Capitolo 40: La fine degli scontri
"Quella posa non ti appartiene, Bjorn!", urlava con rabbia Degos di Orione, cavaliere d’argento, affiancato da altri tre suoi pari nella Grande Arena del Santuario, dinanzi alla mastodontica figura nemica.
L’uomo che gli si opponeva era stato un tempo uno dei quattro discepoli di Megatos, il cavaliere d’oro del Toro, al pari di Degos, del defunto Edward di Cefeo e di Abar di Perseo; fuggito dal Santuario dopo che le vestigia dell’Ofiuco non lo avevano accettato, quel ripudiato apprendista di origini finniche, aveva scelto di unirsi agli Homines, i Ladri di Divinità, ed ora aveva invaso il tempio di Atene con indosso l’armatura del Toro d’oro oscuro ed il nome di Ukko, il Portatore di Tempeste Finnico.
Degos di Orione, Bao Xe della Musca, Amara del Triangolo e Leif di Cetus si ponevano come ostacolo finale al Toro oscuro, dopo aver vinto battaglie, in quella stessa arena, o in altri luoghi, contro diversi guerrieri d’argento nero, stanchi ed affaticati avevano già da diverso tempo iniziato a combattere l’ultimo loro nemico, il quale, subito un primo attacco, restava ora con le braccia sospese in avanti, pronto a colpire con un attacco che, a detta dell’altro discepolo di Megatos, non gli apparteneva.
"Dici il vero, Degos: il colpo sacro del Toro non mi appartiene, ma quando ho scelto di indossare queste vestigia, con il grande potere che avevo ottenuto, ripudiando Atena e gli dei olimpici, ho potuto forgiare qualcosa di persino più devastante!", affermò con orgoglio Ukko, "Non il Grande Corno dovete temere, seguaci di Atena, bensì il Corno Fulminante! Sarvi Salama, distruggi!", imperò deciso il nero nemico, liberando la potenza di decine di fulmini dinanzi a se.
Le scariche elettriche iniziarono a volteggiare nel campo di battaglia, riunendosi ben presto nella maestosa figura di un toro elettrico, una creatura in cui l’energia del cosmo del Finnico scorreva feroce, così come feroce la belva stessa si lanciò addosso ai quattro cavalieri d’argento.
"Kolito!", "Trigono Pneumatos!", "Cinturon Escarlata!", urlarono, uno di seguito all’altro, i cavalieri di Cetus, Triangolo ed Orione, opponendo le loro difese alla furia del toro di oscuri fulmini che stava correndogli addosso.
Non furono però sufficienti le virtù unite dei tre santi d’argento, che vennero travolti, al pari delle loro tecniche difensive, respinti indietro con il corpo segnato da nuove ferite, mentre una quarta figura si lanciava in salto contro il comune nemico: Bao Xe della Musca.
In molti avrebbero potuto dire che non era nella natura della sacerdotessa d’argento cercare lo scontro e, probabilmente, lei stessa lo avrebbe ammesso, ma non poteva essere vero in quel momento, non dopo la morte del suo maestro, che aveva chiaramente avvertito meno di un’ora prima, non dopo l’invasione del Santuario e le battaglie, che sembravano combattersi ormai da una vita, anche se non era passato nemmeno un giorno; non dopo aver scoperto che fra i colpevoli di tutti quei mali, fra questi Ladri di Divinità, si trovava almeno un uomo che tempo prima, al pari suo, era stato addestrato in quei luoghi sacri alla Giustizia.
Con questi pensieri in mente, l’allieva di Ascanus di Scorpio stava già lanciandosi addosso al nemico, ma questi non si fece però trovare impreparato, scagliandosi, a sua volta, contro di lei.
L’Homo tentò d’afferrare con il palmo aperto, ed ancora carico d’energia fulminante, il volto mascherato della sacerdotessa, ma Bao Xe fu lesta nello spostarsi lateralmente per poi rispondere con un secco calcio alla bocca dello stomaco, che fece indietreggiare l’altro, per riprendere fiato.
Di quel breve istante la sacerdotessa guerriero fece uso, rialzandosi con uno scatto e sferrando, in quello stesso movimento, una spallata contro il corpo, sbilanciato in avanti, del nemico che si ritrovò a barcollare indietro, mentre già l’altra lo superava, sferrando un lesto calcio al ginocchio sinistro dell’Homo, incurante delle scariche elettriche che, come avvertiva chiaramente, avevano intorpidito la sua spalla.
"Volo di Myia!", invocò la guerriera della Musca, ma nel momento stesso in cui stava per portare a segno il suo attacco, una nuova tempesta elettrica la investì in pieno, "Purema Myrsky!", tuonò Ukko, sollevando il pugno e rilasciando verso l’alto le zanne della Tempesta, che travolsero ancora una volta l’avversaria, respingendola e facendola barcollare con una capriola verso terra.
Il Toro Nero ebbe così modo di rialzarsi, mentre la seguace di Atena riprendeva fiato, scoprendosi incerta sulla gamba che aveva sferrato poc’anzi il calcio, mentre osserva il Ladro di Divinità che, malgrado i colpi subiti, sembrava completamente illeso, tranne per le ferite precedenti, per quanto ben poco avessero segnato il suo corpo, danneggiando più l’armatura.
"Non so a cosa tu stia pensando, sacerdotessa, ma non gioire troppo della condizioni della mia armatura: in fondo, non sono i cavalieri di Atena a dire che il potere risiede nel cosmo dentro di voi e non nelle vestigia che indossate?", la derise il Finnico, scattando in avanti, la mano destra ricolma d’energia cosmica, che prese forma attorno alle dita, liberando di nuovo la furia del Morso del Fulmine.
Bao Xe si mosse in tutta risposta, consapevole che la velocità dell’altro non sarebbe stata facilmente evitabile, sollevò, al momento più opportuno l’avambraccio destro a propria difesa, così da bloccare il colpo nemico e, allo stesso tempo, lasciarsi libertà d’azione con l’altra mano.
"Volo di Myia!", invocò la sacerdotessa della Musca, "Purema Myrsky!", ribatté il Toro Nero, scaricando la potenza del fulmine.
La puntura della stella Alpha ferì il fianco dell’Homo, ma altrettanto valse per l’attacco dello stesso, che, liberatosi in tutta la sua potenza, affondò nelle rinate vestigia della Mosca, strappando un urlo di dolore a Bao Xe, oltre ad aprire una profonda ferita nell’avambraccio destro.
Allontanatasi dal nemico con un balzo, l’allieva di Ascanus volse il proprio sguardo alla ferita sanguinante, "Certo, è innegabile che le tue vestigia siano di molto più resistenti di quelle indossate da Degos, già resistere finora è degno di nota, persino dinanzi alla tecnica potenziata che uccise il tuo vecchio compagno, Euron.", la schernì il Toro Oscuro.
"Che cosa?", balbettò la sacerdotessa, osservando il nemico, "Sì. Come aspirante cavaliere d’argento, mi furono trasmesse le basi per la più possente tecnica dell’Ofiuco: il Cobra Incantatore, che hai provato sulle tue carni finora, un colpo preciso e feroce, che strappò la vita ad Euron, primo discepolo di Ascanus dello Scorpione!", continuò, sollevando il braccio destro sopra il capo e circondandolo con il cosmo maestoso, "Quello che era noto ai più come Cobra Incantatore, io ho perfezionato in qualcosa di ancora più distruttivo, non il Cobra devi temere, sacerdotessa, bensì il Morso del Fulmine!", tuonò deciso liberando ancora il Purema Myrsky, che veloce e potente corse verso Bao Xe, prima che una sagoma si ponesse fra lei ed il nemico sollevando possenti anelli di ghiaccio a bloccare l’attacco avverso.
"Di nuovo tu, cavaliere?", domandò beffardo Ukko, mentre la sagoma di Leif di Cetus si delineava agli occhi di Bao Xe, "Pensavi forse di avere un solo nemico a combatterti? Non ricordi che in quattro ti abbiamo sfidato in questa Arena?", ribatté il discepolo di Vladmir.
"No, ragazzo, ma sei tu che forse non ricordi di essere arrivato qui solo alla fine degli scontri fra i miei allievi e questi tuoi pari!", sottolineò deciso Ukko, "E forse non ricordi nemmeno come queste tue difese ben poco possano contro la furia del Toro Fulminante!", continuò, alzando ambedue le braccia, "Sarvi Salama! Travolgi!", imperò, prima che il possente bovino elettrico riprendesse la sua carica.
La potenza di quel singolo colpo sollevò da terra ambedue i santi d’argento, scagliandoli a diversi metri di distanza, entrambi feriti profondamente; Bao Xe alla spalla destra, incapace quasi di usare più quel braccio, che sapeva ancora di avere solo per il dolore che gli procurava; mentre Leif riusciva appena a muovere la gamba destra, dove un profondo taglio si era fatto ferocemente strada.
Con uno sbuffo, l’Homo osservò i due nemici feriti, pronto a scatenare di nuovo la propria energia per finirli: il Purema Myrsky, però, non raggiunse mai i due sopravvissuti alla battaglia di Accad: "Trigono Pneumatos!", invocò prontamente una voce, mentre già delle scarlatte fiamme schioccavano contro il corpo del mastodontico guerriero finnico, sbilanciandolo per la sorpresa, costringendolo a voltarsi verso il fianco sinistro, da cui lo stavano per raggiungere Amara e Degos, entrambi privi di vestigia, se non per qualche frammento ancora a copertura dei loro corpi.
"Gli altri sciocchi suicidi dunque s’avvicinano!", rise Ukko, liberando una violenta scarica d’energia, attraverso la mano che lesta si aggrappò alla lingua di fuoco di Orione, risalendo la stessa ed investendo con violenza il cavaliere d’argento, gettandolo al suolo.
"Degos!", esclamò l’emanazione cosmica del santo del Triangolo, vedendo l’altro cadere al suolo, "Non di lui devi preoccuparti, cavaliere, ma di te stesso!", minacciò allora Ukko, che già si trovava alle spalle dell’altro.
Veloce si mosse il gigantesco nemico, tentando di colpire alla schiena il cavaliere d’argento che s’era attardato ad osservare il compagno al suolo, ma rapido questi si voltò, espandendo il cosmo dalle mani e contenendo la potenza elettrica del colpo nemico, che lo respinse indietro, evitando ferite solo per una fortuita coincidenza d’eventi.
"Ti ho sottovalutato, me ne scuso, pensavo che la perdita dell’armatura ti rendesse una preda più facile da sconfiggere! Non succederà più! Assaggia la violenza del Toro Fulminante, che non ti darà modo di scampare ulteriormente alla morte! Sarvi Salama!", urlò Ukko, scatenando ancora una volta le appuntite corna dalle mani maestose in un singolo attacco verso Amara, che con un salto si spostò, cercando di evitare il più dell’attacco, ma subendo comunque la violenza della scarica elettrica, che solo grazie due nuove barriere di fuoco e ghiaccio, sollevatesi dinanzi al cavaliere, non uccise il santo d’argento, travolto dalla violenza di quella tempesta.
E furono proprio i due che avevano, da posizioni distinte, difeso il Triangolo, che lasciarono esplodere i loro cosmi per un nuovo attacco: "Diamond Dust!", invocò, inginocchiato poco lontano da Bao Xe, Leif, "Brazo del Guerrero!", gli fece eco Degos di Orione, rialzatosi a fatica, scatenando dai due fianchi i propri attacchi contro il Finnico, che, però, fu abile nel sollevare le braccia, lasciando che scariche elettriche esplodessero dalle stesse, bloccando i due assalti contro di lui diretti con i semplici movimenti delle mani.
"Siete lenti, per me che domino il fulmine, anche attaccandomi di sorpresa, da posizioni diverse i vostri colpi sono simili a gocce di pioggia che scivolano da una foglia! Osservate la velocità della tempesta, contemplate e morite!", ordinò secco il nemico, pronto a sferrare di nuovo il Corno Fulminante, quando, d’improvviso, silenziosa, si manifestò una presenza alle sue spalle: "Nova Muscae!", urlò Bao Xe, scatenando il proprio attacco migliore.
La sorpresa, e l’elevato numero di colpi, fu tale da spingere in avanti Ukko, facendolo barcollare, prima che, con un improvviso brillare di fulmini, le molteplici punture si disperdessero, mentre già il Finnico spiccava un agile salto in avanti, portandosi così ad avere di fronte tutti e quattro gli avversari.
"Sei stata furba, discepola dello Scorpione, lasciarmi combattere con i tuoi compagni, ben più capaci nell’attaccare sulla distanza e preparare un assalto nel frattempo, ma, come ho già detto, non è possibilmente sorprendermi alle spalle o superare la difesa che dal furore della Tempesta proviene!", esclamò soddisfatto l’Homo, "E se tale è la mia difesa, non da meno sono i miei attacchi! Avete già assaporato le tecniche che ho reso mie, partendo da ciò che avevo appreso come aspirante cavalieri di Atena, prima, e come guerriero nero dopo; adesso preparatevi a cadere dinanzi al potere divino che ho ottenuto come Homo Novo!", continuò, sollevando il pugno destro e circondandolo d’energia, "Eccovi il potere ultimo del Portatore di Tempeste, ecco la più Grande delle Tempesta! Ison Myrsky!", concluse, rilasciando la furia del suo migliore attacco.
Il pugno si schiuse e scariche elettriche furono dallo stesso rilasciate, correndo lungo tutto il corpo del mastodontico Toro Nero per poi esplodere in una tempesta che riempì l’intera Arena.
La potenza di quel singolo gesto, ma più di quella la sua velocità, fu tale da travolgere in un solo istante tutti i santi di Atena presenti: Bao Xe, che per prima si trovò sul percorso dell’attacco nemico, non poté in alcun modo bloccare l’ondata d’energia, che distrusse parte del rinato pettorale, oltre all’intera spalliera destra, mentre Leif, si posizionava come difesa per i compagni, privi di vestigia, subendo ferite gravi al tronco dell’armatura ed alla cinta, da cui scivolò fuori rapido il sangue, prima che, impietose, le saette d’energia investirono anche Degos ed Amara, ferendone i corpi già martoriati e gettandoli al suolo, sanguinanti da diversi punti del corpo.
"Allora, prodi e fortunati seguaci della Giustizia, cosa ne pensate di come ho reinventato me stesso dopo che Atena ha tradito la mia fiducia?", domandò beffardo Ukko, "Atena ha tradito la tua fiducia? O forse tu non hai saputo accettare le sue decisioni?", ribatté, strisciando affaticato sul terreno, l’emanazione cosmica di Amara.
"Accettare le sue decisioni? Come avrei potuto!", tuonò furibondo l’Homo, "Tu, Degos, e tu, sacerdotessa, c’eravate quel giorno! Avete vissuto gli anni dell’addestramento negli stessi luoghi, dovreste sapere degli sforzi immani a cui tutti eravamo sottoposti in attesa di un unico traguardo: l’investitura!
Degos, ricordi? Eravamo tutti e quattro inginocchiati dinanzi al Sommo Sacerdote quel giorno, ed a Megatos del Toro, mentre il primo tesseva le lodi di Cefeo, Perseo, Orione e dell’Ofiuco, finché non ci chiese di risvegliare ciò che riposava nei sacri scrigni d’argento con i nostri cosmi.
Brillante la possanza di Edward si manifestò, concedendogli le vestigia del Padre di Andromeda; vorticoso il cosmo di Abar gli permise di ottenere l’armatura dell’Assassino di Medusa; fiammeggiante la tua aura ti portò ad indossare le insegne del Cacciatore Gigante; ma quando fu il mio fulmine a tuonare nell’ampia arena, il Domatore di Serpenti non rispose, invano per due volte Bjorn cercò di farsi rispondere da ciò che c’era nello scrigno d’argento, leggendo prima sorpresa e poi commiserazione nei volti dei compagni d’addestramento, dispiacere e pietà in quello del suo maestro e stupore, prima della vergogna, anche in alcuni degli uomini nella folla!", ricordò furibondo il Ladro di Divinità.
"Atena mi aveva tradito! Anni avevo passato ad addestrarmi in suo nome, ma non mi aveva concesso l’investitura! Il grande cavaliere del Toro parlò a Bjorn di stati d’animo, di come la dea e le vestigia a lei consacrate fossero capaci di leggere nel profondo della natura umana, ma lo capii, allora, che, semplicemente, ero stato ingannato, che Bjorn era stato illuso per sei lunghi e faticosi anni! E giurai vendetta.
Una vendetta che, infine, si manifestò nelle forme dei miei confratelli Giano e Temujin, che mi promisero i mezzi per avere soddisfazione, aiutandoli a portare equilibrio e libertà in questo mondo dominato dalle Divinità.
Ed oggi la mia vendetta ha avuto inizio, ben presto Atena sarà rapita da questo stesso Santuario! Avvertite anche voi il cosmo dell’Indiano che punta a liberare il mondo da quell’ingrata?", chiese lieto Ukko, prima che due nuovi cosmi si opponessero a quello di Haoma, che cercava di completare il Rito per imprigionare la dea di Grecia, due cosmi che il Finnico non riconobbe, per quanto chiaro gli fu il loro obiettivo e come, alla fine, vi riuscirono.
"No!", ringhiò furioso Ukko, "Sì, invece, folle traditore! I guerrieri di Atena non sono uomini da sottovalutare, dovreste averlo appreso ormai!", ribatté Leif di Cetus, rialzandosi per primo, "Potrete anche aver rubato il potere a tutte le divinità dell’Asia, ma non potrete mai privarci della Speranza e della Fede nella Giustizia!", concordò Amara del Triangolo, sollevandosi sulle ginocchia, "Perché Atena sa leggere nel cuore degli uomini ed i più coraggiosi e giusti combattono per lei per il bene del mondo tutto!", continuò sicuro Degos di Orione, il cosmo che s’accendeva deciso, mentre alzava lo sguardo verso il passato compagno; "Per la nostra dea e per i compagni ed amici caduti, in questo giorno ed in quelli passati, noi ti dimostreremo, traditore, che la vittoria non la potrai ottenere!", concluse Bao Xe della Musca, lasciando esplodere anche il venefico potere che le era proprio.
Con gli occhi furiosi ed il cosmo circondato da fulmini ricolmi di rabbia, Ukko del Toro Nero si preparò a continuare la battaglia.
***
"Ludwig, aiuta il cavaliere di bronzo a soccorrere gli altri ancora intrappolati.", furono gli ordini che il primo discepolo di Munklar del Sagittario impartì al compagno d’addestramenti, osservando le colonne in cui ancora annaspavano Talos e Mirea, "Ci occuperemo noi di questa nemica.", concluse poi, ricevendo un cenno d’assenso dall’allievo del Vecchio Maestro dei Cinque Picchi, che si trovava alla sua destra.
"Occuparvi di me? Divertente!", esclamò l’Oscuro Acquario, sollevando la mano e lasciando che due colonne di vapore incandescente s’alzassero sotto i santi d’argento; furono però veloci i due cavalieri, spiccando dei salti in direzioni opposte, mentre l’acqua bollenti li inseguiva.
"Angriff der Jäger", invocò prontamente Wolfgang, disperdendo le due correnti manipolate dalla nera nemica, mentre già Zong Wu espandeva il proprio cosmo, attaccandola: "Gin Zan!", invocò il cavaliere, lasciando che due dischi argentei volassero verso il bersaglio.
Bastò un singolo ed annoiato gesto di Sedna, però, perché dalla sottile aria fra lei e le armi nemiche si generasse una muraglia di ghiaccio, duro e scuro, impedendo che l’assalto del guerriero di Cina la raggiungesse.
"Non avete di meglio?", chiese divertita la nera avversaria, "Permettetemi di mostrarvi un attacco degno di essere temuto!", continuò, espandendo il cosmo e manipolando il ghiaccio che già aveva formato, "Black Iceberg, travolgi!", imperò, prima che il la gelida lastra s’ingigantisse ed oscurasse, correndo come una belva delle tenebre addosso ai due più giovani, pronti a soccorrere i compagni ancora intrappolati nei geyser.
"Mugen Zan!", urlò prontamente il santo dell’Auriga, liberando la pioggia di dischi energetici contro l’orca di ghiaccio oscuro, "Angriff der Jäger", fece eco il cavaliere dei Cani Venatici, supportando il proprio compagno e bloccando assieme la furia della bestia malefica, permettendo così ai due feriti di aiutare gli altri guerrieri di bronzo.
Fu però quello ciò che Sedna attendeva: prontamente, quando la concentrazione dei due cavalieri d’argento in forze era ormai focalizzata contro l’oscuro iceberg, generò un nuovo globo d’acqua bollente, lasciandolo esplodere dal suolo e travolgendo alle spalle i due santi di Atena.
Niente poterono i guerrieri tornati da Accad, impegnati nel supportare i compagni, mentre con un agile salto Ludwig disperdeva la colonna d’acqua, liberando Talos ed il cosmo di Darius faceva altrettanto per Mirea.
Fu solo allora che una seconda bomba di vapore travolse tutti e sei i cavalieri, spingendoli nella medesima direzione, lasciandoli cadere tutti malamente al suolo nella stessa area.
Una risata echeggiò, mentre Sedna avanzava con passo calmo verso le sue vittime al suolo, una risata che s’interruppe, così come i passi dell’Acquario Oscuro quando lei stessa avvertì il cosmo dell’Indiano raggiungere il parossismo: "Il Rituale è prossimo a concludersi!", valutò la donna sfregiata, "Preparatevi a salutare la vostra dea, insetti…", ridacchiò, prima che due cosmi avversi ai loro piani esplodessero sull’intero Santuario.
Una smorfia si dipinse sul volto dell’Inuit, non riconoscendo i due che li contrastavano, "Maestro…", sentì sussurrare ad uno dei cavalieri che aveva schiacciato al suolo, prima di scoprire, con suo stesso stupore, che i poteri di Haoma erano insufficienti per completare ciò che gli era stato ordinato di fare.
"Stolto…", sibilò, rabbiosa ma al qual tempo divertita, Sedna, "Ho perso la preda che inseguivo per uccidere questi insetti ed egualmente hai fallito! Se non sarà Giano ad occuparsi di te, ci penserò personalmente…", si ripromise, prima di vedere i due cavalieri d’argento alzarsi per primi, seguiti dall’altro loro pari e, con maggior difficoltà, anche dai tre santi di bronzo, i cui corpi erano ormai una sequela di ustioni e ferite.
"I nostri maestri guide ancora combattono, come potremmo noi farci indietro?", esordì Zong Wu dell’Auriga, "Alzatevi, cavalieri, non sentite l’amaro sapore dell’ingiustizia? Sopravvivere a queste battaglie, combattere nemici sempre più potenti, vedere la propria dea salva e per cosa? Morire fra le mani di un mostro? No, giovani compagni, non questa sarà la nostra fine!", li incitò ancora il santo di origini cinesi, prima che per primo lasciasse esplodere il proprio cosmo, subito seguito dai discepoli di Munklar.
"Belle parole anche le tue, ma già quel piccolo insetto bollito, aveva parlato con trasporto e guarda dove tutto ciò lo ha portato!", lo schernì Sedna, indicando il corpo martoriato di Talos poco lontano, prima di avvertire un rumore sordo di fianco a se e notare, con un semplice movimento del capo, uno squarcio oscuro nell’aere circostante.
"Sembra che la mia presenza qui ad Atene non sia più richiesta… avrei voluto trovare i cavalieri siberiani, ma sembra che io debba accontentarmi di uccidere voi, piccoli insetti, prima di andarmene.", si lamentò l’Oscuro Acquario alzando le braccia al cielo.
"Dunque, che le vostre speranze spirino in calde ondate di vapore! Obscure Boil! Distruggi!", imperò la sfigurata nemica lasciando che una gigantesca ed oscura sfera di vapore si generasse sopra di lei, sempre più mastodontica, prima di lanciarla contro i sei cavalieri di Atena.
"Reißzähne des Jägers!", fu la veloce risposta di Wolfgang dei Cani Venatici, scatenando le fauci dei segugi contro il gigantesco globo, "Rozan Ginniryuha!", aggiunse Zong Wu dell’Auriga, liberando la potenza dei draghi d’argento gemelli, cui ben presto si affiancò una sfera di fuoco, mentre una terza voce s’univa al coro: "Kreis des Agena!", urlava infatti Ludwig del Centauro, rialzatosi zoppicando.
I tre poteri riuniti riuscirono a rallentare l’avanzata della sfera oscura dell’Acquario, ma grande era il potere di Sedna, tanto che assieme sembravano non riuscire a contenerlo completamente e fu allora anche altre tre voci si unirono alle loro: "Fortis Talon!", urlò per primo, il mal ridotto discepolo di Menisteo, "Leuké Ftera!", aggiunse la ferita sacerdotessa della Colomba, "Elvashak!", continuò il santo della Lince.
"Dobbiamo ricacciarla indietro!", esclamò Zong Wu, "Una volta che cadrà nell’abisso creato da chiunque sia che li comanda, la battaglia sarà conclusa.", suggerì il santo d’argento; "Che intendi dire?", domandò Ludwig; "Ho visto un baratro simile aprirsi alle spalle di Libra Oscuro e della sua allieva, credo siano dei varchi che utilizzano per spostarsi. Se vi cadrà dentro, non si troverà più qui ad Atene una volta uscita dallo stesso. Non l’avremo sconfitta, ma sopravvivremo a questa battaglia, per combattere ancora per la Giustizia.", spiegò di rimando il cavaliere dell’Auriga.
"Dici il vero, insetto, ma quante speranze avete di spingermi via? I vostri poteri uniti riescono appena a reggere il confronto con il mio!", li schernì Sedna, prima che una voce rispondesse su tutte: "Allora cambieremo strategia! Impetum Leonis Minoris!".
Nessuno dei cavalieri d’argento se ne avvide finché non fu troppo tardi, né Mirea o Darius poterono in alcun modo fermarlo, quando Talos si lanciò in avanti, affondando con tutto il corpo fra gli attacchi dei compagni, avvolgendosi in quelle energie, perforando in tal modo il globo bollente, che lasciò forti ustioni sulla pelle e ridusse le forze che lo sostenevano, senza, però, impedirgli di colpire, con una potente, ed inattesa, spallata l’Oscuro Acquario.
Presa alla sprovvista, Sedna cadde all’indietro, finendo per affondare nel varco dimensionale che era stato poco prima creato, perdendosi nello stesso con un urlo di rabbia come unico eco residuo.
Quando niente più del cosmo della nera nemica si avvertì al Santuario e le ultime battaglie ancora echeggiavano in tutta Atene, i cinque guerrieri corsero in soccorso del santo di bronzo ancora a terra e grande fu lo sgomento sui loro volti nel vedere la pelle ormai divelta dal corpo, il sangue che quasi bolliva al contatto con l’aria.
"Per la Giustizia, cavalieri…", ebbe appena la forza di sussurrare Talos del Leone Minore, prima che la vita lo abbandonasse, lasciando Mirea a piangere sul corpo del compagno di battaglie in quella lunga giornata, mentre Ludwig e Darius a fatica trattenevano le lacrime loro stessi.
"Per la Giustizia, giovane cavaliere.", ripeté con voce strozzata Wolfgang, mentre Zong Wu gli poggiava una mano sulla spalla, ora che la loro parte nell’impedire l’invasione delle Ombre si era conclusa.
***
"Non esultate troppo presto! La vostra indegna divinità può anche essersi salvata, oggi, ma ben presto il Grande Progetto sarà concluso! Ben presto l’Ultimo Rito sarà compiuto e quel giorno nemmeno tutti gli sforzi di voi, piccoli vermi, saranno sufficienti a salvare la vostra dea, o qualsiasi altro essere di qualsiasi pantheon!", ringhiò Ukko, "Ma non è un problema che vi deve interessare, poiché la vostra vita sta per concludersi, come quella dei vermi vostri pari che sono caduti in questi giorni, grazie ai nostri inganni.", concluse soddisfatto l’Homo.
"Vermi morti per i vostri inganni? Questo erano Husheif e Menisteo, che hanno dato la vita per i loro compagni?", chiese Leif di Cetus, "Questo sono stati Vincent, Rudmil ed Agesilea, caduti in Polinesia?", continuò Amara del Triangolo, "Questo sarebbero i giovani cavalieri di bronzo i cui cosmi sono esplosi per un estremo sacrificio oggi?", aggiunse Degos di Orione, "Questo è stato il mio Maestro?", ringhiò Bao Xe, lasciando esplodere il proprio cosmo e lanciandosi all’attacco.
Incurante del dolore alla spalla, la sacerdotessa cercò un primo calcio con la gamba sinistra, che il mastodontico gigante evitò con facilità, sorridendo beffardo, mentre si spostava di appena un passo sul fianco destro dell’avversaria che, con un secco colpo di reni, fermò a metà la propria rotazione del tronco per menare con la gamba già alzata un colpo all’indietro verso Ukko.
Il Toro Nero fu comunque abbastanza accorto da sollevare il proprio avambraccio destro e bloccare quel colpo, stringendo la gamba dell’altra con indicibile forza, liberando al qual tempo il Purema Myrsky tramite la mano, provocando grida di dolore nella sacerdotessa guerriero, che solo grazie alla propria determinazione sfruttò quella posizione per sferrare un violento calcio destro alla faccia nemica, facendo barcollare indietro il Ladro di Divinità e riuscendo a liberarsi a sufficienza per aprire dinanzi a lui le braccia, "Diptera Venefica!", invocò la donna, espandendo il veleno sul volto dell’avversario
Con un balzo Ukko si allontanò dalla nube venefica, mentre a fatica Bao Xe indietreggiava, incapace di reggersi sulla gamba ferita, che, così come il braccio destro, ora era più fonte di dolore che supporto per la battaglia che ancora le spettava da combattere.
"Vermi morti per i nostri inganni, sì, questo siete, poiché al contrario di me, siete stati completamente abbindolati dalle illusioni che il Sommo Sacerdote di Atena vi ha raccontato, resi delle vittime perfette per i nemici di una divinità che non avete mai incontrato, ma dai cui capricci siete sempre stati dominati in ogni vostra azione! Io ho superato quello stato di servile stupidità, sono andato oltre, ho ricreato me stesso per la mia vendetta, grazie all’aiuto di altri che come me non vogliono restare schiavi delle divinità! Questa rinascita mi ha dato il potere di ottenere la soddisfazione che solo la caduta del culto di Atena potrà concedermi! Ed ora donna, preparati a ricongiungerti con il tuo maestro e con il compagno d’addestramenti!", minacciò deciso il Finnico, sollevando l’arto destro verso il cielo e circondandolo di possenti scariche elettriche "Ison Myrsky!", urlò l’Homo, scatenando di nuovo il suo attacco più potente.
Bao Xe era ben cosciente che non avrebbe fatto in tempo a spostarsi, troppo dolorosa la ferita alla gamba perché riuscisse a muoversi al massimo delle proprie abilità che, comunque, erano già risultate evidentemente insufficienti contro la velocità nemica, quindi scelse l’unica opzione rimasta: si preparò ad attaccare anche lei.
"Nebula Llama!", invocò una voce, intromettendosi fra i due e scagliando l’ondata di fiamme contro la Grande Tempesta, riducendone, seppur di poco, il furore e permettendo, così, alla sagoma di Bao Xe di correre attraverso i fulmini, che ne ferirono le carni e le vestigia.
"Nova Muscae!", esclamò la sacerdotessa della Musca, scatenando il proprio attacco.
La speranza nei cuori dei guerrieri di Atena s’accese: poiché quando la mano destra del guerriero nemico, già sollevata nell’atto di offendere, si portò a bloccare quello strale di luce acuminato come un ago, ne fu perforata da parte a parte, lasciando un segno evidente, anche nelle vestigia, distruggendo la spalliera oscura.
"Tenevi nascosto un attacco ben più potente di quanto potessi immaginare, maledetta!", lamentò, con una smorfia di dolore alla vista del sangue che colava dalla mano, il Finnico, volgendo poi lo sguardo alla maschera argentea di Bao Xe, "Nessun attacco nascosto, semplicemente la forma ultima e più efficace della Nova Muscae.", ribatté tranquillamente l’altra, "Un attacco che, anche nella sua forma più debole, è letale, e che proprio per questo sono spesso interdetta nell’usarlo. Ho sofferto nel dover dare la morte ad uno degli Ummanu con questa tecnica e soffro sempre nel doverne fare uso, ma sono anche consapevole che con te, Bjorn, non vi sono altri miei colpi sufficientemente capaci, quindi ho scelto di usarlo senza remora alcuna.", spiegò decisa.
"Lo stesso attacco? Eppure prima solo grazie all’unirsi di tutte le vostre forze siete riusciti a ferirmi, adesso ne saresti capace da sola? Ciò che dici non ha senso, allieva dello Scorpione!", la ammonì il Ladro di Divinità, "Al contrario, ha senso e, forse, lo avrebbe anche per te se non avessi del tutto dimenticato gli insegnamenti del tuo defunto maestro, discepolo di Megatos.", ribatté l’altra, che vide dipingersi sul volto del nemico uno sguardo interrogativo, prima che ogni perplessità fosse fugata da nuova orgogliosa determinazione e già la mano sanguinante si sollevasse, pronta a sferrare di nuovo uno degli attacchi del Toro Nero, "Poco importa come mi hai ferito, ora soccomberai, e come te gli altri qui presenti!", minacciò furente.
"Al contrario, è molto importante, invasore: poiché ora so come sconfiggerti!", ribatté decisa la discepola di Ascanus, "Cavalieri, ho un piano, ma avrò bisogno del vostro aiuto per colpire nel momento giusto!", propose subito agli altri, che prontamente lasciarono esplodere i loro cosmi.
Bao Xe, si volse verso il cavaliere di Orione, sollevando l’indice verso l’alto, prima di lanciarsi di nuovo contro l’avversario, "Cosa speri di fare, sciocca?", domandò di rimando il Toro Nero, notando poi che, mentre la sacerdotessa partiva alla carica, il vecchio compagno d’addestramenti già stava eseguendo un agile salto, puntando proprio al di sopra dei due combattenti.
"Nebula Llama!", urlò ancora una volta Degos, "Non vorrete sperare di battermi di nuovo con la medesima strategia? La fortuna vi ha concesso di avere ragione della Grande Tempesta, niente di più! Ison Myrsky!", invocò di rimando il Finnico, scatenando il proprio poderoso colpo.
Le devastanti scariche elettriche volarono una dopo l’altra contro l’anziano cavaliere, che ancora si trovava a mezz’aria, disperdendo la barriera di fuoco da lui generata, ma fu proprio approfittando di quel nuovo bersaglio, che Bao Xe sembrava volersi avvicinare al nemico, sorprendendolo con un attacco frontale, mentre si difendeva dai colpi dall’alto.
Non vi era però sorpresa alcuna per Ukko, che già si attendeva un assalto simile, incredibilmente banale, dal suo punto di vista, da evitare, così come da distruggere con una potenza superiore quale era la sua; così, incurante della sacerdotessa che già stava tornando al suolo, anche la mano sinistra lasciò detonare la Grande Tempesta che calò inesorabile sulla guerriera della Musca, la quale, però, non tentò in alcun modo di evitare l’assalto, bensì continuò il proprio.
"Follia!", ruggì il Finnico, stringendo ancora più il pugno, prima di rendersi conto che una serie di anelli di ghiaccio lo stava rallentando nei movimenti, influenzandolo con una leggera ipotermia; anelli generati dal cavaliere di Cetus.
"Nova Muscae!", invocò Bao Xe nel momento stesso in cui i suoi molteplici affondi, uniti in uno solo, perforavano la copertura del polso sinistro nemico, mentre la furia dell’attacco di quest’ultimo si abbatteva su di lei, come una tempesta di furiosi fulmini.
"Sacerdotessa!", ebbe appena il tempo d’esclamare Leif, per poi rimanere sbalordito, così come Degos da ciò che stava osservando: l’attacco nemico aveva investito in pieno la guerriera di origini mongole, dilaniando lo schienale della nuova armatura e lasciando profonde ustioni sulla sua pelle, ma, allo stesso tempo, quella devastante scarica elettrica, che aveva attraversato per intero il corpo dell’allieva di Ascanus, s’era fatta strada, attraverso le dita piantate nel polso di Ukko, anche nel corpo di quest’ultimo. Decine di fulmini, generati dalla sua stessa mano, si erano chiusi in un circuito che aveva i suoi estremi nei due contendenti, producendo una potenza tale da polverizzare le vestigia del Toro Nero sull’intero arto sinistro.
Per diversi, interminabili, secondi, i due combattenti furono legati in quella serie di mortali scariche elettriche, finché, accompagnato da un urlo di dolore acuto come mai, Ukko riuscì ad allontanare Bao Xe con un violento calcio all’addome, spingendosi indietro, con il braccio sinistro ormai penzolante al proprio fianco, senza, apparentemente, più vita.
"Come hai potuto fare ciò, maledetta?", tuonò infuriato il Ladro di Divinità, sostenendosi con l’arto destro quello ormai inutilizzabile e privo d’armatura a proteggerlo.
"Come ti avevo già detto, Bjorn, hai dimenticato del tutto gli insegnamenti del grande Megatos, e questa è stata la causa principale del danno da te subito.", lo ammonì di rimando Bao Xe, "Una delle prime lezioni che ogni aspirante sacerdotessa, o cavaliere, apprende è che, nonostante il potere che ci proviene dalle stelle, il cosmo che ci rende capaci di azioni impossibili al più del genere umano, noi siamo solo uomini e, senza le nostre vestigia, i nostri corpi non riuscirebbero a reggere a tanta devastante virtù.", spiegò la ferita sacerdotessa della Musca.
"E con ciò? Ho oltrepassato questi limiti, le tempeste sono piegate al mio volere e mi proteggono ben più di quelle vostre patetiche corazze consacrate ad Atena! Come hai potuto negare questa verità con solo due piccole punture d’insetto?", incalzò furioso l’altro.
"Non erano due piccole punture, ma decine di colpi inferti ad una velocità che persino io dubitavo di poter raggiungere, decine di affondi tutti nel medesimo punto, lo stesso da cui scaturiva la Grande Tempesta che sai pilotare, lo stesso in cui le correnti elettriche erano dirette in modo diverso dal resto del corpo.
Il primo attacco mi ha dato la certezza che nel momento dell’offesa, le tue difese non fossero invincibili, com’é naturale per qualsiasi cavaliere, il secondo, invece, portato mentre mi colpivi con le potenti scariche elettriche, mi ha permesso di far sì che i fulmini da te prodotti si liberassero su entrambi noi. Ti ho colpito con i tuoi stessi attacchi, poiché ben sapevo che nessuno dei nostri sarebbe stato abbastanza potente da vincerti.", concluse decisa la sacerdotessa d’argento.
Quelle parole, però, sembrarono riportare la calma e la sicurezza sullo sguardo del Finnico, che osservava l’avversaria parlare, "Buona strategia la tua, discepola dello Scorpione, ma ciò non cambia i fatti: hai reso inutilizzabile il mio braccio sinistro, perdendo, in questo attacco, l’uso della mano sinistra, altrettanto danneggiata, il che, sommato alle ferite già riportate, ti rende ormai inabile alla battaglia.", commentò e, in effetti, a ben osservare, anche il braccio sinistro di Bao Xe era segnato da profonde ustioni, mentre il destro, così come la gamba mancina, aveva subito la furia degli assalti precedenti del Toro Nero, rendendola più lenta e provocando delle copiose emorragie su di lei, con anche il tronco dell’armatura segnato dalla potenza del nemico.
"Dimentichi sempre che non da sola la sacerdotessa della Musca ti sta affrontando, invasore oscuro!", lo ammonì una voce che, fino a quel momento, il guerriero nero non aveva ancora sentito, la voce che proveniva dall’uomo seduto in una posizione ben nota ad Ukko, che più volte vi aveva visto, in meditazione Virgo Nero: la posizione del fiore di loto.
In quella posa si trovava adesso Amara del Triangolo, intento ad osservare il Finnico, il cosmo che s’espandeva sempre di più attorno a lui; "Non ho potuto aiutare prima, nell’attaccarti, ma ora il mio cosmo è pronto: preparati, Ombra e Ladro, ascolta le parole che sanciranno la fine della disputa in questa lunga giornata!", avvisò sicuro il cavaliere d’argento, "Trigono Ouranou!", invocò il discepolo di Samadhi.
Quella semplice, quanto sorprendente, ondata d’energia, lasciò leggermente interdetto il guerriero nero, mentre già Leif di Cetus si faceva avanti, sollevando le braccia ed aprendo le mani, rivolte contro il Finnico: "Aurora Ice Whirl!", imperò, liberando i sifoni d’energia congelante contro il nemico, che, s’avvolse in tutta risposta nei fulmini che dal suo corpo si liberavano.
"Tutto inutile! Se non attacco per primo, come sperate di poter usufruire del medesimo vantaggio che la vostra alleata ha individuato?", rise divertito il massiccio nemico, "Perché non soltanto quella debolezza ci è stata mostrata, ma che tu, mio vecchio compagno, sei ancora umano!", ruggì deciso Degos, scatenando ancora una volta la Nebula Llama, mentre compiva un salto al di sopra del nero avversario.
Fu allora che, con un ghigno di disappunto, Ukko liberò la potenza del Ison Myrsky, disperdendo la gelida corrente della Balena e dirigendosi con furia implacabile contro l’ondata di fuoco che Orione gli lanciava contro.
La sorpresa, però, s’impadronì del Toro Nero nel vedere che la Nebulosa di fuoco si stava volontariamente disperdendo, lasciando spazio ad un’altra tecnica, a lui ben nota, del cavaliere d’argento, la Cinturon Escarlata!
La lingua fiammeggiante scivolò sinuosa, sottile, ma dall’ampia punta, fra i fulmini, che incuranti di quella minaccia corsero contro il discepolo di Megatos, travolgendolo, mentre già la fiammante arma di questi perforava il pugno destro nemico, disperdendo fuoco e saette lungo tutto l’arto del nero avversario, che barcollò indietro egli stesso, ferito dalla furia di quel nuovo attacco.
Il corpo di Degos cadde malamente al suolo, ustioni gravissime lo segnavano ed appariva, ormai, privo di sensi, per quanto, ancora respirasse; altrettanto male rovinò a terra Ukko, prima di avvertire un cosmo a lui noto circondare l’ambiente, un cosmo che si palesò in un varco oscuro, apparso dal nulla, fra lui ed i suoi quattro nemici.
"Temujin…", sibilò il Finnico, avvertendo il cosmo del confratello che giò raggiungeva la posizione di Haoma e quella di Sedna, fallendo nel superare le difese del Santuario, per arrivare fino da Epona.
Fu nell’avvertire il cosmo del secondo in comando fra loro, che la memoria del loro primo incontro tornò alla mente di Ukko.
Viaggiava già da qualche tempo assieme al giovane Ramsay, il ragazzino che aveva salvato dal naufragio nel suo primo tentativo, per altro fallito, di avere la propria vendetta su uno dei passati compagni.
In quei giorni, si faceva ancora chiamare Bjorn, ma oltre al ragazzo che aveva preso come discepolo, nessuno s’interessava di lui, o del suo passato, quindi fu grande la sorpresa quando, mentre vagava per le terre del Medio Oriente, in cerca del villaggio dove Abar risiedeva, li incontrò.
Li trovò fuori dalla piccola capanna che aveva costruito come casa, il luogo dove addestrava se stesso e Ramsay, potenziando il suo cosmo ed insegnandone all’altro i primi misteri; erano in due: un uomo dall’aspetto atletico ed i lineamenti vagamente asiatici ed un altro, dal volto mascherato, una maschera priva di alcun segno distintivo, quasi uno specchio su cui Bjorn lesse la sorpresa che in lui si mostrava.
"Maestro!", esclamò Ramsay, uscendo dalla loro piccola casa, ma il gigantesco allievo rinnegato di Megatos fece un singolo cenno al ragazzo, invitandolo a rientrare nell’abitazione, prima di volgere l’attenzione verso i due misteriosi uomini che erano apparsi dinanzi a lui.
"Chi siete?", domandò semplicemente Bjorn, "Uomini che hanno trovato casualmente un possibile nuovo alleato.", rispose secco quello senza maschera, "Puoi chiamarmi Temujin e lui, per te, sarà Giano. E, se credessimo negli dei, potremmo ringraziarli di averci fatto incontrare un così potente guerriero in queste terre di nessuno.", ridacchiò continuando.
"Non credete negli dei?", ripeté perplesso il discepolo di Megatos, "Più correttamente, non crediamo che il mondo abbia bisogno del loro intervento.", riprese quello con la maschera.
"Guarda questi luoghi! Non molto lontano da qui, esiste una terra dove tre culti monoteistici non sono riusciti a convivere in pace, scatenando una serie infinita di guerre… e queste sono solo quelle note agli uomini comuni, poi ve ne sono altre, come ben sai, le chiamano Guerre Sacre, ma cosa sono in realtà? Capricci fra divinità che hanno portato al massacro di milioni di giovani, tanto sciocchi da credere in loro.", iniziò a spiegare quella maschera amorfa dalla voce deformata.
"E tu eri uno di quelli sciocchi, esatto?", domandò ancora, mentre il cosmo di Bjorn esplodeva in un rombo di tuono a quelle parole.
"Il potere che dimostri di possedere parla per te: eri un seguace di qualche divinità, o sei stato addestrato come tale, prima di abbandonarla… lo avvertiamo chiaramente.", confermò impassibile l’uomo mascherato.
"Non ho abbandonato Atena, lei mi ha rifiutato: ha rifiutato che ottenessi l’armatura che mi era stata promesso, come giusto premio per le fatiche di tanti anni.", rispose in un ringhio l’altro, "Ecco! Questo è ciò che fanno le divinità!", esclamò soddisfatto l’uomo chiamato Giano, "Ti offriamo tutto ciò che la dea greca non ti ha dato, guerriero delle Tempeste: vestigia, potere ed un vero motivo per cui combattere. La libertà degli Uomini dagli dei.".
Quelle le parole con cui, allora, lo attirò a loro quel misterioso individuo mascherato.
Il potere gli fu concesso; un’armatura, quella del Toro Nero, gli fu data, promettendogli poi che un giorno avrebbe ottenuto anche vestigia più potenti, generate tramite l’essenza delle divinità che avrebbero sottratto al mondo, liberandolo dagli stessi. Più di tutto, però, Bjorn avrebbe avuto la sua vendetta!
Ed ora era inginocchiato nel mezzo dell’Arena dei Tornei, le braccia inutilizzabili, le vestigia distrutte ed il baratro oscuro con cui Temujin gli avrebbe permesso di fuggire dinanzi a lui; poteva vivere e combattere un altro giorno per la propria vendetta, ma gli uomini che si trovavano lì, oltre quella coltre di tenebre, erano responsabili della morte dei suoi allievi; erano seguaci di Atena, si dicevano difensori della Giustizia, ma quale Giustizia? Quella che condannava ragazzini ignorati alla morte, o alla prigionia? No, lui avrebbe combattuto! Avrebbe avuto la vendetta che reclamava contro quella falsa Giustizia!
"Non scapperò! Questa battaglia deve concludersi con la distruzione dei miei nemici!", questo ruggì Ukko, il Finnico, nel lasciare esplodere l’Ison Myrsky, ma non da uno dei propri pugni, ormai inutilizzabili, bensì dal suo stesso corpo, immane, pronto a distruggere tutto e tutti in quello spiazzo ateniese.
"Folle, così morirai!", lo ammonì Leif di Cetus, ma prima ancora che la voce di Ukko potesse manifestare il proprio disinteresse per la sua stessa vita, due violente scariche di fulmini colpirono il terreno: una disperse il nero varco che gli era stato offerto, l’altra spinse indietro il santo della Balena, ferito e stordito, ma ancora vivo e pronto a continuare la lotta, per quanto possibile.
"Dobbiamo fermarlo!", suggerì Amara del Triangolo, "Ma non so come… nemmeno la mia tecnica massima ha potuto spegnere i suoi sensi, li ha solo intorpiditi...", ammise fra se, chinando il capo dispiaciuto, "Io so cosa fare. C’é solo una strategia possibile dinanzi ad un tale folle potere. Lo stesso modo che Husheif ha scelto di seguire.", s’intromise decisa Bao Xe, avanzando al fianco del discepolo di Acquarius, che la guardò sconcertato.
"Dì a Dorida che deve vivere, che desidero che lei ricordi non solo i miei insegnamenti, ma anche l’immensa felicità che la sua compagnia mi ha dato, una gioia che, immagino, sia simile a quella di una madre verso la propria prole.", queste le parole che la sacerdotessa della Musca disse al parigrado, invitandolo a non replicare.
"Ora, cavaliere del Triangolo, ti prego di difendere Degos, mentre tu, Leif, compagno di diverse battaglie ad Accad, sferra il tuo attacco migliore, che possa essermi guida, mentre mi muovo nella Tempesta.", concluse semplicemente, senza altro aggiungere, prima di lanciarsi nelle gelide correnti dell’Aurora Ice Whirl.
L’Homo Finnico, dal canto suo, non aveva ascoltato alcuna delle parole che la sacerdotessa aveva detto: nella sua mente ancora ronzavano le sue stesse acute urla, il dolore delle braccia tartassate dalle pesanti ustioni, ma maggiore era la rabbia.
Il ricordo del desiderio di diventare uno di quei cavalieri, d’indossare le vestigia del Serpentario, che aveva visto sfumare, gli lasciava l’amaro in bocca, lo stesso gusto che aveva sentito per anni, addolcito solo dagli allievi che erano adesso caduti.
La rabbia di questa consapevolezza, unita all’intorpidimento degli altri sensi, fece sì che l’Homo non si preoccupasse della giovane sacerdotessa che si lanciava all’assalto, avvolta in una bianca corrente, con brillante energia cosmica che già si alzava attorno a lei.
Le mani della sacerdotessa d’argento, così come buona parte del corpo, erano segnate da profonde ustioni, ma questo non la fermò, quando vide l’altro ormai prossimo, l’allieva dello Scorpione penetrò con le affusolate dita nello sterno avversario e lasciò esplodere tutto il potere delle stelle che ancora riusciva a fluire attraverso di lei.
Fulmini e nubi venefiche si alzarono un’ultima volta al cielo, in una danza mortale, prima che i due nemici cadessero a terra, in quel cupo abbraccio finale con cui ognuno aveva voluto difendere un’ultima volta ciò a cui teneva: chi l’odio verso il proprio passato, chi la speranza nel futuro delle persone care.
Così perse la vita Bao Xe della Musca, sacerdotessa d’argento di Atene.
Così finì l’Invasione delle Ombre su Atene ed il mondo di Grecia.