Capitolo 15: Colpevole d’Innocenza

Bao Xe della Musca era al centro dell’Arena dei Tornei, osservava l’altra figura avvicinarsi: corti capelli color fragola, che arrivavano appena a lambire le orecchie, due grandi occhi verdi e dei lineamenti chiaramente mediterranei, questo vedeva del viso nemico, un viso giovane, di qualche anno più giovane di quello che, probabilmente, aveva ormai Dorida, la sua allieva.

A proteggere quella seconda discepola del Toro Nero, un’armatura che era, chiaramente, la controparte delle vestigia dell’ormai defunta Agesilea dell’Aquila.

Quando la ragazzina fu alla giusta distanza, la sacerdotessa della Musca sollevò le braccia, pronta alla battaglia, ma fu l’altra, invece, che preferì parlare: "Non mi riconoscete, maestra?", chiese d’improvviso, prima di volgersi verso colui che un tempo era Bjorn, "Va bene per voi se la chiamo in questo modo?", chiese, ricevendo un cenno distratto dal gigante con un malefico ghigno in viso.

"So bene che non mi riconoscete, ma sforzatevi, maestra Bao Xe, trovo spiacevole che il mio ricordo sia sfiorito così velocemente, una nuvola passeggera nella vostra esistenza.", propose la guerriera dell’Aquila Oscura.

"Un tempo sarei dovuta essere io la vostra allieva, non Dorida, o almeno lei non sarebbe stata la prima, malgrado ancora piccola la trovaste e portaste al Santuario, come lei non faceva mai segreto, raccontando a tutte noi, ai tempi degli allenamenti iniziali cui tutte le sacerdotesse partecipavano, negli anni in cui condividevamo gli stessi dormitori, io, Dorida, Ippolita, Cassandra e le altre, molte delle quali, oggi, combattono in uno dei due schieramenti sul campo di battaglia.", aggiunse con voce fluida e cordiale la ragazzina misteriosa, "Davvero non ricordate dell’allieva di cui non avete difeso i diritti e l’onore, non ricordate me, Umba?", incalzò ancora.

Fu quel nome che risvegliò qualcosa nella mente di Bao Xe, "Sì, ora lo vedo, qualche ricordo si è acceso nella vostra memoria, già va meglio.", commentò prontamente la nera guerriera.

"Umba… ma come?", balbettò appena la sacerdotessa d’argento, "Come so cosa state pensando? Questo era il mio dono fin d’allora, la capacità di comunicare con il pensiero, la capacità di leggere il pensiero. Ai tempi non era particolarmente affinato, fu per questo che mi sorpresi quando il mio urlo, la mia disperata richiesta d’aiuto raggiunse effettivamente Ippolita e gli altri che mi salvarono, ma adesso, grazie anche agli addestramenti ricevuti, posso leggere perfettamente ogni vostro pensiero, mia cara insegnante mancata, adesso posso farvi pagare ogni torto che ricevetti da quel giorno in poi!", accusò decisa l’Aquila Nera, lasciando risplendere un tetro cosmo di piume.

Con un rapido movimento della mano, due nere piume volarono contro le vestigia di Bao Xe che si trovò completamente impreparata, ma non subì alcun danno solo grazie alla virtù difensiva della sua armatura, rinata dalle mani di Aruru di Golem e dal sangue del suo maestro, Ascanus.

"Ha fatto un ottimo lavoro nel ripararla questo guerriero accadico, me ne compiaccio per voi, maestra!", esclamò prontamente Umba, sbalordendo la sacerdotessa di Atene, "Non stupitevi: come vi ho detto, ho perfezionato il mio dono con l’esperienza! Qualsiasi cosa voi pensiate, io la so, qualsiasi ricordo, idea, strategia, dubbio siete un libro aperto per me! Siate consapevole che, adesso, è come se quelle vestigia e quella maschera non ci fossero, riesco a vedere il vostro io più profondo e, ben presto, riuscirò ad affondarci anche i miei artigli!", avvisò prontamente la guerriera nera, espandendo il tetro cosmo.

Una nuova pioggia di piume d’energia volò contro la sacerdotessa della Musca, la quale, però, con le mani già ricoperte del possente cosmo, colpì i diversi strali avversi, disperdendoli e riducendoli in scintille che si dispersero fra le due guerriere.

"Ottimo, mi complimento, le famose arti marziali dell’allieva dello Scorpione, avevo sentito parlare delle vostre abilità, maestra! A lungo aveva sperato di apprenderle io stessa, ma ciò non avvenne, perché nessuno mi aiutò nel momento del vero bisogno, nessuno aiutò né me, né i miei compagni!", accusò decisa Umba, espandendo di nuovo il proprio cosmo, "Volo dell’Aquila Notturna!", ruggì la nera guerriera, liberando uno stormire di piume oscure, che parvero quasi prendere la forma del formidabile rapace, ma dal piumaggio simile ad una notte senza stelle.

Bao Xe sollevò le braccia, portandole a difesa del corpo, pronta a fronteggiare quel nuovo assalto, "Non basterà!", la avvisò prontamente la giovane avversaria, "Anzi, non servirà nemmeno!", aggiunse, prima che un lampo avvolgesse la visuale della sacerdotessa di Atene.

Bao Xe si vide, anzi, vide attraverso gli occhi di qualcun altro, occhi ricolmi di lacrime, mentre tre figuri, tre di quelli stessi soldati semplici di cui il Santuario era pieno, le giravano attorno, passandosi l’un l’altro una maschera di bronzo, lasciandosi andare a commenti lascivi, tirandole una ciocca di capelli, o strappandole una carezza, mentre lei cercava di divincolarsi e riprendere la propria maschera.

Si sentì impotente, la discepola di Ascanus, presa da un’ansia ed un terrore come poche altre volte le era successo in vita sua, pronta a gridare aiuto.

Fu un lampo quello che sembrava essere un ricordo non suo, un lampo, prima che la sacerdotessa fosse effettivamente travolta dalla potente planata dell’animale energetico, che la respinse indietro di diversi metri con delle crepe sulle rinate vestigia, schiantandola al suolo, in ginocchio.

"Avete assaporato un po’ di ciò che provai quel lontano giorno? Avete assaporato per cosa fui punita?", chiese la voce di Umba, mentre già la guerriera di Atene si sentì chiamare: "Bao Xe, tutto bene?", domandò Degos di Orione, facendo qualche passo avanti verso l’arena, per essere fermato, però, da una lieve scarica di fulmini.

"Scontri individuali, vecchio compagno, ora tocca alla sacerdotessa, il tuo turno ritornerà molto presto, non ti preoccupare.", avvisò con tono duro il Toro Nero, "Bjorn!", ruggì con disappunto il maestro di Menisteo a quelle parole, ma bastò un gesto dell’allieva di Ascanus per fermarlo, "Lascia a me questa battaglia, nobile Degos, mi è ormai chiaro che spetta a me purificare il cuore di questa fanciulla.", rispose semplicemente.

"Lo pensate davvero, maestra, ne sarei quasi commossa, non fosse che, nel giorno in cui necessitavo realmente del vostro aiuto, voi, non vi siete fatta avanti.", ammonì subito Umba a quelle parole, preparandosi a continuare la battaglia.

Una nuova pioggia di piume volò contro la sacerdotessa d’argento di origini mongole, che, però, fu ben veloce nell’evitarle, spostandosi fra di esse, colpendole, quando necessario, con i pugni ricolmi d’energia cosmica, prima di raggiungere l’Aquila Nera.

"Mi dispiace, Umba!", esclamò Bao Xe, le mani ricolme d’energia, "Volo di Myia! Colpisci!", esclamò, sferrando tre veloci attacchi con le pungenti dita, ma la nera avversaria fu pronta: con un veloce movimento delle gambe, si portò alla sinistra del primo affondo, evitandolo e costringendo la sacerdotessa d’argento a voltare l’intero tronco per cercare di raggiungerla: "Spiacente, maestra, sarete voi ad assaporare gli Artigli dell’Aquila Notturna!", ruggì di rimando, aprendo la mano sinistra, che si trovava vicina alla spalla dell’allieva di Ascanus.

Fu un impatto violento e preciso, un fendente quasi simile ad una zampa di rapace che si stringeva sulla pelle, strappandone via una parte e spingendo indietro la sacerdotessa consacrata ad Atena, facendola rotolare malamente al suolo.

"Due debolezze diverse mi avete concesso, maestra Bao Xe, due debolezze che mai mi sarei aspettata data la fama che vi circonda!", avvisò Umba, avvicinandosi con calma all’altra, che stava rialzandosi da terra, "Ed almeno una dovrebbe esservi evidente.", concluse, indicando il punto che aveva colpito.

Fu in quel momento che, per la prima volta, Bao Xe si fermò ad analizzare il nuovo aspetto delle vestigia, dopo che Arazu di Golem le aveva riparate: i gambali ora erano un tutt’uno con un gonnellino metallico, che andava congiungendosi al blocco cilindrico a protezione dell’addome e del petto, fino a raggiungere due sottili spalliere, mentre le coperture delle braccia partivano all’altezza dei gomiti, lasciando spalla ed avambraccio completamente scoperti, così com’era già in origine.

La medesima sottile corona, poi, scivolava fra i capelli della sacerdotessa guerriero, simile alla sua forma originale, così come identico era il colore argenteo delle vestigia.

Umba, in quei pochi scambi di battute ed attacchi aveva focalizzato perfettamente l’unica zona dove poter colpire senza problemi: gli avambracci.

"Complimenti per averlo capito, maestra…", ridacchiò la fanciulla avversaria, quasi avesse letto i suoi pensieri; "No, lei in effetti li legge, per questo ha saputo anticipare il mio attacco!", esclamò sgomenta Bao Xe, rialzandosi in piedi e riportandosi in posizione di guardia.

"Esatto, i vostri pensieri non sono per me mistero alcuno, posso leggere ogni attacco che desiderare sferrare, ogni strategia che avete intenzione di applicare, ogni piano d’azione che vi passa per la mente, ogni più banale idea, o preoccupazione, niente mi è precluso.

Le doti mie e di Amaltea, assieme alla potenza delle nostre altre compagne hanno reso la Sorellanza Oscura una delle forze dell’Isola della Regina Nera.", spiegò superba l’Aquila Nera, espandendo il cosmo e preparandosi a continuare lo scontro.

***

"Cosa c’è? Il piccolo Kaal non sa difendersi da solo? Ha bisogno della sua bella a proteggerlo?", domandò beffardo il guerriero che indossava le vestigia di Libra Oscuro, invitando quello a farsi avanti, "Forza, prova ad usare la malia di quella tua maschera da ballo!", rise ancora, sfidandolo.

Il ragazzo con la maschera fece per avvicinarsi, ma prontamente la sacerdotessa guerriero si portò dinanzi a lui: "Ricorda i nostri ruoli, ultimo Guardiano.", esordì la seguace di Atena, lasciando brillare il cosmo fiammeggiante.

"Alla tua famiglia il dovere di controllare e dominare su queste tetre Ombre, al cavaliere della Fenice quello di proteggervi ed aiutarvi in nome della Giustizia.", ripeté la sacerdotessa, lanciandosi all’attacco.

"Voi seguaci di divinità, siete così patetici… pensare che un tempo ero come voi, quanto trovo ciò deprimente.", ridacchiò fra se il Cinese, espandendo un vasto e scarlatto cosmo, feroce come una vera e propria belva.

"Vediamo quanto riderai ancora adesso, Libra Oscuro!", lo ammonì Diana, allargando le braccia, partendo dal busto con i pugni carichi d’energia infuocata, "Vediamo come riderai nell’affrontare le Ali della Fenice!", imperò, scatenando le possenti fiamme contro il nero avversario.

"Ho appena avuto da che combattere con i Draghi di un cavaliere d’oro e pensi che questo tuo patetico fuocherello possa intimorirmi, sacerdotessa di bronzo?", domandò beffardo Chi Yu sollevando la lancia biforcuta, ricolma d’energia cosmica, e perforando il becco del Rapace Immortale, fino a disperderlo con l’espandersi del proprio cosmo.

Uno strale d’energia scarlatta, da quel furente cosmo si liberò, correndo verso la sacerdotessa di bronzo che ne fu travolta e respinta indietro, barcollando malamente mentre cadeva al suolo, ferita.

"Una lotta impegnativa, non posso negarlo.", la schernì il Cinese, sollevando la propria tetra arma, pronto ad infierire contro l’altra, ancora al suolo, dolorante.

"Ti sei dimenticato di me, maledetto insolente?", ruggì allora la voce dell’ultimo discendente dei guardiani dell’Isola, "Fantasma Diabolico!", imperò il giovane, oltrepassando lateralmente il nero avversario.

Quando, però, Kaal si voltò, non vide il nemico che aveva appena colpito, no, vide attorno a se diverse figure di uomini a lui ben note: "Padre, madre, fratelli!", urlò sgomento nel vedere i cadaveri dei genitori e quello dei due fratelli maggiori, in piedi attorno a lui.

"Siamo stati un fallimento, figlio mio!", lo accusò prontamente il padre, "Nostro era il dovere di controllare che non fuggissero più i neri prigionieri, eppure, come due secoli fa, la nostra famiglia è stata quasi sterminata! Non abbiamo saputo leggere il vero potere insito in questi nuovi guerrieri d’oro nero.", parlò tristemente l’anziano genitore.

"Non abbiamo saputo riconoscere la perversa furbizia di Medonte, che ci mise uno contro l’altro, solo per scoprire i segreti che sarebbero dovuti andare al cavaliere della Fenice, unico, oltre alla famiglia dei Custodi, a dover conoscere i misteri del Fantasma Diabolico!", ammise triste uno dei fratelli maggiori.

"Egli, e con lui anche altri, hanno saputo instillare la diffidenza nella nostra famiglia, portando i fratelli a rivolgersi sguardi di odio, finché, alla fine, non hanno compiuto la loro mossa, uccidendoci quasi tutti.", aggiunse la madre, rivolgendogli vacue orbite vuote.

"Sei riuscito a sopravvivere, fratello, allora scappa, non voltarti ad aiutare la sacerdotessa, scappa! La battaglia non fa per noi, ormai la nostra stirpe finisce qui!", pianse l’altro fratello maggiore, mentre, indietreggiando intimorito, Kaal iniziava ad urlare.

Fu solo quando la disperazione sembrava averlo ormai invaso, che l’ultimo dei Guardiani dell’Isola rivide dinanzi a se Libra Oscuro, "Tanto terrificante l’incubo che hai visto, ragazzino?", chiese con un ghigno Chi Yu, "Se speravi che non ti notassi attaccare, o che non avessi difese sufficienti contro le abilità della tua famiglia, allora, sei molto più stolto di quanto credessi.", lo ammonì, sollevando la lancia biforcuta e lasciandola roteare sopra il capo, mentre sempre più ampi cerchi concentrici d’energia la circondavano.

"Preparati, Kaal caro, è tempo che la stirpe dei guardiani si concluda e che quella maschera sia utilizzata per un fine più nobile, come sradicare le divinità da questa terra!", rise divertito Chi Yu, prima che una marea di fiamme lo circondasse.

"Se avessi qualcosa da ridire?", domandò una voce femminile, prima che, interrompendo l’agitare della lancia, il Cinese disperdesse quel rinnovato incendio, vedendo apparire, dinanzi a se, la figura di Diana della Fenice, con le vestigia nuovamente integre, la quale si portò subito di fianco all’amico.

"Il titolo di Immortale sembri meritarlo, dopotutto.", ammise incuriosito il nero guerriero, pronto a continuare la battaglia, così come sembravano esserlo anche i due difensori dell’Isola della Regina Nera.

***

Degos di Orione osservava in silenzio lo scontro da alcuni secondi ormai: la situazione in cui si trovava la sacerdotessa della Musca non era delle più facili, avendo contro di se un’avversaria capace di leggere ogni suo pensiero.

"Questa strategia potrebbe funzionare, sapete? Solo che dovreste essere molto, davvero molto, veloce per portarla a segno. Siete sicura di riuscire in ciò?", chiese d’improvviso Umba, rubando il cavaliere d’argento ai propri pensieri, "Il vostro compagno, in questa battaglia, dubita delle possibilità che voi vinciate e, da ciò che sento, voi stessa avete dei dubbi, oltre che una certa urgenza, da quando avete avvertito sia il vostro maestro, sia la vostra amata allieva, bruciare i loro cosmi in delle battaglie.", aggiunse con un ghigno ironico l’Aquila Nera.

"Una fanciulla fortuna, Dorida, vi ha sempre avuto al vostro fianco… di certo lei non avrebbe rischiato come me di rimanere sola il giorno del processo, non è vero? Non avrebbe rischiato come le amiche che per me si sono macchiate di crimine alcuno, se non difendermi, di venire etichettata come un’assassina. O forse mi sbaglio?", domandò ancora la ragazza, avanzando di qualche passo, verso una Bao Xe che indietreggiava intimorita.

"Vogliamo ascoltarla questa risposta!", ruggì, dagli spalti antistanti, il guerriero del Toro Nero, prima che un paio di tuoni rombassero in cielo.

"Non ho una risposta per te, Umba, se non il mio dispiacere per ciò che ti è accaduto! Non per questo, però, posso lasciarti vincere questa battaglia e lasciare che i Ladri di Divinità prendano il controllo sul mondo!", ribatté decisa la sacerdotessa della Musca, scattando avanti alla carica.

"Ladri di Divinità? Interessante!", bisbigliò la guerriera nera, evitando con un agile balzo indietro la prima carica, per poi ritrovarsi, però, la maestra di Dorida pressoché addosso, con le braccia aperte, "Diptera Venefica!", invocò la sacerdotessa, espandendo il velenoso potere di cui era padrona, ma Umba non si fece trovare impreparata, chinandosi sulle ginocchia, fino a far scivolare le gambe in un’elegante spaccata, "Tutto inutile!", la avvisò la guerriera oscura, sollevando il braccio destro e liberando la violenza degli Artigli dell’Aquila Notturna, che sollevarono da terra la sacerdotessa di Atena, dilaniando lì dove le vestigia non coprivano il corpo di lei e danneggiando l’armatura in ogni altro punto, prima che Bao Xe ricadesse verso terra.

"E non è finita: Volo dell’Aquila Notturna!", imperò ancora Umba, scatenando la danza di piume del nero rapace, investendo la sacerdotessa di Mosca ancora al suolo e sbattendola da una parte all’altra dell’ampia arena, prima di fermarsi, lasciando che il sangue scivolasse da molteplici ferite sul corpo.

"Musca!", urlò Degos di Orione, facendosi avanti, per essere fermato da un cenno della sua alleata, che, già stava rialzandosi, per quanto leggermente a fatica.

"Non puoi continuare così, Bao Xe!", insistette il cavaliere d’argento, "Al contrario, direi che va più che bene!", rise di rimando Bjorn dal lato opposto dell’arena, "No, sono i sensi di colpa che fermano il tuo pugno! Persino la tua avversaria, di certo se ne rende conto, per questo continua a rivolgersi a te chiamandoti maestra! Non lo capisci? La sua è prima di tutto una battaglia psicologica e la sta vincendo!", affermò ancora il maestro di Menisteo e Vincent.

"Non posso dargli del tutto torto, maestra, faccio leva sui vostri sensi di colpa, ma, se permettete, trovo che siano più che corretti: mi avete lasciata da sola, ai lupi! Avete lasciato che io e le amiche che per me hanno sacrificato la loro libertà, finissimo sull’Isola Prigione. Dov’è la Giustizia in tutto ciò? Dov’è Atena?", chiese con tono accusatorio Umba, avanzando di qualche passo, verso la sacerdotessa che a fatica si rimetteva in piedi.

"Non è così semplice…", balbettò l’allieva di Ascanus, prima che una sagoma apparisse fra le due combattenti, quella del Toro Nero.

"No, sacerdotessa della Musca, è molto più semplice di ciò che credete! Guardateci, entrambi voi, e diteci: dov’è la Giustizia di cui questo Santuario si dice protettore?", ruggì colui che era stato allievo di Megatos.

"Ramsey, che colpe aveva? Dimmi Degos, tu stesso hai affermato che sarebbe stato un ottimo guerriero sacro ad Atena, se fosse rimasto con Edward, anziché finire sotto la mia protezione! Ma dov’era Atena quel giorno? Perché il suo nobile cavaliere, investito per volere della dea, riuscì a salvare solo uno dei tre discepoli che aveva scelto, lasciando che il secondo finisse sotto la protezione di un rinnegato, quale io sono, mentre il terzo, addirittura, venisse reclamato dagli abissi?", chiese con tono accusatorio, volgendo lo sguardo, colmo di tristezza, verso il compagno d’addestramenti.

"Perché Sinai ha dovuto ricevere da me un addestramento sull’Isola della Regina Nera solo per colpa della famiglia da cui proveniva? Perché le colpe dei padri, degli antenati tutti di quella giovane fanciulla, ne hanno segnato il destino?", chiese ancora, indicando la guerriera di Perseo Nero, seduta ancora sul bordo opposto della Grande Arena.

"Perché Umba, che non ha fatto male a nessuno, semplicemente è stata difesa dagli amici a lei più cari, è stata costretta all’inizio nell’uso del cosmo da me, anziché dalla nobile Bao Xe qui presente? Dov’era la Giustizia nel processo che fu fatto a lei e le sue compagne?", incalzò ancora, volgendosi verso il volto mascherato della sacerdotessa della Musca.

"Solo Joppa, dei miei allievi, meritava effettivamente la prigionia sull’Isola della Regina Nera, ma lo stesso ho avuto quattro discepoli, anziché uno solo, in quei luoghi, mi sapreste dire perché? Ditemi, seguaci di Atena, dove si trova la Giustizia della vostra dea?", domandò ancora ad entrambi.

"Forse la mia maestra non ricorda il giorno del Processo!", ruggì allora Umba, avanzando, nel cosmo tetro che la circondava, mentre Bao Xe cadeva in ginocchio, la mente piegata dai ricordi che l’Aquila Nera stava condividendo con lei.

L’allieva di Ascanus si vide in un ampio piazzale, uno dei tanti luoghi del Santuario da cui si poteva osservare la Meridiana dello Zodiaco, vide se stessa in piedi, di fianco a lei, due fanciulle con le maschere delle sacerdotesse guerriero sul volto, subito le giunsero alla mente i loro nomi: Ippolita e Megara; poco più distante un giovane aspirante cavaliere.

Tutti quanti, lei compresa, indossavano le casacche da addestramento, ma gli altri tre avevano le braccia bloccate da corde e soldati che li circondavano, guardandoli in malo modo.

Più distante, una folla di spettatori, alcuni cavalieri d’oro, i loro discepoli, uno piuttosto triste fra loro, qualcuno che non quel ricordo, ma la sacerdotessa della Musca, ben conosceva, seppur allora era molto più giovane.

In piedi, dinanzi a loro, il Sommo Oracolo di Atena, che parlava: "Le leggi della dea Atena sono chiare, nessun cavaliere, soldato, o apprendista, può alzare il proprio pugno contro un altro consacrato di Atena, né agire in modo violento senza una vera ragione.", stava spiegando.

"Non è giusto! Noi abbiamo difeso un’amica!", urlò il giovane aspirante cavaliere, prima che un soldato lo colpisse con l’asta della lancia alla schiena, costringendolo a barcollare in avanti di qualche passo per non cadere in ginocchio.

"Dici il vero, giovane apprendista, avete difeso un’amica, ma era davvero necessario ergersi a giudici, giuria e carnefici per quei soldati? Sarebbero comunque stati puniti, eppure, voi tre, che per un fortuito caso siete riusciti a raggiungere l’aspirante sacerdotessa, avete attaccato con l’obiettivo di uccidere i tre soldati semplici, uomini che non possedevano un controllo del cosmo di alcun genere, mentre il vostro, per quanto ancora minimo, è comunque già sviluppato.", ribatté l’Oracolo di Atena.

"Le leggi della dea Atena sono ferree: una sacerdotessa il cui volto viene visto da un uomo, può amarlo o ucciderlo, ma uno scontro scoppiato fra soldati ed apprendisti, per quanto la causa possa essere, o meno, corretta, non può finire in un massacro.

Proprio ciò, però, voi tre avete perpetrato: un massacro, uccidendo dei guerrieri, per di più disarmati, mi è stato detto.", continuò il Sommo Sacerdote.

"Anche noi eravamo disarmati!", obbiettò ancora il giovane aspirante cavaliere, subendo un secondo colpo sulla schiena e riuscendo, ancora una volta, a non finire in ginocchio, mentre, agli occhi di Umba, non sfuggiva un triste lamento da parte di uno dei cavalieri d’oro lì presenti.

"Voi siete stati addestrati, apprendista. Tu più di tutti, avendo già iniziato a scoprire i segreti ultimi del cosmo con uno dei custodi dorati.", continuò con tono cordiale l’Oracolo di Atena.

"Qualcuno, fra i presenti, ha qualcosa da dire a difesa di questi tre giovani?", domandò a quel punto il Sommo Sacerdote, volgendosi verso la folla riunita.

Il primo a farsi avanti, fu proprio il cavaliere d’oro che poco prima aveva emesso il sottile lamento, Umba non lo conosceva, ma, ancora una volta, la mente di Bao Xe riuscì a riconoscerlo.

"Chiedo indulgenza per questi giovani, Sommo Oracolo. Hanno agito spinti dall’amicizia e dall’affetto per una compagnia, sfruttando forse in modo eccessivo ciò che viene loro spiegato ogni giorno, ciò per cui si addestrano, combattere e sconfiggere le forze del male.", spiegò il custode dorato, ma, prima ancora che Sion potesse replicare, da parte di alcuni soldati scoppiarono delle urla.

"Saremmo noi le forze del male? Erano ubriachi quei nostri compagni, non dei servitori di qualche divinità malefica!", urlò qualcuno, "Non abbiamo sempre combattuto per la Giustizia al fianco di voi cavalieri? Seppur senza le protezioni ed i poteri che vi sono donati?", aggiunse un secondo, "Valiamo forse meno di un vero cavaliere? Per noi la Giustizia non può essere applicata davvero?", chiese un terzo.

Ed andò avanti così per diversi minuti, in cui le schiere di semplici soldati si agitavano furenti, con disappunto, per l’ingiustizia che, a loro dire, stava per essere compiuta alla memoria di alcuni compagni che, come unica colpa, avevano avuto quella di essere brilli.

In quel caos di ricordi, Umba stava muovendo il capo, finché non la vide: Bao Xe, in un angolo, di fianco al suo maestro, Ascanus di Scorpio, vide che stava per fare un passo avanti, pronta a dire qualcosa, ma vide la mano del Custode dell’Ottava Casa fermarla, un cenno del capo di lui per suggerirle di non intromettersi, un silenzioso gesto d’assenso da parte della sacerdotessa guerriero che subito si fece indietro.

Quel singolo ricordo, quella breve immagine, bastò perché la guerriera di origini mongole fosse invasa da uno sconforto duplice: in parte a causa del proprio senso di colpa, in parte dovuto alla percezione che ebbe Umba, quella di essere stata tradita ed abbandonata.

Intanto, il Gran Sacerdote di Atene era riuscito a riprendere la parola: "Proprio perché le leggi di Atena sono ferree ed immutabili, è mio dovere compierle fino all’estremo. Non vi sarà tolta la vita, giovani apprendisti, poiché l’intervento di un cavaliere d’oro ha chiesto che ciò non avvenisse, ma sarete confinati sull’Isola della Regina Nera, incarcerati per le vostre colpe, tutti e tre.", affermò deciso l’Oracolo di Atene.

Una rabbia montò, in quel momento, nei ricordi della fanciulla che era Umba, la quale fece un passo avanti: "Chiedo di essere anch’io incarcerata assieme alle mie compagne d’addestramenti! Non sarebbe giusto il contrario e se questo Santuario si fonda tanto sulla Giustizia, allora che mi sia data la stessa punizione cui loro sono condannati!", esclamò, la voce spezzata dal pianto che stentatamente ancora tratteneva, la giovane aspirante sacerdotessa.

Un nuovo vociare riempì l’ambiente, prima che un gesto del Sommo Oracolo zittisse tutti: "Va bene, apprendista, avrai la loro medesima punizione, ma oltre ciò anche il mio rispetto per il coraggio della tua scelta.", sentenziò semplicemente con un tono che, a Bao Xe, parve triste.

Pochi minuti dopo, due cavalieri d’oro si avvicinarono ai quattro prigionieri e, in un lampo, l’ambiente attorno a loro cambiò: non più le vaste distese del Santuario, ma la natura ostile dell’Isola della Regina Nera.

Olimpia del Leone, una figura ben nota a tutte le aspiranti sacerdotesse, seppur più giovane, lasciò che Ippolita ed Umba toccassero il suolo di quel luogo, volgendo la maschera dorata verso la prima delle due, "Mi dispiace.", fu l’unica cosa che disse.

Poco lontano, lo stesso cavaliere d’oro che aveva cercato di salvare i quattro da qualsiasi punizione, rivolse un’affettuosa pacca sulla spalla all’apprendista, "Cavalcante, non ho parole per ciò che è successo…", balbettò semplicemente; "Non preoccupatevi, maestro, la colpa non è vostra, ma della divinità per cui perseguite la Giustizia.", fu la laconica risposta di quello, che lasciò sbalordito il custode dorato, il quale, poco dopo, scomparve assieme alla propria parigrado.

Quel ricordo scomparve dalla mente di Bao Xe, che si trovava in ginocchio, sconvolta per le immagini che le avevano riempito la mente.

"Allora, maestra, non avete niente da dire in difesa della Giustizia che fu perseguita quel giorno?", chiese con tono accusatorio l’Aquila Nera, "Fu giusta la condanna?", incalzò ancora la giovane guerriera nemica, "Fu giusto il vostro comportamento? Non intromettervi perché il vostro, di maestro, ve lo proibì?", aggiunse ancora.

"Tu non sai, Umba, non capisci, nemmeno a distanza di anni, hai compreso la situazione che si viveva in quei giorni: voi avevate ucciso dei soldati del Santuario, erano stati ingiusti nei tuoi confronti, questo è vero, ma sarebbero stati puniti, probabilmente spogliati del loro ruolo, ma sarebbero rimasti in vita! Voi avete reciso volontariamente le loro esistenze, questo è qualcosa che il Santuario non può permettere!", cercò di spiegare la sacerdotessa guerriero.

"Abbiamo reciso le loro esistenze? Sono stati ingiusti nei miei confronti?", ripeté la guerriera nera, "Leggo nella vostra mente come queste parole vi sembrano assurde! Ingiusti? Non siate ipocrita! Quei mostri volevano approfittare di me! Di una bambina appena entrata nell’adolescenza, incapace di comprendere ancora quali poteri avesse la sua mente, incapace di usare a pieno il proprio cosmo! Erano dei mostri, non dei soldati! E per non scatenare una rivolta di una schiera di omuncoli che dei semplici cavalieri di bronzo avrebbero potuto sterminare, il Sommo Sacerdote mandò quattro apprendisti, senza colpe, a vivere in una prigione per l’intera loro esistenza!", incalzò ancora Umba.

"Non eravate senza colpe!", sbottò Degos, "Avete ucciso tre uomini, dei mostri? Probabilmente, ma pur sempre, come voi, avrebbero dovuto meritare un processo!", ruggì il cavaliere di Orione, prima che un gesto del Finnico scatenasse dei fulmini tali da doverlo allontanare.

"Vuoi combattere, Bjorn? Andrai contro le tue stesse regole? Perché in altri modi non m’impedirai di sottolineare come ciò di cui parla questa ragazzina sarebbe stata la causa scatenante di un massacro fra soldati e cavalieri! La pace che da secoli regna in questo luogo sarebbe stata spazzata via per colpa di pochi! Il Sommo Sacerdote ha dovuto prendere quella decisione! Io ero lì quel giorno, vidi il processo e dovette sacrificare la libertà di quattro giovani, troppo avventati nel difendersi, per salvare le vite di molti!", spiegò il santo d’argento.

"Ha ragione Degos.", furono le parole di Bao Xe, mentre lo stupore si dipingeva sul volto della guerriera nera, "Quello che accadde quel giorno, tutta quella faccenda, fu una triste situazione che sarebbe potuta scaturire in una guerra intestina nel Santuario, il Sommo Oracolo di Atena fu costretto a seguire alla lettera le leggi dettate dalla dea, non potendole piegare alle circostanze per salvare molte vite. È una triste verità, Umba, ma è la verità: se non puoi accettarla, allora, mi dispiace, ma dovrò combatterti come spetta ad una sacerdotessa di Atene.", spiegò con voce ferma la discepola di Ascanus.

"Voi credete a quello che dite!", esclamò disgustata l’Aquila Nera, prima di volgersi verso il Finnico: "Il tempo delle parole è finito, maestro, lasciate che uccida costei senza ulteriori intromissioni.", propose con altrettanta fermezza la giovane guerriera nemica, lasciando esplodere il proprio cosmo, cui Bao Xe rispose con il proprio.

***

Ignaro di come si stesse discutendo delle sue passate azioni, Sion, Oracolo di Atena, era seduto sul proprio trono, alla Tredicesima Casa, in meditazione: aveva espanso il proprio cosmo fino ai confini del Tempio di Eolo pochi istanti prima, per soccorrere l’allieva che aveva avvertito in difficoltà e solo adesso aveva percepito una presenza che cercava di toccarlo mentalmente dalle Case sottostanti.

"Sommo Sacerdote, vi chiedo di poter entrare attivamente nella guerra che si sta combattendo!", aveva esclamato la voce di Amara del Triangolo, dalla Sesta Casa, "Sono ore che riposo e già lo scontro nelle sale dell’Ariete e concluso, mentre ancora si combatte in quelle del Toro e dei Gemelli ed una minaccia è prossima a raggiungere quelle del Cancro.", spiegò il cavaliere d’argento.

"Non in aiuto di Kalas di Capricorn, però, desidero andare, bensì in soccorso dei compagni che combattono sugli altri campi di battaglia, poiché so che è grande la virtù dei custodi dorati!", aggiunse.

"Le battaglie sulla strada di Rodorio e nella Grande Arena dei Tornei sono ben lungi dal finire ed avverto cosmi stanchi fra i miei parigrado! Egualmente sento combattere in Siberia ed in Cina, sull’Isola della Regina Nera e su quella di Andromeda, permettetemi di raggiungere uno di questi campi di battaglia, non di restare qui, alla Sesta Casa, intento a riposare! Azione ingiusta verso coloro che stanno soffrendo e sacrificandosi per il bene del mondo tutto.", fu quello l’accorato appello del cavaliere del Triangolo.

Parole su cui il Sommo Sacerdote di Atene iniziò a ponderare, mentre avvertiva l’incalzare delle battaglie attorno a loro.

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La sacerdotessa della Musca era in posizione di guardia, pronta alla battaglia, dinanzi a lei anche la guerriera dell’Aquila Nera era pronta, il cosmo oscuro che la circondava, liberandosi poi in una pioggia di tetre piume.

Bao Xe si mosse veloce in quella scura tempesta, scivolando fra i neri dardi, lasciando che alcuni cozzassero contro l’armatura rinata, che altri aprissero ferite lì dove le crepe e la pelle erano più evidenti, ma senza indietreggiare o rallentare, caricando a testa bassa, prima di portarsi ad una distanza di appena due passi da Umba, che sembrò quasi spaesata nel vedere l’altra prendere una posizione di guardia a gambe divaricate, con il braccio destro sollevato ed il pugno chiuso ed il sinistro parallelo alla cinta.

"Ma cosa?", balbettò appena la guerriera oscura, prima che l’altra sferrasse un primo pugno, cui quella riuscì a proteggersi solo sollevando di scatto il proprio di braccio, lasciandosi così scoperta ad un attacco con la sinistra, un attacco che altro non era se non la puntura di Myia, la stella Alpha, un colpo a cui ne seguì un secondo e poi un terzo, perforando ancora ed ancora le nere vestigia dell’Aquila e piegando leggermente il corpo della guerriera nemica, che liberò un’ondata di tetre piume per recuperare la distanza.

"Che trucco è mai questo, Bao Xe?", sbottò furiosa per le ferite la giovane guerriera, "Nessun trucco, Umba, semplicemente, lascio che la mia mente vaghi, libera, affidando alla memoria insita nei muscoli la piena libertà di agire!", spiegò pacatamente l’altra, a cui non sfuggì che la sua avversaria aveva smesso di rivolgersi a lei come ad un’insegnante.

"Il corpo apprende molto più di quanto la mente non immagini: non serve scegliere che strategia applicare quando è evidente che il tuo nemico non abbia la minima esperienza nel corpo a corpo, basta fare affidamento sulla memoria muscolare per attaccare, seppur questo, lo ammetto, lascia un po’ scoperti nel difendersi.", aggiunse con tono calmo la sacerdotessa di Atena, avanzando di qualche passo.

"Agire senza pensare? Interessante! Vediamo come penserai di difenderti dal Volo dell’Aquila Notturna!", ruggì decisa Umba, liberando la potente figura del rapace oscuro, che si lanciò furioso contro la guerriera di Atene, la quale, però, non tentò nemmeno di difendersi, semplicemente scattò in avanti, cercando uno spostamento laterale, che la portò a subire parzialmente l’attacco avverso, prima di raggiungere dalla sinistra la prigioniera fuggita dall’Isola Prigione.

La violenza del Nova Muscae investì in pieno Umba, perforando più e più volte le difese della giovane guerriera, lasciandola cadere al suolo ferita, urlante di dolore.

"No, non sarò sconfitta così! Avrò la mia vendetta!", urlò furiosa la guerriera nera, volgendosi verso Bao Xe, che le era ancora vicina, "Artigli dell’Aquila Notturna! Uccidete!", imperò furibonda, liberando la violenta danza di lame energetiche, che investirono lateralmente la sacerdotessa di Atene, dilaniando le vestigia della Musca ed aprendo nuove ferite sul corpo della guerriera, che cadde malamente al suolo, mentre Umba stessa scivolava sul terreno, in preda a spasmi dolorosi.

Per alcuni secondi, entrambi gli allievi di Megatos osservarono in silenzio, in attesa di scoprire chi delle due si sarebbe alzata per prima, se l’Aquila Nera, in preda agli effetti del fatale veleno, o la Musca, ferita da molteplici tagli ed affondi.

Ci volle quasi un minuto perché Bao Xe si sollevasse in piedi, sanguinante, dolorante, barcollando fino al luogo dove ancora giaceva Umba: "Mi dispiace, mia mancata allieva, mi dispiace che per l’orrore di cui fosti vittima, sei stata maltrattata dalla Giustizia e hai perso in essa la tua fede, mi dispiace che tu non abbia potuto capire la verità dietro la tua triste storia, che non abbia saputo perdonare me, o il Sommo Oracolo, mi dispiace che sia stata io a dover prendere la tua vita, ma, se dal paradiso dei cavalieri mi osserverai, sappi che il peso della tua morte peserà per sempre su di me.", sussurrò, prossima a cadere a terra, l’allieva di Ascanus.

Fu Degos che prontamente la sostenne, aiutandola a sedersi poco lontano, sugli spalti dell’Arena, mentre già il Toro Nero raccoglieva il cadavere della sua seconda allieva.

"Bjorn, vuoi ancora mandare al massacro i tuoi discepoli?", chiese con tono accusatorio Degos, "Non hai cuore?", domandò.

Un tuono scosse il cielo, ma fu una sagoma nera a portarsi fra i due vecchi compagni d’addestramenti, "Maestro, lo lasci a me, la prego.", esordì la voce femminile di Sinai di Perseo Oscuro, celata dalla sua tetra maschera.

Gli scontri continuavano nell’Arena dei Tornei.