Capitolo 27: Acqua, Fulmine e Gelo
Hornwer del Cervo aveva varcato assieme ai due compagni Hayoka la soglia della sala dello Spirito dell’Acqua consacrato ad Amaterasu, dea del Sole giapponese, ma, non appena entrato in quel luogo, si trovò circondato dalla nebbia.
Il guerriero pellerossa, però, non vacillò come Lihat, stupita e confusa da quel luogo, bensì avanzò, in silenzio, ma avanzò continuando a guardarsi intorno, finché non percepì qualcuno, o meglio qualcosa, alla propria destra: "Rivelati, guerriero asiatico, o almeno manifestati, se proprio non mi sei dinanzi adesso", esordì il comandante del trio di nativi americani.
"Mi complimento con te", fu la risposta che, dopo alcuni istanti, ricevette Hornwer, "la tua compagna guerriera non è stata altrettanto fredda dinanzi alla folta nebbia che vi avvolge, potrei anche assalire lei per prima", osservò la voce ironica dell’avversario.
"Perché non attaccare me, piuttosto che un mio compagno in difficoltà?", incalzò allora l’Hayoka del Cervo, "Perché non vi sarebbe guadagno per la mia divinità se cadessi senza sconfiggere nemmeno un nemico; già Hyui e Mai hanno fallito nei loro scontri, tanto da costringere il nostro comandante ad agire di persona, bloccando la via ai tuoi alleati più in basso", spiegò allora la voce dell’avversario, mentre lentamente la presenza si allontanava.
"Aspetta, Portatore di Luce, dimmi almeno il tuo nome", esclamò allora Hornwer, "Lo sentirai quando ti affronterò", avvisò il guerriero asiatico.
Lihat del Falco Rosso, intanto, stava ancora avanzando preoccupata attraverso la nebbia, le sembrava quasi che, per ogni passo fatto nella folta coltre, una sottile rete le bloccasse i movimenti successivi.
La presenza, d’improvviso, si palesò di nuovo dinanzi alla giovane guerriera, "Bene, ragazza pellerossa, ho fatto una visita ad uno dei tuoi compagni, che, inaspettatamente, è particolarmente furbo, penso che lui riuscirà a trovare l’unica via per uscire dalla mia sala, cioè l’entrata", esordì la voce nemica, "mentre l’altro tuo compagno", continuò, "lui è già spento nella medesima trappola in cui sei finita tu", concluse con tono secco, prima che, in un’espansione d’energia cosmica, pronunciasse una singola frase: "Mugen Kiri".
La nebbia che fino a quel momento aveva circondato appena il corpo di Lihat d’improvviso divenne una serie di pesanti catene che, dalla superficie d’acqua, si legavano a tutta la figura dell’Hayoka del Falco Rosso.
"La nebbia infinita, la prima delle armi di cui sono padrone, l’acqua allo stato quasi gassoso, una trappola per te indistruttibile", avvisò la presenza, mentre già le catene si stringevano ancora di più al corpo di Lihat, spingendola verso la sottile superficie d’acqua dentro cui camminava, "ma non è solo una trappola, è anche un’arma mortale, capace di attirare verso l’acqua i miei nemici, affogandoli", concluse il nemico.
"Non posso cadere adesso, non ancora, non sapendo i miei compagni in pericolo", sussurrò allora Lihat, cercando di espandere il proprio cosmo, che apparve come un fascio di luce, scaturente dalla sua stessa persona, una luce di un rosso acceso. "Red Flash", urlò la ragazza, mentre attorno alla figura dell’Hayoka si sviluppavano dei fasci di luce simili a due maestose ali rosse, che liberarono la giovane pellerossa dalle catene di nebbia.
"Complimenti, meglio di quanto immaginassi, ma probabilmente questa sottile trama di polline ti è stata d’aiuto", osservò la voce nemica, mentre, solo in quel momento Lihat notava un sottile strato di polline fra lei ed il nemico.
"Comandante Hornwer", esordì lieta la giovane ragazza pellerossa, quando la figura dell’Hayoka del Cervo apparve vicino alla guerriera del Falco Rosso, "Sì, Lihat, scusa il ritardo, ma ho dovuto seguire il cosmo di costui attraverso quella nebbia, carica della sua energia, non è certo stato un facile lavoro, ma devo ammettere che il nostro nemico ha azzardato troppo stringendo la presa su di te", avvisò l’altro, sorridendo all’alleata.
Una risata divertita, però, proruppe dall’avversario, "Chiedo scusa per il modo fin troppo duro con cui mi sono rivolto a voi finora, guerrieri Hayoka, ma, capitemi, ho dovuto fare in modo che, il più potente dei miei tre avversari seguisse l’esca che gli proponevo, temendo per la vita di un’alleata", spiegò con tono ben più gioviale la voce.
"Che intendi dire?", domandò stupito Hornwer, "Semplicemente che, mio potente avversario, nessuno di voi due era la mia meta designata fin dall’inizio", concluse la presenza, prima di scomparire, sollevando una ben più densa nebbia attorno ai due che divenne quasi una gabbia, bloccandone i movimenti.
Firon del Puma era riuscito ad avanzare di diversi passi in quella nebbia che, come si era subito accorto, lo aveva diviso dai due compagni; non era preoccupato per loro, sapeva quanto forte fosse Hornwer ed aveva fiducia in Lihat, ma non gradiva quella nebbia e l’acqua che gli bagnava i piedi. Questi pensieri, però, scomparvero quando, nella nebbia, si delineò un’ombra; "Mugen Kiri", esclamò quella voce, nel medesimo momento in cui Lihat subiva lo stesso attacco, cingendo con le medesime catene anche Firon, ma non accompagnando quell’attacco con delle parole, spiegazioni, o altro, bensì con il silenzio di quella figura ancora immobile nella folta coltre nebbiosa.
"Chi sei?", tuonò più e più volte l’Hayoka del Puma, finché, dopo alcuni minuti d’attesa, la figura sembrò muoversi, "Scusa l’attesa, ma ho perso tempo a distrarre i tuoi due compagni, ora avremo un combattimento senza alcun’interruzione", rassicurò la voce, mentre lentamente la nebbia rivelava agli occhi del guerriero pellerossa il suo avversario.
"Preparati a combattere, nativo americano, hai dinanzi a te Aoshi del Kappa", si presentò la figura prima ancora che la nebbia scomparisse del tutto.
Sul versante destro del castello di Amaterasu, intanto, Ryo di Libra ed i suoi due compagni si stavano rialzando dopo un attacco che li aveva sorpresi non poco per la velocità con cui era stato lanciato.
"Dunque vi rialzate, cavalieri? Non di meno mi attendevo da chi si cinge delle dorate vestigia sacre ad Atena, o di una delle Quattro Bestie Mitologiche d’Oriente, ma, sappiate che questo luogo, la sala del Candido Rapace, sarà per tutti voi l’ultima spiaggia, ove i vostri piedi cingeranno il loro ultimo passo", avvisò una voce circondata da un fortissimo stridere, come versi di mille e più falchi, prima che un lampo di luce volasse verso i tre avversari, travolgendoli ancora una volta, così da farli ricadere al suolo. Almeno così parve: Ryo di Libra era rimasto in piedi, difeso dallo scudo dorato che ne copriva l’avambraccio destro.
"Bene, cavaliere d’oro, sono lieto di questa sorpresa, ora fammi vedere se sai fare di meglio", continuò la voce del nemico, mentre questi continuava a restare celato fra i rami dei diversi alberi, "Fatti avanti, Portatore di Luce, o forse mi temi?", domandò allora il figlio di Shiryu, sollevando lo scudo verso la direzione da cui sentiva arrivare lo stridere.
Ancora una volta, però, solo una saetta di luce fulminante volò verso il cavaliere di Atena, ma, questa volta la replica del santo d’oro fu ben diversa: sollevando lo scudo dinanzi a se e divaricando le gambe per meglio reggere il contraccolpo. Ed il colpo investì in pieno Ryo, un pugno di pura energia elettrica che fu parato dallo scudo dorato, ma, prima ancora che le scariche si fermassero, permettendo al figlio di Shiryu di delineare le forme del suo nemico, un avviso raggiunse il santo di Atena: "Allontanati"; parole che provenivano dalle sue spalle, da uno degli alleati.
L’avviso fu però inutile, infatti Ryo fu investito in pieno da una miriade di fulmini che lo travolsero, gettandolo indietro, poco lontano dai due compagni, prima che la figura nemica scomparisse di nuovo con un rapido salto in mezzo agli alberi.
"Pensi di avermi sconfitto con così poco, guerriero di Amaterasu?", domandò allora il figlio di Shiryu, voltandosi verso l’albero da cui arrivava il rumore continuo.
"Sei un folle ad attendere ancora il mio assalto, cavaliere di Atena, perché non attaccare tu per primo?", domandò perplesso il nemico, "Perché preferisco osservare i miei avversari quando li affronto, questo tuo modo d’attaccare non mi aggrada", ammonì allora Ryo, continuando a scrutare l’albero.
"Allora, ti renderò onore, assalendoti frontalmente, spero che la tua padronanza della velocità della luce sia completa", replicò l’altro, prima che lo stridere annunciasse i suoi movimenti.
Subito con un salto la figura si lanciò in un rapido diretto verso il santo d’oro che, sollevato lo scudo sinistro, parò un altro pugno nemico, prontamente seguito da una rotazione del guerriero incastonato fra le scariche elettriche, che cercò di raggiungere Ryo con una coppia di calci, o almeno tali sembravano mentre i fulmini nascondevano l’aspetto del nemico.
Il cavaliere d’oro parò con lo scudo destro il primo calcio, per poi abbassarsi dinanzi al secondo, e prontamente il santo della Bilancia cercò di tirare un montante verso l’avversario, che, però, compì su se stesso una capriola, allontanandosi dal nemico; Ryo però non diede pausa al Portatore di Luce e gli si lanciò contro con un veloce diretto a sua volta ed il colpo investì in pieno il guerriero asiatico.
"Errore, cavaliere d’oro", avvisò la voce del nemico, prima che una nuova esplosione elettrica, ben più potente della precedente, rilanciasse indietro Ryo di Libra, scagliandolo contro un albero, mentre il suo avversario ancora una volta scompariva su uno dei vari rami circostanti.
"Sei guerriero degno di lode, santo d’oro, ma la tua attenzione per le mie doti è minima, ti lascerò il tempo di riflettere, perché per ora assalirò gli altri nemici che mi si parano davanti", esordì la voce del nemico, mentre questi si lanciava in picchiata contro Esmeria di Suzaku.
Una figura si parò fra il Portatore e la sua preda: Joen del Pavone, che bloccò con il proprio corpo il nemico, "Nemmeno tu sei tanto attento", avvisò la voce dell’avversario, mentre una delle due gambe si appoggiava al suolo e l’altra restava incastonata sullo sterno del Guardiano di Era.
Ancora una volta, come contro Ryo, le scariche elettriche esplosero dirette verso il guerriero di Cartagine, "Ben poco potrai contro di me", avvisò però quest’ultimo, mentre la barriera difensiva del Pavone si apriva intorno a lui, difendendolo dalle scariche elettriche, mentre già le mani di Joen cingevano la gamba avversaria, scagliando il nemico contro un albero.
L’avversario, però, non cadde rovinosamente, bensì con una capriola si rimise in piedi, mentre, la fine del suo agitarsi, rivelava le bianche vestigia di cui era padrone.
"Come hai fatto?", chiese il guerriero asiatico, ancora celato dai residui delle scariche elettriche, "Perché già conoscevo i segreti di un duplice attacco, contro un dio egizio ho avuto modo di testare le mie capacità contro questa tipologie di tecniche, inoltre lo stridere che ti circonda non era altro che il caricarsi dei tuoi fulmini, che si convogliavano attorno a te per poi esplodere quando ti fermavi, dopo il primo contatto con il nemico, esatto?", incalzò allora il cartaginese, "Esatto, guerriero di Era, sembri essere ben più interessante come nemico del santo d’oro", osservò allora l’altro, ormai quasi completamente palesatosi agli avversari.
"Più di questo, Portatore di Luce, sono invulnerabile ai tuoi attacchi duplici", replicò con tono secco il figlio di Tige del Pavone, "Questo è tutto da vedere, perché dinanzi a te c’è Rai-Oh di HakuHou, il divino Rapace che vola fra demoni e dei, dilaniandoli con i propri artigli", si presentò l’avversario, ora pronto alla vera battaglia.
Presso le rovine dell’Isola di Mur, quattro cavalieri attendevano il nemico che, lentamente si stava mostrando loro, finché questi non si fermò, prima ancora di uscire dall’ombra che lo celava agli occhi dei suoi avversari.
"Chi è là?", domandò per primo Freiyr di Dubhe, sollevando la Sacra Spada dinanzi a se, "Mi chiamano Manta Oscura", affermò la figura celata nell’ombra con un tono di voce grave e pieno d’impassibile indifferenza all’interlocutore.
Un’esplosione d’energia proruppe dopo quelle parole, una semplice e gelida corrente d’aria ghiacciata che volò con precisione inaspettata proprio contro Camus dell’Acquario, incurante degli altri tre cavalieri presenti su quel campo di battaglia.
Fu piuttosto facile per il figlio di Hyoga parare quell’attacco con il palmo della mano, proprio come aveva fatto il precedente santo di Acquarius con suo padre durante il loro primo scontro: troppo palese era la superiorità del cavaliere d’oro rispetto a quel singolo attacco.
"Generale dei Mari, asgardiano, e tu, pellerossa, avanzate pure, non contro di voi ho intenzione di esercitare i miei poteri, ad altri lascerò la vostra fine, ai parigrado che più in alto v’aspettano. Per me scelgo la cagione dell’odio che mi gela il cuore, la fonte di tutto il disprezzo e della solitudine di cui fui vittima", replicò la voce celata nell’ombra, mentre una seconda brezza gelida andava annullandosi contro il palmo della mano di Camus.
Il Re di Asgard si voltò prontamente verso il cugino, cercando nel suo sguardo un segno d’assenso per tale sfida, "Vai pure, Freiyr, non preoccuparti per me, di certo non sarà questo Generale Oscuro a fermarmi, le sue tecniche sono ben più deboli di quelle di Cooler della Capra, terribile maestro delle energie fredde", spiegò il santo d’oro, voltandosi poi anche verso Kain, che allo stesso tempo lo osservava, interessato anch’egli ad avere un gesto d’assenso dall’alleato.
"Sia pure", concordò il figlio di Ikki, "lasceremo a te questo nemico, cavaliere dell’Acquario, altri ancora ci attendono, fra cui l’uomo che ha invaso il Sacro Regno di Nettuno", concluse, iniziando ad avanzare verso l’ombra avversa.
"Aspettate", esordì però la voce di Whinga, mentre questi si avvicinava al cavaliere d’oro; "te ne prego, Camus dell’Acquario, lascia a me questa sfida", propose l’Hayoka dell’Oca Polare.
"Che cosa? Perché mai?", domandò allora il figlio di Hyoga, "Molteplici sono in vero i motivi", esordì Whinga, "innanzi tutto la forza di voi tre, che siete fra i maggiori guerrieri dell’alleanza, non può essere consumata prima di entrare nel palazzo di Erebo, dove di certo ben più pericolosi avversari ci attendono", spiegò l’Hayoka, "ma, più di questo, mi preme di salvare quest’anima carica d’odio, quella dell’avversario che dinanzi a noi si è presentato. Avevo già avvertito in uno dei nemici precedenti un sentimento simile, ma era celato sotto il terreno, non sapevo come raggiungerlo per confrontarmi con lui, al fine di purificarne lo spirito, ma stavolta ne ho il modo: ti chiedo, santo di Atena, di lasciare che vinca contro quest’avversario salvandone lo spirito, anche se mi vedrò costretto a rubargli la vita in battaglia", concluse il guerriero dell’Oca Polare.
"Non puoi scegliere tu chi dovrò affrontare! Per troppo tempo ho atteso di vincere il figlio di Hyoga, colui che è causa della mia solitudine, ora avrò modo di prendere la vendetta che mi spetta!", tuonò con ira profonda la voce, prendendo una tonalità più alta, chiaramente femminile, mentre un’ondata d’energia gelida si lanciava verso Camus e Whinga.
Fu proprio l’Hayoka che, caricando il cosmo nella mano sinistra, replicò all’attacco con la medesima impronta cosmica, bloccando l’avanzata del colpo avverso e trovandosi in una situazione di stallo, finché entrambi smisero di scatenarsi in quell’inutile prova di forza.
"Dominano ambedue le energie fredde, ma nessuno di loro sembra capace di raggiungere lo zero assoluto", analizzò prontamente Camus, facendosi indietro assieme a Kain e Freiyr.
"Sia, guerriero pellerossa, sarai tu il mio primo avversario, il primo a cadere per mano di Schon della Manta Nera", sentenziò una voce chiaramente femminile, mentre il gelido cosmo avanzava, assieme alla figura, ormai pronta ad uscire dall’ombra.