Capitolo 2: Nuovi nemici e alleati
"Galaxian Explosion", tuonò Kain, investendo con l’esplosione d’energia il vortice di correnti taglienti scaturiti dalle mani del suo nemico, un confronto di pura violenza avvenne fra i due attacchi, investendo ambo i guerrieri, ma mentre il nero invasore fu rigettato contro la parete rocciosa, il Generale dei Mari volò, diretto contro lo Stormo di nemici alle sue spalle.
Il cosmo gelido che aveva invaso la zona, però, si fece ancora più presente mentre Kain, con il capo diretto verso il cielo acquatico che lo sormontava, vide distintamente una figura dalle vestigia bianche e blu, che calava planando verso di lui, anzi, più precisamente, verso lo stuolo di invasori alle sue spalle.
"Ice Storm", esclamò la voce che poc’anzi gli aveva promesso supporto, e d’improvviso il cosmo gelido si rese visibile come una pioggia di stalagmiti di ghiaccio che sembravano cadere verso Kain, ma, all’ultimo, si diressero sullo Stormo alle sue spalle, dilaniando i corpi nelle prime file e creando una barriera ghiacciata fra il figlio di Ikki ed i nemici che lo avevano attaccato.
La figura atterrò allora vicino a Kain, che, rimessosi in piedi con un’abile capriola sulla parete di ghiaccio, squadrò l’individuo in tutta la sua persona: era un nativo americano dai bianchi capelli e con profondi occhi chiari, che sorrise immediatamente al Generale di Shark, rivelando le vestigia.
Ampie ali si aprivano sulla sua cloth, mentre delle maestose zampe, di un animale simile ad un’anatra, costituivano le spalliere; il pettorale ed i gambali sembravano costituita da piume, ma in realtà erano solo dei magnifici bassorilievi, semplici decorazioni della cloth, che abbellivano ancora di più il volto del misterioso alleato.
"Chi sei, cavaliere?", domandò prontamente Kain, al nuovo giunto, "Whinga dell’Oca Polare, uno dei tre Hayoka custodi dell’Inverno", esordì prontamente il misterioso alleato, "Hayoka?", ripeté sbalordito il Mariner, "Sì, siamo sciamani e custodi della pace, di norma non partecipiamo alle battaglie, ma in questo caso ho dovuto fare un’eccezione, perché la situazione era per te fin troppo sfavorevole", spiegò il nativo americano, mentre la barriera di ghiaccio iniziava ad incrinarsi per l’avanzata degli invasori.
Una risata ironica troncò la stasi del momento, riportando l’attenzione di entrambi su colui che si fregiava del titolo di Tigre Nera, "Dunque, soldato dei Mari, malgrado la tua fama, hai bisogno di un aiuto, per di più da chi a buon conto può definirsi monaco, per affrontare me e lo Stormo che mi segue?", domandò sarcastico il nemico, rimessosi in piedi e pronto a continuare la lotta, parole che segnarono d’ira il volto di Kain.
"Whinga dell’Oca Polare, ti ringrazio per l’aiuto concessomi e ti chiedo di trattenere quel piccolo esercito che segue costui; lascia a me il dovere che mi è proprio, la difesa del regno dei Mari da invasori come costui", sentenziò Kain, rivolgendosi all’alleato, "Certamente, Generale di Shark, non ti priverò del tuo dovere, poiché, anch’io, come te, ne ho uno, lo stesso per cui noi Hayoka siamo giunti in questo regno sommerso, per recuperare ciò che il suo padrone cerca ed impedire che la Bestia sia risvegliata.
Per questo motivo i miei compagni sono nel regno di Nettuno ed a fine battaglia si presenteranno a te, mentre io mi occuperò di curare il male che dilania i corpi senza vita degli invasori alle tue spalle", concordò Whinga.
"Invasori senza vita? Altri come te nel regno dei Mari? Cosa sta succedendo in questi luoghi? Quale divinità ha dichiarato guerra al mio Sire Nettuno?", tuonò allora Kain, sempre più stupito dall’eccessivo numero di notizie che in poco tempo gli erano offerte.
"Non al tuo Sire Nettuno, bensì a voi che avete sconfitto Urano, Ponto, Gea e gli Horsemen, contro di voi deve essere scatenata la Bestia, per questo i suoi seguaci si sono alleati con il padrone di costui ed un’altra divinità malefica", spiegò Whinga, iniziando a concentrare il proprio cosmo gelido, "ti basti sapere questo per ora, poiché un’altra lotta ci attende con questi nemici", concluse poi, sorridendo al figlio di Ikki, che rispose con un cenno del capo, certo che dopo la battaglia sarebbero giunte le spiegazioni.
Ancora una volta Kain caricò verso l’avversario, che prontamente si gettò contro di lui a sua volta, mentre nere lame affilate nasceva dalle dita, simili ai denti di uno squalo tigre oscuro, come quello che le sue vestigia rappresentavano; nuovamente un fendente partì dalla mano del nemico verso il Generale dei Mari, che prontamente evitò il colpo per poi cercare di colpirlo con un secco pugno ai reni, colpo che fu evitato dalla mano destra della Tigre Nera, che bloccò l’arto dello Squalo d’Oro conficcandovi le proprie zanne. Un urlo fu soffocato dalla resistenza del Generale di Nettuno, che subito cercò di divincolarsi con la mano libera, la destra, con cui, sfruttando tutta la velocità che risiedeva nel suo cosmo, cercò di sferrare un violento pugno nello stomaco del nemico, raggiungendolo ben tre volte con tale tecnica, tanto da farlo piegare e sputare sangue.
"Non basta a fermarmi, soldato dei Mari", avvisò allora il nemico dalle nere scaglie, mentre con un secco movimento montante raggiunse, seppur solo superficialmente, il viso di Kain, segnandolo con delle sottili cicatrici, ma in quello stesso momento il cosmo del Generale dei Mari esplose, seppur solo per un istante, tornando poi quieto.
"Da questa distanza non puoi scatenare alcuno dei tuoi attacchi", esordì ironico il nemico, "Quale distanza?", domandò allora la voce del Mariner, che apparve alla Tigre Nera incredibilmente lontano. "Come puoi esserti liberato?", esclamò subito il guerriero oscuro, notando che ancora, conficcata nel braccio vi era la sua mano, per poi vedere l’amputazione al proprio braccio destro, "Quell’energia cosmica", balbettò appena il nemico, "Non solo quello", replicò con gelida determinazione la voce di Kain, mentre dei segni di luce si aprirono per tutto il corpo del guerriero oscuro, dilaniandolo in mille pezzi.
Fu questa l’ultima immagine che il misterioso nemico vide in quei pochi attimi in cui era rimasto intrappolato nell’illusione che lo aveva colpito, attimi sufficienti perché Kain fondesse l’illusione della lacerazione con l’effettivo urto del suo corpo che si distanziava, liberandosi dalla presa degli artigli.
"Genmaken", affermò seccamente il figlio di Ikki, "il colpo trasmessomi da mio padre, portato ad una velocità tale da non essere nemmeno visibile ai più", spiegò poi, espandendo di nuovo il proprio cosmo, "Maledetto", ringhiò allora il misterioso nemico, prima che qualcosa lo sbalordisse, cambiando il suo sguardo, in parte turbato, in parte furioso, in stupito. La medesima cosa accadde a Kain quando, fermatosi dal fragore della battaglia, si rese conto che il gelido cosmo del suo alleato si era d’improvviso reso tanto sottile da essere quasi assente, ma non per la fatica, bensì per mutare in qualcosa di diverso, fu questo che fece leggermente voltare il Generale dei Mari, lasciandolo sbalordito per ciò che stava osservando.
L’uomo che si era presentato come Hayoka si era seduto al suolo, con le gambe incrociate, una volta che il Generale dei mari aveva iniziato la propria battaglia ed in quella posizione aveva iniziato una strana nenia in una lingua antica quanto la cultura stessa della popolazione pellerossa, una nenia che sembrava influire sul suo stesso cosmo, rendendolo da gelido e, in qualche modo, offensivo, una corrente più pronta a ricevere che ad attaccare, una sottile rete di candida energia che, non appena la melodia finì, si scatenò, aprendosi come le ali di un bianco volatile sullo Stormo che, ormai, era pronto ad avanzare.
Fu allora, nell’avanzare, che lo stuolo di soldati neri fu inghiottito dalle ali bianche, che però non vi ebbero alcun effetto immediato ed offensivo, se non quello di annullare il cosmo che vi era fra loro, lasciando cadere a terra tutti quei corpi che, inaspettatamente, si rivelarono morti.
Dopo quello stupendo, quanto sorprendente, spettacolo di bianchi colori, il cosmo, ora divenuto inaspettatamente nero e putrido, rientrò in Whinga, scotendo il corpo dell’Hayoka che cadde supino al suolo per pochi attimi, per poi rialzarsi, di nuovo padrone della gelida impronta energetica che lo caratterizzava.
"Un male così profondo ed oscuro quasi quanto quello dei Quattro Cavalieri", affermò con titubanza il nativo americano dai bianchi capelli, voltandosi poi verso il Generale dei Mari, "Attento!", esclamò.
Era già tardi per avvisare, poiché la Tigre Nera si era ormai avventata sul suo nemico, ma Kain era stato ben accorto e veloce, mostrando un falso punto scoperto all’avversario, che prontamente evitò per poi colpirlo con una gomitata allo stomaco, che rigettò indietro l’invasore.
La Tigre Nera si schiantò contro la roccia, "Bene", esordì pochi attimi dopo, rialzandosi ridacchiante, "l’arrivo di questi Hayoka non era stato valutato dai miei compagni, riferirò all’Oscurità che mi governa di tale mancanza nei nostri piani. Avrete modo di rispondere dell’insolenza che avete mostrato oggi, contro di me, tu, Generale dei Mari, e contro il cosmo del mio Signore, tu, pellerossa", avvisò espandendo il proprio cosmo.
"Se ci rivedremo, o se avrai modo di incontrare i Sette Generali Oscuri, Squalo d’Oro, chiedi di me, di Zahn di TigerShark", affermò secco il nemico prima che il suo cosmo si manifestasse in una corrente d’aria che lo circondò fino a produrre una pioggia ascensionale di lapilli dal suolo verso i due guerrieri a lui avversi, e nascondere la sua fuga.
Rimasti soli, Kain si appoggiò alla parete rocciosa alla sua destra, il viso lievemente sanguinante, per quanto erano altre le ferite che lo avevano segnato, prima fra tutte quella prodotta dall’impatto fra il suo attacco e quello nemico.
"Mi dispiace di non poterti essere d’aiuto in questo, Generale dei Mari", affermò d’improvviso Whinga, "Che intendi dire?", incalzò l’altro, "Non posso curare le tue ferite, dei dodici Hayoka, non a me sono state offerte le doti curative, se non, ovviamente per il male che risiede nei cosmi", spiegò il nativo americano.
"Ma chi siete voi Hayoka? Posso affermare che siete degli alleati, ma più di questo non so su di voi", replicò allora il Mariner, "Non ti basta sapere ciò?", incalzò ironico l’altro.
"Noi Hayoka, siamo sciamani e custodi della pace, non per la battaglia siamo in principio addestrati, bensì per purificare l’energia negativa che si espande dai cosmi violenti di divinità o essere superiori, che, una volta sconfitti, potrebbero infettare il mondo con la loro essenza negativa", spiegò d’improvviso una voce, mentre due figure apparivano dalla via che portava alla colonna Portante.
Kain stava per rimettersi in piedi, quando un gesto di Whinga lo fermò, "Sono i miei parigrado", affermò, indicando i nuovi giunti.
"Colui che ha parlato è Shiqo della Lontra", esordì, indicando il primo, un pellerossa dai corti capelli magenta ed i sottili occhi verdi; questi aveva un’armatura color ambra ed ametista, sembrava che diversi minerali provenienti dalla terra stessa si fossero fusi per ricoprire il suo corpo in una magnifica corazza rappresentante la lontra. L’elmo era il capo dell’animale, i cui occhi sembravano vivi sopra quelli del suo custode, braccia e gambe della bestia costituivano le spalliere, mentre una gigantesca coda, divisa in più parti, ricopriva gambe e parte degli avambracci, dalle spalle ai gomiti, il tronco era poi ricoperto dal corpo della bestia, i cui molteplici riflessi brillavano con magnificenza sul guerriero. Ciò che però colpiva di più di quell’armatura erano le braccia: infatti se sul sinistro vi era la bocca della Lontra, il destro aveva un blocco lavorato simile ad un gigantesco guanto e composto da quarzo brillante.
"Ed io sono Firon del Puma", concluse il secondo, mostrandosi: le vestigia erano rosse e violacee sul suo corpo, rappresentanti il felino sull’elmo, i cui artigli anteriori ricoprivano le braccia fin sopra il gomito, mentre i posteriori costituivano le spalliere; il tronco era ricoperto da vestigia adornate da simboli simili a fiamme, mentre sui gambali e sulla cinta l’armatura ricordava particolarmente quella della Tigre di Smeraldo che un tempo fu di Raizen, con il suo aspetto minaccioso e fiammante, quasi che una fiera si fosse impossessata del corpo del pellerossa, infiammandolo d’ira. Lo stesso Firon aveva uno sguardo di fuoco, dono dei suoi occhi rossi e dei corti capelli castani, che risaltavano particolarmente su quella pelle abbronzata.
"Cosa cercavate nel Regno dei Mari?", domandò allora Kain ai tre, "Questo, un oggetto lasciato da Zeus a suo fratello Nettuno, una delle chiavi, se così si possono chiamare, che imprigionano la Bestia", spiegò l’uomo di nome Shiqo, mostrando una sfera nera capace di restare celata in un pugno, ma al qual tempo maestosa nella sua sinistra bellezza.
"Ti chiediamo inoltre di seguirci, Generale di Shark, affinché tu sia curato e ti si possa parlare della verità dei fatti, nel luogo in cui anche gli altri nemici di chi cercherà di liberare la Bestia si riuniranno", aggiunse poi Whinga, "non ti preoccupare", continuò, "ora che abbiamo trovato ciò che cercano, non attaccheranno più il Regno di Nettuno, bensì inseguiranno questo oggetto", concluse l’Hayoka dell’Oca Polare.
"Sia, vi seguirò", concordò allora Kain, dopo aver riflettuto alcuni attimi su quanto poco sapeva di quella nuova minaccia che li stava attaccando e poco prima di scomparire nella luminosità del proprio cosmo assieme ai tre alleati.