Capitolo 21: Ametista e Corallo
Nel palazzo di Erebo, posto nelle profondità marine, tre figure indistinte attendevano nel silenzio dell’oscurità più profonda, consapevoli degli scontri che si stavano svolgendo al di fuori di quelle mura, ma non interessati a parteciparvi al momento.
"Sembra che Riesig sia caduto senza portare alcun nemico con se, comandante Vize", esordì colui che si rivelò essere Zahn di Black Tigershark, "Hai ragione, generale Oscuro, quello stupido bestione non ha avuto modo di rendersi particolarmente onore, ma ha adempito perfettamente ai suoi due ruoli: dividere ed indebolire i nostri nemici", concordò una figura nell’ombra.
"E dopo il gigantesco Springhual, è il tempo che il sottile e furbo Dinichtys Oscuro combatta la sua battaglia, egli che è fra i miei prediletti nel nostro esercito poiché con me condivide l’odio per le terre del Nord, seppur per motivi ben diversi; sono certo che Grun non ci deluderà altrettanto, egli prenderà le due vite cadute nella sua rete di corallo, così come il mio discepolo ne prenderà altre", concluse il comandante dei Generali di Erebo.
"L’importante è che non tocchino il guerriero di Nettuno, lui è mio, dovrà pagare l’onta fattami con la vita, che gli sarà tolta lentamente; poi non credo che il Dinichtys Oscuro sia poi così forte, ripongo ben più speranze in Ruck della Medusa Nera", sentenziò poco dopo Zahn, mentre, in silenzio, la terza figura si avvicinava ad una finestra del palazzo.
"So bene quanta voglia hai di combattere, Manta Oscura, ma abbi pazienza, l’ora del tuo scontro giungerà, come quella delle nostre rivendicazioni", sentenziò semplicemente Vize, conscio di ciò che animava i passi dell’ombra silenziosa che scrutava il campo di battaglia sottostante.
"E per quanto riguarda ciò che hai detto, Generale di Black Tigershark, non sopravvalutare il tuo feroce e sciocco amico della Medusa Nera, né devi essere tanto stolto da sottovalutare Grun, poiché, sotto la trama di corallo che sa creare fin dalla più tenera età si nasconde ben più minaccioso potere, un potere che io stesso gli donai", concluse poco dopo il comandante dei Generali di Erebo, mentre un sinistro sorriso s’intravide nell’ombra provenire dal suo viso.
Malgrado fosse il territorio su cui era crollata l’Isola di Mur il campo di battaglia, il vero scontro si svolgeva al di sotto delle rovine: lì Bifrost di Megrez stava fronteggiando Grun del Dinichtys Oscuro, in un formidabile scontro all’arma bianca.
Il primo attacco provenne dal Generale Oscuro che tentò un affondo con l’estremità della lunga lancia di corallo, ma con altrettanta rapidità il God Warrior rispose sollevò il piatto della lama d’ametista dinanzi a se, così da parare l’impatto con l’arma avversa e respingerla verso il proprio avversario, prima di compiere un passo in avanti, spazzando l’aria fra i due con il taglio della spada viola, così da cercare di ferire alla vita il nemico, che prontamente spostò lateralmente la lunga arma chiara, lasciando che cozzasse contro quella asgardiana.
Grun si distanziò dal nemico con un lieve balzo all’indietro, roteando fra le mani la possente lancia corallina, così da posizionarla parallela al suo fianco sinistro, prima di tentare un nuovo affondo, ma quando già Bifrost era pronto per una nuova parata, il nemico piazzò tutto il peso sul piede sinistro, così da sbilanciare la propria andatura, compiendo una mezza parabola verso sinistra, per poi spiccare un salto che lo portò a tentare un veloce fendente a spazzare verso la testa del guerriero del Nord.
Il guerriero di Asgard si avvide di tale variazione, così chinò rapido il capo, tentando allo stesso tempo un affondo verso la cinta avversa, ma proprio quando la lancia lo aveva superato, il Generale Oscuro roteò l’arma fra le dita, lasciando che sbattesse con violenza contro il braccio di Bifrost e proprio sulla resistenza dello stesso all’impatto il nemico contava: poiché vi fece leva per spingere il proprio corpo sulla destra, compiendo così una capriola laterale che lo portò verso l’angolo cieco dell’affondo dell’asgardiano.
Il movimento fu troppo rapido perché il God warrior se ne rendesse pienamente conto e prima ancora che Bifrost potesse elaborare una contromossa, la lancia lo investì allo stomaco, lasciandolo piegare in avanti, così da portare la lunga sbarra di corallo in perpendicolare con il suo volto che fu subito investito da un potente attacco montante dell’arma stessa, che fece barcollare indietro il guerriero asgardiano sanguinante, mentre il suo nemico roteava fra le proprie mani il prezioso strumento di battaglia.
"Sei lento, figlio dei Megrez, pensavo di trovarmi dinanzi un nemico che avrebbe dato maggiore valore al nome che tanto odiavo, invece le tue virtù battagliere sembrano più che irrisorie se è bastata una mera acrobazia a creare un vuoto nella tua difesa", osservò ironico Grun, guardando Bifrost rialzarsi in piedi.
Fu il guerriero di Asgard a non rispondere stavolta, non intendeva accogliere le sarcastiche parole del nemico, anzi, sollevò la spada dinanzi a se, sostenendola con ambo le mani per l’elsa, mentre già la lama emetteva dei riflessi color ametista sulla bianca superficie di corallo delle pareti circostanti, producendo un arcano gioco di luci che rallentava persino i movimenti dei due contendenti a chi li avesse osservati dall’esterno.
Per un attimo il pensiero del giovane guerriero di Megres si fermò sulla compagnia intrappolata nel corallo poco lontano, poi un sospiro ed infine la carica: con rapidità, smorzata solo dalle luci circostanti, il god warrior si lanciò con la lama china verso la propria gamba sinistra, lama che si alzò di scatto, a poco meno di due passi da Grun; nuovamente il Generale Oscuro parò il colpo con la lancia, arma ben più lunga, che permetteva una maggiore copertura dei fianchi.
Ciò che avvenne dopo, però, fu inaspettato per il guerriero del Dinichtys Oscuro: con un secco movimento, infatti, Bifrost lasciò stridere la lama d’ametista sulla barra di corallo, lasciando che scintille e frammenti dei due minerali volassero sui corpi dei guerrieri, mentre la lancia lentamente si chinava su un fianco, spinta dal peso postovi dal cavaliere del Nord, che indietreggiò di un passo proprio per caricare con tutto il corpo sull’arma nemica. Fu allora Grun che fece un passo indietro, portando la propria lancia ad inclinarsi, pronto a toglierla, così da far sbilanciare il guerriero dei Megrez, ma questi fu più rapido di lui e riguadagnò i due passi che li distanziavano, penetrando fino all’elsa nella difesa costituita dalla lancia, "Chi dei due è lento?", domandò beffardo il fratello di Alberich, mentre il piede destro si poneva fra le gambe divaricate dell’avversario.
Con un unico secco movimento dalla propria posizione Bifrost riportò quello che supponeva un vantaggio significativo: riuscì infatti a porre tutta la violenza ed il peso del proprio corpo nel passo successivo, con cui spazzò verso la gamba destra del nemico ed allo stesso tempo colpì con violenza la parte superiore della sua lancia; quell’unico attacco portò Grun al suolo con parte dell’arma ormai ridotta in piccole schegge cadute sul corpo del god warrior.
"Ora sei sconfitto, la tua arma ha perso ormai della propria consistenza", avvisò Bifrost, puntando la spada verso l’elmo nero del nemico, "arrenditi, e per ciò che ti fu fatto dalla mia famiglia non ti ucciderò, se libererai Helyss", sentenziò secco il cavaliere del Nord, ma solo un mugolio di rabbia fu la replica, mentre con un secco movimento Grun allontanava la lama d’ametista colpendola con la mezza lancia rimastagli, prima di rialzarsi con una capriola.
Approfittando del passo indietro fatto dall’avversario sorpreso, il Generale Oscuro, appena rialzatosi, compì un piccolo salto su se stesso, così da sferrare una mazzata verso la testa del nemico sfruttando proprio la potenza di tale rapido movimento, tanto da colpire il viso di Bifrost che, sanguinante, barcollò ancora una volta indietro, impreparato all’incalzante serie di colpi che Grun sferrò subito dopo.
Come la grandine nelle fredde notti invernali di Asgard, ora le mazzate di Grun calavano sul capo di Bifrost, che, come da bambino indietreggiava dinanzi al tempo nemico, ora si trovava a barcollare indietro sotto i continui colpi; ma come allora, ricordò il cavaliere, se necessario sapeva trovare la forza per avanzare anche nella gelida neve, così adesso il giovane asgardiano dovette sollevare il braccio impugnante la spada, poiché vi era una vita per lui più importante della propria come posta per quella battaglia; così, animato da tale ardore e necessità, il cavaliere del Nord spazzò la barra di corallo, frantumandola e lasciando che quelle piccole schegge bianche cadessero sul suo capo sporco di sangue per le varie ferite appena subite.
"Ora basta, generale del Dinichtys Oscuro, ormai non hai più arma da usare contro di me", sentenziò infuriato il fratello di Alberich, indietreggiando barcollante, "Al contrario, guerriero dei Megrez, proprio la mia vera arma, quella che si cela sotto lo strato di corallo, sta per palesarsi", sentenziò Grun, sollevando il pugno, chiuso attorno all’unico resto della lancia: una breve struttura corallina in cui era sigillato qualcosa di nero e cilindrico, su cui il pugno si strinse, lasciando volare gli ultimi frammenti del minerale sul viso di Bifrost, che sbatté contro il muro alle sue spalle nel tentare di evitarlo.
"Ora, vedrai il vero potere del Dinichtys, simile a quello che aveva il Secondo Generale dell’Atlantico Meridionale", concluse il nemico, il cui tono di voce era chiaramente soddisfatto.
Bifrost osservò perplesso il suo avversario, questi aveva portato il nero oggetto che aveva in mano all’altezza del viso e solo allora il guerriero asgardiano si avvide che ciò che aveva dinanzi era un nero flauto, uno strumento musicale che ora il suo avversario stava per suonare.
"Cosa cerchi di fare adesso? Intendi farmi credere che hai due impronte cosmiche?", domandò sorpreso il God warrior, "Questo è quasi impossibile", continuò, pronto a lanciarsi verso il nemico, ma solo allora, mentre stava per compiere i primi passi, cadenzati da una cupa melodia proveniente dal nemico, il fratello di Alberich di Megrez si accorse che le sue gambe erano intrappolate nel corallo e che lentamente anche il suo viso stava per essere rinchiuso nel bianco minerale.
"Dovresti saperlo che è inutile, Grun, la mia teca d’ametista mi libererà facilmen…", ma le parole morirono sulle labbra del guerriero del Nord, il cui viso fu completamente bloccato dal corallo, non più bara che intrappolava il nemico, bensì uno strato intero di pietra che si univa alla pelle ed alle ferite della malcapitata vittima.
"Non è il medesimo attacco di prima, questa volta il corallo è guidato dalla musica, si muove quasi di sua volontà, disponendosi sul corpo della vittima, non più un involucro che si chiude attorno ad una preda, bensì una rapidissima incrostazione del corpo, molto simile al mio attacco", rifletté fra se Bifrost, incapace ormai più di parlare o muovere il capo.
Quando ormai l’intero corpo del guerriero del Nord era intrappolato nel corallo, la musica cessò, "Requiem di Corallo", sussurrò allora Grun, osservando la statua chiara che aveva ora dinanzi a se, "Ti piace il colpo che ho usato su di te?", domandò poco dopo rivolto alla orrida figura che un tempo era Bifrost, "quando divenni uno dei sette Generali Oscuri, il nostro comandante, Vize, discendente degli alchimisti di Mur e amante della storia antica, mi raccontò che, nella seconda generazione di Mariners di Nettuno, il Dinichtys era il simbolo dell’Atlantico Meridionale, da sempre il musico fra i sette.
Proprio per questo mi addestrò nell’uso del flauto, certo, la mia impronta energetica era ben differente da quella di un musico, ma ho saputo fondere le doti del casato cui appartengo con quelle che lui voleva trasmettermi, così da creare un attacco che, sfruttando il corallo che ho depositato sul tuo corpo mediante la lancia che hai distrutto, ti intrappola, tramutandoti in una statua di bianco minerale, statua che ben presto diverrai del tutto, mio caro cugino", concluse ironico Grun, andando a sedersi proprio dinanzi la vittima del suo attacco.
Nel lento sonno in cui stava cadendo, alla mente di Bifrost tornarono decine di ricordi: scene di passate battaglie, di amici scomparsi, i ricordi del fratello ed i momenti passati in quell’ultimo anno con Helyss, ma, su tutti questi ricordi, uno si focalizzò nella mente del giovane Megrez.
Era al castello di Asgard, intento in un allenamento con il suo sovrano Freiyr, che, malgrado le sue supreme abilità con la spada, aveva concesso al giovane Bifrost, suo suddito, di compiere uno scontro, puramente d’addestramento, fra di loro.
Lo scontro era stato abbastanza equilibrato per la maggioranza del tempo, ogni colpo del sovrano era abilmente replicato da un contrattacco del suddito, finché, inaspettatamente, dinanzi ad un affondo compiuto con le spalle al muro, Freiyr replicò non evitandolo lateralmente, come ci si sarebbe aspettato da chi non poteva più indietreggiare, bensì avanzando verso la lama d’ametista, così da spiazzare il guerriero del nord, tanto da disarmarlo e puntargli contro la Sacra Spada di Odino.
"Maestà, perché avete rischiato tanto?", domandò stupito il giovane Megrez, abbassando la spada, "Sapevo bene che ciò ti avrebbe spiazzato, ricordati, Bifrost, se ciò cui tieni di più è vincere per un fine più grande, allora anche rischiare la tua stessa vita sarà cosa da poco in battaglia", affermò con tono quieto il figlio di Siegfried.
"Grazie delle vostre parole, maestà, saprò farne buon uso", replicò, dopo alcuni attimi di stupore, il guerriero di Asgard. "Sono io che dovrei ringraziare te, più e più volte mi sei stato d’aiuto in battaglia, esserti ora di supporto con una misera lezione mi sembra ben povera cosa", osservò allora Freiyr, sorridendo a quello che vedeva più come un amico che come un suddito.
"Voi mi onorate", affermò imbarazzato Bifrost, "Non potrei fare altro verso chi, dal mio punto di vista, ha salvato più volte Asgard", replicò sorridendo l’altro, "Come?", continuò spiazzato il giovane Megrez, "Sì, hai più volte salvato Asgard, dandomi il tuo supporto in battaglie varie, ma, più di tutte, spronandomi allo scontro a Tir Na Nog, dove la perdita di Skinir mi aveva stremato; solo le tue parole mi hanno dato la forza di andare avanti allora, ancora lo ricordo. E quello è stato un modo per salvare me ed Asgard indirettamente, poiché fu grazie alla forza che mi donasti che vinsi Dadga del Faggio", concluse il prediletto di Odino.
"Ora alzati, Bifrost, salvatore di Asgard", sussurrò ancora una voce nella mente del giovane cavaliere, una voce lontana, quella del suo sovrano che, allora, lo invitava a continuare l’allenamento, ed adesso sembrava spronare il cavaliere a non darsi per vinto e non abbandonarsi al sonno del bianco corallo.
"Che gli altri uccidano i cavalieri restanti, della mia vendetta, della vita di questa ragazza e di colei che ha sconfitto Riesig mi accontenterò io, non in altre battaglie ho interesse ad entrare", rifletté fra se Grun, mentre ancora osservava la bianca statua di corallo, prima che un cosmo esplodesse al suo interno.
"Cerchi ancora di liberarti, giovane Megrez? Benissimo, questo rende onore all’infame nome della tua famiglia, ma sarà del tutto inutile, come ti ho detto, l’ametista è inutile in questo caso", avvisò il Generale Oscuro, osservando il cosmo del suo nemico prendere una conformazione diversa, segno che non la teca d’ametista stava per essere richiamata bensì un potere che si palesò attraverso delle crepe nel terreno.
"Ti avevo già dimostrato che le anime della natura sono inutili contro di me", osservò infastidito Grun, "Simulacro di Corallo", sussurrò poi il guerriero, mentre la bara bianca si disponeva a sua difesa.
Dal proprio simulacro, il Generale del Dinichtys Oscuro osservò le fratture nel terreno lasciar zampillare un fiume d’acqua, che, non si gettò contro di lui, come previsto, bensì, quasi aizzato dal suo stesso padrone, l’energia acquatica si gettò contro il Bifrost medesimo.
Il cavaliere fu completamente travolto, ma, solo allora Grun lo capì, proprio quello era il fine di tale azione: essere investiti da quella corrente d’acqua, che ripulì il corpo di Bifrost dal corallo, prima di quietarsi, avendo completato il suo compito.
Quando l’acqua si chetò e Bifrost fu di nuovo in piedi, anche il Generale Oscuro abbandonò il suo simulacro difensivo, portandosi dinanzi al nemico.
"Complimenti, hai dimostrato un coraggio ed una furbizia che non mi aspettavo dai vili membri del casato dei Megrez", osservò subito il guerriero del Dinichtys Oscuro, "Ho capito dopo poco la vera natura del tuo attacco, molto simile ad uno dei miei: avevi infatti bisogno di procurarmi delle ferite, perché solo guidando il corallo dentro le stesse mediante la musica potevi far germogliare su di me quello strato di minerale che mi stava uccidendo. La tua tecnica era potente, come abile era la strategia che aveva portato ad avvantaggiarti, ma con me è stata inutile", affermò infine Bifrost, sollevando sopra il proprio capo la spada d’ametista con ambo le mani.
"Lo vedremo", replicò prontamente Grun, ricominciando la cupa melodia di requiem, ma, proprio in quel momento, il suo avversario spiccò un alto salto, espandendo il vasto cosmo viola, "Ormai è tutto inutile, l’acqua ha ripulito le mie ferite dal corallo", avvisò il god warrior, "ed ora a te toccherà subire la medesima fine, cadendo nell’ametista", continuò il cavaliere del Nord.
"Ryutsuisen", tuonò pochi attimi dopo Bifrost, sferrando il colpo ultimo che Shiryu di Dragon, anni prima, gli aveva mostrato; le nere vestigia del Dinichtys andarono in pezzi all’altezza della spalla destra, fino a tagliare quasi il fianco sinistro, ma il corpo di Grun non perse sangue, bensì, rapida, l’ametista lo invase dall’interno.
"Mi dispiace, Grun di Asgard, ma è finita. Avrei voluto risparmiare la tua vita in funzione di ciò che il mio casato ti fece subire, ma non mi è stato possibile agire in tal modo; una persona a me cara era infatti in pericolo a causa tua e tu stesso eri un ostacolo per raggiungere il mio sovrano, quindi ho dovuto", sussurrò Bifrost, osservando il corpo ormai tutt’uno con l’ametista, "prego solo Odino che, quando sarà il mio momento di raggiungere il Vahalla, possa io chiedere scusa a te ed ai tuoi parenti di ciò che il casato dei Megrez vi ha fatto", concluse con viso cupo il guerriero del Nord, notando poi che il corallo attorno ad Helyss andava disgregandosi.
Zadra si era da poco ripresa dopo lo scontro con Riesig di Springhual, la sacerdotessa era ferita e stanca, ma ben più di questo, ciò che la preoccupava era percepire i cosmi dei compagni divisi: sentiva infatti cinque dei suoi alleati, fra cui distingueva il Mariner, assieme al Re di Asgard ed al santo d’Acquarius, probabilmente con i due Hayoka, ma ben più celati le erano le auree di Bifrost e della sorella; in particolar modo quello di Helyss era così distante che pareva quasi stesse lentamente spegnendosi.
Preoccupata da ciò, la Malefica Scultrice non si mosse dal luogo in cui era, cercando di capire dove si trovava la sorella, ma, seguendo l’andamento dello scontro di Bifrost, il suo spirito si rinfrancò, poiché, dopo due potenti esplosioni d’energia dell’asgardiano, era chiaro che chiunque lo ostacolasse fosse ormai morto ed in quello stesso momento la presenza di Helyss tornò viva alla percezione di Zadra.
"Non so dove esattamente tu sia, sorella, ma sono certa che la vicinanza di Bifrost sarà un ottimo punto d’appoggio se dovrai combattere", si rassicurò con queste parole la Sacerdotessa dello Scultore, iniziando, barcollante, ad avanzare verso il punto in cui avvertiva i cinque cosmi degli altri suoi alleati.
Helyss, nel frattempo, si era ormai ripresa del tutto ed avanzò verso Bifrost, chiaramente stanco e ferito; i suoi passi, però, furono interrotti da un’ombra che, brillante, si palesò da uno dei cunicoli: la Sacerdotessa del Pittore non ebbe nemmeno il tempo di avvisare il god warrior che una scarica elettrica frantumò parte degli strati di corallo attorno a lui, investendolo e schiantandone il corpo ancora più ferito contro una parete rocciosa.
"Bifrost!", urlò Helyss, "Ci rivediamo dunque, guerriera asgardiana di Atena?", domandò allora colui che si rivelò essere Ruck della Medusa Nera.