Sorrento era fermo ad aspettare trepidante un gesto di Julian che scrutava attentamente le pagine dell’antico manoscritto, un segno che potesse suggerire che il suo protetto fosse finalmente venuto a capo del mistero sospettato dal Dio dei Mari. Ma, alzati i bellissimi occhi turchesi in direzione di quelli del suo generale, Julian, quasi senza ostentare alcuna espressione facciale, gli disse:
- E’ illegibile.
- Davvero? – domando’ stupito Sorrento.
- I caratteri coi quali sono scritte queste pergamene assomigliano vagamente ai caratteri di scrittura cantonese ma non sono gli stessi… Ipotizzerei che si tratti della lingua parlata dagli dei dei cieli d’Oriente.. Temo che ci vorrà più tempo del previsto per interpretarlo.
Un nuovo ostacolo si era dunque interposto tra i nostri eroi e la soluzione dell’arcano…
--------------------------------------------------------
Proprio nel mezzo della raduna che ospitava il letto della piccola cascata, Ikki e Lao Hen stavano fermi l’uno dinnanzi all’altro, il primo fremente di curiosità, il secondo come ad aspettare il momento topico per iniziare il suo racconto.
- Presso il braccio meridionale del fiume Gange.. – esordì d’un tratto colui che era sacro alla Tigre dei Cieli d’Oriente - ..si trova un luogo sconosciuto ai più, perfino ai monaci buddisti che lungo il fiume hanno edificato molteplici templi e centri di culto. Questo luogo ameno, sempre fuori dalla portata dei monsoni e dei cataclismi, é radura ridente nell’aspetto ma l’aria che vi si respira è rarefatta come sulla cima dell’Everest. Si tratta di un luogo mistico quanto quieto, le cui particolari caratteristiche la rendono meta agognata per asceti ed eremiti. Ed io tra quelli… Come ero solito fare di tanto in tanto, m’ero recato sotto le mentite spoglie di giovine adepto presso la comunità di santoni che ivi resideva, attratto da due notizie che erano giunte alle mie orecchie: in primo luogo, pareva che i praticanti di ascesi di quella compagnia fossero tutti aspiranti cavalieri, e non semplici monaci; in seconda battuta, pare che tra di loro fosse giunta una guida spirituale la cui stirpe avesse radici divine…
- Si trattava di Shaka! – sovvenne Ikki.
- Proprio lui.. – continuò Lao Hen, per nulla infastidito dall’interruzione. – Mi servì poco a comprendere che quelle chiacchiere erano alimentate da una verità palese a chiunque, figurarsi ad un gruppo di monaci praticanti di ascesi… Una celeste armonia permeava dal cosmo di quell’uomo, una pienezza siderale anche troppo radiosa per un semplice cavaliere…
- Era il cosmo.. di Virgo.
- Mmm.. – annuì il cavaliere di platino. - Hai già avuto modo di conoscerlo; ebbene, ne rimasi talmente colpito che nacque in me l’intezione di parlargli.
Iniziammo così un dialogo poiché, anche senza far sfoggio della conoscenza di cui ero padrone, avendo una maggiore conoscenza dello spirito di quanto potessero mai auspicare i vari asceti o adepti di quel tempio, riuscii a stupire tutti coloro con cui presi parola; tanto che, non era neppure passato un giorno dal mio arrivo al tempio, che già Shaka anelava dialogare con me.
Quando mi presentai a lui, poiché grande era la possenza del suo cosmo, cercai di non rivelargli minimamente la natura divina del mio essere, annullando fino allo stremo il cosmo… In realta’, volevo che questi mi parlasse con la sincerità che avrebbe rivolto ad un allievo desideroso di apprendere e non con fare saccente di chi vuole duellare in saggezza con un suo pari; ma ben presto, dovetti rendermi conto che in lui la sincerità e la saccenza erano spesso due facce della medesima medaglia….
- Nobile Shaka.. – così lo chiamai – si dice che tu abbia ricevuto la conoscenza dello spirito umano nella sua interezza. Dimmi adesso: come posso trovare la retta via fra ciò che è bene e ciò che è male?
- Non puoi… Non esiste, giovane adepto, niente che possa essere definito bene, o male in senso assoluto; tutto è in continuo cambiamento, solo apprendendo questa prima verità potrai aprirti ad una maggiore conoscenza di te stesso che, poco alla volta, ti porterà a conoscere il mondo e distinguere il ben fare dal mal fare, che tanto differisce dal fare bene e fare male…
Con queste parole mi rispose, parole ricche di saggezza innegabile, ma che fin da subito mi misero a conoscenza di un aspetto profondo del suo carattere: l’egocentrismo su cui basava il suo studio dello spirito; temendo che quindi tutto il sapere che aveva appreso finisse per restare arenato tra gli scogli dell’ego, continuai a parlargli, per mostrare lui i difetti del ragionamento che portava avanti:
- Shaka, ma se prendessi me stesso come punto di partenza per la conoscenza del divenire di bene e male, non potrei far altro che rimanere incagliato in un solo aspetto di tale giudizio: quello che parte da me e con il mio pensiero muta. Così facendo, non mi troverei forse a perdere del valore che gli altri danno al giusto ed all’errato?
- Colui che è illuminato dalla pienezza dello spirito non ha bisogno di conoscere la verità che risiede nel cuore di altri uomini, esseri per lo più ignari della conoscenza a cui è saputo giungere, esseri incapaci di cogliere il soave bagliore splendente per volontà delle stelle stesse. - replicò lui, lievemente urtato.
- In vero, se un uomo si alza di sopra degli altri, reputandosi unico giudice di ciò che è giusto e sbagliato, egli anela alla carica di divinità.. Non è unicamente per se stessi che si deve vivere, poiché ciò porta solo a far ruotare il mondo attorno al proprio asse e non a quello che l’universo gli ha dato. Solo se, guardando anche il più piccolo degli esseri si trova in lui la coscienza di ciò che è bene o male, e sapendo come indirizzarlo ed apprendere al qual tempo da lui, si è lungo il percorso per l’illuminazione. – lo corressi io.
- Osi forse dubitare che percorrendo la mia via per ricercare la giustizia non ci si avvicini alla luce? – tuonò allora Shaka, il cui tono di voce cambiò d’improvviso, come se un’immonda falsità fosse stata proferita al suo orecchio.
- Invero, supponevo soltanto che, nel ricercare da soli la giustizia senza comprendere cosa sia questa per gli altri uomini, ci si elevi al livello degli dei.. Si diventa sì uomini vicini alle divinità, ma non si potrà mai essere come quest’ultime, perché si mancherà sempre del senso di pietà che solo gli esseri più elevati sanno ben unire alla giustizia. – continuai, trattenendo il mio tono ed il cosmo ma, mentre alzavo lo sguardo, notai come il volto di Shaka fosse contratto in una smorfia, come se in lui fosse sorto un dubbio.
- Dunque, ritieni che la pietà, caratteristica degli uomini più deboli e meno convinti dei propri mezzi, sia uno strumento per giungere alla completa giustizia? Una teoria interessante, ma mai, negli anni in cui ho meditato sulle rive del Gange, ho sentito parlare di alcun dio che usi la pietà come metro per la giustizia. – obbiettò Shaka, mentre sentivo già quanto vasto stava diventando il suo cosmo.
- La pietà da sola non può essere giustizia, ma colui che è veramente illuminato, chi ha compreso fino all’ultima sfaccettatura della giustizia, saprà come usarla ed amministrarla... La pietà e l’unità con gli uomini, più che il distacco dal mondo terreno, possono aiutare nella comprensione della verità del mondo divino. – gli spiegai in modo chiaro e diretto
- E dimmi, uomo, come puoi tu comprendere meglio di me, che sono il prescelto di Buddha, quale sia la via migliore per l’illuminazione? Pensi forse che le passioni, fra cui anche la compassione, madre della pietà, siano gli strumenti per raggiungere la vera conoscenza ed il Nirvana? L’assenza assoluta delle passioni può essere indotta con le passioni stesse? Questo mi sembra ben più che un semplice ossimoro.. – mi ammonì con alterigia.
- In realtà, le passioni umane sono viste come fonte di male e peso che rallenta la scalata, presso i popoli d’Oriente, ma mai vedrete un monaco disinteressato ai dolori degli uomini; anzi proprio il supportare il prossimo, prendendo il peso del suo dovere ed avendo fede che questi possa andare avanti per il nostro soccorso… questa è la via della verità. La fede nel prossimo ed il sacrificio! Questi sono i sentieri che conducono alla giustizia! – conclusì, mentre già la sua sicumera e la sua cocciutaggine m’erano giunte a noia.
Ma fu proprio allora che Shaka s’alzo in piedi…
- Chi sei? Di certo non un discepolo in cerca di conoscenza, né uomo ignaro delle forze del cosmo… poco importa se cerchi disperatamente di celarlo… – osservò il cavaliere di Virgo, e fu allora che lasciai brillare parte del mio cosmo, mostrandogli solo in parte la luce del Quadrante di Lao.
- Un cavaliere superiore.. – così mi etichettò allora Shaka - ..sei dunque un uomo padrone del settimo senso e forse di poteri anche maggiori. Bene, per assicurarmi di ciò mi vedo costretto a testare il tuo potere. – concluse, emettendo contro di me uno strale d’energia dorata, molto simile alle fiamme con cui tu hai accolto la mia sfida, cavaliere della Fenice.
Decisi di mostrare parte delle mie vere virtù dinanzi a Shaka, sviluppando intorno a me il nocciolo di luce del Quadrante Celeste che, come già hai potuto notare, è difesa insuperabile per colpi di così misera fattura.
- Come immaginavo non sei cavaliere da poco.. – esordì allora il custode dorato - ..ma mi chiedo quanto potrà questa tua difesa resistere dinanzi all’atrio che si apre verso i mondi dell’Ade, la Volta di Minosse! – affermò poi, scatenando su di me il suo Rikuddo Rinne, il varco verso il mondo dei morti.
Superfluo descriverti la natura di quel colpo, come suppongo sia superfluo dirti che, data la mia natura divina, un invito nelle valli dell’Ade non poteva certo limitare la mia essenza a quella cupa vallata.
Questo dato di fatto fu accolto con sgomento da Shaka, ma servì anche a rivelargli la mia natura celeste…
- Avevo visto giusto, allora! Se la Volta di Minosse non è per te varco per oscura prigione, chiunque tu sia, non sei di certo un uomo, bensì divinità.. – ipotizzò a buon vedere il dorato asceta.
- Dici il vero, Shaka, ma io non ti sono avverso; sono venuto come amico per mostrarti la strada per la vera conoscenza e se solo con una battaglia potrò indicarti questa via, allora accetto lo scontro che mi hai offerto con questo tuo attacco. – replicai quietamente verso il mio interlocutore.
- Il tesoro del cielo é un mondo perfettamente armonioso.. E’ il campo di battaglia ideale per concludere questo scontro.. – sussurò Shaka, mentre lentamente i suoi occhi iniziavamo a brillare di trascendente luminescenza e si posavano su di me.
Shaka scatenò il colpo Sacro alla Vergine di Athena, con tutta la potenza del dorato sguardo ed il bagliore accecante del tesoro d’oriente mi travolse, colpendo prima l’olfatto, per stordirmi, quindi il tatto, per bloccarmi, poi la vista, per disorientarmi, quindi il gusto, per ammutolirmi… Ma Shaka si fermò volutamente per lasciarmi l’udito, poiché prima di concludere voleva che io potessi sentire le sue parole…
- Tu, che ti dici divinità, hai infine compreso la potenza del mio colpo e come questo conduca ad una fine che nemmeno un celeste essere come te può evitare. Questa è la dimostrazione della verità a cui ambisco; solo con il proprio metro un uomo può comprendere quale è la natura della pura Giustizia – concluse, prima di privarmi anche dell’ultimo senso.
Così parlò Lao Hen, interrompendosi per osservare le reazioni di Ikki; il cavaliere infatti parve stupito nel sentire il racconto della Tigre di Platino.
- Hai subito il Sacro Virgo? – domandò Ikki – Anche tu, eppure sei ancora qui, a discutere con me. – replicò con quiete mordace Lao Hen.
- Dimmi, Fenice, sai perché Shaka teneva gli occhi chiusi prima di eseguire il suo attacco più potente? – lo interrogò allora il Cavaliere di Platino.
- Perché solo così poteva concentrare il proprio cosmo a sufficienza e accedere alla conoscenza ultima del Sacro Virgo… – rispose prontamente Ikki, cosciente più di molti altri di quali fossero i segreti dell’attacco massimo che sposa offensa e difesa.
- In vero, lui teneva gli occhi chiusi per raggiungere nuovamente le vette che il suo cosmo aveva perso a causa della mia risposta al suo colpo, quel giorno… – lo contraddisse Lao Hen, lasciando sbalordito il cavaliere di Atena, prima di continuare il proprio racconto:
"Infatti, con grande stupore del cavaliere d’oro, io mi mossi, non appena lui concluse il suo attacco e subito espansi il cosmo maestoso del Quadrante d’Oriente:
- Sei potente, Shaka, degno di essere definito l’uomo capace di paragonarsi ad un dio, ma troppa è la tua superbia e poca la pietà e la coscienza che hai del prossimo. – lo ammonì.
- Come puoi parlare e muoverti? – mi domandò basito Shaka – la luce dell’Oriente ti ha investito in tutto il suo splendore, come puoi non risentirne gli effetti?? – continuò.
- Ho lasciato che portassi avanti il tuo attacco, non per debolezza, ma solo perché ho preferito aspettare che la furia del colpo sacro si quietasse prima di agire. Ora però è il mio turno! – lo minacciai. – Tu, che con questo supremo attacco spegni nel nemico ogni forza offensiva, subirai su di te il Bagliore del Quadrante d’Oriente, il Cielo più limpido ed illuminato che l’India abbia mai conosciuto, che le fauci della bianca Tigre ti aggrediscano.. Fauci della Clemenza! – intimai, prima di lanciare le Fauci celesti.
Shaka non emise suono alcuno, ai monaci presenti però, proprio come a me e lui, fu subito chiaro l’esito del mio attacco, quando il cosmo del mio potente interlocutore crollò improvvisamente d’intensità, diventando pari a quello che tu stesso hai percepito al Grande Tempio di Atene.
- Per comprendere quale sia la verità, Shaka, dovrai scalare nuovamente le vette del Cielo d’Oriente, in cerca di quella luce che ti era tanto propria un tempo, ora dovrai tornare alla meditazione che ti vide divenire cavaliere, poiché, come tu spegni i sensi nei nemici, io ho indebolito la maestosità del tuo cosmo. Non ti sono nemico, Shaka, anzi avrei voluto dimostrarti come il potere dell’Oriente ti è alleato, tu che più di tutti sei vicino agli dei hai però un profondo difetto: non conosci la pietà, né la fiducia.. Queste, credimi, saranno le cause delle tue sconfitte.
Con queste parole, dette con tono più rappacificante e sereno, lo abbandonai, lasciandolo solo, in mezzo a schiere di asceti che avevano osservato con stupore l’epico scontro fra di noi.
Solo anni dopo venni a sapere che tramite una continua meditazione ed un’ascesi che lo portava ad estraniarsi dalla vista a vantaggio di una maggiore percezione del cosmo, Shaka riusciva a liberare di nuovo il potere del Tesoro d’Oriente. -, concluse Lao Hen.
-Ora, Ikki della Fenice, che hai saputo dei miei controversi rapporti con Shaka di Virgo, è tempo che concludiamo il nostro scontro. - affermò poi il Cavaliere di Platino, sollevando le braccia dinanzi al petto e ponendosi in una guardia vagamente felina.
Nel tempio del Cavallo Bianco, Bellerofonte roteava fra le proprie dita un girasole dai brillanti colori.
"Corinto della Capra, pensi davvero che i tuoi trucchi e le manovre sottili che hai portato avanti aiutando quei cavalieri ad avvicinarsi al mio tempio ti abbiano salvato la vita? Ho il dovere di difendere il mio magnifico giardino, ma ciò non impedirà che la collera che hai osato scatenare in me ti raggiunga." avvisò il Colonnello, guardando verso i templi inferiori e lasciando volar via dalle sue mani il girasole.
Il fiore, però, non cadde sulla lunga scalinata ma, avvolto dal cosmo di Bellerofonte, iniziò a roteare vorticoso, iniziando a brillare, quasi che rubasse la luce dal sole stesso che, d’improvviso, parve brillare meno intensamente. I raggi del sole, al suo passare, sembravano venir inclinati dalla sua azione attrattiva.
------------------------------------------------------------------------
"Un cosmo vasto e minaccioso si é esteso dal Tempio del Cavallo in direzione di un'altra casa dello zodiaco… E’ già il secondo formidabile attacco a distanza sprigionato da un cavaliere di platino.. Quali terribili avversari ci troviamo davanti?" pensò Milo nell’avvertire un sinistro boato seguito dal rapido passaggio sopra il suo capo di un’immensa massa luminescenza, qualcosa che rubava luce dal sole stesso.
"Un attacco a distanza diretto dal luogo verso il quale si stanno recando Camus e Aphrodite all’estremo Est di questo tempio.. Che cosa vorrà mai dire?" si chiese Aiolia, che aveva quasi raggiunto le rovine della casa della Lepre.
Molto più avanti, Shaina stava ormai varcando le soglie del Tempio del Mastino e trasalì nel comprendere istintivamente dove quel distruttivo globo di luce fosse diretto…
- Corinto! – esclamò preoccupata.
------------------------------------------------------------------------
- Quale ineccepibile potenza… - sovvenne Camus, poco più avanti rispetto al posto dal quale quel letale fulgore si era librata. – Il custode del tempio del Cavallo è dunque essere capace di scatenare tali cataclismi??
- Energia floreale… O un suo rivolto.. – sussurrò Aphrodite, il cui sguardo era smarrito ed incredulo.
- La stessa fonte a cui attingono i tuoi poteri.. Conosci colui in cui stiamo per imbatterci? – lo interrogò Camus, speranzoso.
- Non più di quanto ne sappia tu… A parte il fatto.. – e qui sospirò. - ..che colui che ci troviamo davanti non può che essere custode di una perfetta e letale bellezza; guarda tu stesso come ciò che si libra in cielo riesca a rubare dal sole stesso i raggi di luce che lo avvolgono, creando quasi un eclissi sotto di se. – osservò il cavaliere rinato sotto il segno della Rosa di Magellano.
--------------------------------------------------------------------------
- Bellerofonte ha fatto la sua mossa contro Corinto, c’era da aspettarselo dal Colonnello dalle greche origini. – sussurrò fra se Flegias del Cinghiale, seduto nel proprio tempio con la figlia accanto a se. – Terribile è il potere di quell’essere, pari soltanto alla magnificenza della bellezza che sa regalare ad ogni suo attacco. – concluse con un po’ di rammarico per il destino che, era certo, stava per segnare il Capitano della Capra.
Corinto, nel proprio tempio, non poté non notare il maestoso fiore che, malgrado l’esile figura, sembrava adesso gigantesco dati i raggi di luce solare che lo avvolgevano, mentre entrava nel tempio dal foro creato da Carola della Lepre, piantandosi nel suolo dello stesso.
- Tutto per te, Capitano della Capra. – esordì nel proprio tempio Bellerofonte – Sorriso Nucleare! – sentenziò infine.
Corinto vide soltanto delle radici di luce solare frantumare il terreno stesso ed avvinghiarsi, come folte rampicanti, su tutte le mura del tempio, mentre diversi petali di luce si disperdevano attorno al girasole, che ormai brillava più del sole in cielo, quasi sorridendo beffardo all’astro celeste contro cui primeggiava per splendore.
- Bellerofonte! – ebbe appena il tempo di accennare il salvatore dei cavalieri di Atena prima che tutta quella luce convogliasse in un’esplosione.
Flegias, che si era spostato all’entrata del proprio tempio; Manola, che, dopo la sconfitta di Shaina, si era allontanata lungo la scalinata che conduceva ai resti del santuario della Lepre; i cavalieri tutti che si trovavano sulle diverse scalinate, si fermarono perché abbagliati dalla luce nata dalla casa della Capra e, quando tutto ciò finì, di quel luogo non v’era rimasto altro che polveri e ceneri.
- No, mi ero sbagliato.. La sua potenza supera persino la bellezza dell’aspetto. – balbettò appena il Tenente del Cinghiale, osservando quello spettacolo brillante e devastante assieme.
Ikki e Lao Hen, del tutto non curanti degli avvenimenti esterni, avevano ricominciato la lotta corpo a corpo.
Era stato il santo di Atena il primo a lanciarsi in un veloce calcio laterale, spostandosi all’ultimo, con una secca spazzata aerea, sulla sinistra del Colonnello del Mekar, il quale, con sorprendente velocità, aveva fermato con le mani il colpo, utilizzando la stessa velocità rotatoria del suo avversario per rilanciarlo indietro.
Ikki si aspettava però tanta prontezza di riflessi e velocità dal padre delle Arti Marziali tutte, quindi era già pronto ad una contromossa e, mentre ancora si trovava in volo verso il suolo, appoggiò le mani sullo stesso per darsi una spinta che lo portasse a sferrare un veloce calcio contro il lato destro di Lao Hen.
Questa volta la reazione fu meno decisa, probabilmente perché il colpo di Ikki parve al suo nemico meno minaccioso, poiché il braccio destro appena rallentò la foga della Fenice olimpica e servì una completa rotazione del tronco della Tigre di Platino perché il palmo sinistro imprimesse sul petto dell’avversario una potenza tale da sbalzarlo al suolo.
Qualcosa però insospettì il cavaliere della Fenice che, inaspettatamente, non si lanciò in una nuova carica, anzi osservò in silenzio il suo avversario, che ricambiò tale attimo di stasi finché, brillante del fiammeggiante cosmo che gli era proprio, Ikki si lanciò in un assalto portato alla velocità della luce.
Malgrado fosse cosciente che tale velocità era irrisoria per il suo avversario, il protetto di Atena si mosse con rapidità per spostarsi sulla destra di Lao Hen ed ancora una volta la difesa avversaria fu inaspettata nel palesarsi troppo approssimativa; tanto che Ikki riuscì a sferrare un calcio verso il lato destro del volto del suo nemico e solo pochi attimi prima dell’impatto questi si abbassò. La controffensiva non fu altresì veloce ed immediata, poiché il Colonnello di Platino non rispose con la mano destra bensì, con una leggera rotazione, che in uno scontro fra pari guerrieri sarebbe di certo stato una distrazione mortale. Lao Hen raggiunse il capo di Ikki con la mano sinistra, stringendola in una morsa d’acciaio prima di eseguire una perfetta proiezione di judo, che scaraventò il custode di bronzo al suolo.
- Il tempo per schermaglie è finito, Lao Hen. - esordì rialzandosi il cavaliere di Atena, mentre il cosmo infuocato lo avvolgeva completamente.
- Dunque è tempo che la fenice risorga dalle proprie ceneri? - incalzò quieto il Colonnello di Platino.
- Esatto, Tigre Bianca d’Oriente, ora la battaglia non sarà più fondata sulle conoscenze marziali di entrambi, ma sul nostro controllo del cosmo, quindi indossa le tue candide vestigia, cavaliere! – lo avvertì Ikki, mentre le alte fiamme svelavano Phoenix la Luce, nuovamente sul corpo del suo padrone.
- Cosa pensi sia cambiato, cavaliere, perché io debba indossare le mie vestigia contro di te? – domandò allora Lao Hen, apparentemente indifferente al monito.
- Non potrai colpirmi di nuovo con le tue Fauci Celesti e le arti marziali di cui ti sei servito in questi ultimi attacchi, unite alle tue parole, mi hanno rivelato il difetto del tuo corpo. – avvisò allora Ikki – ma, se preferisci che siano i fatti a darmi ragione, ebbene, difenditi, Tigre d’Oriente! – tuonò il cavaliere, lanciandosi verso l’avversario.
Con uno scatto portentoso, il cavaliere di Atena si portò sulla destra di Lao Hen, che ancora una volta si mosse lentamente nei confronti del proprio avversario, ma stavolta, la spazzata difensiva portata dal braccio destro e seguita dal sinistro fu inutile, poiché il santo della Fenice si trovava poco sotto il mento, a destra del Colonnello, che parve non vederlo per alcuni attimi, proprio prima che un diretto allo sterno investisse il guerriero di Platino, lanciandolo al suolo.
- Quando hai finito il tuo racconto, un dubbio mi assalì: quale effetto aveva avuto su di te l’incontro con Shaka? Tu stesso avevi accennato a tale avvenimento in tal senso all’inizio del tuo racconto, ma non trovavo come su di te vi fossero stati dei cambiamenti e solo sferrando tutti quei colpi mi sono reso conto che, come tu limitasti il cosmo di Shaka, egli riuscì a limitare i tuoi sensi, probabilmente senza nemmeno rendersene conto: in qualche modo vi è un angolo, nella tua visuale destra, che ti è completamente cieco, sia per gli occhi che per l’orecchio, inoltre il braccio si muove con meno rapidità e potenza del sinistro. – spiegò Ikki, mentre il suo avversario si rialzava illeso.
- Ti faccio i miei complimenti per averlo compreso in pochi assalti, cavaliere di Atena; in vero vari furono gli effetti del colpo sacro di Shaka: cinque, uno per ogni senso. – esordì Lao Hen, portandosi il braccio sinistro sul destro.
- Persi la sensibilità all’arto destro e l’udito all’orecchio del medesimo lato, mentre un angolo di circa 6 gradi mi è completamente cieco alla mia destra, ma vi sono anche altri effetti, che in uno scontro, a dirla tutta, sono meno visibili, infatti, non sento l’odore di bruciato e la mia lingua è intorpidita in maniera tale che io non riesca ad urlare, particolare che, comunque è irrisorio, una vera tigre sa ruggire anche solo con lo sguardo. – sentenziò Lao Hen, prima che il cosmo di platino lo circondasse.
- Ti concederò di vedermi in armatura, cavaliere di Atena, ma sappi che nel momento in cui le vestigia della Tigre mi avvolgeranno, le tue speranze di vittoria crolleranno inesorabilmente – concluse il Colonnello, mentre il bianco cloth lo avvolgeva.
Le vestigia della Tigre si poggiarono sul corpo del loro padrone con magnifica eleganza, un’eleganza che combinava azione ed armonia semplicemente nell’indossarsi, poiché grande era il timore che sapeva incutere la feroce fiera di platino indosso al proprio custode anche in una posizione di quieta guardia.
Lampante esempio di tale equilibrio era lo scudo posto sull’avambraccio destro che, come ben presto avrebbe scoperto Ikki, rappresentava quell’equilibrio nei fatti oltre che in ciò che vi era inciso: il simbolo del Tao, lo Ying e lo Yiang, il bene ed il male, la stasi e l’azione, la pace e la battaglia, i dualismi tutti che si combinavano alla perfezione.
- Hai già avuto modo di saggiare la suprema precisione delle mie Fauci Celesti e visto come le possenti ali della Fenice di Grecia sono inutili contro di me, ma hai dimostrato ottime capacità di analisi ed osservazione nel cogliere la debolezza incisami dal cosmo di Shaka, per tutto ciò, Ikki, ti concedo una regola particolare al nostro scontro. – esordì Lao Hen, dopo aver indossato le vestigia.
- Quale? – incalzò il santo di Atena.
- Ti propongo che, se i tuoi colpi mi raggiungeranno con potenza e riusciranno a sorprendermi tanto quanto le bianche Fauci hanno saputo fare con te, allora, cavaliere, ti concederò il passaggio ed il riconoscimento della Tigre di Platino. – spiegò la Seconda Guida Spirituale del Mekar.
- Accetto con piacere questa sfida, Colonnello! – replicò prontamente Ikki, sorridendo con tono di sfida.
- Ma attento, cavaliere, come già ti ho detto, le tue speranze sono ormai crollate ed io non mi tratterrò dallo scatenare i colpi migliori rimastimi! – avvisò, con lo sguardo di una bestia feroce, Lao Hen. – Attacca per primo! – sentenziò infine.
Il cosmo di Ikki si accese di fiamme maestose, quando il cavaliere si lanciò all’assalto, senza più indugi legati a parole e scommesse, ma il Colonnello di Platino si spostò con prontezza a quello che non apparve nemmeno un attacco a lui indirizzato, bensì una semplice corsa contro di lui, per poi evitarlo.
Quando Lao Hen, dopo aver evitato il cavaliere, si voltò, non vide più il santo della Fenice, bensì Shaka, avvolto nelle dorate vestigia di Virgo.
Un sorriso si dipinse sul volto del Sacerdote del Mekar:
- Questo è il famoso Fantasma Diabolico, il colpo con cui le menti di molti tuoi avversari sono cadute sconfitte, ma come puoi credere che un colpo inutile contro Shaka fosse utile contro di me? Io che sono asceta suo pari nell’evirare il terrore dal mio corpo ed allo stesso tempo sono la Tigre che difende le popolazioni dagli spiriti maligni? – domandò una voce.
Solo allora Ikki si accorse di essere lui la figura che osservava Shaka e che era quest’ultimo a parlargli, il suo stesso colpo gli era stato rivolto contro, come già era avvenuto alla Sesta Casa dello Zodiaco.
Il corpo del santo di Virgo, però, d’improvviso s’illuminò di bianco, diventando Lao Hen, il cui scudo brillava del medesimo candido cosmo.
- Il simbolo su questo braccio immagino ti sia noto, lo Ying e lo Yiang, l’eterno dualismo in pieno equilibrio ed anche quest’arma è uno strumento d’equilibrio. Lo Ying blocca gli spiriti maligni, lasciando soccombere gli incubi, mentre lo Yiang depura le menti. – spiegò il Colonnello, prima che il colore candido diventava d’una luce intensa, simile a quella che avvolgeva Lao all’inizio dello scontro.
- Metamero dell’Equilibrio! – esclamò, prima che il bagliore dello scudo investisse Ikki, trapassandolo da parte a parte.
Fu allora che alla sua mente tornarono i giorni in cui aveva indirettamente servito Arles a comando dei cavalieri neri… Le sue azione spietate, il macabro piacere nel infliggere dolore al prossimo, la sua anima pervasa dal male ed annegata nell’ambizione.. Quasi si sentì in preda a quanto di più si celava ancora nel suo cuore… Ma proprio in quel momento, Ikki avvertì un dolore atroce prendere parte al suo rimuginare finché, d’un tratto, non si rese conto che la sua stessa pelle stava diventando lentamente nera.
- Azioni malvagie, massacri e spietati attacchi, tutto questo porta al male, che come amaro veleno corrode il corpo di chi lo alimenta. Poco importa se questo fa ormai parte del tuo passato. Anche in nome di Atena, le uccisioni e le violenze per tua mano continuano ad oscurare i tuoi Seimeiten. – queste parole d’improvviso risuonarono nella mente del cavaliere della Fenice, che solo allora si accorse di essere preda di un’illusione.
Il corpo di Phoenix, infatti, era ancora fermo nel tempio della Tigre, circondato da quattro Tao di luce che, in quel momento, erano avvolti da un’aura oscura, mentre lentamente lo Ying veniva assorbito dallo Yiang. La colorazione in evoluzione dei Tao lo dimostrava…
- L’anello, o Metamero, dell’Equilibrio non è semplice illusione; ti mette davanti ai tuoi dualismi e ti costringe a cedere alla metà che in te è più prorompente… Mi duole vedere che in te domini lo Ying, nonostante tutto… quindi bada, cavaliere, se non troverai equilibrio fra mente e spirito, sarà il corpo a subirne le conseguenze… – lo ammonì Lao Hen, che parlava direttamente alla mente del suo avversario.
Allora Ikki si fermò a riflettere: sapeva di trovarsi in un’illusione ma, se lo spirito offensivo avvelenava il suo corpo, vi era solo un altro modo per salvarsi, in quella prova così estenuante per corpo, mente e spirito.
Allo scopo di riequilibrare l’ago della bilancia, Phoenix raccolse e passò in rassegna tutte le ragioni positive che lo spingevano a lottare, tutto ciò che di buono c’era in lui… Quasi si abbandono al pensiero dell’amore verso Esmeralda, dell’affetto per il fratello, dell’amicizia con gli altri Cavalieri dello Zodiaco, della fede che riponeneva in Atena e nella giustizia… Per tutto ciò era pronto a dare la vita, ad abbandorare le armi, al sacrificio più estremo.. Così penso, mentre un senso di profonda pace lo avvolse, donandogli tranquillità e sollievo… Ma fu solo per un attimo.
Nuovamente, però, la pelle di Ikki fu scossa da un fremito, stavolta la luce la circondava, creando delle crepe su braccia e gambe, da cui sembrava volesse prorompere un bagliore simile a quello del sole.
- Se la furia e le scelleratezze avvelenano il corpo, per un guerriero nemmeno la piena negazione della vita ed il sacrificio estremo sono fonti d’equilibrio, poiché chi troppo risplende nella luce non potrà contenere tanta giustizia in un corpo mortale e rischierà di annichilirsi assieme alle sue spoglie mortali. – ammonì ancora Lao Hen, mentre il vero corpo di Ikki era circondato da Tao luminosi in cui era lo Yiang a dover cedere terreno allo Ying.
Il cavaliere della Fenice era titubante: ogni sua azione portava nuovo dolore al corpo, ma solo di una cosa gli importava: doveva vincere quella tortura, doveva sopravvivere per portare soccorso ai cavalieri di Atena e soprattuto al fratello. Fu proprio ciò che, dopo una lunga ed angusta riflessione, lo riportò alle parole di Corinto sulla potenza attuale e la prova a cui era costretto Shun, risuonarono nella sua mente, assieme al monito di Shaka:
- Non esiste il Bene ed il Male Assoluto, esiste solo il Cambiamento.
Era tempo che Ikki accettasse il cambiamento del fratello, la forza che Shun aveva saputo risvegliare grazie al Capitano della Capra, la stessa forza che lui doveva ora trovare, accettando l’equilibrio fra attacco e difesa, fra spirito guerriero e di sacrificio, fra il suo Ying ed il suo Yiang; il dannato dualismo che lo aveva accompagnato fin dall’inizio dell’addestramento in terra maledetta doveva concludersi. Basta coi sensi di colpa, basta con l’autocommiserazione! Era ormai tempo di tornare a nuova vita, di rinascere sulle ali della Fenice ad un livello superiore! Così Ikki oltrepassò le indecisioni, tornando a sfidandare con lo sguardo più draconiano della sua vita.
- Sei stato abile, cavaliere, hai compreso ciò che già avevi capito combattendo con Shaka: la fiducia negli altri è fondamentale, ma sei riuscito ad andare oltre, a trovare l’equilibrio fra bene e male in te stesso, un equilibrio … - ma le parole si interruppero sulla bocca di Lao Hen poiché, quando i cerchi si spensero attorno al corpo di Ikki, il cavaliere di Platino vide qualcosa di inatteso risvegliarsi dietro di lui: non la Fenice di Fuoco che il cavaliere sapeva dominare, bensì un più potente e fiero Uccello Mitologico, la Fenice color sangue e smeraldo, Suzaku del Quadrante Meridionale!
- La Fenice dell’Est… è dietro di lui! È impossibile! Se ciò fosse vero sarebbe ben più di un nemico… ma piuttosto un mio pari!– esclamò il Colonnello esterrefatto. – …ma in fondo è proprio di questo devo sincerarmi per concederti o meno tutto ciò che ti avevo promesso! – concluse.
Il cosmo della Tigre di Platino brillò, rivelando la fiera bestia alle spalle di Lao Hen,
- Non sei l’unico diletto di uno spirito guardiano! Anche Lao Hen è vicino ad una fonte di magnificenza non inferiore! Sorgi, Signore del Quadrante Occidentale dell’Oriente, fiera dalla pelle bianca, Byakko! Che la volta del Cielo della Tigre sprigioni tutta la sua furia contro la propria preda! – tuonò il Colonnello
- Kaiten no Khan!– esclamò.
La Tigre di Platino sembrò d’improvviso cambiare d’aspetto dinanzi ad uno stupefatto Ikki, che non capiva cosa avesse fatto turbare tanto il suo avversario, malgrado sentisse in se stesso un cambiamento. La fiera d’energia cosmica improvvisamente perse le striature nere che ne segnavano la pelle, per guadagnarne di dorate, mentre dalla mano sinistra di Lao Hen proruppe una devastante zampata d’energia: un colpo maestoso, che sembrò avvolgere l’intero spazio fra Ikki ed il suo avversario, mentre profondi solchi si creavano sul terreno, correndo rapidi contro il santo di Atena.
- Non posso attendere che questo attacco mi devasti! – esclamò spaventato il cavaliere della Fenice, dando fondo a tutte le forze che aveva in corpo, anche quelle che da poco sentiva appartenergli, e spiccando un salto che si sviluppò in un nero e proprio volo.
- Non sbaglio, Suzaku è con lui! – pensò in quello stesso momento Lao Hen, mentre assisteva a qualcosa che nemmeno lui si sarebbe mai atteso.
Il cosmo della Fenice sacra ad Atena si fece di nuovo presente, sormontato dalla figura del Mitico Volatile del Cielo Meridionale, ma quando le alte fiamme d’energia presero forma per volontà di Ikki, Suzaku sembrò chiudere le proprie ali fiammeggianti sul suo simile più piccolo.
Passarono pochi attimi prima che delle due fenici non ne rimanesse che una, grande quasi quanto la ferie mitologica d’oriente, ma simile, per piumaggio al suo simile olimpico, se non per delle sottili piume verdi che si alzavano sul petto.
Ricco di questo cosmo, che grazie al ritrovato equilibrio aveva consentito di attingere alla forza di Suzaku, Ikki scatenò il suo colpo più amato in un’innovativa e maestosa versione.
- Fenice ascendente!! – tuonò, stupefacendosi egli stesso della maestosa violenza e della nuova natura di questo attacco, adesso pari per maestosità agli attacchi di Lao Hen.
L’impatto fra i due colpi fu devastante, l’intera verdeggiante zona ne fu scossa, lo stesso Ikki fu travolto e gettato al suolo, con le vestigia della Fenice ormai frantumate in più punti.
Il Colonnello della Tigre fu travolto dal volo in ascensione della Fenice ma riuscì al suolo, atterrandovi però con un balzo felino, ma quando si rimise in posizione eretta, notò una crepa sulla spalliera sinistra. Subito dopo, si accorse che, nonostante le vestigia, era rimasto ferito in più punti e copiosa linfa vitale fuorisciva da queste..
- Di cosa è stato capace?? Dunque in lui vi era effettivamente il cuore di Suzaku. – pensò stupito e segretamente soddisfatto Lao Hen.
- Ho visto giusto nel lasciare che la Fenice raggiungesse il proprio potenziale massimo contro di te, Colonnello della Tigre. – esordì allora una voce, mentre un cosmo si palesava nel secondo centro Spirituale del Mekar.
-------------------------------------------------------------------
Bellerofonte attendeva pacatamente l’arrivo dei due nemici di cui aveva percepito il cosmo nel tempio del Cavallo Bianco, quando, all’improvviso, un cosmo riempì l’aria all’interno del magnifico giardino, per poi convogliarsi sulla fontana.
Il Colonnello si voltò prontamente verso la fonte zampillante d’acqua e vi vide nascere non più cristallini getti, ma spruzzi rossastri e quasi infetti: qualcosa stava insozzando il suo giardino, qualcosa che al Colonnello era ben noto, mentre questi muoveva furioso i suoi passi verso la fontana.
Un ghigno sembrò prendere forma sullo specchio delle vermiglie acque, anziché riflettere lo stupendo viso del Colonnello.
- Eden! - ringhiò lo stesso Bellerofonte, riconoscendo lo stile del ViceGenerale ed il suo cosmo. – che vuoi tu qui? – tuonò, infastidito dall’invasione del suo giardino.
Non arrivo nessuna risposta, ma nell’acqua della fontana si rivide la scena dell’esplosione del Tempio della Capra, scena in cui Bellerofonte poté notare come, prima che l’esplosione di luce avesse esito, un bianco e sottile bagliore aveva circondato Corinto, permettendogli la fuga con il teletrasporto.
- Mi è scappato? E’ questo che mi vuoi dire?? – incalzò sempre più infuriato Bellerofonte, ma nemmeno stavolta vi fu risposta, solo uno schizzo d’acqua che, partito dallo specchio d’acqua, raggiunse le splendide ciocche del Colonnello, bruciandone una e per poco mancandogli la guancia.
Il cosmo del Cavallo Bianco nitrì attorno al suo padrone, prima che, in un’ultima folata di veleno lucente, la presenza di Eden del Serpente lasciasse il tempio di Bellerofonte.
---------------------------------------------------------------------------
- Ti saluto, Lao Hen della Tigre, mio Colonnello. – esordì Corinto della Capra, palesandosi all’altra Guida Spirituale del Mekar.
- Perché sei giunto fin qui, Capitano della Capra? Speri forse che la mia convinzione nell’equilibrio dell’agire possa farmi credere che il tuo tradimento è giustificabile? – incalzò Lao Hen.
- No, non chiedo niente per me, ma vorrei poterti essere d’aiuto nel dono da fare a costui. – spiegò allora Corinto, indicando Ikki, ancora svenuto al suolo.
- Cosa blateri? Darò lui il riconoscimento e gli concederò di passare, oltre ciò, ha ottenuto una forza senza pari fra i suoi compagni, dovrà solo saperla dominare, adesso ne è ne cosciente anche lui… Non gli resta che riprendersi. – replicò, più interessato al santo di Atena, che al Capitano di Platino, il Colonnello.
- Dunque non vuoi curare il suo corpo? – chiese stupito Corinto.
- Curare una Fenice… Quale più inutile spreco di tempo. Come se fosse necessario… No, dovrà ritrovare quella forza che già aveva ottenuto, la forza del cuore di Suzaku, una volta ottenuto ciò saprà liberarsi da solo da così misere ferite. – lo zittì Lao Hen.
- Questo è giusto; ma una forza tale, senza degna armatura sarà uno spreco, quindi ti chiedo di offrirmi materiale per creare nuove vestigia per la Fenice. – concordò il Capitano.
- Materiale? Non ne hai più dopo il tuo primo atto di tradimento? E se anche così fosse, non starai forse cercando di coinvolgermi nel tuo tradimento? – incalzò il Colonnello.
- L’assalto di Bellerofonte è stato inatteso e mi ha impedito di salvare Xantos e quant’altro, ho solo i miei strumenti e vorrei chiederti una cosa, in nome della Giustizia. Mi serve parte del Platino delle tue vestigia per crearne delle nuove per Ikki. Ma tranquillo, non attuerò modifiche irreversibili. – concluse subito dopo Corinto.
- Il platino delle vestigia di Lao? Hai forse perso il senno della ragione? Perché mai dovrei concedertelo?
- Questo lo lascio decidere a te… Ma in quale altra generazione c’è mai stato un gruppo di eroi che mai riuscito ad arrivare fino a noi e a sconfiggere sei cavalieri di platino?
- Pensi forse che questi cavalieri siano il gruppo di eroi predestinati a sciogliere il sigillo Halinogame di cui parla il Sacro Vaticinio? – chiese un Lao Hen che, in vero, aveva già chiaramente compreso ciò che il suo collega voleva dirgli.
- Forse, cavaliere, è ormai vicino il giorno in cui i cavalieri di platino concludano la loro missione di guardia a questo luogo… Forse la Minaccia che è dietro a tutto ciò troverà presto la sua fine… Come puoi non pensare al fatto che noi cavalieri di platino siamo da generazioni condannati in questo tempio, quando il mondo esterno avrebbe più bisogno di noi… Halinogame non è l’unica minaccia.. Una guerra tra Dei attende nel futuro questi uomini. – così concluse Corinto, che ancora una volta aveva saputo far valere le sue doti di oratore.
- Può darsi che tu abbia ragione.. E sia! Prendi pure della mia armatura! Sappi che non lo faccio per te, che dopo dovrai lasciare questo luogo, bensì per lui, che se otterrà tale potere sarà un mio pari come incarnazione di Suzaku. Ed oltre al rispetto che viene da ciò, mi muove il senso di fratellanza verso un uomo che ha saputo vedere liddove non ha potuto neanche Shaka, l’uomo più vicino agli Dei. – tagliò corto Lao Hen.
Mentre i due Sacerdoti del Mekar discutevano del destino che lo avrebbe atteso, nella mente di Ikki ciò che prima era successo prendeva infine forma: il suo corpo era stato un mezzo per esprimere la potenza dello spirito della Fenice fusasi con quello di Suzaku; il Divino Uccello del Cielo meridionale era diventato un tutto con il cosmo da lui sprigionato e solo ora la mente raggiungeva l’equilibrio necessario per comprendere e maturare a pieno un tale potere.
Non più stanchezza o dolore, niente di ciò sentiva Phoenix, mentre il suo cosmo, riscaldato dal caldo battito del cuore di Suzaku, divampava attorno a lui, rendendolo ancora più potente e guarendo le ferite del corpo, che lasciavano solo sottili ceneri dove un tempo vi erano tagli e lividi.
- Suzaku, Fenice sovrana d’Oriente, ti ringrazio per aver donato parte del tuo cuore e del tuo spirito ad Ikki della Fenice. Sul mio nome di cavaliere ti assicuro che la tua scelta sarà di supporto alla giustizia e che un giorno il sangue di Phoenix donerà parte di se stesso per te, Suzaku, Fenice Suprema d’Oriente, portando avanti il tuo nome nelle generazioni. – questi furono i pensieri di Ikki della Fenice, prima di riprendersi e risvegliarsi dinanzi a Corinto e Lao Hen.
- Ben svegliato, cavaliere – gli disse il Capitano della Capra.
- Corinto, ma come? – Ed ebbe appena il tempo di balbettare Ikki, prima che Lao Hen tornasse nel suo campo visivo.
Subito il santo di Atena si rimise in piedi e sollevò la propria guardia.
- Quieta il tuo spirito, Fenice, ho saggiato la tua virtù e la trovo degna di oltrepassarmi. – esordì Lao Hen, porgendogli un minuscolo vaso a forma di fiore di Loto.
- Questo oggetto è il riconoscimento della Tigre, un fiore di loto, un oggetto che mi ricorda Shaka, come di certo lo ricorderà a te. Con questo e con il mio augurio di riuscire a farti valere, le prime due parti della mia promessa sono concluse, a Corinto, spetta di risolvere una terza fuori programma. – concluse Lao Hen, senza nemmeno voltarsi verso il Capitano della Capra, ma liberandosi dalle vestigia, che si disposero dinanzi a colui che aveva tradito l’esercito di Platino.
- Ikki, posa qui le tue vestigia ed attendi il tempo che io possa ricreare anche per te una nuova armatura. – concluse allora Corinto, prima che anche ciò che restava di Phoenix la Luce si disponesse dinanzi al Capitano, che si mise subito all’opera.
----------------------------------------------------------------------
Nel frattempo, nel Tempio del Cavallo, Bellerofonte accomodava ciò che era rimasto della ciocca corrosa dall’intervento di Eden.
"Caro il mio Vice-Generale… ti ringrazio per il cordiale avviso ed il gradito pensiero.. Ebbene, ho anch’io qualcosa per te… Non vedo l’ora di consegnartelo!" pensava con gli occhi ignettati dalla rabbia, mentre già mille idee di rivendicazione prendevano forma nella sua mente, rendendolo quasi brutto dentro, pur a dispetto di tanta bellezza esteriore…