Capitolo 7: Nuovo assalto al Santuario
Nei pressi del Grande Tempio di Atene due luci avverse si accesero dal nulla, segno che anche in luogo, patria di diverse battaglie prima di allora, stava per scatenarsi un nuovo scontro causato dai misteriosi nemici che già avevano invaso Cartagine, i Portatori.
"Questa dunque è Atene?", domandò la prima delle due figure, la cui voce, femminile, era sorprendentemente profonda e sarcastica, "Pensavo ad un luogo ben più difeso, invero", aggiunse la seconda voce, anch’essa femminile, ma ben più giovane e quieta.
"Quando un esercito è sì debole da perdere ben più dei tre quarti dei propri elementi, non puoi sperare di trovare tanti nemici ad attenderti, anzi, penso che il richiamare entrambi, con un intero schieramento risvegliato dal Portatore di Baku, sia un’offesa per entrambe", ammonì poi la prima che aveva parlato, "Non sottovalutare troppo il nostro nemico, Shime, sai bene quanto siano riusciti a fare questi Santi di Atena, vincendo su nemici al pari di Urano, Pontos e persino sopravvivendo all’assalto degli Horsemen", ammonì subito dopo la seconda.
"Poco male, Mai, lascia stare questi discorsi e concentra la tua attenzione alla melodia che innalzerai per la mia prestazione", concluse colei che era chiamata Shime, mentre si allontanava dal punto d’osservazione, seguita da uno schieramento dei medesimi soldati che l’esercito oscuro chiamava "Stormo".
"Come sempre, Shime, a te la scena ed a me la melodia", replicò l’altra voce, mentre lentamente la luce l’abbandonava, rivelando la forma di una guerriera avvolta in vestigia color argento e oro, rappresentanti un cavallo, o almeno ciò sembrava, poiché vi era la criniera dell’animale sul suo avambraccio sinistro, mentre il viso della bestia era diviso fra le due gambe; le zampe, invece, costituivano le spalliere e la copertura per il braccio destro, mentre il resto del corpo era coperto dal tronco e dalla coda dell’animale. Sulla testa di quella donna vi era una corona composta dagli zoccoli del cavallo, su cui si ergevano minacciosi due corni. I capelli della donna erano verdi e legati a coda al centro della nuca, mentre gli occhi, privi di iridi, risaltavano sui lineamenti asiatici della misteriosa straniera, che impugnava fra le mani un terzo corno, che, ad uno sguardo più attento, si rivelò essere un flauto ricurvo.
Quando la melodia riecheggiò per la vallata del Grande tempio, una figura uscì all’esterno della prima casa dell’Ariete, un cavaliere d’argento con una magnifica lira fra le mani, "Non so chi sia ad eseguire quest’oscura melodia, ma di certo non potrà sperare di superare da solo gli sbarramenti del Santuario di Atene", esordì l’uomo, rivelandosi come Real della Lira, il discendente di Orpheus, prima di iniziare egli stesso una dolce musica, profonda e rimbombante nelle terre di Grecia.
La musica che si espandeva dal santo d’argento fu però scossa quando questi vide un intero esercito di strani guerrieri dalle scure vestigia avanzare serrato, mentre una figura correva dinanzi a loro, come spaventata.
"Aiuto, vi prego", continuava ad urlare la figura, prima di spostarsi su un lato della strada, lasciando libero passaggio a quello strano schieramento; era una giovane di bianco vestita, di certo una fanciulla ateniese finita erroneamente in quella vallata, pensò Real che, allo stesso tempo, sapeva di non poter interrompere la propria melodia, poiché ampia ed oscura era la musica cui si frapponeva con la propria.
"Sembra che chi si trova al Santuario sia un musico di prim’ordine, ebbene, giunge il tempo che gli mostri l’oscuro effetto della tecnica ad un flauto", sussurrò fra se Mai, allontanando lievemente le labbra dallo strumento ricurvo, "Mugen Onki" cantò la guerriera malefica, prima di iniziare una melodia ancora più potente.
Ai piedi della Prima Casa, Real della Lira sentì la propria potenza titubare mentre il cosmo avverso e con esso la melodia collegata, si facevano sempre più potenti ed oscuri, strumenti di una sensazione che lo rendeva pesante e spossato, ma non nel corpo, bensì nella mente che d’improvviso vacillò, costringendo al suolo il cavaliere d’argento, che a fatica manteneva alta la sua melodia, mentre ancora lo schieramento nemico avanzava.
Un cosmo dorato si fece allora avanti, apparendo alla destra del santo della Lira, un cosmo potente e pacifico si sviluppò nella vallata ai piedi della Casa dell’Ariete, circondando lo schieramento nemici e bloccandone l’avanzata come un muro mentale dalle dimensioni indescrivibili.
"Sacerdotessa del Cancro", balbettò appena Real, intento nella propria musica, riconoscendo Botan di Cancer, una dei cinque santi d’oro sopravvissuti alle passate battaglie.
"Cosa succede, cavaliere d’argento? Chi ci attacca?", domandò prontamente l’allieva di Shaina, "Non ho idea di questo, posso solo dire che mentre questi guerrieri sembrano avanzare indifferenti ad ogni intemperie del terreno, qualcuno cerca di spezzare le menti di tutti con una melodia malefica", spiegò prontamente il discendente di Orpheus.
"Della musica il sommo Sacerdote ha dato ordine di occuparsene ad un mio ed una gradita ospite, non preoccuparti di ciò", replicò quietamente Botan, "ma di costoro, le cui anime sembrano già aver oltrepassato il valico dell’Ade e solo dei corpi, guidati da uno spirito loro alieno, si oppongono a noi", concluse con voce titubante sotto la maschera dorata.
"Il Sommo Sacerdote sa di questo attacco?", affermò sorpreso Real, "Sì, giovane cavaliere, per quanto le tue virtù musicali siano potenti, noi tutti abbiamo percepito l’oscuro cosmo farsi avanti fra le note che hai saputo rallentare con la tua melodia, proprio per questo il Sommo Golia ha mandato me in tuo soccorso, immaginando un nuovo assalto ed un altro di noi ad affrontare chi crea questa musica, mentre gli ultimi due santi d’oro attendono presso le stanze del Sacerdote di difendere la sua persona", spiegò prontamente Botan, mentre con la mente sollevava intere barriere di roccia per bloccare i corpi senza vita.
La situazione era chiaramente di stallo, finché Botan non vide la giovane fanciulla che poco prima lo stesso Real aveva notato, barcollare verso lo schieramento di guerrieri senza vita, rischiando lei stessa la morte; "Ragazza, attenta", esclamò la sacerdotessa d’oro, concentrando il proprio cosmo per spostare la giovane, ma trovandovi inizialmente difficoltà, come se un cosmo avverso la bloccasse: proprio per questo la guerriera di Cancer dovette concentrarsi maggiormente sulla misteriosa fanciulla, lasciando andare i diversi macigni, così da permettere alle truppe nemiche di avanzare, raggiungendo ormai i piedi della Prima Casa.
"Sacerdotessa, dovrai colpirli con il tuo attacco energetico, non abbiamo altra possibilità, il mio strumento è intento in altro", spiegò titubante Real, mentre si voltava verso Botan, consapevole che la sua tecnica d’attacco era ben poca cosa dinanzi a quella schiera di nemici, contro cui gli Strati di Spirito erano inutili, poiché già privi d’anima.
Sulle alture circostanti il Santuario, Mai continuava la sua malefica melodia, finché due cosmi si palesarono dietro di lei, che, incurante, continuò nella musica.
"Dunque costei è ad aver iniziato questa disgustosa melodia?", tuonò una delle due figure, prima che la guerriera asiatica si voltasse per vedere dinanzi a se un cavaliere d’oro ed una guerriera dai rossi capelli e le vestigia consacrate ad Artemide: Lorgash di Capricorn ed Elettra del Cavallo.
"Quieta i tuoi passi, amazzone, più volte durante i nostri viaggi ho cercato di spiegarti quanto l’avventatezza sia un errore in battaglia, quindi attendi e lascia a me il primo colpo, che sia l’Excalibur a sancire le virtù di questa musicista", affermò con tono calmo il santo della Decima Casa sollevando il braccio destro, mentre poneva il sinistro dinanzi alla figura dell’alleata, e lasciando calare un fendente verso l’avversaria.
Mai si mosse velocemente, padroneggiava la velocità della luce, ciò era certo da come riuscì ad evitare il fendente di Lorgash, che andò a perdersi nel vuoto, dilaniando un pezzo di montagna, "Ora tocca a me", esclamò allora Elettra, "Horse Fire Gallop", continuò poi, sferrando una serie di velocissimi calci infuocati, che però non presero l’avversaria, lasciando cadere al suolo l’amazzone.
"Non utilizzare oltre i tuoi colpi, guerriera di Artemide", esordì poco dopo il santo d’oro, "sarebbero inutili, siamo prede di una qualche illusione musicale, ne sono certo", concluse Lorgash, vacillando.
"Complimenti", esordì Mai, allontanando lievemente le labbra dal flauto ricurvo per poi riprendere la melodia, "come hai fatto?", chiese, poi, in un’altra brevissima pausa, "Seguendo il modo in cui hai evitato il calcio di Elettra, un colpo che è stato ben più che eliso, bensì ha completamente sbagliato bersaglio, a causa dello stesso senso di vertigine che ora sta dilaniando me, suppongo", concluse il santo d’oro, appoggiando ambo le ginocchia a terra, come l’amazzone, che a malapena riuscì a rimettersi in piedi.
"Questo è l’effetto ultimo della tecnica ad un Flauto di Mai del Ki-Lin, Musicista e Portatrice di Luce, dilaniare i sensi del mio nemico, rendendolo inerme ai miei attacchi fisici", affermò poi, mentre la mano sinistra abbandonava la presa sullo strumento, che ancora continuava a risuonare mediante la mano destra, prendendo uno dei corni sul suo elmo, che si rivelò essere una specie di boomerang ricurvo.
L’arma volò verso le due vittime; Lorgash cercò di colpirla con un fendente d’energia, ma il colpo fallì, mentre il boomerang investì in pieno Elettra, rigettandola al suolo, stordita, prima che l’oggetto rotante tornasse nella mano di Mai.
"Ora toccherà a te, Cavaliere d’oro. Certo non è attacco capace di finirti, ma potrà renderti inerme quel tempo necessario perché blocchi la melodia che difende il Santuario, o almeno perché Shime uccida chi la sviluppa", affermò soddisfatta, prima che un nuovo cosmo prendesse forma nell’altura e qualcosa di luminoso e simile ad una corda si legasse al polso sinistro della Portatrice di Luce, "Non credere che gli Hayoka vi permetteranno di fare quanto più vi è gradito, alleata della Bestia", ammonì una voce decisa, circondata da un cosmo di luce violacea.
Nello stesso tempo ai piedi del Santuario Botan e Real osservavano i nemici senza vita avanzare, mentre le "Chele del Granchio" ne rallentavano l’avanzata, finché due nuovi cosmi si fecero spazio in prossimità della Prima Casa; "Tomahawk colpisci", esclamò d’improvviso una voce femminile alle spalle dello schieramento avverso.
Ciò che i due santi di Atena videro fu un fendente d’energia, meno potente dell’Excalibur, ma in qualche modo simile a questo, aprire un varco nel terreno e spazzare via i diversi corpi senza vita, dilaniandoli e lasciando disperdere l’energia attorno a loro, prima che una litania, molto simile a quelle che già erano risuonate ad Asgard e nel regno dei Mari, non proruppe da quella stessa voce, lasciando scomparire il cosmo oscuro nella figura alle spalle dei cadaveri.
Questi si rivelò come una donna dai lunghi capelli castani che ondulavano con forza sulla schiena; le vestigia erano rosse e argentee sugli avambracci, dove risaltavano degli zoccoli, simili a quelli che coprivano le gambe. Il volto di un alce era ritratto al centro del tronco, combinandosi con il resto dell’armatura stessa, che finiva con le corna della bestia, richiuse sulle spalle della guerriera, che non portava alcun elmo, se non una fascia dai colori blu. Gli occhi azzurri della combattente erano poi messi in risalto da un tatuaggio simile ad una freccia sulla guancia sinistra. Ciò che più stupiva di lei, però, era che con la sola mano destra impugnava una maestosa ascia d’argento, con cui aveva creato quel solco nel terreno.
"Chi sei?", domandò allora Botan, "Kela dell’Alce, Hayoka e Custode dell’Autunno come i miei due compagni, qui per aiutarvi, guerrieri di Atene", affermò sorridente la ragazza, ritraendo l’arma, mentre una seconda figura, avvolta da un cosmo nero, si manifestò accanto ai due santi di Atena; "Ancora la battaglia non è conclusa", affermò freddamente tale figura, che dell’ombra sembrava essere parte, "poiché due Portatrici di Luce sono giunte fin qui ed una di loro adesso combatte i vostri alleati ed il nostro compagno, ma dell’altra toccherà a noi occuparcene", affermò gelidamente l’individuo, rivelandosi come un altro guerriero pellerossa.