Capitolo 17: Il Pavone Nero ed i Cani da Caccia

Quando riaprì gli occhi, Xi Yan intravide, attraverso la maschera di bronzo, le sagome dell’anziano maestro e del compagno d’addestramenti, in piedi di fianco a lei.

"Tutto bene, mia giovane allieva?", chiese con tono gentile il Vecchio insegnante, rivolgendole un sorriso gentile con quel suo viso rugoso, "Sono solo un po’ intontita… quanto sono rimasta svenuta?", domandò, ricordandosi solo allora dell’assalto di Libra Oscuro, "La battaglia?", incalzò preoccupata.

Fu un cenno di Zong Wu dell’Auriga a tranquillizzarla, "Allontanatosi, assieme alla sua allieva, per non so quale altro diabolico piano…", rispose preoccupato il cavaliere d’argento, rivolgendo lo sguardo all’anziano maestro.

"Proprio per questo non potete restare qui ancora, miei discepoli, dovete tornare al Santuario, aiutare ad estirpare la minaccia lì presentatasi.", spiegò subito Dauko, sbalordendo il più anziano degli allievi.

"Entrambi?", domandò, comprendendo solo in quel momento il senso di quelle parole, Xi Yan, desiderosa di combattere ed il cenno affermativo del santo d’oro produsse un sorriso sul viso di lei, per quanto nascosto dalla maschera.

"Non sappiamo, però, se Libra Oscuro si è diretto al Santuario, forse anche altri luoghi sono stati attaccati, oltre ad Atene e le Eolie.", suggerì Zong Wu con ancora ansia nella voce.

"Questo è certo, mio discepolo, ma è altrettanto sicuro che, considerando il potere che ho avvertito aleggiare attorno al compagno di Lao Qi ed a quello persino superiore che ho sentito esplodere in Francia, ben poche speranze avreste voi due da soli in un attacco frontale.", analizzò il Vecchio Maestro.

"No, Zong Wu, l’unica possibile strategia è soccorrere i compagni intenti a combattere ad Atene e poi ridirigere tutte le forze residue verso i luoghi dove ancora i nostri nemici sono presenti.", concluse, volgendo poi lo sguardo verso la sacerdotessa dell’Apus.

"Andrai con Zong Wu, dovrai ascoltare ogni suo consiglio e suggerimento come se fosse mio, va bene, mia giovane discepola?", chiese pacatamente l’anziano insegnante, ricevendo un cenno d’assenso dall’altra.

Pochi secondi dopo, i due cavalieri lasciarono i Cinque Picchi, lasciando solo il santo della Bilancia che, ancora una volta, com’era successo diverse volte in passato con altri suoi discepoli, temeva che mai più li avrebbe rivisti, ma non poté fare niente più che sopportare quel sapore amaro, dettato dalla preoccupazione.

***

Aveva lasciato andare avanti Ludwig, sperando che la battaglia che gli si prospettava non fosse troppo ardua, considerate le sue condizioni, ma ciò non permetteva comunque a Wolfgang dei Cani Venatici di ridurre le proprie preoccupazioni, sia per le sorti del compagno d’addestramento, sia per il maestro, che sentiva combattere alle Dodici Case, sia per i compagni della passata missione, dispersi sui diversi campi di battaglia.

"Ti vedo distratto, cavaliere, cosa c’è? Troppi pensieri per la testa? Sai, non fanno affatto bene!", lo spronò d’improvviso la voce del suo avversario, il guerriero nero che si era fermato ad affrontare, l’individuo dal volto segnato da molteplici cicatrici che diceva di chiamarsi Duhkra del Pavone Oscuro, un nemico che, inaspettatamente, sembrava piuttosto paziente nell’attendere che fosse il santo di Atena pronto alla lotta.

"Hai ragione, mio gentile avversario, non ti ho concesso l’attenzione che meritavi, ma mi farò perdonare!", ribatté allora Wolfgang, "Ecco, per te: Angriff der Jäger!", invocò il santo d’argento, liberando i segugi da caccia di pura energia.

"Che bello, dei cagnolini!", rise divertito il nero nemico, portando le mani dinanzi a se, fino a congiungere pollice ed indice, in un duplice anello, quasi il simbolo dell’infinito, che portò all’altezza del bacino, "Peccato che non potrò giocarci!", sottolineò con un ghigno serio in volto.

"Abbraccio dell’Impermanenza, stringiti attorno a me!", imperò deciso il nero nemico e subito delle fiamme di colore violaceo si generarono circondando il guerriero, quasi simili alle piume dell’animale le cui vestigia indossava, ma di un colore tetro, seppur comunque affascinante, nella molteplicità di quelle sfumature che, come una sfera, circondarono Duhkra, impedendo che i Segugi da Caccia riuscissero a raggiungerlo, perdendosi contro la parete difensiva di cui era padrone.

Per qualche secondo, Wolfgang rimase in silenzio, osservando le fiamme che si disfacevano, una volta sopito l’attacco del cavaliere d’argento, "Cosa c’è, amico mio? Mai visto il fuoco del Cambiamento?", domandò curioso l’avversario.

"Che intendi dire?", chiese di rimando l’allievo di Munklar, "Un miscredente, ma d’altronde, dagli allievi di una dea arcaica cosa potevo aspettarmi… anche Cicno e Megara sono legati alle vostre stesse vecchie credenze, e molti altri nelle nostre schiere.", ridacchiò, alzando le spalle, Duhkra, "Devi sapere che, secondo i concetti trasmessi dal Buddha, ci sono tre aspetti fondamentali dell’Esistenza e, fra questi, il primo è l’Anitya, il Cambiamento, o divenire, non restare mai immobili nell’esistenza.

Se ti è più chiaro, un po’ il medesimo concetto che fin dai tempi dei pre-Socratici, Eraclito suggeriva, il Panta Rei, seppur, ovviamente, ben più approfondito!", spiegò il guerriero dal viso ricco di cicatrici.

"Mi dispiace, ma il mio maestro preferiva spiegarmi come cacciare, piuttosto che come filosofeggiare.", ribatté sornione Wolfgang, facendo qualche passo attorno all’avversario, "Purtroppo, il maestro Haoma non è altrettanto intransigente, ma non sono cresciuto poi così male nemmeno io.", ridacchiò Duhkra, espandendo il cosmo fiammeggiante, pronto alla lotta.

Così si lanciarono uno contro l’altro: il cavaliere d’Atena tentò un rapido gancio sinistro al viso del nemico, che però fu svelto nell’abbassarsi, scivolando sul fianco dell’avversario, per poi voltarsi rapidamente.

Il guerriero nero approfittò della posizione per tentare un violento calcio al fianco del santo d’argento, il quale, preso alla sprovvista, non riuscì a difendersi, spinto indietro dall’impatto, riatterrando agilmente sulle gambe.

Di nuovo si lanciarono uno contro l’altro, stavolta da posizioni invertite; i pugni di Wolfgang, brillanti di scariche elettriche, che echeggiarono nell’aria, scuotendo tutto attorno ai due, mentre già le fiamme violacee di Duhkra s’animavano, correndo a scontrarsi con l’energia nemica.

Fu il cavaliere di Atena il primo a sferrare un preciso pugno, ma uno sguardo furbo negli occhi dell’avversario preannunciò l’azione del nero nemico: il montante sinistro, ricolmo di fiamme, che subito andò a cozzare con il gancio del santo d’argento, producendo una tempesta di lampi e vampe purpuree, respingendo ambedue i combattenti indietro di qualche passo.

Quando furono ambedue fermi, Duhkra, osservando le crepe sulle sue nere vestigia, parlò: "Davvero resistente la tua armatura, guerriero di Atena, un attributo in più alle tue doti di combattente, non c’è nulla da dire a riguardo! Spero solo non ci tolgano il divertimento di questa battaglia!", ridacchiò, espandendo il cosmo fiammeggiante.

"Il divertimento? Ti rendi forse conto che ci sono molte vite in gioco al momento, guerriero nero?", domandò di rimando Wolfgang, ricevendo una smorfia di disappunto dall’altro, che prontamente lo redarguì: "Suvvia, cavaliere, non rovinare tutto come fanno spesso alcuni miei amici! Inoltre ho notato lo sguardo quando ho voluto contrastare il tuo pugno con il mio! Avevi intuito il mio piano, eppure non hai fatto niente per contrastarlo, anzi credo tu abbia voluto questo confronto di forze tanto quanto me!".

Per un attimo, il discepolo di Munklar rimase in silenzio, guardo sorpreso il nemico, poi un sorriso si accennò anche sul suo di volto: "Hai ragione, guerriero nero, so apprezzare il fascino di uno scontro, così come gioisco dell’emozione della caccia! Esperienze in cui sono stato temprato dal mio maestro, il cavaliere del Sagittario, e forse, se ci fossimo incontrati anche solo una settimana fa, il nostro duello sarebbe stato emozionante come pochi altri, ma non ora, non sapendo ciò che ho scoperto durante la missione ad Accad.", spiegò con tono sereno il cavaliere d’argento.

"Ho scoperto che non è solo colui che combatte per la Giustizia ad essere virtuoso, ho visto guerrieri, in ambo gli schieramenti, pronti a morire non per sete di gloria, o di potere, ma per ideali, quali lealtà ed amicizia.

Giovani, fino a pochi giorni prima sconosciuti gli uni agli altri, che hanno saputo legare e sviluppare un’amicizia quasi pari all’unione che proviene dall’essere parte di una stessa famiglia. Altri, invece, cresciuti come fratelli, che serbavano rancore ed erano portatori di tradimenti, verso chi li considerava proprio amici fin dalla fanciullezza.

Un nemico mi ha chiesto di proteggere il suo Re, poiché egli non poteva rinnegare il proprio giuramento e doveva combattere fino alla morte, ma non voleva che il sovrano, che tanto lodava, perisse a causa del tradimento di altri.

E, oltre tutte queste virtù, ho anche visto il peggio degli uomini: individui che covano un tale astio verso gli dei, da volerli imprigionare, soggiogare ed utilizzarne il potere per se stessi.", concluse Wolfgang, ricevendo un inatteso applauso dall’avversario.

"Parole toccanti le tue, cavaliere, tranne forse l’ultima parte, quella sugli uomini astiosi verso il divino, quella, credo, fosse più un’iperbole innecessaria.", suggerì pacatamente l’altro.

"Triste a dirsi, Pavone Nero, ma proprio quelli sono gli uomini che vi muovono alla battaglia oggi! Ho avvertito, e di certo lo avrai fatto anche tu, alcuni dei cosmi che qui combattono e non solo. La possente essenza che poche ore fa ha scosso l’intera Europa fino a questi luoghi? Era di certo uno di questi Ladri di Divinità, ed anche fra le presenze che qui aleggiano avverto dei cosmi che niente hanno di umano, che possono solo annoverarsi fra poteri che quasi solcano il divino. Credi forse che esseri così potrebbero essere normalmente confinati nella vostra Isola della Regina Nera? No, mio avversario, costoro sono i nemici che già hanno mosso gli Ummanu ad una guerra intestina, senza che ne fossero consapevoli, che, da ciò che mi è stato raccontato, hanno animato il pugno del Sovrano d’Africa ed attaccato contemporaneamente dall’interno e dall’esterno le schiere degli Areoi di Polinesia.

Questo è il modo d’agire dei Ladri di Divinità, mandare altri avanti a fare per loro il lavoro sporco.", spiegò sicuro Wolfgang.

"Interessanti notizie mi dai, cavaliere! Cicno ne sarà di certo lieto, quando glielo riferirò… un peccato, però, in fondo, il mio maestro mi era simpatico.", lamentò con una smorfia Duhkra, alzando quindi le spalle.

"Che cosa intendi dire?", domandò stavolta proprio il santo di Atena, "Che resti un segreto, che almeno uno di noi due si dovrà portare nella tomba, ma già il Sestetto Nero qualcosa sospettava.", rispose l’oscuro guerriero, facendo l’occhiolino all’altro.

"Ora, però, bando alle chiacchiere, mio buon compagno di giochi, riprendiamo lo scontro, non pensi che sia tempo? Ci sono cosmi che esplodono e si spengono dovunque di già! Sento lo Scorpione Nero cadere e lo Scudo Oscuro animarsi di furiosa determinazione, così come l’Aquila Notturna, se i miei sensi non m’ingannano, e di rado lo fanno su una delle tetre consorelle.", ghignò, lasciando esplodere il cosmo fiammeggiante.

Il cavaliere dei Cani da Caccia si riportò in posizione di guardia, pronto a continuare lo scontro.

***

Sull’Isola della Regina Nera, Temujin osservava con curiosità l’ultimo dei sopravvissuti all’eccidio del bronzo oscuro: Olyvar della Fenice.

Aveva sentito parlare di lui, non aveva le medesime fantomatiche doti di Diana, la sacerdotessa di Atena, no, era più semplice il trucco in possesso del nero rapace, che si diceva immortale: le ombre.

Decine e decine di ombre, tutte con la medesima forma e lineamenti di Olyvar, infatti, circondavano l’Homo, era quella la fonte della sua immortalità: sostituirsi, quando soggetto ad attacchi nemici, con una di quelle tenebrose copie, probabilmente lo stesso mezzo che aveva permesso ai Black Four di sopravvivere, assieme a pochi altri, alla strage contro di loro perpetrata.

"Fatti avanti, Fenice Nera!", invitò sicuro l’uomo dagli occhi dorati, senza rivolgere la propria attenzione contro le sagome oscure che lo circondavano, il volto sorridente, "Le ombre che richiami intorno a te credi ti diano forza?", domandò beffardo, attendendo una reazione dall’altro.

Fu allora che Olyvar si mosse, lui e tutte le sue copie balzarono assieme contro il misterioso nemico privo d’armatura, "Artigli della Fenice Nera!", parvero urlare all’unisono tutte le copie e decine di cupe zampate energetiche volarono contro l’Homo dagli occhi dorati, che, però, improvvisamente, scomparve, lasciando che fossero le tenebre ad essere penetrate dagli artigli della stessa fattura.

Una risata echeggiò nell’aria, mentre le ombre atterravano sul duro terreno dell’isola vulcanica, prima che Temujin riapparisse alle spalle di quel tetro esercito.

"Tutti voi, guerrieri neri, siete definiti delle Ombre, soldati delle tenebre che ben poco hanno visto della luce del mondo, ma io invero vi compatisco e derido!", ammonì l’uomo dagli occhi dorati, "Voi siete solo il riflesso distorto da un ostacolo, di quelli stessi guerrieri cresciuti nella luce, non avete mai visto le vere ombre, non avete mai visto le profondità degli abissi, l’oscurità delle tenebre ed il buio dell’universo privo di luce!", ridacchiò perfido l’Homo.

"Silenzio, sciocco! Artigli della Fenice Nera!", imperò deciso Olyvar, assieme a tutte le copie che lo circondavano, liberando decine e decine di nuovi assalti, che, ancora, si persero nelle tenebre lasciate al passaggio di Temujin, che, oltrepassò senza preoccupazioni l’attacco nemico.

Una nuova risata indicò la posizione dov’era riapparso l’Homo, che subito volse le braccia aperte contro l’esercito di ombre che circondava la Fenice Nera, "Il tempo del tuo ultimo volo è giunto, guerriero rinnegato! Heisé Qu!", esclamò deciso l’uomo che in molti credevano provenire dalla Mongolia.

Stavolta non fu lo spazio dinanzi a Temujin ad aprirsi in un vuoto oscuro, bensì l’intero ambiente che circondava le tante e tante copie di Olyvar: il suolo ai loro piedi, il cielo notturno saturo di zolfo sopra di loro, l’orizzonte alla sua destra e quello alla sua sinistra, così come il vuoto dietro di loro.

Con un semplice gesto della mano, poi, l’Homo piegò lo spazio che aveva creato, rendendolo una sfera che si andò a chiudere, quasi come una buccia, attorno alla Fenice Nera ed alle sue tetre copie, mentre urla di terrore echeggiavano attraverso i pochi spifferi ancora visibili, prima che il globo si chiudesse completamente in se stesso, per poi sparire nell’oscurità, lasciando solo il terreno scavato al proprio posto e nessuna traccia dell’oscuro ed ultimo dei cavalieri di bronzo rinnegati dell’Isola della Regina Nera.

"Patetico…", giudicò Temujin, volgendo la propria attenzione verso Giano ed avvicinandosi allo stesso, espandendo il proprio cosmo, al pari dell’altro Homo.

Il rituale dei Ladri di Divinità continuava.

***

"Angriff der Jäger!", esclamò Wolfgang, scatenando la furia del proprio attacco che, ancora una volta, trovò l’Abbraccio dell’Impermanenza a bloccarne la corsa, impedendo ai feroci segugi energetici di trovare la loro preda.

Quando le purpuree fiamme si quietarono, poi, Duhkra fece un cenno di diniego e sollevò appena le spalle, prima di parlare: "Che ne dici, cavaliere? Preferisci che sia io ad attaccare adesso?", domandò beffardo, espandendo il cosmo fiammeggiante.

"Dimmi, guerriero nero, sai cosa si dice della volpe e dell’istrice?", chiese di rimando il discepolo di Munklar, "No, so qualcosa di una volpe e dei suoi problemi con l’uva, ma se non vogliamo discutere di vecchi scritti greci e latini, o meglio ancora di scritti provenienti dalle mie terre d’origine, penso che sia pur giunto il tempo che ti mostri come Duhkra non è solo padrone di una fiammeggiante difesa!", ribatté il Pavone Oscuro, scattando all’attacco.

Il cavaliere di Atena non si fece trovare impreparato, spostandosi lateralmente, evitando quel primo diretto portatogli contro, raggiungendo il fianco del nemico, contro cui lasciò brillare il proprio cosmo, "Hai il fianco scoperto!", avvisò deciso il santo d’argento, sferrando il possente attacco.

"Reißzähne des Jägers!", urlò Wolfgang, scatenando le Fauci dei Cacciatori, ma Duhkra sorrise perfido, voltandosi di scatto, "Al contrario, ho il fianco pronto a subire e contrattaccare!", replicò beffardo, portando ambedue le mani avanti, congiunte con i palmi verso il suo avversario, "Ascolta, mio buon cavaliere! Canto della Sofferenza!", invocò il Pavone Nero.

E proprie le forme del tetro pennuto presero le fiamme violacee del guerriero, liberandosi e correndo attraverso le grosse fauci del cane da caccia.

Un acuto stridio riempì il roccioso campo di battaglia, mentre fiamme e scariche elettriche si disperdevano nell’aria circostante, lasciando i due combattenti sospingersi indietro dalla furia di quello scontro di forze, piegati entrambi in ginocchio sotto il duplice dolore dei colpi che avevano vicendevolmente usato.

"Lo sapevo che avresti usato a tuo vantaggio il fianco scoperto!", rise, battendo il pugno al suolo per il dolore, Duhkra, "Devo comunque dire che quel pugno di poco fa, quella coppia di fauci, mordevano davvero duramente, complimenti.", ridacchiò ancora, rialzandosi, malgrado le vestigia danneggiate ed il corpo segnato da nuove ferite.

Wolfgang, dal canto suo, aveva subito ben minori danni grazie all’armatura dei Cani Venatici che, però, ormai era segnata da fin troppi danni: la violenza del duplice attacco aveva decisamente sforzato la resistenza delle sue vestigia.

In silenzio il cavaliere di Atena cercò di rimettersi in piedi, prima che una fitta di acuto dolore scorresse lungo tutto il suo corpo, costringendolo di nuovo in ginocchio, i denti stretti per non urlare dall’acuta sofferenza fisica.

"Non sei abituato a questi livelli di dolore, cavaliere? Un vero peccato! Speravo di più da un uomo come te, cresciuto a battaglie e caccie!", ridacchiò ancora il Pavone Nero, tenendosi un fianco dolorante, "Si vede che non sei abituato ai livelli di Sofferenza che il mio culto reclama!", aggiunse ancora.

"Che intendi dire?", domandò Wolfgang, stringendo i denti, "Parlo del secondo dei fondamentali dell’esistenza, il Dukka, la Sofferenza insita nella vita di ogni uomo. Nello specifico, un attacco che si espande dalle fiamme che alimentano il mio cosmo colpendo non solo il corpo del mio nemico, ma anche lo spirito insinuando il dolore ad un livello superiore a quello dei normali cinque sensi.", spiegò Duhkra, lasciando bruciare il proprio potere cosmico, "Inoltre dicono che il canto del Pavone porti sfortuna! Ascoltalo, dimmi se credi in questi luoghi comuni!", ridacchiò il nero nemico, liberando nuovamente l’attacco energetico contro l’avversario ancora inginocchiato al suolo.

Fu lesto l’allievo di Munklar nello spostarsi, evitando in parte l’attacco nemico, seppur alcune fiamme lambirono il braccio sinistro, intensificando il dolore del suo corpo.

In quello stesso momento, nuove emanazioni cosmiche esplodevano in attacchi diversificati lungo l’intero Santuario, "Anche Cicno ha iniziato a combattere…", ridacchiò Duhkra, riconoscendo uno di quei cosmi, che stava affrontando qualcuno di noto a Wolfgang.

"Cicno?", ripeté il cavaliere dei Cani Venatici, cercando di rimettersi in piedi, "Hai già pronunciato poc’anzi questo nome: è l’uomo che sospettava qualcosa dei Ladri di Divinità, giusto?", domandò il santo d’argento.

"Non è esatto.", ribatté prontamente il Pavone Nero scattando avanti e colpendo in pieno sterno l’altro con un piede, sbilanciandolo al suolo e facendo pressione con il piede sul petto di quello, mentre già calde fiamme iniziavano a circondarlo e rodere le vestigia, o almeno cercavano di farlo.

"Noi non sapevamo niente dei Ladri di Divinità, ma, come tu stesso suggerivi, questi nove guerrieri d’oro nero, alcuni apparsi dal nulla, che entravano ed uscivano dall’Isola Prigione senza che la famiglia dei Custodi potesse fermarli… erano qualcosa di curioso, specie per chi, come molti del Sestetto Nero, si trovavano su quelle rocce vulcaniche da molto prima del loro arrivo.", tagliò corto Duhkra.

Ed in effetti, quando il giovane discepolo di Haoma era giunto in quella tetra isola, già quelli che sarebbero diventati, in futuro, i suoi compagni nel Sestetto, erano tutti prigionieri in quel luogo.

Duhkra, dal canto suo, non era mai stato condannato all’Isola della Regina Nera, no, la sua condanna era stata la povertà per le strade di un piccolo villaggio indiano, lì lo aveva trovato l’uomo che gli si era presentato come Haoma, lo stesso nome della divinità dei sogni indiana, tanto che, l’allora bambino, aveva quasi pensato che proprio di un sogno si trattasse, quando quello strano individuo gli aveva offerto del cibo e la sicurezza di una casa.

Una sicurezza che, poi, non era stata tale: Haoma, infatti, lo aveva sì portato nel luogo dove abitava assieme ad un’altra ragazzina, Tolué, una giovane turca, da ciò che Duhkra scoprì, che era stata salvata dalla medesima triste sorte che lui era toccata, una vita di vagabondaggio e povertà; quella stessa casa, però, l’avevano abbandonata pochi mesi dopo, quasi fuggendo da qualcosa, o forse seguendo qualcosa, che solo l’uomo che da loro si faceva chiamare Maestro, sembrava conoscere.

Non era una brutta vita, di questo il giovane orfano non si era mai lamentato: cibo sufficiente per tutti e la possibilità di scoprire i segreti del cosmo, poi, nel continuo viaggiare, anche altri due sfortunati furono raccolti da Haoma, prima Kevan, un orfano inglese, poi la giovane Syrin di origini canadesi.

Per anni viaggiarono e si addestrarono, come una piccola e contorta famiglia, seguendo le direttive del maestro che cercava di spiegare loro come non esistesse l’individuo, ma tutti facessero parte di qualcosa di più grande, di un’entità assoluta, di come quelli che venivano definiti dei non fossero altro che uomini che avevano saputo superare i limiti delle concezioni mortali e che, nel tragitto, avessero scoperto quanto fosse bello essere venerati.

Lunghi furono quelli anni, ed a ben vederli adesso secondo Duhkra, anche tediosi, poi, giunsero sull’Isola della Regina Nera, un luogo in cui il loro maestro gli disse di conquistare un’armatura nera d’argento, non avrebbe accettato niente di meno da loro e di riuscire a mantenere il controllo dell’isola.

Non fu difficile conquistare una di quelle oscure vestigia, frutto di chissà quali contorti alchimisti, né per Tolué raggiungere la vetta del potere in quella schiera di guerrieri, trovandosi associata ad individui come Omega della Carena Nera; Syrin ottenne il medesimo ruolo, probabilmente grazie alla fama che tutti e quattro loro possedevano; Kevan era troppo debole per sperare in una possibilità anche lontanamente paragonabile, mentre lui non se ne curò.

Duhkra trovò qualcosa di diverso sull’isola prigione: amici, nel contorto e perverso senso che un luogo del genere permetteva di averne.

Cicno, con tutti i suoi esagerati progetti di conquista, per il giorno in cui sarebbero riusciti a fuggire dall’Isola della Regina Nera, attirò subito l’attenzione del discepolo di Haoma: stava cercando di riunire un piccolo gruppo, forte abbastanza da poter puntare alla vetta, e poi alla fuga, da quel luogo, e per fare ciò aveva avvicinato alcuni degli allievi dei guerrieri d’oro nero, gli stessi individui che erano apparsi all’improvviso su quel pezzo di roccia vulcanica, dimostrando doti che andavano oltre quanto avessero mai visto prima.

Tutto iniziò così, per pura curiosità, da parte di Eracle Nero, su chi in realtà fossero i nuovi guerrieri d’oro oscuro, ma poi andò mutando, seguendo il primo fondamento dell’esistenza, come amava riflettere Duhkra stesso, fino a fargli trovare in quelli stessi strani individui, persone verso cui aveva piena fiducia, persino più che nel proprio insegnante.

Ora erano finalmente liberi, ad Atene, con l’unico obiettivo di attaccare e distruggere quel luogo, mentre altri fra loro erano stati mandati presso il tempio di Eolo ed alcuni verso altri bersagli, con già un luogo preciso in cui rincontrarsi dopo la fine di tutte quelle battaglie. Cicno, però, aveva dato un ordine ulteriore ai propri compagni: così come aveva chiesto a Kurnak e Megara di scoprire cosa effettivamente volessero fare in Italia, allo stesso tempo, Duhkra e Sinai avrebbero dovuto scoprire il più possibile dai loro maestri, nel modo meno pericoloso possibile.

Il Pavone Nero, nel suo piccolo, qualcosa lo aveva fatto: aveva studiato il modo in cui il cosmo di Virgo Oscuro si era andato espandendo in tutto quel periodo, da quando avevano deciso di attaccare il piccolo gruppo di cavalieri di bronzo ed una curiosa teoria aveva iniziato a sviluppare, arricchita dalle parole che poco prima il suo avversario gli aveva detto sui Ladri di Divinità.

Fu proprio Wolfgang dei Cani Venatici a riportare il nero avversario al presente, mentre alcune scosse elettriche ricacciavano indietro il peso del discepolo di Haoma, costringendolo ad una veloce capriola a mezz’aria, per riatterrare poi elegantemente al suolo.

"Chiedo scusa, cavaliere, m’ero un attimo distratto…", ghignò Duhkra, espandendo il cosmo infuocato, "Non avverrà di nuovo!", assicurò, liberando ancora una volta la potenza del Canto della Sofferenza, a cui, però, il discepolo di Munklar fu sufficientemente veloce da contrapporre l’assalto dei Segugi, sotto forma di una serrata carica di pugni energetici, globi elettrici che dispersero le fiamme prima di poter raggiungere il santo di Atena.

Subito, però, un nuovo assalto di Wolfgang seguì il primo, liberando una seconda carica dei Segugi energetici, che, però, trovarono a bloccar loro il cammino la barriera di fiamme del Pavone Nero, che lo protesse perfettamente.

Una smorfia di disappunto si dipinse sul volto del tedesco: aveva pensato che Duhkra fosse un riccio, un individuo dalle elevate capacità difensive, anche se, visto il numero di cicatrici che ne segnavano il corpo, sembrava collimare poco con quella teoria.

Le strategie del suo avversario, però, avevano rivelato la verità, Duhkra era l’animale più avventato che potesse esistere: un uomo.

Quel pensiero riportò alla mente del giovane cavaliere una delle prime lezioni di caccia del santo del Sagittario: "Ci sono molti tipi di predatori e prede, ragazzo.", aveva esordito, "Ci sono le prede naturali, che sfruttano le loro doti per difendersi dai cacciatori, come l’agilità delle gazzelle, o la carapace di tartarughe ed altri animali simili; poi ci sono i predatori che possono essere cacciati, allora, ciò che dovrete considerare sarà la loro ferocia e quelle naturali qualità che li rendono capaci di predare altri animali.", aveva spiegato, prima di volgersi verso il giovane discepolo da poco conosciuto, "Poi c’è l’uomo.", aveva aggiunto, sbalordendolo.

"Molto spesso, le persone hanno caratteristiche nel modo di combattere ed agire simile a quello di alcuni animali, magari è qualcosa di riflesso, di inatteso ed istintivo. Non ti renderai mai conto di essere un leopardo, nel modo in cui combatti, ma se osservi con attenzione il nemico e poi lo attacchi con velocità, allora sei un predatore di quel genere, se invece hai un’elevata capacità difensiva, data dalla stazza, che sai ben combinare con forza fisica ed armi, allora potrai essere paragonato ad un toro, o ad un orso, o un cinghiale.", continuò ad enumerare il santo d’oro.

"E poi ci sono gli uomini più complicati da cacciare, quelli che agiscono come uomini, per l’appunto: non seguono uno schema preciso, alcune volte si difendono, altre non si curano di niente se non attaccare, in modo apparentemente illogico, ma solo se sei molto fortunato non c’è una strategia insita nelle loro azioni.", concluse.

Il nero guerriero che aveva davanti, Wolfgang lo catalogava proprio in quest’ultima tipologia: aveva mostrato una tecnica difensiva, lasciando credere che fosse il fondamento di ogni sua difesa, ma, quando il pericolo s’era fatto maggiore, anziché difendersi, ne aveva approfittato per attaccare, utilizzando così una falsa debolezza propria, divenuta una reale debolezza del suo avversario.

Era furbo. Spietato, ma furbo, quasi come Sin di Kur, ma, al contrario del Principe Rosso, non aveva, apparentemente, la stessa brama di potere, sembrava, piuttosto desideroso di combattere, come se fosse una contorta noia a guidarlo nelle sue azioni.

"Ebbene, cavaliere? Ancora intento ad osservarmi?", domandò beffardo Duhkra, richiamando l’altro al presente, "Forse ti posso dare una mano! Posso scuoterti!", aggiunse, scattando avanti con determinazione.

"Non serve che tu mi scuota, guerriero nero, sono più che ben motivato a sopravvivere e superare questa battaglia!", ribatté Wolfgang, caricando anch’egli, mentre il cosmo brillava nel pugno destro, "Angriff der Jäger!", invocò, scatenando i feroci cani da caccia.

"Non lo sei affatto, temo!", lo redarguì invece l’altro, iniziando a muoversi ad elevata velocità, spostandosi fra i possenti attacchi del cavaliere d’argento, sbalordito da tanta rapidità, mentre già quello preparava il proprio di assalto.

"Abbraccio dell’Impermanenza, compi il tuo ciclo!", esclamò e le piume di fuoco violaceo lo circondarono, per poi aprirsi in un’ampia coppia di ali fiammeggianti, che, inaspettate, investirono al fianco sinistro il santo di Atena, spingendolo indietro, costringendolo di nuovo al suolo, le vestigia ormai crepate e la pelle ustionata.

Duhkra allora si fermò, osservando l’ambiente che lo circondava: "Non vedi l’ironia di questo momento, cavaliere?", chiese con un ghigno beffardo, "Sinai è scesa in campo, sta ora combattendo, la avverto distintamente, come lei, anche Cicno combatte e, già così tanti dei miei compagni di prigionia sono caduti, ma, tutto questo, semplicemente per celare ai vostri occhi la più banale delle verità.", spiegò tronfio il Pavone Nero.

"Di che vai blaterando?", domandò dolorante Wolfgang, rialzandosi in piedi, "Rifletti, mio buon amico, in fondo, è stato poc’anzi, grazie anche alle tue parole, che sono giunto alla conclusione più ovvia ed intelligente: lo hai detto anche tu, gli uomini che muovono le fila di questa guerra sono Ladri di Divinità ed usano eserciti non loro per attaccare i nemici. In più, hai detto che il cosmo del mio maestro è simile a quello di altri di questi individui, un cosmo che, da ciò che anch’io avverto, sta riempiendo questo intero Santuario.", ricollegò Duhkra, volgendo il proprio sguardo, deformato da cicatrici, al santo di Atena, "Ancora non vedi il collegamento? Eppure, mi par di capire che tu abbia partecipato alla battaglia di alcuni giorni fa, in cui persino sull’Isola Prigione sentimmo cosmi divini scomparire. Non avevano forse riempito l’ambiente con quel cosmo divino, confondendosi in esso? E come può il mio maestro saturare con un cosmo simile un luogo che già dovrebbe essere pregno di potere, il potere di una specifica divinità.", concluse con un ultimo ghigno furbo.

"Atena? State cercando di assorbire l’essenza della dea della Giustizia?", domandò sgomento Wolfgang, "Esatto! Questo stanno facendo il Toro, il Capricorno ed il mio maestro, come, credo, anche Ariete e Pesci inviati in quel tempio in Italia e, probabilmente, anche gli altri quattro, diretti nei luoghi più disparati del mondo! La vostra dea, immagino, sia il loro bersaglio!", confermò quello, "Cicno sarà entusiasta di questa notizia!", aggiunse divertito il Pavone Nero.

"Cicno dovrà aspettare per saperlo! Il momento in cui vi incontrerete di nuovo in Ade!", minacciò deciso il santo d’argento, lasciando esplodere il proprio cosmo fulminante, "Devo abbatterti, Ombra malefica, per poi correre in soccorso di almeno uno dei gruppi in battaglia! Sono certo che i cavalieri d’oro sapranno in quattro ben reggere il confronto con uno dei Ladri di Divinità, altrettanto spero possano fare la sacerdotessa della Musca ed il vecchio cavaliere di Orione, poiché andrò in soccorso di Ludwig e dei giovani santi di bronzo, dopo averti sconfitto.", esclamò con voce sicura, pronto all’attacco.

"Trupper der Jäger!", tuonò il discepolo di Munklar, scatenando la più furiosa delle mute d’energia che poteva liberare, cercando d’intrappolare con attacchi da ogni direzione l’oscuro nemico.

"Vogliamo dare sfogo a tutte le nostre risorse? Ben venga! Abbraccio dell’Impermanenza, proteggimi!", imperò sicuro Duhkra, espandendo la difesa infuocata che, come un globo, si chiuse attorno al nero guerriero, contenendo buona parte dell’offensiva del santo d’argento.

"Non è ancora finita!", urlò Wolfgang, correndo avanti, proprio attraverso il suo stesso attacco, il pugno già colmo di ulteriore energia: "Reißzähne des Jägers!", tuonò, scatenando il secondo colpo, che andò a cozzare contro le difese già provate dal primo, sfondandole del tutto e travolgendo il Pavone Nero, che si schiantò qualche metro più indietro, in mezzo alla dura roccia.

Un urlo di gioia si sollevò dalle rocce in frantumi, prima ancora di Duhkra che, in un’esplosione di fiamme purpuree, si sollevò di nuovo in piedi: "Ora sì che ci siamo, cavaliere! Forza, butta fuori tutta la tua determinazione, mostrami qualcosa contro cui valga la pena impegnarsi, oppure cadi sotto il Canto della Sofferenza!", urlò il nero nemico, liberando l’ondata offensiva di fuoco.

Stavolta fu Wolfgang a caricare a testa bassa, lanciandosi contro il fiammeggiante volatile d’energia, "Reißzähne des Jägers!", imperò, liberando l’attacco d’energia non contro l’avversario ed il suo colpo segreto, bensì sul duro terreno, scatenando una tempesta di lapilli, rocce e scariche elettriche che occultarono tutto nell’aria circostante il cavaliere d’argento.

Incuriosito, Duhkra rimase immobile, attendendo con il fuoco che già scintillava sulle sue mani, pronto a chissà cosa stesse per apparire appena dissipata la polvere, ma non trovò niente ad attenderlo, bensì, dalla sinistra, proprio in mezzo a massicce rocce, echeggiò un urlo di battaglia: "Angriff der Jäger!"

Si voltò subito il nero guerriero, sollevando le piume fiammeggianti a propria difesa, ma trovò solo Wolfgang, fermo, il pugno piantato nel terreno, che lo scrutava con un sorriso furbo in volto.

Ci volle qualche secondo perché una scossa dal suolo facesse perdere leggermente l’equilibrio al Pavone Oscuro, costringendolo a barcollare indietro, mentre la selva di cani energetici appariva dal terreno, sfondandolo e spingendo in aria il discepolo di Haoma.

Fu quando il nemico era a mezz’aria, intontito dal precedente attacco, che Wolfgang gli fu addosso, "Reißzähne des Jägers!", ruggì, scatenando tutta la furia delle fauci elettriche, che frantumarono il pettorale dell’armatura nera, lasciando cadere il corpo quasi del tutto dilaniato di Duhkra al suolo.

Un colpo di tosse lasciò intuire che l’oscuro nemico non era ancora morto, "Ci sei andato giù pesante, amico mio!", scherzò tossendo sangue, "Mi lascerai non poche cicatrici dopo questo scontro, ma devo dire che me le sono meritate e guadagnate tutte.", aggiunse, un sorriso distorto dal dolore.

"Una delle prime lezioni che ricevetti dal mio maestro è che la preda peggiore è l’uomo, poiché non sai mai cosa farà… ma, proprio per questo, può diventare anche il peggiore dei cacciatori, basta solo dargli le giuste motivazioni ed idee.", esordì il cavaliere dei Cani Venatici, sudando visibilmente per lo sforzo di tutti gli attacchi lanciati in sequenza.

"Tu mi hai dato entrambi, guerriero nero: una motivazione, quando mi hai fatto capire quale fosse il vero piano dei Ladri di Divinità, usarvi come distrazione, per rubare l’essenza della dea Atena, come già avevano fatto con Shamash.

Mi hai offerto anche delle buone idee, con i tuoi continui cambi di strategia, passando dal difenderti all’attaccare alla cieca senza una logica apparente.", concluse Wolfgang, voltando le spalle al nemico ed iniziando ad allontanarsi.

"Aspetta!", urlò allora Duhkra, "Non hai ancora visto il terzo Fondamento dell’Esistenza per il Buddhismo!", lo avvisò, mentre un ghigno si dipingeva sul volto deturpato dalla battaglia ed ampie fiamme iniziavano a circondare ambedue i combattenti.

"Vuoi ancora lottare?", domandò sgomento il santo d’argento, circondandosi di scariche elettriche, "Sia dunque!", accettò pronto allo scontro.

"Completezza dell’Anatman!", invocò Duhkra, lasciando che le fiamme si disperdessero nell’intero ambiente partendo dal suo corpo, "Trupper der Jäger!", rispose prontamente il discepolo di Munklar, liberando fulminanti cani da caccia da ogni direzione.

Non fu violento l’impatto fra le due forze: lo stormo di levrieri corse rapido fra le fiamme, quasi quelle non volessero per nulla toccarle, allargandosi sul terreno, bruciando tutta la roccia fra i combattenti fino a disegnare un pavone stilizzato nel terreno annerito, ma non sfiorando nemmeno il santo d’argento.

Al contrario, i cani d’energia investirono con precisione il guerriero nero, travolgendolo e schiantandolo di nuovo al suolo, l’armatura ormai ridotta ai minimi termini ed il corpo segnato da molteplici morsi elettrici.

"Non so cosa tu avessi in mente, Pavone Oscuro, ma le fiamme che hai disperso non mi hanno sfiorato…", fu il laconico commento di Wolfgang, avvicinandosi con cautela al suo avversario riverso al suolo, con il sangue che sgorgava dalle molteplici ferite.

"Hai vinto la battaglia, cavaliere… sei stato più veloce. Salutami il mio maestro…", balbettò con la voce strozzata il nero nemico al suolo, "Chissà che non ci riveda, in un’altra vita.", sussurrò infine, lasciando andare l’ultimo respiro.

"In un’altra vita, guerriero nero, lì combatteremo senza ostacoli, o urgenze.", confermò con un triste sorriso Wolfgang, allontanandosi poi di corsa verso il campo di battaglia dove già sentiva Ludwig bruciare il proprio cosmo.

Quello che, però, il cavaliere dei Cani Venatici non sapeva era che il terzo Fondamento, l’Anatman, era la negazione dell’individuo, il "non se", fare parte del tutto, qualcosa che Duhkra aveva mutato in un’arma non fatta per l’offesa, o la diretta difesa contro i nemici, ma per un fine più sottile, lo stesso che tante cicatrici aveva imposto al suo corpo, lo stesso per cui, in principio, Cicno lo aveva notato per il Sestetto Nero.

Ignaro del vero potere della tecnica nemica, Wolfgang si allontanava, senza notare che le ceneri che avevano segnato infine il campo di battaglia stavano andando a fondersi con il sangue che sgorgava dalle mortali ferite subite dal suo avversario.