Capitolo 18: Il collezionista di cadaveri
Nella sala del Leone dell’Incubo, la prima lungo la via di sinistra per scalare il castello di Amaterasu, i cinque guerrieri che l’avevano varcata erano fermi, l’uno vicino all’altro, intenti a scrutare sorpresi quel luogo spaventosamente tetro: vi erano infatti decine di corpi, privi di vita, inchiodati alle pareti mediante dei cunei piantati nella gola, o nel petto, a seconda della stazza del cadavere.
"Deve essere stata questa la sensazione che il potente Seiya di Pegasus provò nel varcare, con mio padre, l’entrata del tempio custodito da Deathmask di Cancer", osservò Ryo di Libra, figlio di Shiryu, guardando con stupore e disgusto i corpi squarciati che riempivano quell’ampia sala, come ornamenti per il tempio.
"Al contrario del precedente santo di Cancer, costui non si fa fregio solo delle teste, ma anche dei corpi di chi ha ucciso", osservò ancora Kano del Pavone, "No, vi sbagliate", li corresse subito Joen, l’ultimo dei Guardiani di Era, "i corpi dei morti non sono per lui mero abbellimento, bensì armi da usare in battaglia: egli è l’uomo che ha osato profanare la tomba della mia comandante Medea dell’Anello e di lui sarò io il nemico", affermò con tono deciso il guerriero cartaginese.
"Sia pure, attaccami, ormai conosco bene il difetto di quel tuo sciocco potere difensivo", replicò con ironia il Portatore di Luce, rimasto in silenzio fino a quel momento, seduto su una bara cilindrica orientale, "oppure, potete soccombere tutti assieme contro le mie schiere di guerrieri", concluse Ko di Baku, espandendo il proprio cosmo malefico.
"Wu", esordì, mentre una scintilla d’energia luminosa si librava dalla mano del guerriero asiatico, penetrando i diversi cadaveri appesi sulle pareti e dandogli nuova vita.
"Che maleficio è mai questo?", domandò stupita Sekhmet di Bastet, "Non un maleficio, bensì il cosmo del nostro nemico, che riesce a guidare i corpi senza vita come delle marionette, connesse fra loro da quell’unico filo energetico, che dilania qualsiasi cosa incontri, oltre a formare un reticolo fra loro", spiegò prontamente Joen ai compagni.
"Sì, sia Botan che Kain mi hanno accennato a questa particolare armata prima della partenza", affermò prontamente Ryo di Libra, espandendo il proprio cosmo dorato, "Bene, allora dovremo abbatterli tutti", osservò allora Esmeria, mentre già le alte fiamme della Fenice Meridionale la circondavano.
"No, figlia di Ikki, sarebbe temo uno spreco d’energia inutile questo", obbiettò subito Kano del Pavone, ponendosi dinanzi ai compagni, "anche se dilaniassimo i corpi, l’energia che li unisce non si scioglierebbe, quindi dovremmo continuare a combatterli. Inoltre, Real mi ha detto che è stata la preghiera di un Hayoka a ridare la pace a dei cadaveri simili a questi", concluse il santo d’argento.
Mentre il gruppo parlava, però, le schiere di cadaveri si erano ormai affiancate, disponendosi come una muraglia che avanzava senza sosta verso i cinque bersagli; "Se hai delle idee, cavaliere del Pavone, è meglio che tu agisca subito, poiché non potremo certo fermarli con le supposizioni", osservò con tono sarcastico Sekhmet, già pronta alla lotta.
Il santo d’argento però non rispose, bensì espanse il proprio cosmo fra le mani, nella tecnica prima che tutti i discepoli della via trasmessa da Shaka conoscevano bene, "Abbraccio dell’Oriente", esclamò il discepolo di Kaor l’asceta, liberando l’energia sotto forma di sfera.
L’attacco non fu però diretto contro i cadaveri mobilitati, né contro colui che li aveva animato, bensì si perse fra l’armata di non morti, scaricando sul filo d’energia che li legava tutta la sua potenza, che, inaspettatamente, travolse tutti i diversi corpi, gettandoli al suolo, nuovamente privi di ogni segno di vita.
"Non so come tu ci sia riuscito, ma complimenti, pensavo che un anno di meditazione avesse indebolito le tue abilità", affermò con tono sorpreso Sekhmet, "Ha sovraccaricato l’energia che li collegava", osservò prontamente Ryo di Libra, "con un colpo di potenza superiore sull’emanazione cosmica che li teneva uniti, hai sovraccaricato questa connessione, facendo in modo che esplodesse", spiegò il santo d’oro, osservando soddisfatto i miglioramenti del cavaliere d’argento.
"Sì, davvero geniale", concordò anche Ko di Baku, "chi sei, guerriero olimpico?", domandò allora il Portatore, rivolgendosi al santo d’argento, "Kano del Pavone, cavaliere d’argento sacro ad Atena ed ultimo discepolo di Kaor, l’asceta", rispose prontamente questi.
Una risata ironica fu la replica del Portatore di Luce, "Tu sei il cavaliere del Pavone in nome di Atena, mentre il guerriero cartaginese è il Guardiano del Pavone in nome di Era?", chiese derisorio, "Per caso le divinità che hanno creato quelle armature mancavano di fantasia?", concluse con chiaro tono offensivo.
"Come osi?", esclamò allora Joen, facendo un passo avanti, subito fermato dal braccio di Kano, "Te ne prego, Guardiano di Era, lascia a me questa battaglia. Credo di poter sostenere i suoi attacchi da solo, inoltre è più saggio che voi avanziate con celerità, amici miei, non sappiamo se vi saranno altri pericoli ad attenderci e rallentarci tutti non è cosa saggia", osservò allora il santo d’argento, voltandosi verso Ryo ed Esmeria, che concordarono con un gesto del capo, scattando subito in avanti, seguiti da Joen e Sekhmet, che scambiò un rapido sguardo con il Silver saint prima di allontanarsi.
Il Portatore di Luce, dal canto suo, non provò nemmeno a fermare i quattro, come se non lo interessasse per nulla il fatto che lo stessero sorpassando, ma, quando ormai anche i passi di Ryo e gli altri avevano abbandonato la sala del Leone dell’Incubo, il guerriero asiatico parlò: "Non pensare che abbia fatto concessione alcuna ai tuoi compagni, cavaliere d’argento, una fine ben più terribile li attende alle case superiori, già solo En avrà modo di divertirsi con queste vittime, inoltre, dopo la morte che t’infliggerò, scopriranno quale incubo io sappia far nascere", concluse il nemico, espandendo il proprio cosmo ed alzandosi infine in piedi.
Il cosmo di Ko esplose, rivelandosi in una coppia di fili che, simili a due code, si espansero verso la bara su cui il guerriero era stato seduto fino a poco prima ed una seconda, sulla destra della prima, "Shinranshin", esclamò allora il Portatore di Luce.
Come già era successo a Cartagine, anche nella sala del Leone dell’Incubo proruppero due cosmi fino ad allora estranei, rubati alla morte che avevano di certo guadagnato in battaglia e riportati alla vita contro la loro stessa volontà, mentre le casse mortuarie andavano in frantumi, scoprendo due corpi di guerrieri.
Il primo era un uomo i cui abiti argentei nascondevano appena lo statuario fisico di guerriero, i capelli, scuri e corti, erano spettinati, mentre delle molteplici ferite sul volto andavano rimarginandosi grazie al cosmo di Ko. Lo stesso accadeva sul corpo del secondo cadavere: una donna dai lunghi capelli dorati, con il medesimo abito argenteo, il cui cosmo era grande quanto quello del compagno.
"Leggo lo stupore nei tuoi occhi, cavaliere d’argento, di certo non t’immaginavi un potere del genere fra le mie tecniche", osservò ironico il Portatore di Luce, prima di guardare le sue due nuove marionette per la battaglia, "hai detto di esserti allenato presso Kaor l’Asceta, quindi immagino tu conosca l’armata nota come Indu Army. Questi sono stati due degli ultimi comandanti di quel misero esercito, guerrieri caduti per mano dei titani, o forse dell’Horseman che attacco quella terra un anno fa, non ricordo bene, ma non è questo l’importante, bensì che alla mia sinistra hai il comandante dei Dhritastra, i Centauri, ed a destra la guida delle Nagini, le donne serpente", concluse il combattente asiatico, mandando all’assalto i due cadaveri con un semplice movimento delle braccia.
Il guerriero del centauro scattò ad una velocità pari a quella della luce verso il santo d’argento, cercando di raggiungerlo con un pugno carico d’energia cosmica, ma il cavaliere d’Atena fu pronto di riflessi e con rapidità lo evitò con un salto, oltrepassandolo, già pronto a colpire il Portatore di Luce, quando, dinanzi al nemico, si parò la guerriera delle Nagini, il cui cosmo esplose in un serpente fiammeggiante, deciso ad addentare la gola del Silver saint.
Un sorprendente colpo di reni fu la risposta del cavaliere d’argento che, con uno spostamento all’indietro del proprio asse mediano, si lasciò cadere verso terra, dove, però, già lo attendeva il secondo guerriero richiamato alla vita, che con un veloce calcio gli fu subito addosso, investendolo sull’armatura e lasciandolo cadere a terra di petto.
"Mi aspettavo di più da un cavaliere di Atena che può vantare la vittoria su diversi nemici, fra cui una divinità, i tuoi movimenti mi sembrano un po’ lenti rispetto a quelli delle mie attuali armi", lo schernì Ko di Baku, riposato e sereno in volto, prima di muovere ancora una volta le sinuosi mani, così da lanciare in nuovo assalto i due cadaveri.
Kano era altresì pronto alla battaglia, il suo cosmo esplodeva con veemenza questa volta, mentre con determinazione si lanciava contro il cadavere del Dhritastra, evitandolo all’ultimo, per poi raggiungerlo con un veloce gancio al volto, così da gettarlo a terra con una vistosa ferita al viso, scagliandosi poi verso il Portatore di Luce, incurante del serpente fiammeggiante che ancora una volta prorompeva dalle mani della guerriera delle Nagini, ma anzi preparando egli stesso il suo cosmo per un attacco.
"Abbraccio dell’Oriente", esclamò Kano del Pavone, prima che la sfera d’energia prorompesse dalle sue mani, mentre il serpente di fuoco già lo travolgeva, gettandolo indietro con alcuni graffi sull’armatura. L’attacco del cavaliere d’argento, infatti, non era diretto alla difesa dello stesso, bensì era un assalto diretto al Portatore di Luce; grande fu però la sorpresa quando, con un semplice gesto della mano, Ko di Baku fece indietreggiare la guerriera delle Nagini, il cui stomaco fu travolto dalla sfera energetica, fermandola al qual tempo.
Kano vide le membra dilaniate del cadavere riformarsi fra le vesti strappate all’altezza dell’addome, mentre, ricadendo indietro, lo stesso cavaliere d’argento fu investito da un potente calcio al fianco sinistro dell’altro cadavere, quello del Dhritastra, che lo fece malamente volare al suolo, con qualche costola rotta.
"Pensavi di ripetere il trucco di prima semplicemente subendo l’attacco della Regina delle Nagini? Credi forse che io sia stolto?", continuò ad ironizzare Ko di Baku, prima di agitare di nuovo le mani, liberando la furia del Dhritastra, che scagliò in un salto, quasi fosse un cavallo imbizzarrito, pronto a caricare con ambo le gambe il santo d’argento.
Kano, però, non rimase immobile, ad attendere, l’esito dell’attacco, bensì espanse il cosmo argenteo, lanciandosi in piedi alla velocità della luce e scavalcando con un salto il cadavere privo di volontà, per poi bloccarne le braccia e lanciarlo, mediante una proiezione tipica del judo, contro la Regina delle Nagini.
Con una veloce capriola a mezz’aria, il santo di Atena si riportò in piedi al suolo, dinanzi ai due cadaveri guidati da Ko di Baku, ora l’uno vicino all’altra e, prima ancora che il Portatore potesse muoverli, Kano scattò in un attacco frontale, "Ruota del Pavone", esclamò infatti il cavaliere d’argento, investendo ambo i guerrieri con la violenza dei suoi pugni, così da gettarli al suolo, con diverse decine di fratture e ferite.
L’attacco del cavaliere di Atena, però, non s’interruppe lì: infatti la corsa di Kano continuò, mentre il cosmo argenteo si caricava fra le mani, "Abbraccio dell’Oriente", tuonò ancora una volta il santo del Pavone, lasciando che la sfera d’energia prorompesse verso Ko di Baku, che, pochi attimi prima che il colpo gli fosse addosso, proruppe in un urlo: "Shintenshin".
L’impatto fra l’energia che circondava le mani del Portatore e la sfera del santo di Atena fu ben maggiore di quello sviluppato dal colpo del cavaliere d’argento contro la tecnica "Wu" del guerriero asiatico, tanto potente da travolgere Ko di Baku, le cui vestigia, parve a Kano, si erano sganciate dal corpo nel momento dell’esplosione energetica.
Real della Lira erano entrato in quella che era stata la sala del Ki-Lin, che trovò vuota; durante tutta la corsa, il santo d’argento, aveva percepito lo scontro animatosi poco distante fra Kano del Pavone, di cui aveva riconosciuto il cosmo, ed uno dei Portatori a lui sconosciuto, fino all’ultima esplosione d’energia che sembrava aver sancito la vittoria del cavaliere di Atena.
"Bene, Kano, un’altra battaglia è vinta per noi, ma temo che i Portatori che ancora ci attendono siano ben più pericolosi, specialmente la Donnola del Vento, per il destino del giovane musicista Hayoka", sussurrò fra se il cavaliere della Lira, continuando la propria avanzata dopo aver momentaneamente ripreso fiato.
Kano del Pavone osservava stupito la triste scena della sala in cui si trovava: decine di cadaveri al suolo, fra questi, i due dei guerrieri indiani, dissotterrati da Ko di Baku, e quello dello stesso Portatore di Luce; "Il tuo disprezzo della vita e della morte è stato il motivo della tua sconfitta", osservò con tono cupo il santo d’argento, prima di avanzare verso l’uscita della sala.
Proprio quando il cavaliere del Pavone stava per compiere il suo secondo passo, però, un’esplosione d’energia spirituale lo fermò; subito il santo d’argento alzò il capo, notando che, sul soffitto della sala, si trovavano altre bare, sigillate, da una di queste, prorompeva un cosmo incredibilmente potente, che, stranamente, era noto a Kano.
"Il mio disprezzo della vita sarebbe la causa della mia disfatta?", domandò una voce il cui tono era quello di Ko, ma l’accento era chiaramente indiano, per di più, noto al santo d’argento. Un’esplosione d’energia mandò poi in frantumi la bara, lasciando atterrare al suolo il corpo di un guerriero, ben addestrato fisicamente, su cu si disposero all’istante le vestigia di Baku.
"Continuiamo lo scontro, cavaliere", affermò ancora il nemico, "o dovrei forse dire, allievo?", domandò poi, con tono sarcastico, voltandosi e mostrando il volto di Kaor, defunto Beast Keeper di Byakko, che squadrava il santo d’argento con sadico sorriso.