Admeto

Le barche erano solite prendere il largo quando ancora la notte inghiottiva il cielo e la pianura d'acqua, cara al divino Poseidone, era un'enorme distesa nera che sembrava risucchiare nei flutti eterni qualunque cosa ne sfiorasse la superficie.

Quella mattina a partire alla volta del mare aperto furono quattro piccole imbarcazioni. Erano tutte dotate di motori a scoppio, ma solo in quella più grande guidata dal veterano Ioannis ve n'era uno nuovo e del tutto funzionante. Per questo non mancavano mai a bordo dei grossi remi, tenuti a portata di mano per ogni evenienza. La maggior parte delle volte quello che bastava alla piccola flotta per giungere a destinazione, e per far poi ritorno a casa, era il vento che gonfiava l'unica vela di cui ognuna era dotata. Lo stesso vento che aveva soffiato costante per tutta la notte, ed imperversava ancora sebbene a tratti la sua forza sembrava calare. Le prime ore in mare trascorsero come sempre nell'affaccendamento di ognuno a svolgere il proprio lavoro. Poche parole venivano scambiate in quei momenti indaffarati a preparare tutto il necessario per la giornata di pesca, quello che regnava era un silenzio condiviso di concentrazione rotto soltanto dal rumore scrosciante dell'acqua sotto gli scafi.

Il mare era mosso, agitato dal vento che provocava la superficie gonfiando piccole onde che si spezzavano contro il legno delle barche. Quando l'alba giunse, il cielo era ancora imbrunito, grosse nuvole grigiastre lo ricoprivano pesantemente ed il sole nascente non riusciva a penetrarle. Ioannis, impegnato a districare una matassa particolarmente intricata di funi sottili con le quali avrebbe assicurato la vela, era decisamente nervoso. Continuava a sollevare il capo a scatti improvvisi, rivolgendo lo sguardo tutt'intorno ma sopratutto scrutava il cielo ansioso di scorgere sull'orizzonte i luminosi, confortanti, raggi del divino Febo. Ma più il tempo passava più l'aere scuriva. Admeto poco distante da lui, indaffarato con un altro giovane a preparare le pesanti reti che di lì a poco sarebbero state gettate sul fondo blu, notò subito la tensione sul volto dell'amico. Gli bastò osservare le grandi mani callose dell'uomo di solito svelte ed agili nel districare ogni tipo di nodo, anche quelli impossibili da sciogliere, esitare più volte, incerte, per accorgersi che qualcosa in lui non andava. Quando il giovane colse al volo l'espressione contrita sul volto dell'amico più anziano, uno strano senso d’inquietudine lo pervase. Ioannis era la vera àncora, la sua calma e lucidità in ogni circostanza bastavano a dar fiducia a tutto il resto dell'equipaggio, e questo Admeto l'aveva imparato fin da subito. Quell'innaturale insicurezza nelle mani del gigante Ioannis finì perciò per diffondersi, serpeggiando fra tutti.

Admeto cercò di concentrarsi sul suo lavoro, stendeva la rete assicurandosi che le maglie fossero larghe il necessario, e che sopratutto non vi fossero buchi. Il ragazzo che si trovava sulla barca di Ioannis era a una delle sue prime uscite in mare ed ebbe non poche difficoltà a tenere il passo dell'ormai esperto Admeto, che nondimeno si dimostrava paziente e disponibile a fornirgli tutti i consigli utili per imparare a districarsi in quei frangenti. Entrambi poi sollevarono la pesante rete, il giovane non era molto forte e traballò un poco. Nel momento in cui la loro rete fu gettata in mare, anche le altre erano fatte scivolare giù nelle acque profonde.

Il vento non accennava a placarsi, anzi ogni folta che giungeva era sempre più sferzante e possente, le onde fino a quel momento deboli cominciavano a farsi più insistenti e ampie. Ioannis stava ritto a poppa, accanto al motore spento, sempre più pensoso. Admeto gli si avvicinò posandogli una mano sulla spalla. L'uomo era così in tensione che sussultò.

"Scusa, non volevo spaventarti" disse il giovane, cercando di carpire dalle reazioni sul volto dell'amico cosa lo turbasse a quel modo.

"Guarda quelle nuvole" Ioannis allungò il braccio in avanti puntando il dito verso l'orizzonte sul quale si andavano ammassando sciami di nuvole grigio scuro.

"Non promettono nulla di buono" osservò infine, abbassando l'arto.

Mentre anche Admeto osservava l'avanzare di quella che ormai aveva tutta l'aria di essere una tempesta, iniziò a piovere. I due si scambiarono una rapida occhiata, mentre il mare ingrossava sempre di più incalzato dal vento. Sulle altre barche il resto del parco equipaggio non sembrava aver colto il pericolo imminente, a parte due uomini dell'età di Ioannis gli altri membri erano poco più che ragazzi iniziati da poco al rito del mare, dunque del tutto inesperti. La pioggia si faceva sempre più fitta, le raffiche di vento sempre più sferzanti e l'unione dei due fenomeni si abbatteva sui corpi dei pescatori con prepotenza. L'acqua battuta dal vento sulle guance pungeva come se in essa vi fossero mescolati acutissimi aghi. Quando divenne difficile restare in piedi sul ponte tutti compresero la gravità della situazione, le onde erano ormai alti cavalloni sospinti dal vento contro le piccole imbarcazioni, e una volta infrante, finivano per riversare carichi d'acqua su di esse rendendo ancora più ardua la stabilità degli uomini a bordo. Ogni costola delle quattro imbarcazioni scricchiolò paurosamente.

"Raccogliamo le reti e leviamo le àncore! Subito!" ordinò Ioannis, urlando a squarciagola per infrangere il muro di vento e acqua che si abbatteva sulle barche. Anche se la sua voce non fosse riuscita ad arrivare fin oltre quell'ammasso di acqua e vento, il gesticolare del massiccio uomo sarebbe bastato ad impartire l'ordine. In un attimo tutti erano indaffarati a cercare di tirare su le grosse reti metalliche, appesantite ulteriormente dall'acqua che il cielo riversava sull'immenso mare in burrasca. Sulla barca di Ioannis, Admeto aiutato dal giovane che in preda al panico tirò fuori tutta la forza che prima sembrava non avere, sollevò il groviglio di reti, sbattendole pesantemente sul pavimento del ponte. Le barche beccheggiavano vistosamente, in preda alla furia del vento e della pioggia fitta. Le grosse nuvole scure che Ioannis aveva avvistato all'orizzonte pochi istanti prima, sospinte veloci dalla massa d'aria erano giunte sopra di loro. Lo sciame minaccioso e scuro era puntellato da lampi ben visibili, il rombo di un tuono possente non si fece attendere e fu udito da tutti nonostante il fragore del vento e lo scroscio d'acqua.

La forza delle onde aveva sospinto due delle quattro barche lontano, mentre quella dove si trovavano Ioannis Admeto, ed il giovane impaurito, veniva sbattuta più volte violentemente contro l'ultima imbarcazione traballante, con a bordo altri tre giovani. Rischiando di precipitare nei flutti tumultuosi, Ioannis si sporse contro la prua, fece segno con le mani ai due uomini che guidavano le altre barche di allontanarsi il più presto possibile. A bordo di queste, infatti, le reti erano già state issate, le àncore tirate su a fatica. Gli uomini a bordo però non volevano lasciare in mezzo a quell'inferno d'acqua e vento i loro compagni che ancora non avevano azionato i motori ed erano ferme in balia dei marosi. La concitata richiesta di Ioannis però li convinse a partire.

Sulla barca di Admeto la situazione era più critica, le reti erano state messe al sicuro ma qualcosa impediva all'àncora di emergere, nonostante tutti gli sforzi dei tre uomini per tirarla in su. Anche l'altra imbarcazione era ancora ferma, il motore non si decideva a partire e i tre giovani ed inesperti pescatori a bordo erano in preda al panico.

"Se non facciamo qualcosa, non riusciremo ad allontanarci da qui!" urlò Ioannis esausto ai suoi compagni.

"Dobbiamo tirare su questa maledetta àncora!"

L'uomo sapeva che l'unico modo per risolvere il problema era tuffarsi giù, nei flutti sconvolti dalla tempesta. Era già accaduto altre volte. Admeto lanciò una rapida occhiata al mare, poi il suo sguardo si posò su quello del giovane completamente fradicio. Nei suoi occhi scuri leggeva la paura per quella che era una situazione mai affrontata prima, il corpo esile di ragazzo tremava sballottato dal vento e inzuppato dalla pioggia.

"Ioannis, tu pensa al motore, io mi occupo di tirare su l'ancora!" e senza neanche aspettare che l'amico potesse ribattergli una qualunque risposta, il giovane uomo avanzò di pochi passi e si apprestò a salire sul mascone di prua. Una volta in piedi su di esso il vento lo colpì in pieno corpo, ma Admeto resistette all'assalto riuscendo a rimanere saldo per pochi istanti prima di tuffarsi. Ritto sul mascone di legno, Admeto osservò il mare, sotto gli spruzzi e le creste biancheggianti che s'infrangevano contro la prua, le onde continuavano a ripetere i loro movimenti incoerenti non curandosi delle vite con le quali parevano solo giocare. D'un tratto balenò nella mente del giovane uomo l'immagine del figlio che qualche ora prima l'aveva pregato di portarlo con lui perché non voleva lasciarlo andare. E gli occhi tristi di Alcesti che lo guardava allontanarsi dalla loro casa. Sorrise, stringendo forte i pugni fino a far sbiancare le nocche, mordendosi le belle labbra carnose. Sussurrò "Mi dispiace" e si tuffò nelle acque tormentate.

Intanto Ioannis riuscì con non poca fatica a saltare sul ponte della barca in avaria, si diresse fulmineo verso il motore e provò più volte ad azionarlo, sbraitando contro quell'aggeggio arrugginito che proprio in quel momento aveva deciso di non collaborare. Giù nelle profondità del mare, intanto, Admeto raggiunse agilmente il fondale e subito avvistò la pesante àncora di ferro e ghisa intrappolata fra due rocce prominenti. Le patte erano incastrate di traverso, il giovane cercò di fare il più in fretta possibile e con tutta la forza che aveva in corpo afferrò l'oggetto dalle marre e tirò finché non riuscì a liberarlo dalle due rocce strette. Risalì in fretta seguendo la lunghezza della catena cui l'àncora era legata e che saliva su fino alla barca. Appena riemerso usò la stessa àncora per arpionare la piccola imbarcazione mossa violentemente dalle onde, e con non poco sforzo riuscì a risalire a bordo. Stremato cadde sul ponte in ginocchio, ansimando per la fatica. Con la coda dell'occhio scorse l'amico Ioannis ancora in lotta con il motore della barca gemella, mentre il suo compagno più giovane era accovacciato sotto la prua, le braccia strette intorno alle gambe e la testa nascosta fra le ginocchia. Admeto gli si avvicinò strisciando sul ponte.

"Coraggio, ce l'abbiamo quasi fatta" gli disse cercando di infondergli un po' di coraggio. Il giovane sollevò il capo e si ritrovò gli occhi verdi dell'uomo nei suoi, la loro luce era limpida ed intatta nonostante la stanchezza, ed il giovane ne rimase affascinato, quasi rassicurato.

Intanto dalla barca vicina giunse il rumore del motore che sbuffando si accendeva, fra le urla di gioia dei giovani a bordo che avevano circondato Ioannis, sollevati dal pericolo. Il massiccio pescatore li scostò bruscamente per ritornare alla sua imbarcazione, il vento non aveva smesso un solo attimo di frustare il suo corpo robusto e anche ora cercava di impedirgli d'avanzare. Admeto sentendo i suoi compagni festeggiare esultanti, si levò in piedi incrociando per un breve istante lo sguardo provato ma soddisfatto dell'amico Vide Ioannis avanzare a fatica sul ponte.

"Tu resta qui e aiuta Ioannis a salire a bordo" disse rivolto al giovane che impietrito dalla paura restò seduto a terra "io provo a mettere in moto il motore." Il giovane si limitò ad annuire meccanicamente col capo, Admeto gli sorrise comprendendo la sua difficoltà dettata dall'inesperienza più che da autentica paura.

"Admeto!"

Il grido d'allarme lanciato da Ioannis lacerò lo stesso vento. L'uomo aveva fatto a pena in tempo a sentire il tremendo boato del tuono, a mala pena vide la scarica del fulmine abbattersi sull'albero posto nel centro del ponte su cui era avviluppata l'unica vela, che quel giorno era rimasta avvolta all'albero. Il grosso palo di legno si ruppe in due tronconi, ed uno di questi colpì il giovane dagli occhi verdi, da dietro, sul capo. Admeto quasi non s’accorse di nulla, sentì solo il colpo sferzante ed improvviso. D'un tratto non udiva più né l'ululato del vento, né il fragore delle onde che si frangevano contro il legno della sua barca. Solo un immenso, candido silenzio che s’impossessava di ogni cosa. Cadde a terra, finendo sulle ginocchia, le braccia penzoloni lungo il corpo. L'ultima cosa che vide, prima che un nulla dipinto di bianco l'avvolgesse, fu l'immagine della sposa e del piccolo Aiolos, sulla soglia della porta di quella casa che le sue stesse mani avevano costruito. Accanto a quelle due figure tanto amate gli parve di scorgere una sagoma minuta, un bambino somigliante al figlio ma con gli occhi di un azzurro acceso e puro. Quell'immagine a poco a poco svanì, i contorni amati divennero sempre più sfumati fino a che non si dissolsero definitivamente nel nulla. Il giovane cadde disteso sul ponte, sotto gli occhi sbarrati ed increduli del compagno.

"Admeto!" chiamava ancora Ioannis, senza ricevere risposta. Il vento lo sospingeva all'indietro, e l'uomo non poteva fare altro se non imprecare contro se stesso e contro le forze della natura che avevano deciso di accanirsi a quel modo su un manipolo di poveri pescatori. Le lacrime che sgorgavano dagli occhi neri del massiccio Ioannis bruciavano ancor più che la pioggia pungente sulle guance arrossate dalla collera. Sfidando le sue possibilità, Ioannis affrontò di petto il muro di vento e acqua che voleva tenerlo lontano dal giovane amico ferito. Riuscì ad avanzare fino a prua, gli occhi semichiusi in due fessure per difendersi dalla pioggia penetrante e fastidiosa, e quando fu vicino al mascone balzò fuori con un impeto che mai più avrebbe usato.

Sul ponte fradicio, il corpo di Admeto era riverso col volto schiacciato contro il legno, Ioannis gli si avvicinò posando piano una mano sul capo del giovane. Scostò i riccioli bagnati e intravide un taglio netto che dalla parte superiore del cranio arrivava fin sotto la nuca, il sangue mischiato alla pioggia. Delicatamente prese a voltare l'amico, distendendolo sulla schiena. Alla vista del suo volto incredibilmente sereno Ioannis lanciò un urlo disperato contro il vuoto, senza trattenere le lacrime ormai tutt'uno con la pioggia. Con la coda dell'occhio scorse il giovane rintanato sotto la prua.

"Muoviti! Accendi il motore e riportaci a casa!" ordinò, e quello come fosse stato scosso con vigore da braccia invisibili d'improvviso si alzò dal suo nascondiglio e incespicando più volte si diresse al motore, senza neanche sapere come fare ad azionarlo.

"Torniamo a casa, Admeto. Torniamo da Aiolos che ti starà sicuramente aspettando. A casa."

Sussurrava, il capo chino, le mani chiuse in pugni stretti sul petto muto del giovane.

Le due imbarcazioni si misero in rotta, verso la spiaggia sulla quale questa volta non ci sarebbe stato nessuno ad attendere il loro ritorno.