Capitolo 5: Allievi del Toro
Quando Degos di Orione aveva avvertito il sopraggiungere dei cinque cosmi, lì dove pensava che minori fossero i rischi di nemici, subito aveva pensato di raggiungere la strada che conduceva a Rodorio, per correre in aiuto dei cavalieri di Bronzo fra cui vi era Talos del Leone minore, ma poi una voce lo aveva richiamato alla realtà: "So bene quanto sia triste dover anteporre il proprio dovere agli affetti, immagino come per te sia difficile in questo momento, cavaliere, sopportare l’incertezza sulle sorti dell’allievo del tuo allievo, ma ricorda che sei stato tu ad affidare loro quella posizione e ricorda che, egualmente, a noi ne è stata affidata un’altra ed anche qui stanno sopraggiungendo dei nemici."
Era stata Bao Xe della Musca, la sacerdotessa d’argento allieva del santo dello Scorpione, una dei cavalieri inviati in Mesopotamia giorni prima, a parlare; colei che, al pari del maestro di Menisteo e Vincent, era stata scelta per difendere l’area antistante l’Arena del Grande Tempio, la Grande Arena degli scontri, lì dove nei secoli, diversi aspiranti cavalieri avevano combattuto fra loro per ottenere l’investitura, lì dove, in quello stesso istante, si manifestarono altrettanti cosmi avversi e, fra tutte, una sembrava stranamente famigliare.
Degos non sentì quasi lo scoppio della battaglia fra i cavalieri di bronzo ed una nera entità nemica, non percepì il cosmo dorato che stava preparandosi alla battaglia alle Dodici Case, né, tanto meno, la voce di Bao Xe al suo fianco che esclamava stupefatta, poiché troppo stupito era lui stesso per quel cosmo così famiglia, che divenne una memoria nitida, così come nitide erano le cinque figure che si stagliavano dinanzi a lui e la sacerdotessa della Musca.
"Non può essere …", furono le uniche parole che il maestro di Menisteo e Vincent si concesse, mentre i ricordi riempivano la sua mente, così come una tempesta di fulmini riempì l’arena, fino quasi arrivare a travolgere i due cavalieri di Atena, che lesti, si spostarono, seppur all’ultimo, evitando quelle scariche elettriche, prima che si quietassero, rivelando al loro interno delle figure, fra cui una, avvolta da un ampio mantello.
"Era da molto che non ci vedevamo, Degos, speravo che fossi ancora qui ad Atene almeno tu, con Abar chissà dove ed Edward morto, non avrei avuto altri contro cui scatenare il mio nuovo potere, che si ricordasse dell’ultimo degli allievi di Megatos del Toro.", esordì la figura ammantata, facendosi avanti, affiancato dalle altre quattro.
"Bando agli indugi, comunque, che aspetti, cavaliere di Orione? Attacca, mostrami che le lezioni passate e la scelta della tua dea ti sono servite, mostrami che il Maestro aveva ragione nel dire che Atena giudica saggiamente chi è degno o meno di indossare vestigia a lei consacrate! Forza, Degos, mio vecchio compagno d’addestramenti! E mentre attacchi, cogli l’ironia dovuta all’armatura che ora io indosso!", urlò furibondo il nemico, gettando via il mantello e rivelando al santo d’argento delle vestigia d’oro nero, vestigia le cui forme erano ben note a Degos, le vestigia del Toro d’Oro.
"Tu, come puoi?", domandò perplesso il maestro di Menisteo e Vincent, "Semplice: sembra che il mio potere sia ben più adatto ad un’armatura d’oro, che non ad una d’argento, per quanto questo sia oro nero.", rise l’altro, "Ma, che non si dica che io non sono generoso! Ecco per te e la tua inattesa compagnia in questa battaglia degli avversari al vostro livello, o forse a voi superiori, gli allievi che per me ho scelto sull’Isola della Regina Nera.", esclamò divertito il guerriero oscuro, facendo un passo indietro, mentre quattro Ombre d’argento si paravano dinanzi a lui.
"Bjorn!!!", urlò furioso a quel punto il cavaliere di Orione, il cui cosmo avvampò come un incendio, ma bastò una serie di scariche elettriche per spingerlo di nuovo a sollevare le sue difese.
"Bjorn era il nome dell’unico allievo di Megatos del Toro che non ricevette l’investitura come cavaliere d’argento, ma io non sono più quel semplice e sfortunato discepolo, non più agli dei rivolgo le mie preghiere, bensì, grazie al potente Giano, ho trovato il modo di ottenere un’armatura e, più di questo, un cosmo persino superiore a quello del custode della Seconda Casa!", esclamò soddisfatto l’altro.
"Bjorn? No, non più: ora sono Ukko, come il Signore del Fulmine della mia terra natia, la Finlandia, o, se preferisci, puoi chiamarmi il Toro Nero, in fondo così mi chiamano i miei discepoli!", spiegò con esaltazione, voltandosi poi le spalle ai due santi di Atena.
"Dove pensi di andare, traditore di Atene?", domandò d’un tratto la voce di Bao Xe, rivolgendosi all’uomo dalle vestigia d’oro nero, "Mi ricordo di te, seppur vagamente, ma non ricordavo fossi un vigliacco!", lo accusò la sacerdotessa.
"Vigliacco, allieva dello Scorpione? No, ma questo luogo è stato teatro di molti scontri, fin dal tempo del mito e chi sono io per rovinare le più antiche abitudini, che mi riportano alla mente dei dolci ricordi?", rise d’improvviso l’uomo in nero, senza nemmeno voltarsi, "Faremo come si addice a questi luoghi, scontri singoli! Un mio allievo contro uno di voi, se li vincerete tutti e quattro, allora potrete affrontarmi!", rise ancora l’uomo che si era presentato come Ukko.
"Ramsey, tu combatterai per primo con il mio vecchio compagno d’addestramenti.", ordinò secco poco dopo, "Voi altri, con me.", sentenziò verso il resto dei propri discepoli.
"Degos, spero che gradirai la mia scelta per le vestigia che ho fatto ottenere ai miei allievi: Orione era già stata presa quando iniziai ad addestrarli e mai avrei voluto qualcuno con le insigne che mi furono negate, ma, come puoi vedere, abbiamo un Perseo e, soprattutto, abbiamo il tuo primo avversario, il Cefeo Nero.", concluse divertito, senza mai voltarsi.
Solo quando ebbe raggiunto la parte opposta dell’arena, il cavaliere del Toro oscuro si voltò, nel sedersi, con i tre restanti allievi assieme a lui, "Cominciate!", ordinò.
"Credi che seguiremo le tue regole, traditore di Atena?", domandò a quel punto Bao Xe, facendosi avanti, ma bastò un gesto del cavaliere di Orione per fermarla, "Bjorn non è solo un traditore di Atena, il maestro Megatos non lo fece mai imprigionare sull’Isola Prigione, egli è andato lì di sua spontanea volontà, poi il suo cosmo è ben più immane di quello degli altri, è simile a quello del nemico che avete combattuto ad Accad, non è vero, sacerdotessa della Musca?", chiese con un velo di tristezza nella voce il maestro di Menisteo.
"Sì, egli è di certo uno dei Ladri di Divinità, il suo cosmo è pari, se non superiore, a quello dell’uomo che si faceva chiamare Baal.", rispose semplicemente l’altra, "Allora, se un tale nemico spetta a noi due soltanto, dovremo affrontarlo con la certezza che nessun altro interferisca a suo vantaggio, quindi dovremo stare a queste regole e combattere singolarmente contro i quattro guerrieri neri che ha addestrato.", tagliò corto Degos di Orione facendosi avanti verso il proprio nemico.
L’ombra di Cefeo era un ragazzo dai corti capelli verdognoli e dagli occhi acquosi, di un colore vagamente simile a quello dei capelli; era robusto, non molto, ma leggermente muscoloso, non troppo alto e con un ghigno divertito in volto, mentre agitava leggermente le due nere catene dinanzi a se.
"Combattete!", ripeté il Toro Nero e subito il suo discepolo si lanciò alla carica: un assalto frontale, un tentativo di colpire con un violento colpo della catena destra contro il volto del santo d’argento che, però, fu lesto nel sollevare l’avambraccio sinistro a difesa del viso, bloccando il colpo avversario ed incendiando al qual tempo il proprio cosmo fiammeggiante, che costrinse subito l’altro a ritrarre l’arma per evitare che fosse danneggiata, prima che, con un veloce movimento rotatorio del tronco, il cavaliere di Orione provasse a sua volta sferrare un montante destro verso Cefeo Nero, che fu altrettanto veloce nel distanziarsi, evitando il colpo.
"Questo è il meglio che Megatos ti ha tramandato? Queste le virtù che ti hanno concesso ciò che io non ho avuto?", lo derise divertito il finnico dal proprio posto a sedere, parole a cui uno sguardo scuro e triste fu la prima risposta del suo avversario.
"Sapevamo che c’era del risentimento da parte tua verso la dea ed il maestro, per ciò che era successo il giorno dell’investitura di tutti noi, allievi di Megatos, ma questo, Bjorn, questa è pazzia! Allearsi con questi Ladri di Divinità, diventare un Rinnegato dalle Vestigia Nere? I tuoi alleati strappano gli dei del creato ai loro mondi! Rubano il potere delle divinità stesse! Questa è blasfemia, amico mio!", avvisò con tono serio Degos, prima che una tempesta elettrica scaturisse dal cosmo del suo interlocutore.
"Risentimento? Si può avere del risentimento verso chi t’inganna con false speranze di un futuro degno di valore? Verso chi ti strappa alla tua famiglia dandoti sogni di un futuro migliore di quello di un semplice pescatore, per poi, alla fine, dopo averti mostrato dove il vero valore e la vera forza risiedono, gettarti via, negarti tutto ciò che per anni hai sognato? Sì, quello è risentimento, ciò che, però qui sto facendo è ben diverso, questa è giustizia nei confronti di tutte quelle divinità che si divertono a giocare con i sentimenti e le vite degli uomini comuni! Oggi si scrive la storia ed io sarò dalla parte dei vincitori!", ruggì deciso il finnico, "In più, come ti ho già detto, non esiste alcun Bjorn ormai, solo Ukko, Signore del Fulmine!", urlò ancora, "E tu, Ramsey! Perché gli lasci il tempo di parlare! Uccidilo!", ordinò.
L’altro nemmeno rispose, semplicemente lanciò di nuovo in avanti le nere catene di cui era padrone, cercando di colpire il compagno d’addestramenti del suo maestro.
Degos fu però svelto nel compiere un balzo, oltrepassando la nera minaccia ed osservando dall’alto il vecchio compagno di addestramenti seduto poco lontano: gli tornarono alla mente i giorni degli allenamenti, assieme a Bjorn, Edward ed Abar, tutti sotto le direttive del cavaliere d’oro del Toro, che, seppur con mano ferma, non era mai troppo severo nei loro confronti; gli tornò alla mente ogni istante difficile e facile, ogni momento più o meno felice, fino al giorno dell’investitura ed a ciò che successe allora.
Con la tristezza nel cuore, il cavaliere di Orione capì che quel singolo evento aveva portato alla rottura fra tutti loro, alla partenza da Atene di Edward ed Abar per preparare loro stessi degli allievi, come d’altronde anche Degos aveva fatto, mentre Bjorn si era allontanato solo per odio, verso un destino che riteneva avverso, un odio che lo aveva portato a quella scelta ora manifesta in un cosmo di dimensioni immani e quelle vestigia, uno smacco, un segno del suo odio mai interrottosi verso il culto di Atena e verso il maestro che lo aveva addestrato.
Degos sapeva tutto ciò e sapeva anche che tutto quello che aveva giurato di fermare, tutto ciò che andava contro il suo stesso concetto di Giustizia, era ora dinanzi a lui nella persona di uno dei suoi più cari amici d’infanzia e nella forma degli allievi di lui, fra questi, quello di Cefeo Nero stava per subire uno dei suoi attacchi migliori.
Il braccio sinistro del cavaliere d’argento fu circondato dall’incandescente cosmo, mentre compiva la parabola discendente dopo il suo salto, "Brazo del guerrero!", invocò deciso Degos, rilasciando la possente fiammata simile ad una colonna di fuoco, che si diresse contro il giovane di nome Ramsey.
Sorprendentemente, però, quando vide quella posa, il Cefeo Nero sorrise, compiendo uno svelto salto, così da spostarsi a sua volta per arrivare a breve distanza dal punto in cui il cavaliere di Orione sarebbe ridisceso al suolo; "Tutto inutile, vecchio!", ruggì per la prima volta il guerriero oscuro, liberando le catene dinanzi a se, "Meteore Oscure!", invocò ancora, mentre i due globi chiodati sembravano moltiplicarsi, fino a diventare una dozzina, tanti quanti impatti avvertì sul proprio corpo il cavaliere di Orione, cadendo malamente al suolo dopo i colpi subiti.
All’urto di Degos con il suolo fece eco la risata di Ukko: "Un azzardo sfruttare contro un mio allievo il potere della stella Bellatrix! Già ben noto mi era quel tuo colpo! Ti ho ricambiato, però, il favore: non è sembrato anche a te che, in qualche modo, l’attacco di Ramsey somigliasse ad uno di quelli di Edward? Ho fatto il più possibile per prepararvi questa sorpresa! Un vero peccato che sarai l’unico a poterne godere!", rise deciso il finlandese.
"Maestro, la prego, non nomini ancora l’ingrato cavaliere di Cefeo!", obbiettò allora Ramsey, avanzando con le catene che dondolavano ad ogni singolo movimento dei polsi, destando la curiosità di Degos: "Conoscevi Edward, guerriero nero?", domandò subito, "Sì, sono stato vittima delle sue false promesse!", ribatté secco quello, prima che la voce di Ukko li interrompesse: "Adesso basta chiacchiere, però, discepolo, uccidi il mio vecchio amico!", ordinò secco.
E bastarono quelle poche parole per lanciare di nuovo alla carica quella tetra ombra, che scagliò all’unisono le catene in avanti, "Meteore Oscure, colpite!", imperò, scatenando la furia di decine e decine di globi chiodati che con inusata violenza si gettarono su Degos, il quale fu però abbastanza svelto da compiere un balzo, poggiato com’era su tutti e quattro gli arti, evitando l’assalto nemico, che andò a produrre un profondo buco nel terreno.
Il cavaliere di Orione quasi non si aspettò cosa successe poco dopo: il terreno distrutto si animò, come fosse esso stesso parte delle catene di Cefeo Nero e si lanciò in una rapida carica contro Degos, il quale, prontamente, sollevò di nuovo il braccio sinistro, notando come i macigni si muovessero in una traiettoria fra loro parallela, "Brazo del guerrero!", invocò, liberando la furia del fuoco perché corresse fra quelle dure pietre, dritta contro il giovane avversario che dalle stesse era coperto.
Lo scontro fra i numerosi macigni evocati da Cefeo Nero ed il braccio sinistro di Orione fu fragoroso: fiamme e rocce riempirono il breve spazio fra i due guerrieri, quasi fossero vere meteore in volo nello spazio infinito, prima che entrambi fossero respinti dalla violenta onda d’urto prodotta.
Degos di Orione sfruttò tutta la propria agilità per compiere a mezz’aria una serie di capriole, sospinto dall’onda d’urto, così da ridurre la forza dell’impatto quando, alla fine, toccò terra; Ramsey, d’altra parte, sollevò le braccia dinanzi a se e, roteando le nere catene dalle massicce sfere chiodate, utilizzandoli come improvvisata difesa, cercando al qual tempo di distanziarsi dal grosso fuoco evocato dal cavaliere di Atena, rimanendone, comunque, in parte vittima, trovandosi spostato indietro di alcuni metri, tanto da perdere brevemente l’equilibrio e subendo qualche crepa sulle scure vestigia.
Alla fine dell’esplosione di fuoco e rocce, i due si guardarono vicendevolmente, dalla distanza che ora li separava: "Ferma il tuo pugno, ragazzo, non voglio combattere con te oltre, ma se mi costringerai, lo farò.", affermò secco Degos, ora consapevole non solo delle battaglie che interessavano la strada per Rodorio e le Dodici Case, ma anche di un altro scontro poco distante da quelli.
La preoccupazione del cavaliere di Orione, fra tutti, andava, però, principalmente ai giovani guerrieri di bronzo, fra cui già aveva sentito quello del giovane Lupo spegnersi alcuni dei loro cosmi aveva sentito spegnersi, con suo enorme rammarico.
"Non sprecare il tuo tempo in chiacchiere, Degos! Ramsey non si arrenderà ed anche se lo facesse, cosa potresti mai fare? Ci siamo io ed i miei allievi qui! Non potrai andare ad aiutare nessuno, nemmeno se la sacerdotessa della Musca volesse permetterlo! Hai una sola possibilità, combattere sul serio!", urlò dagli spalti il Toro Nero.
Per un attimo, il discepolo di Megatos volse lo sguardo verso il suo compagno d’addestramenti che aveva tradito ciò in cui credevano, poi si rivolse verso la sacerdotessa alle sue spalle, quindi guardò di nuovo in direzione del nemico che gli era stato posto dinanzi, che ancora dondolava le pesanti catene impugnate: Bjorn lo conosceva bene, gli aveva mandato contro un nemico che non gli avrebbe lasciato il tempo di fare alcunché se non combattere ed erano anni, ormai, che Degos non aveva più partecipato ad una vera battaglia, anni che aveva passato addestrando giovani cavalieri per combattere.
Questa consapevolezza portò il vecchio cavaliere ad un’altra, ben più triste: non avrebbe potuto ragionare con nessuno di loro, né con il passato amico d’infanzia, né con i giovani che, ai suoi occhi, erano simili a Menisteo, Vincent, Talos… giovani scelti per qualcosa di più grandi, giovani a cui, però, quel qualcosa era stato tolto ed ora erano lì, ricoperti da vestigia priva d’onore, per combattere contro la Giustizia.
Quattro nemici lo dividevano dal Toro Nero, un avversario il cui cosmo era ben più vasto di quello che era stato un tempo il potere di Bjorn; certo aveva al proprio fianco un’altra esperta guerriera come Bao Xe della Musca, ma avrebbero potuto combattere e concludere in fretta quello scontro anche in quelle condizioni? Avvertiva cosmi potenti alle Dodici Case, due scontri ora lì si combattevano già, mentre le battaglie nelle vicinanze di Rodorio erano sempre più accese e lui era lì, bloccato contro quei nemici.
Solo una possibilità gli restava: combattere al massimo delle proprie possibilità, così Degos cambiò la propria posa di battaglia, allargando le braccia dinanzi a se, mentre fiamme iniziavano ad espandersi fra le stesse, verso la zona della cinta.
"Non penserai di vincermi usando il fiammeggiante attacco della Cintura d’Orione, vero vecchio? Un colpo dalla potenza impressionante, da ciò che m’ha detto il mio maestro, ma lo conosco, so quali strategie usare per evitarlo, non sarà per me un ostacolo!", lo derise sicuro Cefeo Nero, mentre sollevava il braccio destro sopra la testa, la sfera chiodata connessa al braccio iniziò a roteare con incredibile furia, sempre più veloce, circondata da un’oscura energia cosmica.
"Quel colpo non ti appartiene, ragazzo!", esclamò sgomento il cavaliere di Atena, osservando il tetro cosmo disegnare una galassia oscura attorno ai verdognoli capelli di Ramsey, "E perché mai? Il mio maestro mi ha spiegato tutti i segreti della costellazione di Cefeo, non avrò saputo controllare tutte le armi a disposizione dell’uomo che m’ingannò e tradì, ma questa, la tecnica ultima della costellazione di cui sono l’Ombra? Questa è un’arma che ho saputo fare mia!", rise soddisfatto il giovane guerriero nero.
"Forse credi di conoscere i segreti di quello che desideri usare, ma la Nebulosa insita fra le stelle di Cefeo non è un potere per tutti! E forse il tuo maestro non ti ha spiegato bene una cosa, ragazzo: se quello che vuoi usare è un attacco vagamente simile a quello del mio vecchio compagno d’armi, allora, al pari della tua conoscenza delle abilità che possiedo, egualmente io posso dirmi pronto ad affrontare le tue! In fondo per anni ci siamo addestrati assieme, io, Bjorn ed Edward, e come tu conosci i segreti della Cintura d’Orione, perché descritti, così io conosco quelli della Nebulosa che vuoi richiamare.", ribatté asciutto Degos, espandendo il cosmo fiammeggiante e lanciandosi in una carica frontale contro il nemico.
Il maestro di Menisteo e Vincent conosceva l’attacco che l’altro era pronto ad utilizzare, lo aveva visto una volta eseguire ad Edward stesso, quello era stato il colpo con cui l’antico compagno era diventato custode delle vestigia di Cefeo, ancora ricordava quel giorno.
Erano tutti e quattro lì, in quella stessa arena, Megatos del Toro era alle loro spalle, in piedi, "Tranquilli, ragazzi miei, Atena sa quanto vi siete allenati in questi anni, lei riconoscerà la vostra fatica, la vostra devozione, il vostro onore in battaglia e, vi concederà il giusto premio.", ripeteva a tutti loro.
Ed i quattro erano lì, forse un po’ agitati, ma pronti: Degos, era seduto in un angolo, cercava di concentrarsi; Abar era intento ad osservare gli altri aspiranti cavalieri, sugli spalti poco lontani dai loro; Edward era intento a pulire la catena che aveva usato in quei lunghi anni d’addestramento e Bjorn camminava, avanti ed indietro, mentre il Sommo Sacerdote si avvicinava alla pedana da cui avrebbe presentato gli aspiranti cavalieri allievi dei diversi santi d’oro e d’argento che, al tempo, erano già insigniti delle vestigia consacrate.
Fu una presentazione breve, una lode ad Atena, affinché scegliesse i giovani più adatti e giusti per difendere la Giustizia, una preghiera agli dei tutti e poi, l’annuncio della prima sfida, quella per le vestigia di Cefeo.
Otto giovani si presentarono, allievi di altrettanti cavalieri e, a coppie, furono legati da delle catene.
"Cefeo era il padre di Andromeda, la principessa che, per la superbia di Cassiopea sua madre, rischiò la vita contro un mostro marino, solo il grande Perseo poté salvarla.", raccontò il Sommo Sacerdote, "Le vestigia di Cefeo fanno parte del mito proprio grazie alla figlia dell’antico Sovrano e, come le stesse, anche queste sono distinte da possenti catene, ma, più di ciò, da una forza maestosa e silente che cresce in chi le custodisce, una forza che sola può scuotere e sollevare i mondi. Una forza che dovrete trovare dentro di voi, cavalieri, per meritare l’armatura.", sentenziò deciso l’Oracolo.
E così gli otto si combatterono, mentre una catena impediva loro di allontanarsi troppo, l’altra gli serviva per attaccarsi vicendevolmente; non ci volle molto perché Edward capisse che la vera strategia risiedeva non nell’attaccare con la catena nella mano destra, ma nel riuscire a rallentare l’avversario con quella nella sinistra, un’arma che non doveva essere solo un impedimento, ma doveva essere trasformata in un vantaggio.
Proprio un vantaggio l’aspirante cavaliere ottenne: sferrando un colpo alle gambe dell’avversario, costringendolo a saltare e poi tirando a se, con la forza del cosmo, simile ad un vento che tutto risucchiava, l’altro a mezz’aria con l’uso della catena che li teneva legati, gettandolo al suolo e stordendolo, infine, con un colpo della sfera chiodata.
La prova successiva, per i restanti quattro guerrieri, risiedeva nel muoversi agilmente in mezzo ad una fitta rete di catene, intrise del cosmo che i cavalieri d’oro lì presenti disseminavano fra gli anelli delle stesse.
Edward si dimostrò ancora una volta agile e capace: spiccava abili salti e poi sfruttava le catene come appoggio, fra le spire delle catene, per non toccare il suolo, o per sbilanciare gli altri allievi e lasciar cadere loro lì in mezzo, dove svenivano, per le scariche d’energia.
Degos osservava con orgoglio e stupore le capacità del compagno d’addestramenti, mentre questi vinceva il suo posto per lo scontro finale: in mezzo all’arena, lui ed un giovane aspirante allievo del cavaliere del Leone di allora, il compagno d’addestramenti di Olimpia.
La battaglia fu incessante, catene ed energia cosmica riempirono di suoni e luci l’arena, per ogni attacco di Edward, il suo avversario sapeva ben difendersi e reagire, ma, quando lo scontro sembrava ormai in stallo, il giovane discepolo di Megatos sollevò le braccia e lasciò scivolare verso il basso le sue armi, espandendo il cosmo, creando una brezza d’incredibile potenza.
"Preparati, giovane amico, poiché stai per affrontare tutta la potenza che le stelle di Cefeo mi hanno donato!", esordì allora l’amico di Degos, "Il mio cosmo è come un respiro costante ed allo stesso tempo sempre diverso per direzione ed andatura, una corrente che solo io conosco, una corrente che, già ti anticipo, ti raggiungerà imprevedibile, disperdendo le tue catene. Preparati, aspirante cavaliere, poiché questo è il…", avvisò prima d’invocare l’attacco che gli era proprio.
"Respiro della Nebulosa!", urlò, richiamando il vecchio cavaliere dal suo ricordo, la voce di Ramsey di Cefeo Nero, liberando la furiosa corrente d’aria che s’agitò incontrollabile attorno al cavaliere di Orione, impedendogli d’avanzare oltre, come aveva temuto, ma non di concentrare il cosmo nel braccio sinistro.
Era questo che temeva: l’attacco ultimo di Cefeo era un colpo che rendeva difficili i movimenti, che riempiva l’area circostante, ma che richiedeva un breve tempo di preparazione e su quello aveva contato, sul poter raggiungere quel giovane prima che lo sferrasse, così da non dargli tempo di fare alcunché, ma non c’era riuscito.
Quando vide l’attacco partire, senza essere minimamente caricato, Degos non poté far nulla per spostarsi, ma semplicemente concentrò il cosmo accumulato fra le braccia e lo liberò, tentando il tutto per tutto: "Cinturòn Escarlata!", invocò il cavaliere di Orione.
L’energia fiammeggiante corse verso avanti, con precisione e furia cercò d’estendersi fra le correnti d’aria, ma quando l’energia cosmica glielo impedì, il cavaliere mosse le braccia e la lunga asta di fuoco si tramutò in un vortice, che corse fra le spire d’energia, mentre entrambi i combattenti urlavano la loro furia.
Le due forze si scontrarono a mezz’aria, con una violenza tale da crepare il suolo che aveva visto lo svolgersi di numerosi scontri. Bao Xe dovette compiere un balzo indietro di diversi metri per evitare che le correnti energetiche, miste alle fiamme, la raggiungessero, mentre un muro di fulmini circondò la posizione da cui il Toro Nero ed i suoi restanti allievi osservavano lo scontro, bloccando quanto dell’energia di quello scontro stava per raggiungerli.
I due combattenti vennero travolti l’uno dalla potenza dell’altro: Degos subì una profonda ferita alla spalla sinistra, crepe sull’intera armatura, mentre volava contro gli spalti dietro di lui, Ramsey ricevette diversi danni alle nere vestigia, persino le sfere chiodate andarono in pezzi, più per la potenza dell’attacco che lui stesso aveva scatenato, prima che cadesse in mezzo all’arena, ferito e leggermente tramortito.
Ci volle qualche secondo prima che i due si rialzassero, il cavaliere di Perseo per primo, l’Ombra a lui avversa pochi istanti dopo. "Sei abile, ragazzo, il tuo maestro ha saputo far affiorare in te un potere che sembra quasi provenire dalle stelle, ma non le stelle di Cefeo ti proteggono…", commentò, tenendosi la spalla ferita, il santo di Atena, "Non ho bisogno della protezione delle stelle, non mi hanno mai protetto! Sono solo una menzogna, come tutto ciò che Edward mi raccontò!", accusò Ramsey, espandendo il proprio cosmo, mentre si rialzava affaticato.
"Come hai conosciuto il cavaliere di Cefeo, ragazzo?", chiese ancora Degos, ma l’altro non gli rispose subito, semplicemente si voltò verso l’uomo che si faceva chiamare Ukko, ricevendo un cenno affermativo del capo da quello.
"Avvenne molti anni fa, mi trovò in Eritrea, un orfano figlio di… nemmeno io ricordo molto dei miei genitori, morirono che ero troppo piccolo. Aveva con se già altri due orfani: un bambino silenzioso dei sobborghi di una qualche città egiziana e poi un libico, il mezzosangue di un qualche armatore inglese la cui famiglia era morta non so per quale motivo.
Ci prese con se, tutti e tre, e ci portò con lui in un viaggio che si sarebbe concluso in un luogo chiamato Isola di Andromeda, ma prima doveva cercare un quarto allievo e voleva cercarlo in Madagascar.", iniziò a raccontare Ramsey e, mentre parlava, a Degos tornò alla mente qualche accenno del vecchio compagno su un evento triste, di cui non amava parlare molto, nemmeno nelle missive che, negli anni di lontananza durante l’addestramento dei loro allievi, si scambiavano.
"Ci raccontava del cosmo, del potere delle stelle, di Atena, della Giustizia e ci parlava degli addestramenti che ci avrebbero atteso su quella fantomatica isola, addestramenti per ottenere delle vestigia, ci parlò dell’armatura di Andromeda, che da secoli nessun cavaliere aveva più ottenuto e che attendeva in quel luogo assieme a molte altre. Per due giorni la mia vita sembrava aver ritrovato un senso con quel uomo dall’aspetto così affettuoso, poi, ci fu una tempesta e la nave andò alla deriva.
Ho ricordi molto confusi di quel naufragio, ma ricordo chiaramente come, mentre urlavo il nome di Edward, perché mi salvasse in mare, vidi il ragazzino libico affondare fra le onde ed il nostro cosiddetto maestro salvare solo il piccolo egiziano, senza riuscire a trovarmi…", lamentò disgustato il giovane guerriero nero.
"Io lo trovai, però!", esclamò la voce del Finnico, "Ancora non seguivo i miei nuovi confratelli e volevo vendetta su di voi, così avevo deciso di iniziare da Edward. Ero su una nave, poco distante dalla sua, quando la tempesta che li fece naufragare investì anche me e l’imbarcazione su cui mi trovavo. Sopravvissi e salvai questo giovane, che divenne il mio primo allievo.", raccontò la voce tranquilla del Toro Nero, "E, se posso dirlo, un allievo incredibilmente leale, sai? Gli altri, qui, una volta diventati cavalieri d’argento nero, si sono uniti a diversi gruppi di loro pari sull’Isola Prigione: il Sestetto Nero, le Cinque Bestie, al Sorellanza Oscura, mentre Ramsey è semplicemente rimasto l’Allievo del Toro… un po’ come te, vecchio mio.", rise soddisfatto l’uomo che si faceva chiamare Ukko.
"Bjorn, che razza di individuo sei diventato?", ruggì a quel punto Degos, "Questo ragazzo, probabilmente tutti loro, avrebbero potuto essere dei cavalieri, avrebbero potuto vivere una vita nella Giustizia, invece li hai condannati a cosa? Essere strumenti del male! Strumenti del vostro piano blasfemo di cancellare gli dei! Perché?", domandò ancora l’anziano guerriero.
"Gli Dei?", ruggì a sua volta il Finnico, "Ti rendi conto di quanto falsi siano? Hanno negato a me quello che mi avevano promesso per molti anni e lo stesso hanno fatto con lui! Pensi che quella tempesta fosse naturale? Non ho mai visto la furia del mare a quei livelli, come quella notte! Anche Edward deve averlo pensato! Non avrebbe abbandonato i due bambini se non avesse capito che era il volere delle divinità che tanto amate! Ha lasciato che uno dei due morisse e l’altro, non fosse stato per me, lo avrebbe accompagnato negli abissi!", ringhiò furioso l’altro, alzando poi la mano, "Ramsey, abbiamo parlato abbastanza con il mio vecchio compagno, uccidilo!", ordinò deciso.
"Sì, maestro.", fu l’unica replica di Cefeo Nero, che ricominciò a roteare la sfera chiodata, o ciò che ne restava, sopra il capo.
"Ragazzo, capisco la tua devozione verso Bjorn, ma rifletti: quello non è un attacco che ti appartiene, le stelle per te avevano un destino diverso! Puoi cercare di utilizzare qualcosa che non ti appartiene, ma ormai non potrai più colpirmi con quella tua imitazione. Attaccami di nuovo e morirai.", avvisò pacatamente Degos di Orione.
Una mezza risata fu, però, tutto ciò che il santo di Atena ricevette: "Credi che abbandonerei il mio maestro? L’uomo che mi ha salvato da morte certa? Buffo, vecchio, i tuoi modi di fare mostravano un tale attaccamento al senso di lealtà verso la vostra Dea e la cosiddetta Giustizia che tanto elogiate!", lo derise Ramsey, "Puoi anche dirti sicuro di poter superare il mio attacco, ma questo non mi impedirà di tentare di ucciderti in onore del maestro a cui debbo tutto!", lo avvisò deciso il nero guerriero, scatenando il proprio attacco.
"Respiro della Nebulosa", urlò Cefeo Nero, mentre già il santo di Orione allargava le braccia circondate dal cosmo fiammeggiante, un cosmo che sembrò quasi disegnare un’intera galassia alle spalle del cavaliere d’argento, braccia che furono spinte in avanti, come a voler delineare un confine invalicabile.
"Nebula Llama!", invocò Degos, liberando un gigantesco muro d’energia infuocata, un muro che fu sì scosso dalle correnti energetiche di Cefeo, ma che, dato lo spessore e l’ampiezza, riuscì a superarle senza alcuna difficoltà.
Ed in quel momento l’anziano cavaliere d’argento seppe, seppe che avrebbe vinto, che per quanto simile alla tecnica di Edward, quello era effettivamente un mero copiare qualcosa che non apparteneva a quel giovane. Forse, se fosse stato addestrato da un cavaliere di Atena, come il destino sembrava volere, Ramsey sarebbe diventato custode delle vestigia di Cassiopea, o di Andromeda, magari, ma la sorte aveva scelto Bjorn come maestro per quel ragazzo, un maestro che lo allontanò da Atena e ciò che lei rappresentava, impedendogli di ottenere il vero potere delle stelle per lui predestinato.
Per un attimo, mentre il fuoco e l’energia cosmica del nero guerriero si contrastavano, Degos si chiese se l’esito della battaglia che Edward ebbe con l’Esercito d’Africa non sarebbe potuta essere diversa con quattro, o addirittura cinque, allievi al suo fianco, di cui più d’uno con già le capacità e l’esperienza di Husheif. Se lo stesso santo del Reticolo non sarebbe potuto crescere diverso, più socievole, più aperto nei confronti dei propri compagni d’addestramento e parigrado, se il destino non gli avesse rubato, di volta in volta, le persone accanto a lui: prima gli altri aspiranti allievi di Edward e poi lo stesso maestro.
Tutte domande che sarebbero rimaste tali, poiché il Fato aveva fatto la sua scelta e, così come lui e Bjorn, tutti dovevano semplicemente decidere di accettarle, o di opporsi a loro.
Quei pensieri furono interrotti quando la muraglia di fuoco cozzò contro l’Ombra di Cefeo: Ramsey non ebbe il tempo, o il modo, di sollevare alcuna difesa a propria protezione, investito in pieno dalla furia della Nebulosa Fiamma, insita nella costellazione di Orione, il giovane guerriero ne fu travolto.
Le vestigia di Cefeo Nero andarono in pezzi, la pelle del ragazzo rimase scottata molto gravemente, fin quasi a carbonizzarsi, mentre il discepolo del Toro Oscuro volava verso il terreno, lasciando di se solo un cadavere prima ancora di toccare il suolo.
Degos di Orione si avvide subito dell’esito della battaglia, "Mi dispiace, ragazzo, saresti potuto essere un valido cavaliere di Atena…", sussurrò, avvicinandosi al corpo senza vita.
Prima, però, che il discepolo di Megatos potesse raggiungere il nemico sconfitto, una serie di potenti scariche elettriche lo costrinsero ad allontanarsi dallo stesso, anticipando l’apparire del Toro Nero, in ginocchio dinanzi a Ramsey.
"Bjorn…", disse appena il santo di Atena, preparandosi allo scontro, ma quello non si curò minimamente del vecchio compagno d’addestramenti, semplicemente sollevò il corpo dell’allievo e si spostò, ad una velocità sorprendente, ritornando nel punto in cui era, fino a pochi istanti prima, seduto.
Ci fu il silenzio fra il Toro d’oro Oscuro ed i suoi allievi per alcuni secondi, mentre la sacerdotessa della Musca si riavvicinava al proprio parigrado, poi fu il Finnico stesso a voltarsi: "Continuiamo gli scontri!", esordì, "Hai vinto la prima battaglia, Degos, e per questo pagherai, ma, intanto, spetta a Bao Xe il momento di combattere e combatterà contro Sinai…", iniziò a dire il Ladro di Divinità, prima che l’altra guerriera nera al suo seguito non gli si avvicinasse, bisbigliando qualcosa.
Ci fu un attimo di silenzio, durante il quale, ai due cavalieri d’argento, parve quasi che il loro nemico stesse sorridendo, "Ho cambiato idea: sarà l’Aquila Nera a combattere contro la sacerdotessa della Musca!", ordinò secco, prima che proprio la guerriera senza maschera si muovesse.
Un nuovo scontro stava per iniziare nell’Arena di Atene.