PAVONE PRESENTA:
GLI DEI SOPRAVVISSUTI
ATTO DICIOTTESIMO: I MISTERI SI SVELANO
"Lungo la strada, mi tornarono più volte in mente le parole di Giano sullo spirito divino e cercai di concentrarmi, di trovare in me quella parte tanto nascosta.
Analizzai il mio essere in profondità, quasi non curandomi dei dialoghi fra i miei compagni, ma un tarlo mi torturava la mente, presente quanto alcuni giorni prima: le frasi di Anteo e Mezio con i guerrieri dell'artiglio, non so perché mi fossero tornati in mente, ma stavolta volevo una risposta.
Quindi mi fermai e chiesi: "Nessuno di voi sa spiegarmi cosa si sono detti al torneo Anteo e Souper ?", nessuno mi rispose, quindi mi rivolsi direttamente ad Anteo, che non si curò di rispondermi. Fu mio fratello a dirmi: "Soffri per la morte del tuo maestro, per questo fai queste domande cariche di sfiducia", ma proprio in quel momento Jora parlò: "No, è proprio questo il problema di noi cavalieri, non ci fidiamo l'uno dell'altro. Dovremmo essere uniti contro le forze del male, contro questa Alleanza, invece non lo siamo!"
Tutti noi, credo, riflettemmo su quelle parole, mentre ancora Jora parlava: "Io sono stato addestrato da Tisifone dell'Ofiuco e Castalia dell'Aquila, madri di due degli ultimi cavalieri d'oro e innamorate di cavalieri d'oro del rilievo di Ioria del Leone e Pegasus del Sagittario! Si, alcune volte prendo le cose in con leggerezza, ma volevo una vita libera da ogni obbligo, purtroppo il destino non me l'ha concessa, ma ormai ne sono cosciente e sono pronto a dare me stesso per la giustizia."
"E rischi proprio questo, amico mio", disse Anteo, particolarmente colpito dalle parole di Jora, "i nostri nemici saranno i 7 diavoli guida dei grandi peccati, i capitani dell'armata del signore dell'Oscurità, i miei vecchi compagni."
Questa parte della frase mi stupì particolarmente, probabilmente stupì anche gli altri, perché subito il cavaliere del Capricorno continuò: "Leggo lo stupore nei vostri occhi, è giusto che vi spieghi tutto, ma dovrò iniziare dalla notte dei tempi, quindi sarà un racconto lungo. L'essere onnipresente, creò il tutto in 7 giorni, il mondo, la vita ed il resto.
Alcuni fra gli uomini si dimostrarono particolarmente potenti, capaci di conoscere in se stessi il massimo livello del loro spirito, quello divino, così vennero denominati dei. Prima furono quattro Urano, Gea, Pontos e Notte, poi i loro figli, fra cui Cronos, Nemesi e Giano, quindi da loro e dagli altri, chiamati titani, nacquero gli dei che si divisero il mondo. L'Europa a Zeus ed ai suoi fratelli e figli, l'Asia al Mantra, l'Africa a Ra ed ai suoi fratelli, il Nord gelido ad Odino ed i suoi figli, le terre oltre l'Oceano ad altri dei minori.
Mentre questo avveniva sulla terra, l'essere creò delle creature che erano per metà come lui, per metà come gli uomini: i suoi messaggeri, gli angheloi.
Fra questi angheloi, 70 costituivano le sue armate, finché la metà di loro, si ribellarono, guidati dal serafino portatore di luce.
Ci fu uno scontro, i guerrieri del serafino furono uccisi tutti tranne 15, che caddero con lui nei baratri dell'oscurità.
Io ero tra questi, ero l'anghelos del trono dell'unità, come potere mi fu concesso di dividere gli oggetti con le mani, quando rinnegai il mio creatore.
Caduti nel baratro, capì la stupidità commessa e come me lo capì anche lo l'arcangelo della natura, il nostro nuovo padrone non gradì il nostro desiderio di tornare dal creatore di tutto, quindi ci tolse la vita.
Vagai per anni nel limbo, insieme all'arcangelo, finché, 21 anni fa non ritornai in vita come Anteo, figlio di due uomini provenienti dall'Olanda.
Quando reincontrai l'arcangelo era diventato un ragazzo francese di nome Mezio ed insieme decidemmo di seguire quella che era la giustizia di questo mondo.
I guerrieri dell'artiglio e l'armata di Golden erano seguaci del portatore di luce, che deve aver sancito un'alleanza con le divinità maligne ancora esistenti." Anteo ci scrutò, non so cosa vide nei miei compagni, ma nei miei occhi vedeva tutto il mio stupore, quindi continuò: "I 7 avversari che incontreremo metteranno a dura prova tutti noi, dovremo trovare lo spirito divino per sconfiggerli. Ognuno di noi deve quindi scrutare in se, per trovarlo".
"Proporrei di restare qui stanotte", disse quindi Jora, "Come qui?" chiese Wild, "Si," rispose Jora, "tanto siamo quasi a Bagdad, quindi semmai cercassero di muoversi, sentiremmo subito i loro cosmi, giusto?", nessuno obbiettò.
Passammo la notte fuori le mura della città, io mi misi a riflettere, ricordai i momenti con Giano, i suoi insegnamenti, finché non fui sorpreso da un rumore: mi voltai, era Sasha, stava passeggiando vicino le mura, mi avvicinai, non so neanche io perché, lei, sentendomi arrivare, si voltò di scatto come per attaccare, ma riconosciutomi, si limitò a dire: "Ah, sei tu".
Mi avvicinai a lei, avevo da un pò ammesso a me stesso che a lei non interessavo, ma mi volevo avvicinare, per chiederle come mai fosse lì, e questo feci.
I suoi capelli color argento avevano un riflesso magnifico quella notte, le chiese: "Come mai qui?", lei mi disse: "Guardo le stelle, mi chiedo quale sia quella che mi indicherà il cammino negli scontri di domani", io le sorrisi e le dissi: "Non devono essere le stelle a darti la forza, ma in te devi trovare la tua forza, negli insegnamenti avuti e nelle capacità che possiedi", Sasha si voltò, l'armatura e la maschera dorata la rendevano ancora più simile ad una visione, quindi mi disse: "Si, gli insegnamenti," sentì come un rimpianto nelle sue parole, "Camus è stato per me un grande maestro, eppure non sono riuscita a salvarlo da Odeo e dal quel demone", "Eri senza armatura, non potevi fare molto in quel momento", cercai di dirle, ma lei non mi ascoltavo, "So, cosa provi, il mio maestro è morto da poche ore", continuai, "Già, Giano" disse lei. Poi mi chiese: "Come fai a sopportare il dolore di una perdita? Io ho cercato in ogni modo di soffocare i miei sentimenti, da quando i miei morirono su una nave che li avrebbe portati dalla Francia all'Inghilterra, era un viaggio breve, che per loro fu anche mortale. Camus mi allevò, dopo avermi visto in un orfanotrofio e trovato in me quella freddezza adatta ad un cavaliere dell'Acquario." "Si," dissi io, "i cavalieri dell'acquario sono sempre freddi, ma tu credo lo sia troppo", lei fece come una piccola risata rispondendomi: "Anche il mio maestro lo diceva", quindi mi si avvicinò, io indietreggiai, un pò stupito, quando lei mi abbracciò e disse: "Grazie", poi se ne andò. Io rimasi lì alcuni minuti, come inebetito, poi tornai alle mie riflessioni, anche se il mio unico pensiero per tutta la notte furono le braccia di Sasha che mi stringevano in quel caloroso abbraccio.
La mattina dopo, tutti noi ci preparammo per il nostro scontro più importante".