Capitolo 13: Melodia e pensieri notturni – parte 2°
Nella lunga notte successiva agli assalti degli Oscuri Generali e dei Portatori di Luce, altre due figure ascoltavano in silenzio, su un altopiano dei sacri territori Hayoka, la musica che si spandeva nell’aere; ma mentre uno dei due era seduto nella posizione del Fiore di Loto, intento a concentrarsi, quasi volesse gustare i più profondi sentori di quella melodia, l’altra figura si agitava, camminando velocemente e sferrando violenti pugni all’aere che la circondava.
"Come fai ad essere così calmo? Dalla fine dello scontro con i guerrieri di Indra, non hai più utilizzato alcuna delle tue mosse, né ti ho visto sperimentare nuovi attacchi, o ampliare offensivamente il tuo cosmo, solo meditazione ed ascesi sono stati gli addestramenti che compivi, almeno quando giungevi, di quando in quando, in Egitto", esclamò dopo alcuni minuti Sekhmet di Bastet, "Come pensi, cavaliere, di affrontare un Portatore di Luce? Come credi di poter sopravvivere ad un qualsiasi nemico? Come credi di sopravvivere ad un mio attacco, quando reclamerò l’antica rivincita?", domandò allora, rivolgendosi al suo interlocutore, che si rivelò essere Kano del Pavone.
"Non solo nell’ira e nella furia che ti sono propri, guerriera egizia, si può trovare la fonte per vincere un nemico, la forza del cosmo che si percepisce mediante la meditazione e l’ascesi è qualcosa di più grande, qualcosa che ho appreso mediante i mesi in cui mi preparavo ad adempiere alla mia promessa, la stessa che finalmente riuscirò a portare a termine, dopo la battaglia che ci attende domani", replicò con tono quieto, senza nemmeno alzarsi in piedi, il cavaliere d’argento, restando ad ascoltare la melodia, mentre l’alleata si allenava alle sue spalle.
Ed ascoltando la melodia passava anche il tempo di Esmeria di Suzaku, figlia di Ikki e regina di Cartagine, e del suo Guardiano, Joen del Pavone sacro ad Era, che in silenzio restava pochi passi dietro la sua sovrana, sorvegliando la zona circostante, fino a quando non vide arrivare un Hayoka a lui ben noto: Hornwer del Cervo.
Il Goshasei chinò il capo in segno di saluto, gesto a cui l’Hayoka rispose con un gentile sorriso, prima che anche Esmeria si voltasse verso colui che era giunto in loro soccorso nella Città Sacra ad Era; "Riposate, guerrieri di Cartagine, non tutta la notte in attesa della prossima battaglia dovete passare, ma piuttosto risanate gli spiriti, osservando la bellezza del luogo e lasciando che il sonno rinfranchi la vostra mente", propose prontamente il nativo americano, "l’armonia e la bellezza di queste terre non dovrebbe mai essere dilaniata dalle battaglie, ma malgrado ciò che qui è accaduto poche ore fa, sappiate che è ancora un luogo sacro e sicuro, quindi attendete nel riposo l’alba di domani", continuò, scrutando con lo sguardo quei luoghi che conosceva palmo a palmo.
"Ti ringrazio delle tue parole e dell’invito concesso, io stessa sarei andata fra poco a riposare, poiché la guerriera dell’Alce mi ha concesso la sua tenda dove dormire, ma non sperare in altrettanta accondiscendenza da Joen, egli mette il dovere al di sopra del suo stesso riposo, purtroppo, e mai sono riuscita a fargli cambiare tale abitudine", spiegò con un gentile sorriso la figlia di Ikki, salutando poi i due ed allontanandosi verso la tenda che gli era stata offerta come luogo per riposare.
"Bene", replicò poco dopo Hornwer, osservando il silenzioso guerriero di Era, "allora resterò a farti compagnia nella tua guardia, poiché, in fondo, ciò che fai è scrutare questi magnifici luogo, della cui bellezza non sono mai sazio, seppur, dopo gli anni passati addestrandomi fra gli splendenti fiori del deserto, ho avuto modo di conoscere questa terra in ogni suo granello e roccia", affermò semplicemente il nativo americano, sedendosi vicino all’alleato, "Grazie", replicò semplicemente Joen, restando seduto a scrutare l’orizzonte.
Anche un’altra figura scrutava silenziosa l’aria circostante, ma non intenta a meditare, osservare, bensì quasi trascendendo la materia ed i confini del luogo, era un Hayoka: Ash del Corvo.
Botan di Cancer osservava da lontano lo strano stato meditativo raggiunto dal guerriero pellerossa e di nuovo, tramite il suo cosmo, sentì qualcosa di familiare e che le pareva talmente proprio da essere persino innaturale credere che qualcuno altro avesse un cosmo simile.
"Cosa ti turba, sacerdotessa d’oro?", domandò dopo alcuni attimi di silenzio il nativo americano, "La natura del tuo cosmo, Hayoka, è simile a quella che mi è propria, un’aura di morte ti circonda, identica a quella che so richiamare attraverso le stelle del Granchio d’Oro", osservò l’allieva di Shaina, facendosi avanti, "Hai ragione, come te, anch’io ho la possibilità di creare un legame con il mondo dell’Oltretomba, ma ben diversa è la modalità con cui il tuo cosmo ti lega a quella valle oscura, come diverso è il modo in cui tu vivi, nella tristezza dello spirito, questo dono concessoti dalla divinità che segui", osservò gelidamente l’impassibile sciamano. "Pensi che, la possibilità di viaggiare attraverso il varco dell’Ade sia un dono? Ho percepito la morte di molti compagni, ne ho visto le anime giungere nelle terre fredde ed oscure dell’oltretomba e più di questo, una volta ho tolto io stessa una vita ad una nemica", incalzò cupamente Botan, "La morte, in uno scontro, è un evento più che probabile, se chi si affronta è un nemico privo di scrupoli e ricco solo di malefici pensieri, la sua caduta sarà un bene per mille altre persone, questo deve animare il tuo cosmo ed il pugno che lo indirizza", replicò allora l’Hayoka; "Credo in queste parole, ma ogni volta che ho tentato di metterle in pratica, il mio cuore ha sofferto per la vita che ha dovuto rubare", concluse con tono cupo la Sacerdotessa d’oro, abbandonando Ash alla sua meditazione.
In silenzio era anche Kain di Shark, non intento a meditare, bensì a riflettere, ricordando, nella solitudine in cui si trovava, i compagni caduti, proprio come aveva fatto quella stessa mattina, nelle profondità dei mari sacri a Nettuno; un cosmo, però, apparve, stavolta pacifico ed amichevole, introducendo allo sguardo del mariner la figura di Bow dello Storione.
"Alti pensieri ti scorrono nella mente, Generale dei Mari, o sei solo intento ad ascoltare le melodiose note che Peckend riesce a creare assieme al musico di Atena?", chiese l’Hayoka, sedendosi vicino all’alleato, "Nessuna delle due cose in vero, però queste note mi hanno riportato alla mente i compagni caduti, e con loro l’Oracolo di Nettuno, Sorrento, e la sua allieva prediletta, Anfitride", rispose con cupo sguardo il figlio maggiore di Ikki, "Un compagno che muore è una triste memoria a cui abbandonarsi, seppur ti capisco, poiché assieme a me e Peckend, Big Bear era il terzo membro dei Custodi dell’Estate e più e più volte ci ritrovavamo ad ascoltare la musica dei tamburi del Picchio, sperando che non giungesse mai per noi una guerra", raccontò il nativo americano, "non per timore della battaglia, ma per il desiderio innato, almeno dentro di me, di non dover scalfire la vita d’altri come non volevo che lo fosse quella degli amici che avevo maturato in queste terre", concluse, mentre un sorriso s’accennava sul viso di Kain.
"Ora, però, non pensiamo a tali memorie, non al passato volgi il tuo sguardo, ma al presente ed alla dolce melodia che ci allieta le menti, prima che la battaglia di domani si compia, costringendoci a rischiare le vite di chi ci è caro e di ci è ignoto", propose poi Bow, appoggiando la schiena alla folta erba di quel luogo sacro ed immergendosi nella melodia che risuonava nell’aria.
La musica arrivò fin dentro la tenda della Lontra, dove Shiqo, Hayoka preposto a quel segno invernale, discuteva con il Sommo Sacerdote di Atene, Golia del Toro.
"Vuoi dunque apprendere da me, guerriero Hayoka? Eppure io penso che le tue doti siano già sviluppate come combattente, in fondo sei uno dei quattro comandanti, ciò indica che tu non sei guerriero da poco", esordì stupito l’Oracolo di Atena, stupito dalla richiesta che poc’anzi Shiqo gli aveva fatto: di farne il suo allievo.
"Sono uno dei quattro comandanti, hai ragione, ma dei quattro sono colui che serve sotto il diretto comando di Waboose, il nostro Supremo Signore, colui che ci comanda tutti ed in vero non mi sento né superiore a Hornwer, né ad Ash", spiegò con tono cupo il pellerossa, "Credi forse che io sia più potente di Ryo, o di Camus? Che la lama di Lorgash non rivaleggi per potenza con gli scudi che riesco ad alzare? Pensi che Botan, per il suo spirito quieto, non sia guerriera valente quanto me? Non sta nella forza il ruolo di un comandante, ma nella quiete e nel distacco con cui sa prendere le più giuste decisioni per i compagni, che in lui hanno fiducia e lo seguono ciecamente; un fardello è tutto ciò, in vero, un peso che ho imparato a sostenere da poco, dopo aver mal compreso quanto dura fosse la vita per i precedenti sommi Sacerdoti, Seiya di Pegasus e Shaina dell’Ofiuco, che più d’una volta ci videro andare in battaglia, non potendo fare di più che augurarci di tornare vincitori.
No, Shiqo della Lontra, non nella forza del cosmo si misura la grandezza di un comandante, ma nel coraggio con cui regge le responsabilità che gli sono offerte ed accetta di sostenere", spiegò Golia del Toro, mentre il suo interlocutore chinava il capo dinanzi a questa grande lezione appena appresa.
Alla melodia che s’alzava nell’aere, si univa un ritmico ed incessante battere di metallo, proveniente dalla tenda del Puma, dove Zadra dello Scultore era intenta a riparare le vestigia della sorella, dopo aver già curato l’armatura di Capricorn, quella del Cavallo sacro ad Artemide e la god rob di Megrez.
Vicino alla Sacerdotessa d’argento, con i polsi fasciati e curati, si trovavano Kela dell’Alce e Firon del Puma, che osservavano stupefatti l’abilità con cui lavorava la guerriera.
"Sono incredibili le tue doti di fabbro, Sacerdotessa, immagino tu sia potente anche come guerriera", si complimentò Kela, "Da ciò che mi hanno riferito, anche tu ti sei distinta per virtù guerriere ad Atene", replicò con voce quieta, sotto la maschera, la Scultrice, "Ben poco ho fatto e per la prima volta, per di più, in una vera battaglia, non ho mai avuto vero modo di dimostrare le mie virtù, o i difetti, che posseggo", spiegò con tono cupo la sciamana, "Ne avrai l’occasione, come l’avremo tutti noi, potrai combattere per la prima volta ci sarà concesso questo onore", incalzò allora l’altro nativo americano nella stanza, il cui sguardo crepitava di gioia per la possibilità di affrontare dei nemici.
Una risata nacque sotto la maschera di Zadra, "La titubanza e la foga che avete sono proprie di quei guerrieri che ancora non sanno cos’è una battaglia", li ammonì con non poco sarcasmo, "l’inesperienza guida i vostri pensieri, ma cercate di soffocare ogni istinto sciocco domani, poiché gli scontri a cui andremo incontro saranno per voi i primi, ma speriate che non siano gli ultimi", li ammonì con voce dura, tornando poi ad armonizzare il battere del suo martello sulle vestigia con la musica che volteggiava nel cielo stellato.
Con il giungere dell’alba, poi, si concluse la notte e con questa la musica, prima che si palesassero i primi segni delle minacce avvenute il giorno prima per bocca di Amaterasu.
I primi raggi di sole parvero ostili e devastanti, come fiamme che cercavano di bruciare la terra, anziché illuminarla, mentre dalle profondità delle acque che bagnavano, attraverso i fiumi, il territorio sacro, si percepiva un’oscurità corrotta e malvagia cercare di farsi strada verso il mondo, abbattendo come un veleno la vita in ogni sua forma.
"Amaterasu ed Erebo hanno iniziato a muovere i loro passi", osservò cupo Hornwer, percependo i danni nell’ambiente circostante, "Sì", concordò Freiyr di Dubhe, "e noi andremo a fermarli", concluse immediatamente.
"Non tutti però, Sovrano di Asgard, è saggio che qualcuno resti di guardia alle quattro Chiavi, assieme agli dei Hayoka ed ai loro seguaci", propose allora Golia del Toro, trovando anche Waboose concorde alle sue parole.
"Siccome Erebo sta avvelenando il territorio sacro a Nettuno, è mio dovere affrontarlo, quindi andrò io stesso presso le rovine sommerse dell’Isola di Mu, a combatterlo", propose subito Kain di Shark, "Ed Asgard ti sarà vicina in questa missione", replicò Freiyr, avvicinandosi all’alleato, "Sì, mio sire", aggiunse Bifrost, che già era in piedi, con le vestigia brillanti di nuova vita; "Anche noi, cavalieri che di Asgard siamo simbolo presso Atene, saremo con voi", affermò subito Camus dell’Acquario, trovando Helyss e Zadra concordo e ricevendo un gesto d’assenso da Golia.
"Lasciate che anch’io vi segua, nobili cavalieri del Nord, poiché gelido è anche il mio cosmo e grande il mio desiderio d’esservi d’aiuto", continuò poi Whinga dell’Oca Polare, ricevendo un gesto di beneplacito da Shiqo della Lontra, "Ed anch’io verrò con voi, se il mio comandante me lo concederà, poiché è tempo che viva le mie prime battaglie", aggiunse dopo Kela dell’Alce, voltandosi verso Ash, che assentì con il capo.
"Bow, lascia andare me fra coloro che attaccheranno Amaterasu, che possa combattere in nome di Big Bear per onorarlo in battaglia", propose poco dopo Peckend al compagno, "Vai pure, resterò io di guardia ai confini meridionali", concordò sorridente quest’ultimo.
"Poiché i Portatori di Luce e la loro Sovrana sono nemici di Ra, anch’io, come ultima Pharaon, attaccherò il luogo ove questi si nascondono", affermò poco dopo Sekhmet, prima che Kano e Real si facessero avanti fra i cavalieri e, rivoltisi al Sommo Sacerdote, chiesero di unirsi al gruppo di guerrieri che si sarebbe recato in Oriente, "Vi è concesso questo compito, cavalieri d’argento, che più d’una volta vi siete dimostrati potenti e nobili in battaglia, e con voi verrà anche uno dei santi d’oro sacri ad Atena, il custode delle vestigia della Bilancia", affermò poi, voltandosi verso Ryo, che acconsentì con un gesto del capo; "Anche Cartagine si unirà, in questa battaglia contro coloro che hanno invaso il suolo Sacro ad Era", continuò subito dopo Esmeria, seguita dal fedele Joen.
"Shiqo, permetti anche a me di unirmi a questo gruppo, che possa combattere e conoscere la dura lotta come i compagni che già sono pronti a partire", incalzò poi Firon del Puma, "Sia pure, amico mio, lascia a me la difesa dei confini settentrionali, tu vivi pure la battaglia, se è ciò che desideri", concordò allora l’Hayoka della Lontra, prima che Lihat ponesse la medesima richiesta ad Hornwer: "Non chiedermi di lasciarti andare da sola in battaglia, mia buona amica e guerriera, non perché non abbia fiducia in te, ma perché anch’io sarò dei vostri in questo scontro", affermò terminando con un sorriso le sue parole all’apparenza cupe, "a te, Taimap, lascerò la difesa dei confini Meridionali", concluse, mentre l’altro replicava con un cenno affermativo del capo.
Vake del Serpente si voltò quindi verso il gelido sguardo di Ash, "Non preoccuparti, non ho alcuna intenzione di partire anch’io", esordì con un sorriso sornione, "poiché, come il Sommo Sacerdote di Atena ha ipotizzato, penso sia saggio che qualcuno resti di guardia alle Quattro Chiavi, giacché è strano che tanto auspicassero di prenderle ieri e tanto non se ne curino oggi", concluse l’Hayoka, senza ricevere risposta alcuna dal suo interlocutore.
I preparativi erano dunque finiti, i due gruppi scelti per le diverse battaglie si mossero, abbandonando il territorio sacro e dirigendosi gli uni verso i fondali marini e gli altri alla volta del Giappone; mentre dieci guerrieri rimanevano di guardia alle Quattro sacre Chiavi che intrappolavano la Bestia.
La pace era ormai stata spezzata, il tempo delle battaglie era infine tornato.