva ardere di incontrollabile furia, una fiamma che in tutto ricordava quella della sua defunta compagnia.
"Infine, i cosmi si sono fusi nell’ultimo atto d’unione che fra voi poteva esserci…", osservò con un misto di stupore e rispetto la mitologica nemica, "ma questo non ti darà comunque la vittoria!", concluse, scagliando la Fidis all’attacco.
Rapido fu il balzo di Lorgash, che portandosi sulla destra, lasciò cadere tutto il peso sulle mani, sulle quali si poggiò, spiccando un acrobatico salto in avanti, subito seguito, nella sua traiettoria, dall’arma nemica, che prontamente evitò con una rapidissima piroetta a mezz’aria, riportandosi in traiettoria discendente per poggiare di nuovo le mani al suolo.
La Fidis fu subito sul proprio nemico, cercando di colpirlo, ma leste si mossero le mani del cavaliere d’oro, permettendogli delle veloci rotazioni sul proprio asse verticale, effettuando così delle rapide stoccate che deviarono l’arma nemica.
Non la velocità con cui ora si muoveva il guerriero dorato sorprese Echidna, bensì il vorticare di fiamme che ormai lo aveva del tutto circondato; "Non so cosa tu abbia in mente, ma, per quanto mi abbia addolorato la tua perdita, non potrei mai sopportare che un simile dolore pesasse sul mio sposo, quindi dovrò al fine eliminarti!", esclamò la mitologica nemica, ritirando la propria arma, ora di nuovo ricolma dell’oscura energia che poco prima aveva ucciso Elettra.
"Butizo Scoteinò!", ordinò di nuovo l’Echidna, ricreando quel cono dalla mortale aura, che ancora una volta si gettò contro il cavaliere di Atena, ormai completamente circondato dalle fiamme dorate che adesso parevano appartenergli.
"Heated Blades Gallop!", urlò la voce del Custode della Decima Casa, mentre il cono oscuro veniva divelto da gigantesche e dorate fiamme, le stesse che, pochi attimi dopo, Echidna vide materializzarsi sull’avambraccio destro, in sei punti diversi, che caddero tutti, come pezzi di un tronco, prima di prendere ognuno fuoco distintamente. Lorgash, però, non era rimasto immobile mentre la nemica si rendeva conto della mutilazione subita e, con un movimento pari a quello di un’elica, il cavaliere d’oro avanzò, oltrepassando in un balzo la mitologica creatura.
Interminabile fu il silenzio che ne seguì, mentre quattro tagli, tutti prodotti con chirurgica abilità, si delinearono sul corpo di Echidna, iniziando a produrre alte fiamme, "Mio sposo, perdonami… il loro legame ha vinto la forza che il nostro m’aveva portato…", ebbe appena la capacità di dire la mitologica creatura, mentre due sottili lacrime si spegnevano sul suo viso, ormai acceso dalle fiamme, come tutto il corpo, dei fendenti andati a segno.
In un cadavere incenerito si spense l’Echidna; Lorgash di Capricorn, completato il proprio attacco, osservò la sorte che aveva riservato all’avversaria: non vi era più odio nel suo sguardo, solo dolore, dolore per ciò che aveva perso e per come, in qualche modo, proprio colei che aveva appena ucciso era forse la creatura che poteva meglio comprenderlo in quel momento.
Senza aggiungere parola alcuna, il cavaliere d’oro oltrepassò la nemica appena sconfitta, inginocchiandosi dinanzi al corpo senza vita di Elettra, di cui accarezzò i neri capelli, prima di iniziare un sommesso pianto, lo stesso in cui lo avrebbero trovato intento i cinque compagni, una volta che lo avessero raggiunto.
Non era però l’unico a soffrire in quel momento Lorgash, in una stanza poco distante, seduto sul suo freddo trono di pietra, Tifone aveva lasciato cadere la propria fronte contro quella stessa coppa che aveva creato da un teschio umano, coppa dove aveva bevuto con gioia assieme alla propria ancestrale sposa.
"Echidna…", sussurrò appena colui che definivano la Bestia, prima che i passi di Golia del Toro lo costringessero a rialzare il capo, spaccando con un secco movimento delle dita quella coppa d’osso ed osservando con mal celata furia chi stava per giungere da lui.
Tifone sapeva che era tempo che anche il suo cosmo si scatenasse, come non faceva da millenni, era tempo che l’inarrestabile furia degli elementi si rivelasse nella forma primigenia! Il tempo dell’ultima battaglia.