Capitolo 35: Levante

Damocle di Crux osservava i tre Dominatori dei Venti che si trovavano attorno a lui.

Alla sua destra, c’era Lothar dello Scirocco, lo stesso guerriero di Eolo con cui aveva, seppur brevemente, combattuto assieme contro una delle nere Ombre che avevano invaso quel tempio; l’altro servitore dei Venti, invece, era lo stesso la cui voce gli era stata presentata come quella di Coriolis del Maestrale, durante il collegamento mentale avuto con Gwen di Corvus.

Il terzo poi, era un uomo ben più avanti con gli anni: corti e ben curati capelli castani, con qualche leggera scia grigia, occhi castani, astuti e spietati, un fisico asciutto ed un’armatura che, in qualche modo, assomigliava sia a quella del guerriero che Damocle aveva al proprio fianco, sia a quella dell’unica Dominatrice che aveva visto in quella sala, almeno per colori.

L’armatura era bianca ed oro con sopra incise delle striature che ricordavano, vagamente, petali di fiori; ricopriva gambali e spalliere con sagome che disegnavano delle foglie fiorenti sul corpo del guerriero stesso, mentre il pettorale aveva decorazioni dalla forma di fiori.

Sul volto indossava una maschera simile ad una bocca intenta a soffiare, al pari dei compagni, per quanto Damocle stesso questo non potesse saperlo, non avendo visto nessuno dei Dominatori con la stessa ancora integra.

Lo osservava, il cavaliere d’argento, chiedendosi se avesse davanti a se un nuovo Sin, una nuova Nanaja, o, forse, una Mummu: se il suo nemico fosse mosso da una reale consapevolezza di chi stava in realtà aiutando, o fosse solo un mal riposto odio ad animarlo, o, ancora, se lo guidassero sentimenti più conflittuali.

Quale che fossero le sue ragioni, di una cosa Damocle era certo: quel Dominatore, Favonio di Levante come lo aveva sentito chiamare, possedeva un qualche potere con cui controllava i compagni che aveva tradito, un potere che, però, doveva avere dei limiti se non aveva influito in alcun modo su lui e le sacerdotesse guerriero.

Non ebbe però il tempo di riflettere oltre il discepolo del Capricorno, che già i due seguaci di Eolo si fecero avanti.

"Maestro, vi prego… deve essere un errore, non potete averci tradito!", esordì con preoccupazione il Dominatore di Scirocco, non ricevendo nessuna risposta dall’altro, "Lothar, non farti ingannare oltre, costui non è mai stato davvero il tuo maestro.", gli suggerì il compagno con il tridente fra le mani, "Al contrario, ha sempre usato te così come ha di certo fatto con tutti noi altri!", aggiunse, lasciando esplodere il possente cosmo ventoso.

Per la prima volta, Favonio parlò, o, più correttamente, rise. "Non ti rendi nemmeno conto di quanto profondo sia il mio controllo su di voi, Coriolis!", esordì soddisfatto, "E tu, Lothar, puoi accettare di seguirmi. Servimi, così come Luis, combatti ed uccidi questi due che mi si oppongono e diverrai un degno servitore del nuovo Signore dei Venti e delle Illusioni!", propose verso l’altro.

"Sei pazzo!", urlò il Dominatore di Maestrale, subito seguito da quello dello Scirocco e fu allora che Damocle vide qualcosa che pensava impossibile: li vide compiere una traiettoria a semicerchio, probabilmente volevano circondarlo dai lati, pensò, per lasciare a lui la possibilità di un assalto frontale, ma poi si rese conto che entrambi stavano lanciandosi sul bersaglio con troppo anticipo e li vide attaccarsi vicendevolmente.

Le ondate di vento e sabbia comandante da Lothar cozzarono con il Tridente di Coriolis, che roteò disperdendoli, prima di tentare un fendente laterale che costrinse il primo ad un balzo laterale.

Fu mentre i due si allontanavano che le correnti d’aria iniziarono a vorticare, pronte ad affrontarsi, "Crux Argentii!", urlò allora Damocle, interrompendo quel confronto con un singolo attacco diretto verso il traditore di Eolo che, prontamente, si alzò in cielo, pilotando una corrente d’aria che lo allontanò dai due Dominatori e dal santo di Atena stesso.

Solo in quel momento Lothar e Coriolis si fermarono, guardandosi confusi.

"Dominatore di Scirocco, non puoi fidarti di costui! Sei un seguace di Eolo, come puoi tradire la tua divinità per lui?", domandò di scatto il cavaliere di Crux, ricevendo uno sguardo perplesso da ambedue i momentanei alleati, "Di cosa stai parlando?", balbettò proprio il giovane di origini turche, "Ho appena attaccato il mio maestro!", sottolineò, sbalordendo il santo italiano che, ribatté prontamente: "No, hai attaccato il tuo compagno d’arme del Maestrale!", lo redarguì.

"Che cosa?", balbettò Coriolis, "Ho attaccato il mio maestro, di cosa parli?", ripeté Lothar, "Anch’io ho attaccato Favonio… o almeno questo credo.", sottolineò l’uomo con il Tridente dei Venti, prima di voltarsi verso il traditore di Levante.

"Sei stato tu!", lo accusò, puntandogli contro l’arma, ricevendo una nuova risata beffarda in risposta.

"Esatto, povero allocco! Tutti voi dominatori non siete altro che piccole pedine che si muovono secondo la mia volontà!", esclamò orgoglioso Favonio, "Come pensate che sia riuscito a raggiungere la Sala Centrale senza che nessuno vedesse me o Luis?", chiese con evidente boria.

Damocle osservava in silenzio la scena, mentre il loro nemico sollevava l’indice rivolgendolo verso Lothar, "Ti sono passato di fianco, mentre iniziavi a combattere con quelle due donne dalle armature nere.", lo derise con soddisfazione, lasciandolo sbalordito.

"Sì! Quando Luis è arrivato nella sala di Levante assieme a quelle tre donne guerriere, loro erano già pronte a combattermi, ma fu il mio fedele servitore, inginocchiandosi, a rivelare loro che non ero un nemico, bensì un potente alleato!", iniziò a raccontare Favonio, "Abbiamo percorso assieme il corridoio fino all’Anticamera dello Scirocco, lasciando una di quelle tre indietro per rallentare i cosmi che sentivamo sopraggiungere, quelli di voi cavalieri.", aggiunse, rivolgendosi a Damocle che aveva proprio sul versante Orientale del tempio affrontato Syrin della Bussola Nera.

"Assieme, tutti e quattro abbiamo raggiunto la tua stanza, Lothar, ma lì tu hai visto solo ciò che io ho permesso che tu vedessi: le due donne dalle vestigia oscura, mentre io e Luis ti oltrepassavamo con facilità!", raccontò con orgoglio, rivolgendo un sorriso beffardo al Dominatore di origini turche.

"Non crucciarti, ragazzo, in fondo ad altri è andato peggio: il tuo amico Coriolis, qui, è stato ingannato ben due volte!", annunciò, "Prima dall’Ariete Nero, alle mie spalle, che assieme al discepolo di Luis è arrivato nella Sala Centrale mentre ancora voi stavate andando via e poi dalla donna che sta adesso combattendo con le altre guerriere di Atena, la quale è riuscita ad infettarlo con i suoi fiori.", spiegò.

"Di tutti, forse Coriolis è il maggior allocco, assieme ad Okypede stessa! In fondo, tu ed Aliseo, così come il defunto Ekman, vivevate già nel mito di chi era sopravvissuto al tradimento di Luis, non mi è stato difficile piegare i vostri sensi!", raccontò, "Nemmeno con Oritia fu difficile, o con Noto, che mi considerava un parente, amico di suo padre… ma Okypede e Coriolis, loro sono stati ingannati doppiamente.", rise con lieta soddisfazione l’uomo.

"E quando mi avresti ingannato, maledetto?", ruggì il Dominatore del Maestrale, circondando l’arma con le correnti che gli erano proprie, "Facile!", rispose subito l’altro, lasciando esplodere il proprio cosmo, "La prima volta che ti ho mostrato le Nebbie d’Oriente!", esclamò rivelando il potere che aveva accumulato attorno a se.

Una leggera nebbia si sollevò attorno al traditore dei Dominatori, generando un vortice dal profumo pungente che avvolgeva e celava parte del nemico stesso, "Mirate il potere delle Nebbie d’Oriente!", invocò Favonio, liberando la sottile nebbia in un ammasso oscuro che si lanciò addosso ai tre guerrieri.

Un possente fendente d’aria, frutto dell’arma di Coriolis, si impose dinanzi all’assalto nemico, mentre il Dominatore stesso si portava davanti al cavaliere di Atena: "Non so come il tuo potere riesca ad influenzare le vittime, ma mi pare evidente che solo i nostri alleati sono ancora immuni dai tuoi inganni! E tali devono restare!", imperò, "Tridente dei Venti, respingi!", tuono ancora ribattendo con il massimo potere del fendente di vento.

I due colpi si contrastarono a mezz’aria, sospingendo indietro entrambi i guerrieri, oltre a Damocle dietro di loro, il quale intravide il Dominatore dello Scirocco, protetto da una barriera di correnti di sabbia, ed il nero guerriero dell’Ariete, circondato da una barriera di luce dai molti colori.

Il santo di Crux, però, fu agile nel compiere, mentre ancora stava ricadendo al suolo, una capriola, spingendosi poi con le gambe per darsi uno slancio in avanti, il braccio sinistro dinanzi al destro, mentre attaccava il traditore di Eolo: "Lux Crucis, colpisci!", invocò, sferrando l’attacco.

Una forte corrente d’aria, però, si addensò in una muraglia di nebbia a difesa del fianco di Favonio, "Da chi pensi che abbia appreso il suo particolare stile d’uso del vento e della sabbia il caro Lothar, cavaliere? Da me! In fondo, mi chiama Maestro!", rise il Dominatore di Levante, liberando una colonna di condensa contro il santo d’argento.

Fu però veloce Coriolis a portarsi in mezzo, sferrando un taglio orizzontale lungo lo stesso, "Grosso errore!", lo ammonì il nemico, mentre già la nebbia si disperdeva in una pioggia di proiettili d’aria che colpirono in pieno il Dominatore del Maestrale, spingendolo al suolo, sanguinante da più punti del corpo.

"Non te lo aspettavi, ragazzo? Non mi sorprende! Per troppo tempo mi sono trattenuto dal mostrare i miei veri poteri che nemmeno io credevo più di possederli!", rise divertito Favonio.

"I tuoi veri poteri?", domandò perplesso Damocle, ancora in posizione di guardia, mentre anche Lothar si riavvicinava, "Esatto!", esclamò il traditore di Eolo, lasciando esplodere un cosmo che, alle percezioni del cavaliere di Crux, poteva duellare, per virtù, con quello di Sin di Kur, o anche con quello del suo stesso maestro.

"In guardia, giovani sciocchi, preparatevi ad affrontare la potenza del Vento di Levante! Ecco a voi, Apeolite!", urlò portando le mani ad incrociarsi sopra la testa, prima che un’ondata di vento e pioggia si disperdesse in ogni direzione attorno a lui, seguita da folate d’energia cosmica brillante, che travolse tutti e tre i combattenti e sbattendoli al suolo con le vestigia danneggiate.

"Avanti, piccoli uomini, attaccatemi!", li spronò borioso Favonio, guardandoli rialzarsi a fatica.

Lothar era sbalordito dalla potenza del proprio maestro: sapeva che era un uomo capace, ma credeva anche che fosse un fedele seguace di Eolo, un uomo devoto al dio dei Venti, così lo aveva sempre visto e così credeva che egli in effetti fosse, ma i fatti di quel giorno gli dimostravano il contrario. E Lothar non riusciva ad accettarlo.

Si alzò in piedi, incurante delle parole di collaborare del cavaliere di Atena, pronto a sacrificare: voleva dimostrare che il suo insegnante aveva ancora qualcosa di buono in se, o sconfiggerlo, qualora fosse stato realmente un uomo maligno come appariva adesso.

"Sabbie dello Scirocco, intrappolate il mio maestro!", pregò il Dominatore, liberando le correnti che guidava, le stesse che si diressero precise addosso all’uomo che gli aveva dato la possibilità di diventare un seguace di Eolo, l’uomo che lo aveva confortato ed aiutato nei momenti di dubbio, una cosa che Aliseo gli aveva sempre invidiato, qualcuno di molto simile all’amico che Noto era stato per Ekman, ma molto più simile, quasi, ad una figura paterna.

"Povero allocco…", sussurrò semplicemente Favonio nel veder sopraggiungere l’attacco da lui scatenato e, con una semplicità quasi banale, mosse il braccio destro, sollevando una muraglia di nebbia che si disperse in una densa salsedine, rendendo più umida l’aria e condensandosi poi addosso alla sabbia, rendendola pesante e strappando il controllo di Lothar sulla stessa, o almeno così poteva pensare il Dominatore di Levante.

Una seconda ondata di sabbia, infatti, apparse sul fianco opposto del guerriero traditore, portandosi alle spalle dello stesso ed intrappolandolo in un mantello che gli si chiuse addosso, stringendosi fino a renderlo una statua.

"Mi dispiace, maestro, ma sapevo bene che il vostro potere arriva a controllare l’umidità dell’aria, quasi come il vento di Ekman, ma non per scatenare caldi temporali, bensì per portare fresche piogge primaverili, che fanno risorgere i fiori.", osservò con calma Lothar, osservando la statua di sabbia, prima di udire due voci alle sue spalle, che lo avvisavano di guardare sul proprio fianco sinistro.

Fu troppo tardi che il Dominatore si voltò: un’ondata di acqua e vento lo travolse, spingendolo di nuovo a terra, con nuovi fori nelle vestigia da cui il sangue scivolava fuori copioso.

"Sei un povero stolto se credi che i tuoi poteri sulla sabbia possano sconfiggermi. Sei da sempre una pedina che si muove secondo la mia volontà, fin dal giorno in cui personalmente ti reclutai per diventare un servo di Eolo, sapevo che dopo averne usati due come miei soldati la strategia migliore sarebbe stata indebolire quelli che sarebbero giunti a riempire i posti vaganti e sembra che ci sia riuscito sia con te, sia con Ekman ed Aliseo.", lo derise Favonio, prima che l’urlo di battaglia di Coriolis costringesse il traditore a voltarsi.

Il Dominatore del Maestrale era pronto ad attaccare il traditore fin da quando lo aveva visto nella Sala Centrale, persino da prima, quando Okypede gli aveva riferito di aver avvertito il suo cosmo assieme a quello di Luis.

In quel momento molte cose gli erano risultate più chiare: il poco aiuto che aveva dato durante il tentativo di rubare l’Otre dei Venti anni prima, il supporto che invece aveva offerto nel crescere i nuovi Dominatori scelti a sostituire Austro, Luis e Gairan.

Furono però le parole ed i gesti del cavaliere di Atena a permettergli di vedere oltre: il guerriero della Giustizia, infatti, lo fermò prima che si lanciasse alla carica assieme a Lothar, "Se lo attaccherete di nuovo, finirete per assalirvi l’uno con l’altro.", gli disse semplicemente e questa triste probabilità portò il Dominatore di Maestrale ad osservare.

Vide il parigrado dello Scirocco lanciare la propria sabbia all’assalto del nemico, che prima, semplicemente, la bloccò con un’ondata del vento sotto il suo dominio, prima di spostarsi e lasciare che le correnti dominate da Lothar creassero un pupazzo vuoto, anche se il giovane turco sembrava convinto di aver imprigionato il traditore. Lo stesso che si trovava sul suo fianco sinistro, da cui lo colpì con spietata determinazione.

"Cavaliere di Atena, resta qui e, ti prego, dimmi ogni suo spostamento.", suggerì Coriolis al santo di Atene, sollevandosi in piedi e lanciandosi all’attacco con il tridente stretto fra le mani.

L’arma roteò tra le mani del Dominatore, prima che calasse il peso sulla parte inferiore sul terreno, fra lui e Favonio, scatenando una corrente di vento con cui cercò di spingere indietro l’altro che, però, si dimostrò abbastanza capace da guidare le correnti stesse d’aria, sollevandosi da terra ed evitando di essere investito dalle energie scagliategli addosso.

Fu lesto, però, Coriolis a continuare il proprio attacco, sollevando e roteando il tridente, rivolgendo le punte contro il traditore e rilasciando una seconda corrente di vento, che, però, fu lanciata nella direzione opposta, dando maggiore spinta al Dominatore del Maestrale, che tentò così un affondo con la propria arma.

"Attento, è alla tua sinistra!", urlò la voce di Damocle alle sue spalle, appena in tempo perché il guerriero di Eolo tentasse una spazzata con la lunga asta, che parve ai suoi occhi affondare nel vuoto, ma le parole del santo di Atena rivelarono qualcosa di diverso: "Si è abbassato, sta per attaccarti!".

Con un movimento deciso, l’uomo sferzò l’aria con il tridente, cercando di allontanare il nemico che non vedeva, solo per scoprirsi d’improvviso con le spalle al muro, un muro che, per come conosceva lui quella stanza, non doveva trovarsi in quella posizione, un muro che lo costrinse a scattare di nuovo in avanti, "Mistral, spiana la mia via!", imperò il Dominatore caricando contro il nemico invisibile, l’arma puntata avanti a se, liberando i tre vortici dalla stessa, che si riunirono in un unico attacco.

Fu mentre l’ondata vorticante si scagliava verso lo spazio vuoto che, con terrore, Coriolis si rese conto che, oltre al muro apparso all’improvviso, altrettanto inaspettatamente erano scomparsi dal suo campo visivo tutti quanti: non solo Favonio, ma nemmeno il cavaliere di Atena, Lothar, o gli altri che in quel medesimo luogo avrebbero dovuto combattere, erano più presenti.

Si guardava intorno, il seguace di Eolo, prima che qualcosa lo investisse in pieno, in quel vuoto spazio che solo vagamente sembrava ricordare la Sala Centrale come l’aveva vista fino a pochi secondi prima e come la rivide mentre veniva alzato verso il cielo da una vorticante corrente di vento che poi lo schiantò al suolo, ferito e stordito.

"Sei uno dei più grandi stupidi che io conosca, Coriolis, e questo ti eleva ad un grado superiore persino di Austro, Luis, Gainar ed il qui presente Lothar.", sottolineò la voce di Favonio, ora riapparso a poca distanza dal Dominatore caduto al suolo, "Credevi davvero che il mio controllo fosse solo su ciò che vedete? O che fosse comunque in qualche modo limitato?", domandò con noncuranza, "Il mio potere piega tutti e cinque i vostri sensi. Posso mostrarti ostacoli dove non ve ne sono, posso farti sentire parole che nessuno ha detto, posso rendere invisibile ai tuoi tutto ciò che voglio, le Nebbie d’Oriente sono un’illusione assoluta!", imperò il traditore, spaziando con le mani sulla sala che ora appariva con forme diverse al guerriero di Eolo.

Fu sconvolgente vedere il santo di Atena in ginocchio, con Lothar svenuto fra le braccia e distinguere gli inconfondibili segni della sua arma che aveva scavato dei solchi nel terreno in prossimità di dove si trovavano i due.

"Non hai nemmeno per un momento attaccato me, sei sempre stato un pericolo per i tuoi stessi alleati.", lo derise Favonio, prima che una violenta sensazione di dolore lo piegasse ancora di più, "A proposito: posso anche farti percepire dolore fisico, seppur la sofferenza mentale è quella che preferisco infliggere.", concluse, mentre il Dominatore del Maestrale sentiva la propria pelle andare in fiamme anche se sapeva che tutto ciò era impossibile.

Damocle di Crux era rimasto sbalordito: quando aveva visto il guerriero con il tridente andare all’attacco, il santo di Atena aveva sperato in un’opportunità, collaborando, per vincere il comune nemico, ma ben presto si era reso conto che le sue parole non giungevano all’alleato che, anzi, sembrava combattere una battaglia personale contro il nulla più assoluto.

Una battaglia che avrebbe avuto lui ed il giovane ferito dello Scirocco come vittime, proprio per questo, alla vista di quel primo fendente diretto contro il Dominatore già sconfitto, il cavaliere d’argento s’era lanciato avanti, correndo in soccorso dello stesso e subendo in parte la furia di un secondo fendente, che lo sospinse indietro, aprendo una leggera ferita nel suo corpo, ma concedendogli anche di capire come evitare un terzo attacco, prima che l’ultimo si ritorcesse contro Coriolis stesso.

Nell’osservare Favonio, immobile e sorridente, che lo scherniva, suggerendogli di non preoccuparsi di difendere i due seguaci di Eolo, ma piuttosto di ucciderli entrambi, per sperare poi in una morte più veloce e misericordiosa, Damocle paragonò il modo di fare del traditore dei Venti con la difesa di Sin di Kur, la stessa che molte ferite aveva provocato a tutti loro durante la battaglia di Accad.

Proprio questo raffronto portò il santo d’argento a valutare le differenze fra i due nemici e sviluppare una teoria su come avrebbe potuto sconfiggere colui che ora gli si parava dinanzi, una teoria che, però, non avrebbe potuto testare, date le condizioni dei due Dominatori suoi compagni in quella battaglia, le cui vite non voleva rischiare restando in disparte ad osservare passivamente lo scontro. Non era quello il modo in cui Damocle di Crux combatteva.

"Vuoi attaccarmi, guerriero di Atena? E come pensi di riuscire a toccarmi se le Nebbie d’Oriente mi coprono come comodo mantello e possente scudo.", rise divertito Favonio, mentre le dense ed umide correnti che dominava si liberavano attorno a lui, creando una fitta coltre scura, dinanzi alla quale il santo di Atene indietreggiò, consapevole che un minimo contratto lo avrebbe reso vittima delle medesime illusioni di cui erano affetti i seguaci di Eolo.

"Cosa c’è, cavaliere? Paura?", lo schernì la voce dell’uomo di Levante, ma proprio quelle parole animarono l’orgoglio di Damocle che prontamente portò la mano sinistra dinanzi alla destra, "Non si dica che il cavaliere di Crux ha paura di un traditore che si nasconde dietro ad illusioni e trucchi!", avvisò deciso il discepolo del Capricorno, "Anzi, illuminerò la mia strada per colpirti!", aggiunse.

"Lux Crucis!", invocò subito dopo il santo di origini italiche, liberando il luminoso fendente che si aprì la strada attraverso le nebbie dominate da Favonio, senza però trovare il traditore di Eolo, che, prima che le correnti d’aria si rimodellassero, chiudendo quel piccolo varco e condensandosi in più spesse nubi, "Se pensi che il mio potere sia puramente passivo, guerriero di Atena, sbagli di grosso, forse non hai notato prima come mi difendevo anche, oltre che piegare alla mia volontà i nemici, eppure dovresti avere sul corpo, ancora, i segni del mio potere!", avvisò subito il Dominatore di Levante, prima che una pioggia energetica si generasse e si lanciasse rapida addosso al santo d’argento.

Damocle non era certo che quel nuovo attacco potesse infettarlo, non sapeva se bastava il semplice contatto, o se doveva affondare nella nebbia, poiché non era certo di come i suoi alleati fossero stati in precedenza infettati, ma non poteva rischiare, così iniziò a sferrare numerosi fendenti energetici, cercando di evitare quelle gocce nemiche che non riusciva a disperdere.

Per quanto veloce, però, il cavaliere si rese presto conto che non avrebbe potuto disperderli tutti, specie ora che stavano aumentando di numero e velocità, "Sei stato uno sciocco a scegliere di combattermi, seguace di Atena, avresti potuto morire assieme alle tue compagnie, o magari contro Luis, o contro l’uomo dietro di me, ma una sorta spiacevole hai preferito!", esclamò con orgoglio il traditore di Eolo, intensificando ancora di più l’attacco, ma fu proprio allora che un muro di sabbia si portò fra i due, prima che un’ondata di vento si sollevasse dal suolo, spingendosi addosso a Favonio, costringendolo così alla difesa ed ad indietreggiare per qualche istante.

Lo stupore sullo sguardo di Damocle, quando capì che i due suoi alleati si erano ripresi appena in tempo per aiutarlo, fu presto sostituito dalla consapevolezza che la sua intuizione fosse giusta: il traditore non poteva assieme controllare le percezioni delle sue vittime e liberare i propri colpi più potenti!

Lo stesso effetto illusorio che indeboliva Coriolis e Lothar sembrava richiedere un estremo controllo per essere usato, tanto che adesso, sfruttando le Nebbie di Oriente, l’altro non era riuscito a celare il duello ai due; o forse non aveva voluto, un dubbio che ancora scivolava nella mente del cavaliere d’argento.

Il discepolo di Kalas del Capricorno, però, non poteva rimanere immobile, immerso nei propri dubbi, incerto su che strategia portare avanti, poiché già avvertiva i cosmi delle quattro Sacerdotesse guerriero bruciare fino ai limiti massimi nel loro duello con quella che era, sicuramente, una Ladra di Divinità, ben consapevole, fra l’altro, che oltre quel traditore, i cui poteri per quanto vasti erano inferiori a quelli di Baal, era seduto un altro dei loro veri nemici, intento nel concludere il rituale con cui già diverse divinità erano state sottratte al mondo.

"Dominatori di Eolo, per vincere contro costui, dovremo combattere tutti assieme.", esordì allora il santo d’argento, "Poiché credo, e spero, che costui non possa allo stesso tempo controllare le vostre percezioni ed attaccare, o difendersi, dai miei attacchi.", suggerì ai due alleati, che, per quanto guardandosi un po’ straniti, concordarono con le sue parole, con un semplice gesto del capo.

"Credi davvero che questi basti? Anche impedendomi di controllarli, mi basterà che anche tu venga infettato dalle mie nebbie, per vincervi tutti!", li apostrofò Favonio, ma, per la prima volta, la voce del traditore di Eolo sembrava minata dall’insicurezza.

Un sorriso si dipinse sul viso di Damocle, "Forse hai ragione, ma dovrai colpirmi prima che io colpisca te!", esclamò il cavaliere di Atena eseguendo una rapida serie di fendenti con le braccia, sferrando l’attacco alla massima velocità che gli era possibile, portando il proprio cosmo al parossismo.

"Lux Crucis, illumina il cammino!", imperò, eseguendo la serie di attacchi, il santo d’argento.

"Pazzo! Credi di potermi superare così? Io controllo i venti e l’umidità dell’aria! Le Nebbie d’Oriente non possono essere sconfitte così facilmente!", ribatté il Dominatore di Levante, sollevando ancora una volta quel tetro manto difensivo, con cui contenne la furia dei fendenti, ma il traditore stesso si rese conto della difficoltà di tale manovra: poiché per ogni colpo che bloccava, il successivo arrivava ancora più veloce, costringendolo a far vorticare con maggiore rapidità le nebbie ed i venti attorno a se.

"Ti vedo in difficoltà, Favonio, lascia che ti aiuti!", lo schernì una voce alle sue spalle e fu allora che il guerriero che aveva rinnegato Eolo, per unirsi agli Homines, s’accorse che Coriolis del Maestrale era alla sua sinistra, "Mistral, apri il tuo percorso lungo questa via di luce!", imperò il Dominatore, lanciando in avanti il tridente e lasciando che quello si circondasse di una grossa manifestazione di vento che devastò le Nebbie del Levante, spingendo indietro, il nemico.

Il traditore di Eolo cadde malamente al suolo, le vestigia danneggiate per la prima volta in modo grave ed il corpo segnato dall’attacco combinato dei due avversari, "La pagherete!", ringhiò Favonio, rialzandosi prontamente, "Apeolite, travolgi!", urlò furioso, liberando ancora una volta il cono di acqua e vento attorno a se, aprendosi la strada da sopra di lui.

"Ancora una volta, Mistral!", invocò di rimando Coriolis, nelle cui mani era ritornato il Tridente, ora conficcato nel suolo, da cui una potente ondata d’aria si sollevò, bloccando in parte l’energia avversa, prima che una seconda corrente, più calda ed arida, si manifestasse, calando dall’alto.

"Ghibli, colpisci il mio maestro!", pregò la voce di Lothar, "Che egli possa ritrovare la ragione nella furia del tuo potere!", si augurò, scatenando la marea sabbiosa contro le correnti nemiche.

Lo scontro delle correnti d’aria fu devastante, il suolo stesso si frantumò, assieme a quasi l’intero tetto, o almeno ciò che restava integro dello stesso; persino i corridoi orientali iniziarono a crollare su loro stessi, travolti da quella potenza, una potenza in cui echeggiò solo una voce, mentre una sagoma, abbagliante, attraversava quelle forze contrastanti: "Crux Caelium!"

Non servirono che pochi attimi perché Damocle, per quanto subendo egli stesso delle ferite, riuscisse ad investire con la furia del proprio colpo il comune nemico, che fu subito dopo travolto dal potere combinato dei due Dominatori di Eolo, sollevandolo in aria e lasciandolo ricadere al suolo, le vestigia ormai distrutte ed il corpo segnato dalle nuove ferite.

Solo allora, il santo di Atena, così come i due guerrieri dei Venti, si fermarono, osservando il comune avversario, vivo, ma gravemente incapacitato.

"La fine del tuo piano è giunta, Favonio. Ora pagherai per tutti i tuoi crimini.", avvisò deciso Coriolis, il tridente pronto a finire il nemico, quando qualcosa lo bloccò, una sensazione, che non aveva notato all’inizio di quel potente e conclusivo assalto: un vuoto che gli invadeva il cuore e che lesse anche nello sguardo sgomento di Lothar.

"Dannazione…", imprecò a denti stretti Damocle, costringendo ambo i Dominatori a voltarsi nella sua stessa direzione, dove il nero guerriero d’oro si era alzato in piedi, con l’Otre di Eolo al suo fianco, ora meno brillante di quanto non fosse stata in precedenza.

"Il Rituale è concluso. La divinità di questo luogo ha subito il destino che le spettava ed ora anche voi condividerete la medesima sorte.", esordì Wuluwaid dell’Ariete Oscuro.

Non ebbero tempo di opporsi i tre guerrieri ellenici che già il nemico allargò le braccia dinanzi a se: "Spire dell’Arcobaleno!", evocò sinuoso, mentre le vestigia oscure venivano inondate dei sette colori dell’arcobaleno, che dal corpo del nemico si liberarono, correndo incontro al trio di avversari.

Il primo a lanciarsi contro il nemico fu Coriolis, impugnato di nuovo il tridente, non si perse in ulteriori analisi della situazione, ma l’idea che la divinità che aveva deciso di servire fosse stata rapita, o qualsiasi altra cosa quel nero nemico avesse fatto, lo fece infuriare, tanto da non curarsi più di Favonio, ma correre incontro all’Ariete Oscuro.

Non fu però Wuluwaid che il Dominatore di Maestrale incontrò, bensì uno dei sette tentacoli, quello rosso, che si strinse attorno al guerriero, scatenando in lui estreme urla di dolore, mentre il possessore del Tridente dei Venti si sentiva svuotare di ogni volontà combattiva e di ogni certezza.

"Interessante! Dunque dei Sette Peccati, il Rosso della Rabbia è quello che più ti si adatta, seguace di una divinità! Forse è per la sorte a cui ho condannato proprio la divinità che servivi? O chissà se è ben più antica la rabbia in te insita, la stessa che spesso ho sentito nel Sagittario Oscuro.", analizzò impassibile l’Ariete Nero, mentre già gli altri tentacoli si lanciavano sui restanti due bersagli.

Quattro di quelle evanescenti spire quasi si lanciarono su Favonio, ancora al suolo, ma fu lesto Wuluwaid nel dirigerle verso le giuste vittime: "Sei fortunato, mio futuro confratello, già l’Indaco della Superbia, il Viola della Lussuria, il Giallo della Gola e l’Arancio dell’Avidità ti avevano puntato, ma hanno ben altri nutrimenti di cui cibarsi, almeno alcuni di loro.", commentò, osservando il futuro compagno al suolo.

Damocle e Lothar, infatti, furono subito assaliti da due di quei tentacoli: l’Indaco si diresse rapido contro il cavaliere di Atena, mentre il Verde si mosse sinuoso contro il Dominatore dei Venti.

"Un guerriero che si dice difensore della Giustizia e che pecca di Superbia? Chi lo avrebbe mai detto!", rise soddisfatto il Ladro di Divinità, mentre il santo d’argento cercava di tagliare quella specie di serpe d’energia, che, però, ad ogni fendente subito, si ricostruiva prontamente.

"Inutile, seguace di una Divinità, ogni tentativo di spezzare le Spire dell’Arcobaleno è futile, finché avranno una fresca preda contro cui dirigersi.", spiegò il nemico, mentre già le grida di dolore di Lothar, intrappolato dal tentacolo Verde, echeggiavano nell’aere.

"L’Invidia è una colpa pesante da portare, giovane stolto, avresti dovuto accettare l’offerta dell’uomo che chiami maestro e rinnegare le false divinità che segui, avresti evitato molte sofferenze a te stesso.", lo apostrofò l’Aborigeno, prima di avvertire che anche l’ultimo dei tre avversari era ormai suo prigioniero.

Il tentacolo Rosso della Rabbia, quello Verde dell’Invidia e quello Indaco della Superbia, sollevarono da terra il trio di guerrieri ellenici, i cui corpi, apparentemente privi di forze, ciondolavano sofferenti, "Ora che le vostre colpe vi hanno intrappolato, lasciate che siano i peccati restanti ad infliggervi ulteriore dolore!", esclamò soddisfatto il nero nemico.

Per primo, fu il tentacolo Viola a colpirli, selvaggiamente, ripetutamente, uno dopo l’altro; "La Lussuria, che nella sua folle ed ossessionante carica vi percuota senza fine, senza mai saziarsi!", esordì.

E subito dopo arrivò la spira Gialla che si unì alla sorella in quella folle carica di violenza, "E se di insaziabilità si parla, che anche la Gola dica la propria, strappandovi via le carni!", rise soddisfatto.

In seguito anche il tentacolo Arancio si aggiunse alla carica, colpendo lì dove i corpi dei tre erano rivestiti dalle loro vestigia, "E non di carni, ma di averi è incontentabile l’Avidità, che essa possa distruggere le vostre armature!", augurò il nero nemico.

Ultimo si aggiunse l’emanazione dal colore Blu, "Ecco, infine, arrivare anche l’Accidia, per quanto lenta e svogliata, anche lei merita di poter combattere e massacrare!", suggerì lieto Wuluwaid.

Fu, però, l’esplodere delle altre battaglie che interruppe l’euforia dell’Ariete Oscuro, che vide come ancora la sua consorella stesse combattendo contro le sacerdotesse, per quanto una di loro fosse ormai caduta, mentre lo scontro del Sagittario Nero era brillante della furia di molti cosmi e venti.

Solo allora, l’Aborigeno si ricordò che non sarebbe stato un’altra pedina sacrificabile nei piani di Giano e Temujin, quindi abbandonò la presa sulle tre vittime, che ricaddero al suolo, straziate e sanguinanti, volgendo la propria attenzione verso Favonio, seduto a terra, poco lontano.

"Ebbene?", chiese il traditore di Eolo, "Ebbene, ce ne andiamo.", affermò semplicemente l’altro.

"Che cosa? E questi tre maledetti che mi hanno ferito?", ringhiò Favonio, rialzandosi a fatica, "Lasciali qui, che soffrano e muoiano per mano di Persefone, che tanto apprezza uccidere i cavalieri di Atena! Non ho interesse nella loro morte, così come non ne ho nella loro vita. Sono intervenuto perché tu sarai un mio confratello e la tua presenza è necessaria per il compimento dei nostri piani, da ciò che chi ci guida ha detto.", spiegò secco l’Homo, "Devi anche capire quando è il momento di combattere e quando è quello di abbandonare lo scontro.", concluse, avvolgendo se stesso ed il traditore di Eolo nel suo cosmo dai molti colori, per poi scomparire con lo stesso.

Una battaglia si era conclusa nel Tempio dei Venti, ma ancora altre se ne combattevano.