Capitolo 23: Furia e devozione
Nella piccola galleria sotto alle rovine di Mur, Helyss osservava con sgomento, ben celato dalla maschera d’argento, il corpo ferito di Bifrost al suolo, una scarica elettrica lo aveva travolto, prodotta da chi ora si rivelava come Ruck della Medusa Nera.
"Ci rivediamo, guerriera con la maschera", esordì il Generale Oscuro, "potremo concludere lo scontro di ieri, in fondo la situazione è uguale: il tuo amico al suolo, ferito, e noi due qui, intenti a combattere. Non sarai più una merce di scambio per me, ma, ad ogni modo, ti farò diventare uno strumento della mia gloria", affermò con quieta voce divertita il guerriero con le fruste.
"Non è la medesima situazione, Generale Oscuro", avvisò Helyss, "stavolta non per difendere Asgard combatteremo, bensì per salvare il creato intero; per aiutare chi mi è caro e tu hai ferito, per questo ti affronterò, guerriero nero, ora che non hai più cadaveri a difenderti", concluse la Sacerdotessa del Pittore, lanciandosi verso l’avversario.
"Giovane stolta", ridacchiò Ruck, scatenando le lunghe e sinuose fruste contro l’avversaria, "Saette minori", tuonò il guerriero nero, lanciando le sottili scariche elettriche verso la Sacerdotessa attraverso il terreno; ma Helyss fu rapida nei movimenti e con uno scatto spiccò un salto che la portò ad appoggiare le mani sul soffitto della grotta.
La Sacerdotessa fece leva sulle mani e si gettò in una spirale in picchiata verso il suo avversario oscuro, vorticosamente roteava, mentre il calcio sfiorava il capo dell’avversario, spostatosi solo all’ultimo, cercando così di prenderla nelle spire delle sue fruste.
Helyss fu però più veloce dell’avversario e scivolando sul suolo corallino della grotta si allontanò prima che le fruste arrivassero a toccarla, aprendo poi le mani, che rivelarono i colori che tanto spesso le erano soliti in battaglia, "Sigilli", sussurrò allora la guerriera.
La Sacerdotessa del Pittore si voltò verso l’avversario, "Un colpo già visto è inutile contro un guerriero di Atena", avvisò, illesa dopo aver evitato le scosse elettriche del Generale Oscuro, "Lo stesso vale per i servitori dell’Erebo", replicò l’altro, espandendo il cosmo saettante attorno ai sigilli apparsi sul suo corpo.
Le scariche sciolsero in parte le vestigia nere, ma, allo stesso tempo, liberarono il cosmo dai primi effetti delle tenaglie d’energia che Helyss aveva disposto su di lui. "Pensavi davvero di battermi con così poco? Non mi preoccupo di qualche lieve scalfittura alle vestigia se potrò, malgrado ciò, dilaniare i corpi dei miei nemici", affermò con tono soddisfatto ed ironico l’Oscuro Generale, "e dato che le Saette Minori sono inutili, ora ti mostrerò qualcosa di ben più potente", concluse.
Nel castello di Erebo, l’oscura figura di Vize era ancora in silenzio, seduta al centro della sala, mentre gli altri due camminavano in modo agitato attorno a lui, "Così, dopo Riesig, anche Grun è caduto, ma, come ho già detto, comandante, basterà Ruck per eliminare due o più dei nostri avversari", ridacchiò Zahn, avanzando verso la loro guida, "egli spazzerà via gli avversari con le proprie scariche, di certo manderà in fumo la sua stessa vita, se non si controllerà, ma ci darà un supporto per vincere", concluse il Generale di Black Tigershark.
"Sì, Ruck consumerà se stesso, ma di certo ciò ci darà un vantaggio e ben più speranze so di poter riporre nel mio discepolo ed in chi ho lasciato qui, a difesa del castello stesso del nostro sovrano, basteremo noi tre, con la fame di vendetta e distruzione che aleggia nei cuori di ognuno di noi; questa forza sarà ciò che ci rende i più potenti, una forza che Grun non ha saputo usare", concluse Vize con un tono che ne tradiva il disprezzo per l’ormai defunto generale di Dinichtys.
Un semplice rumore, come un fastidioso segno d’assenso, proruppe dall’ombra che apparteneva alla Manta Oscura, "Sì, so bene cosa pensi, né il mio discepolo, né Ruck conoscono il sentimento e l’ira che alimenta la vendetta, ma non temere per questo, sapremo bene come vincere i nemici noi da soli, inoltre, proprio per questo li stiamo dividendo, perché prima saranno le vendette ad essere concluse, poi, la morte verrà anche per gli altri loro alleati", concordò il comandante dei Generali oscuri, quasi sapesse cosa il suono prodotto dall’ombra volesse significare.
"Voi sottovalutate Ruck, temo", osservò allora Zahn, "No", replicò Vize, "tu sottovaluti i nostri avversari", concluse seccamente.
Il Generale Oscuro sorrise soddisfatto all’avversaria, sollevando le braccia mostrò le due fruste che maneggiava e, d’un tratto, lasciò che le lingue fluttuanti si scuotessero, allungandosi inaspettatamente, "Ora preparati, guerriera con la maschera d’argento, subirai la più terribile delle tempeste, la più furente delle tecniche", avvisò con tono deciso il nemico, prima di iniziare a muovere le braccia attorno a se.
"Grande Tempesta", esclamò Ruck, roteando con velocità le fruste che velocemente iniziarono a sviluppare una vera e propria cupola attorno al guerriero, tanto velocemente si spostavamo, cupola che fu ben presto avvolta dalle scariche elettriche, mentre il Generale Oscuro avanzava verso Helyss.
La Sacerdotessa guerriero non rimase immobile, capito il pericolo di tale tecnica, cercò anzi di spostarsi con un salto, evitando le lingue elettriche e fluttuanti, ma alcune scariche la travolsero, rilanciandola indietro con violenza, fino a farla schiantare contro la parete vicino a Bifrost.
"Tutto è inutile, questa è una tecnica di massima difesa ed offesa assieme, al contrario delle misere scariche di prima, questa tempesta è invalicabile per chiunque", spiegò con estremo vigore la voce di Ruck, nascosto dall’agitarsi delle fruste.
"Affermi che è invalicabile tale difesa? Ebbene, sbagli, Generale Oscuro, al più è doloroso superarla, ma non vi è niente di invincibile nel tuo agitare le fruste", avvisò Helyss, con tono cupo, "non immagini nemmeno quanto odi la guerra ed il dover continuare a combattere; avrei voluto oltre ogni cosa la pace tanto ambito e goduta solo per un breve anno, ma ora, tu ed i tuoi compagni ci avete costretto a tornare a combattere; quindi, Ruck della Medusa Nera, preparati ad osservare come combatte la Sacerdotessa del Pittore", sentenziò la giovane Silver saint, mentre segnava le proprie vestigia con alcuni simboli runici, "Berserganger", sussurrò, lentamente.
Dall’interno del folto oscillare di fruste, il Generale Oscuro non poté osservare la corporatura della sua avversaria gonfiarsi oltre ogni attesa immaginazione, i muscoli ampliarsi fino allo spasmo, la posizione curvasi, simile a quella di una fiera del Nord Europa, né la voce diventare memore segno di un ringhio, più che di un umano respiro. Tutto ciò fu celato a Ruck della Medusa Nera, ma non ciò che avvenne dopo quando, in uno scatto che aveva molto di un fiero lupo, Helyss si lanciò in mezzo alle fruste roteanti e con ambo le mani ne prese una, tirandola a se.
Lo strattone colpì di sorpresa il Generale Oscuro, che, rallentata l’andatura anche dell’altra frusta, vide la figura della sua avversaria, ora più simile ad una bestia furiosa che alla guerriera di poc’anzi, attirarlo con furia; "Cosa pensi di fare? Le scariche elettriche bruceranno le tue carni prima ancora che io ti raggiunga", avvisò Ruck, iniziando a colpirla con l’arma ancora libera.
Ogni colpo di frusta, ogni scarica elettrica a queste congiunta, però, sembravano non aver alcun effetto su Helyss, il cui corpo, ora segnato da diverse ustioni, lentamente andava rimarginando le ferite, mentre la mente, quasi spenta da un istinto furente, non si curava del dolore, anzi, riuscì ad attirare a se il nemico con uno strattone ben più forte dei precedenti.
Il Generale Oscuro non poté niente, se non venir attirato dall’avversaria che sollevò il maestoso braccio sinistro verso il viso del suo nemico, il quale fu investito in pieno da quell’arto adesso tanto simile, al contatto con la faccia, ad una sbarra di ferro, talmente dura da fratturargli il setto nasale e rompere l’elmo della Medusa Nera.
Il dolore fece diminuire la presa di Ruck sulla frusta, tanto che, il semplice movimento del polso di Helyss bastò per fargli abbandonare del tutto l’arma nella mano destra, volando indietro di parecchi passi, fino a schiantarsi contro una parete di pietra poco dietro di lui.
Il Generale Oscuro fu di nuovo in piedi dopo pochi attimi, "Non pensare sia così facile vincermi", ringhiò sanguinante, scoccando l’unica frusta rimastagli verso l’avversaria, che, inaspettatamente, l’afferrò al volo, stringendola con ambo le mani, ma non per tirare a se il nemico, bensì per spezzarla; e vi riuscì: la frusta si ruppe in due parti, producendo profondissime ustioni sulle mani di Helyss e travolgendo, in un’esplosione d’energia, sia la Silver saint sia il guerriero della Medusa Nera.
Zadra era nuovamente ferma, i suoi passi, incerti per le ferite, erano rallentati anche dalla preoccupazione per Helyss: sentiva la sorella intenta in una battaglia, ne aveva percepito il cosmo amplificarsi, prendendo una forma quasi animalesca, segno del suo rinnovato stato di berserganger, ma, più di questo, la preoccupava l’altro cosmo, un cosmo che aveva riconosciuto come appartenente al guerriero nero che aveva assalito Asgard.
Grande era la preoccupazione della Sacerdotessa, non per la forza del nemico, ma per la determinazione che gli aveva letto nello sguardo già il giorno prima, quando questi aveva cercato, dopo essere stato intrappolato dall’Hayoka dello Storione, di lasciarsi esplodere, portando con se i propri avversari. Avrebbe voluto eliminarlo allora, non per semplice brama di sangue e vittoria, bensì perché sapeva che chi non temeva la morte in battaglia, ma anzi era determinato ad usarla contro gli avversari, è il più pericoloso dei nemici, poiché privo dei freni che l’auto conservazione conduce a mantenere.
La sacerdotessa dello Scultore ben sapeva che nemmeno sua sorella, nello stato di Berserganger, si sarebbe fermata in alcun modo fino al momento della vittoria, ciò le causava le maggiori preoccupazioni per l’esito di quella battaglia, che avvertiva sotto di se, seppur non sapeva precisamente dove.
La prima a rialzarsi dopo l’esplosione della frusta fu proprio Helyss, il cui incedere felino cadenzava il suo avvicinarsi all’avversario ancora al suolo.
"Complimenti, guerriera", sussurrò d’un tratto Ruck, rialzandosi a stento, mentre ancora la nemica avanzava, "ma per me la vittoria è ben più importante del dolore e della vita, inoltre non erano le fruste l’arma, bensì loro erano il mezzo, lo strumento in cui passava la scarica elettrica, senza di loro solo un altro mezzo vi è", concluse il Generale Oscuro, mentre il corpo iniziava a brillare di scariche elettriche.
Un urlo proruppe dal corpo di Ruck, le vestigia della Medusa Nera andarono in frantumi in diversi punti, mentre la carne al di sotto iniziava a bruciare per le scariche elettriche che ora si disponevano sul loro stesso creatore, "Elettroshock", sussurrò con voce secca il guerriero, alzando poi il capo verso l’avversaria e lanciandosi alla carica.
Chi avesse visto quello scontro, avrebbe di certo pensato al mito del Ragnarock ed al possente Thor, dio del Fulmine, che con violenza carica il serpente Jourmungander, ma, quella era un’altra battaglia, qui erano Helyss, Sacerdotessa d’argento del Pittore, il cui corpo era ebro della furiosa potenza del berserganger, e Ruck, Generale della Medusa Nera, le cui carni emettevano scariche elettriche ad alto voltaggio; loro erano gli sfidanti in questa particolare battaglia, loro le mitiche furie che si duellavano.
Ad ogni colpo di Helyss seguiva una crepa sull’armatura nera del nemico, che subito rispondeva con un attacco elettrico, anche semplici pugni, capaci di ardere le carni dell’avversaria, costringendola ad indietreggiare.
La Sacerdotessa guerriero, però, non demorse, anzi la sua avanza fu stavolta ben più rapida, mentre con un semplice scatto, poggiando su tutti e quattro gli arti, e poi un balzo ben più felino arrivò alle spalle dell’avversario, cingendo il suo collo in una morsa dura quanto quella effettuata dalle zampe di un vero orso.
"Stolta guerriera, a niente vale tutto ciò", ringhiò con l’ultimo fiato il Generale Oscuro, mentre l’intero corpo esplodeva in un’unica scarica elettrica, che distrusse quasi per intero le vestigia della Medusa Nera, ormai ridotte ai minimi termini, mentre la sua avversaria volava indietro, cadendo ferita, ed anch’ella con l’armatura danneggiata, poco lontano da Bifrost.
Ci vollero pochi secondi perché Ruck si voltasse verso l’avversaria, ma stavolta subito s’avvide del cambiamento: la corporatura della sua nemica stava tornando quella di una normale donna, una guerriera, sì, ma ben più esile e meno simile ad una fiera delle montagne del nord Europa.
"Il tuo potere si è dunque consumato?", domandò il Generale Oscuro, avanzando barcollante; il continuo combattere, l’utilizzo della sua tecnica ultima, tutte queste cose avevano oltremodo consumato le forze dello stesso Ruck, che solo per l’insana volontà di vittoria non aveva rinunciato alla battaglia e continuato, oltre i propri umani limiti, a combattere.
"Per cosa combatti, Generale Oscuro?", incalzò a stento Helyss, del tutto disinteressata alla domanda di lui, "Perché tanta determinazione? Cosa ti spinge?", continuò. "La gloria del mio potente signore, l’Erebo, egli mi ha istruito, mi ha dato la forza ed il cosmo di un guerriero mediante il suo primo comandante Vize. Io combatto per debito verso la divinità che mi guida", rispose con tono secco il Generale Oscuro.
"In fondo voi guerrieri di Erebo e gli Hayoka non siete poi così diversi", sussurrò allora Helyss, incapace di rimettersi in piedi, "combattete per devozione, ma forse è questa la caratteristica di chi finora non era altro che un semplice uomo, di chi ha visto come un dono, portato dalla fiducia, i poteri ricevuti", osservò la Sacerdotessa guerriero, "per me, che ad Asgard ho appreso come sopravvivere e risvegliare il cosmo per non soccombere al freddo, prima ancora di sapere come usarlo, non è la cieca devozione a muovermi, bensì gli affetti: non per me stessa, o per una divinità lontana combatto, ma per difendere mia sorella, gli amici e compagni di battaglia, e questo guerriero, colui che per me è la persona più importante", concluse la giovane Silver saint, sollevandosi sulle ginocchia.
"Profondo pensiero il tuo, Sacerdotessa, ma mi chiedo quanto servirà dopo l’esplosione ultima del mio cosmo, un’esplosione che polverizzerà me e voi", concluse con tono secco Ruck; "Questo non accadrà, guerriero nero, perché un ultimo trucco è rimasto da usare a colei che è guidata dalle stelle del Pittore", sentenziò in tutta risposta Helyss.
"Vedremo", fu l’unica risposta del guerriero della Medusa Nera, mentre dava alito all’ultima quantità d’energia cosmica rimastagli, iniziando a bruciare il suo stesso corpo, capace, ora, di emettere delle ondate d’energia che continuamente devastavano le pareti a lui più vicine e stavano lentamente raggiungendo quella su cui si appoggiavano Helyss e Bifrost.
La sacerdotessa del Pittore, però, dipinse velocemente dei simboli sul terreno attorno a loro, "Vi invoco, anime della Natura, seguite le mie sacre runes, portatevi a difesa di Bifrost che vi è diretto signore, e di me, guerriera consacrata ad Atena, che qui vi richiamo", esclamò con voce solenne l’asgardiana, prima delle scosse scuotessero il terreno intorno a loro, aprendo due correnti d’acqua: una travolse Helyss e Bifrost, gettandoli indietro di diversi passi, all’interno di uno dei cunicoli che portavano alla galleria centrale.
L’altra corrente d’acqua, però, fu la più devastante, poiché volò intrattenibile su Ruck, il cui corpo, ormai circondato da cariche elettriche, non riuscì ad evitarle, ma ne fu investito a pieno, producendo un’esplosione d’energia incalcolabile, un’esplosione che frantumò la maggioranza della grotta, sotterrandovi lo stesso Generale Oscuro, ormai privo di vita.
Helyss osservò la grotta cadere su se stessa, vide i frammenti otturare loro la strada e percepì il cosmo del loro nemico esplodere per poi spegnersi; dopo di ciò, si voltò verso Bifrost, che, lentamente, respirava. Sotto la maschera d’argento, probabilmente, vi era un sorriso sul volto dell’asgardiana, prima che il suo capo cadesse su quello del giovane Megres, lasciandola svenire e riposarsi sopra l’amico stordito.
Kela dell’Alce avanzava insieme ai compagni, ma sentì il cosmo dell’asgardiana indebolirsi d’un tratto: i passi della giovane Hayoka si rallentarono, era certa delle condizioni della nuova alleata, ma non poteva non curarsene come i quattro compagni che avanzavano dinanzi a lei; fu proprio per queste riflessioni che non s’accorse subito che anche gli altri si erano fermati.
"C’è qualcuno dinanzi a noi", esordì poco dopo Kain di Shark, osservando una figura celata nell’ombra, che sollevava qualcosa di maestoso con le sue mani, "Un Generale Oscuro", continuò Camus dell’Acquario, prima che il misterioso individuo sferrasse un colpo, movendo l’oggetto che sosteneva con ambo le braccia.
"Attenti", fu l’unica cosa che poté allora urlare Kela, osservando ciò che stava lanciandosi contro di loro.