"In te sta per me la vita, la morte.
Sacro è per me il tuo amore"
Nell’imponente sala principale del tredicesimo tempio, la maestosa figura del Grande Sacerdote, Shion di Aries vegliardo e saggio, si stagliava dall'alto del trono massiccio.
Due giovani, convocati d'urgenza dal Pontefice, voce in terra di Atena, avanzavano piano e riverenti verso la figura austera e santa del sacerdote, intimiditi dall'aura divina che lo stesso colonnato che sorreggeva il palazzo trasudava.
In quella stanza inaccessibile a molti, erano passati centinaia e centinaia di giovani guerrieri, i sacri guerrieri devoti alla dea: Atena dagli occhi lucenti. Nel corso dei secoli essi avevano varcato quella soglia importante, impregnando dei loro cosmi ogni singolo atomo della materia che rivestiva il sacro luogo, dimora del Pontefice voce in terra di Atena, fanciulla divina dall'egida miracolosa.
I due giovani giunsero infine al cospetto del sommo Shion, tenendosi per mano s’inginocchiarono. Erano un giovane di sedici anni, alto e slanciato nella figura ormai formata, modellata da anni di addestramenti estenuanti, sostenuti con rigore e dedizione per entrare anch'egli nel novero dei santi guerrieri della dea Vergine. I capelli riccioluti e biondicci gli arrivavano fin sotto la base del collo, sul volto dai bei lineamenti spiccavano gli occhi, leggermente allungati, splendidamente verdi. Occhi dai quali si espandeva una luce di fierezza e rettitudine che sempre colpiva il Pontefice. Accanto al ragazzo, genuflessa e col capo leggermente piegato verso il basso, stava una fanciulla di appena quindici anni. Indossava ancora le vesti che la confermavano nell'appartenenza a quell'ordine minore nel numero, ma affatto inferiore nella devozione alla dea, delle giovani guerriere dal volto di bronzo. Ma ora, ella, quella fredda ed inespressiva maschera, simbolo di rinuncia ad un'identità da abbandonare per meglio seguire Atena, ora quella maschera ella non la indossava. Sebbene il volto tenesse rivolto verso il basso, se ne potevano scorgere le fattezze delicate e regolari, le palpebre socchiuse non lasciavano però ammirare gli splendidi occhi dalla sfumatura cerulea. I lunghi capelli castani scivolavano morbidi sulle spalle. Sul volto le belle labbra sottili erano debolmente piegate verso il basso, contrite lasciavano trapelare una certa tensione che solo il calore della mano del giovane, stringente la sua, riusciva a placare.
"Sommo Shion, eccoci al vostro cospetto come avevate domandato".
La voce del giovane risuonò nel vuoto della sala, perdendosi fra le alte colonne antiche. Il vecchio Pontefice, cinto nei paramenti sacri di sacerdote, sedeva immobile sul trono. Il volto era nascosto dalla maschera, che ricopriva anche la parte superiore del capo e che rendeva impossibile anche soltanto conoscere le espressioni di quel viso sconosciuto.
"Admeto, Alcesti..." chiamò i loro nomi, nell'atto ufficiale di riconoscerli.
La voce del sommo Shion sembrava non avere natura umana, tanto risuonava metallica filtrata com’era dal bronzo, che celava le sembianze del Pontefice. Sembrava quasi che non giungesse da lui, ma che fosse come un’eco lontana proveniente da un'altra dimensione.
"Siete davvero convinti della vostra scelta?"
Chiese Shion ai due, e un'impercettibile sfumatura di preoccupazione sembrò ai due ragazzi di poter sentire in quella voce sempre severa e formale. Il giovane Admeto si volse verso la compagna, che sentendo il suo sguardo innamorato posarsi su di lei, gli si volse incontro, cosicché i loro occhi si guardarono teneramente. Quelli del giovane s’illuminarono al solo contemplare quelli dell'amata, e la fanciulla sembrò sollevata tanto da lasciare che le sue labbra rosee si dischiudessero, infine, in un lieve sorriso.
"Ne siamo certi, mio signore" rispose risoluto il giovane, di nuovo rivolto verso il Sacerdote della dea guerriera.
E strinse con più forza la mano dell'amata.
"Il Santuario ha perdonato la vostra trasgressione. E la stessa Atena vi sorride benevola". Quell'uomo austero che incuteva rispetto, ma anche timore nell'apparenza quanto nella voce possente, tacque un istante prima di proseguire, pensoso. Non era solito, Shion di Aries, sommo Sacerdote della dea dalle candide braccia, avere di tentennamenti o esitazioni. La guida del Santuario non poteva permettersi di mostrarsi esitante, nessuna debolezza, nessuna incertezza per chi doveva svolgere il compito onorato e faticoso affidatogli da Pallade Atena dagli occhi lucenti. Per questo tacque un istante, per raccogliere e riordinare le idee e riflettere su quanto dire. Gli avvenimenti futuri osservati dall'altura sacra dello Star Hill, gli stessi avvenimenti che la dolce voce di Atena aveva confermato nel suo animo, erano ben chiari nella sua mente. Sebbene non potesse rivelarli ad alcuno, tanto meno a chi aveva trasgredito alle regole del Santuario, e per questo si accingeva a lasciare la terra santa.
Eppure i due giovani che gli stavano di fronte non si erano macchiati di una colpa tanto grave da meritare l'esilio, seppur volontario.
Eppure quei due giovani innamorati erano stati scelti dagli dèi, che per loro avevano tessuto un destino fausto ed infausto allo stesso tempo.
Il saggio e venerato Shion, imperturbabile, ferreo e sempre sicuro nel suo agire, ebbe per un istante il turbamento di una tentazione impossibile: rivelare ai due giovani gli avvenimenti futuri, che devono rimanere ignoti ai mortali. Il vecchio non poté evitare di lasciarsi andare a un sospiro di rassegnazione. I due giovani, stupiti dal fatto assolutamente insolito, si scambiarono una rapida occhiata incerta. Il sommo Pontefice rimase in silenzio per alcuni minuti, poi appoggiò le mani sui braccioli del seggio prezioso, facendo leva su di essi si alzò in piedi. Ai due ragazzi ancora genuflessi in riverenza, quell'uomo parve simile al divino Zeus per imponenza e maestosità. Portando le mani ai lati del volto, il Sacerdote si sfilò lentamente la maschera. Il volto che si rivelò per la prima volta ai due giovani era di un uomo bicentenario, scavato da rughe profonde quasi all'inverosimile, che gli conferivano un'espressione provata eppure amabile. Due occhi amaranto spiccavano invece per la luce ancora intatta, lunghi capelli ormai sbiancati gli incorniciavano l'ovale del viso, cadendo mollemente sulle spalle e scivolando sulla schiena incredibilmente ritta e solida. L'attenzione dei due giovani però fu attratta da due punti rossi, di un rosso ancora vivo nonostante la pelle invecchiata, che posti sulla fronte poco al di sopra delle folte sopracciglia canute sembravano essere un segno di riconoscimento, forse d'appartenenza ad un popolo misterioso e lontano.
Il sommo Pontefice allargò le labbra in un sorriso bonario, da vecchio padre affettuoso. Facendo segno con la mano, dopo aver posato la pesante maschera sul trono freddo, chiese ai due di alzarsi da terra.
"Venite con me" disse, e non c'era nella voce, libera dal filtro metallico, nessun ordine, nessuna formalità.
Incoraggiati da quell'insolita vista e dall'invito cordiale, i due ragazzi si levarono in piedi e fiduciosi presero a seguire il Sacerdote. Questi con passo cauto ma deciso li condusse al di là dei drappi immacolati che dividevano la sala del tredicesimo palazzo in due ambienti distinti. Dietro a quelle tende che cadevano pesanti al suolo, era stato detto loro che si celava la via per giungere alla dea. Il tempio oltre al quale si trovava la statua di Pallade Atena, la vergine dea dagli occhi azzurri e lucenti che col suo cosmo amorevole vegliava, dalla divina dimora olimpia, sul Santuario.
Giunti ai piedi dell'immensa statua, i due giovani rimasero affascinati dalla bellezza della figura imponente, che brillava argentea ai raggi dell'ultimo sole. Il volto della dea era sereno, i lineamenti scolpiti nel freddo marmo parevano distendersi in espressioni di silenziosa letizia, che culminava nel sorriso appena accennato nel disegno dalle belle labbra.
Ai piedi di quell'immensa statua rinasceva Atena, dea guerriera e saggia, dagli occhi di cielo. Ammirati dalla maestosità della loro dea, entrambi i giovani avevano scordato che presto quella vista non sarebbe stata a loro più concessa. I loro cuori erano però colmi di sincera commozione.
E qualcosa nel grembo di Alcesti esultò.
"Se siete davvero risoluti nella vostra scelta, allora non vi fermerò".
Disse il Pontefice, catturando l'attenzione dei due ragazzi, ancora immersi nella contemplazione silenziosa.
"Ma sappiate che la vostra colpa è stata perdonata. Atena stessa vi ha perdonati."
Le parole di Shion rincuorarono i due giovani, in special modo Alcesti, che temeva per la sorte del suo amato Admeto. Lei, fanciulla destinata ad indossare per sempre una maschera per farsi "guerriero" degno della dea, si era innamorata di un futuro santo d'argento. E questi, scellerato, aveva avuto l'ardire di ricambiare i suoi sentimenti. L'aveva vista in volto, ed Alcesti mai avrebbe potuto scegliere fra uccidere o amare, come imponeva la regola. Perché in fondo, di scelte non ve n'era: Admeto l'amava. L'amava più di quanto non avesse mai amato nessun'altra creatura, nemmeno la vergine Atena dagli occhi lucenti d'azzurro.
Per questo l'esilio.
Un santo che ama Atena, e che ad ella consacra la vita, non può permettersi di amare nessun altro più di lei. Shion, che aveva visto entrambi crescere e sbocciare come giovani dall'animo nobile e dal cosmo giusto, non volle punirli. E li avrebbe fatti vivere al Santuario, Alcesti non più destinata ad alcuna maschera e libera di poter stare accanto all'amato ragazzo dagli occhi verdi e dal cuore fiero. Ma la rettitudine di Admeto e la fedeltà che egli nutriva per Atena non gli permisero di accettare. Ora la dea perdonava entrambi, per bocca di Shion, ed il rimorso di Alcesti trovava un po' di pace.
"Il Santuario vi aiuterà, nella vostra nuova vita lontano dalle terre consacrate. Questo è il volere di Atena".
Aggiunse Shion, volgendo lo sguardo in altro, ad incontrare il favore del sorriso della Vergine.
"Ma prima di lasciarvi andare, c'è qualcosa che vorrei farvi sapere. Qualcosa che le stelle mi hanno confidato e che la dolce voce di Atena mi ha confermato".
La solennità del Sacerdote era tornata nel tono della voce e nello sguardo serio e cosciente. Gli occhi di Shion si accesero come fosse la dea stessa ad infondergli la parola, e senza mai staccarsi da quelli dei due giovani, che fremevano nell'attesa di sapere, turbati dalla consapevolezza che quello che stavano per udire era parte di un destino comune, già stabilito per loro dagli dèi, dunque incontrovertibile. Il sommo Shion pronunciò queste parole:
"Nelle stelle il vostro destino è scritto, e le stelle eterne e sempre lucenti non possono che dire il vero. Da voi verranno due animi nobili e forti. Il vostro sangue unendosi farà sgorgare sangue d'oro che si dividerà per infondersi in due cuori. L'uno parte dell'altro. Colui che sarà guida per le future generazioni di sacri guerrieri devoti ad Atena, da voi verrà. E da voi verrà colui che con la sua forza e nobiltà Atena riconoscerà nell'inganno. Questo dicono le stelle, questo la dolce voce di Atena mi ha confermato".
Shion terminò il suo vaticinio, illuminato dalla dea. Scorse i volti attoniti dei due giovani, immobili uno accanto all'altra, incapaci di razionalizzare quanto era stato loro appena rivelato. Sfiorando inconsciamente la mano dell'amata, Admeto si avvide che la giovane tremava, come foglia sfidata dal vento. Gli occhi sbarrati, le labbra serrate, Alcesti teneva una mano sul grembo caldo.
"La creatura appena nata in te..." Shion interruppe quegli istanti di silenzio "...è destinata a grandi imprese, sotto l'egida di Atena. Egli sarà il suo riparo, la sua vita sarà la salvezza della Vergine" Admeto circondò le spalle della fanciulla col suo braccio forte, sicuro.
"Quando l'altro fanciullo verrà alla luce, voi non ne conoscerete il volto."
Sfinita dalla tensione, e dalla terribile verità celata nelle ultime parole di Shion, la giovane si aggrappò alle spalle dell'amato, come fosse l'unico appiglio per evitare una caduta nel vuoto.
"Perdonatemi, non avrei dovuto rivelarvi ciò che agli uomini non è consentito conoscere. Ma la vostra unione è benedetta dagli dèi, ed il suo frutto sarà altrettanto divino".
Era di nuovo padre, Shion, mentre si scusava per una colpa non sua. L'affetto che nutriva per quei due giovani era sincero, e questo a entrambi regalò per lo meno istanti di umana complicità e partecipazione da parte di colui che avevano sempre venerato da lontano, come voce di Atena.
"Se resterete al Santuario, farò in modo che siate protetti e che la vostra vita possa essere lieta fino...alla fine".
Il Pontefice propose nuovamente il suo aiuto con animo angustiato e dolorante. Admeto strinse ancora di più la sua amata fra le braccia, pronunciò piano il suo nome affinché ella si ridestasse dall'incredulo torpore nel quale era caduta. I loro sguardi erano fissi l'uno nell'altro, i loro occhi sinceri penetravano nella profondità dei loro animi.
Ed Alcesti comprese.
"Vi siamo grati per quanto vi proponete di fare per noi. Ma la nostra decisione non è mutata. Se questo è il nostro destino, allora lo affronteremo insieme, giorno dopo giorno fino alla fine" disse il giovane.
Ed anche Shion comprese.