Epilogo: Chi ha vinto?

Le porte che dividevano le due battaglie si aprirono: i cavalieri di Atena si voltarono lentamente verso le stesse, in attesa di scoprire se da quella soglia si sarebbero palesati degli alleati o un nuovo nemico, ma la gioia nel vedere che furono i primi a farsi avanti, si mescolò alla tristezza per chi per primo si presentò.

Toru dello Squalo Bianco, infatti, portava fra le braccia il corpo senza vita di Maru del Narvalo che, con attenzione e gentilezza, inattese per chi aveva a lungo corso vicino a lui e ne aveva visto i modi duri, poggiò il cadavere del compagno d’addestramenti di fianco a quello di Tara di Diodon, la donna dal guerriero con il giavellotto amato.

"Non eravate fatti per stare divisi, nemmeno la morte ha impedito che vi riuniste.", affermò con tono rammaricato il comandante dell’Avaiki, volgendosi verso i sei cavalieri di Atena ancora vivi e studiando poi il cadavere decapitato del loro compagno, l’ammasso truculento di sangue che un tempo era stato Moyna dell’Aquila Urlante e la piccola voragine prodotta dall’esplosione del cosmo del Leone Nero, dove Ogum e Mawu erano scomparsi, probabilmente, anche loro erano destinati a non separarsi, avrebbe potuto pensare lo Squalo Bianco, se avessi conosciuto i retroscena della loro storia.

Poco dopo Toru, furono altri Areoi ad apparire dinanzi ai santi di Grecia, alcuni dei quali, a loro ignoti: uno, con vestigia che raffiguravano delle maschere, sosteneva Tawhiri, ferito e dolorante, ma comunque vivo, nell’avanzare incerto lungo quel ruvido sentiero, bagnato leggermente dall’acqua che aveva riempito la sala antistante; l’altra, una guerriera con vestigia che ricordavano una tartaruga, avanzava al loro fianco e fu la prima a salutare cordialmente i guerrieri di Atena.

"Salve, cavalieri di Grecia, il mio nome è Arohirohi della Tartaruga Marina, seguace di Ukupanipo giunta solo all’ultimo a partecipare a questa lunga serie di battaglie.

Vi ringrazio per l’aiuto che ci avete dato a vincere questa guerra e piango assieme a voi i compagni che ambo le nostre schiere hanno perso, per mano di neri invasori e di bianchi traditori.", esordì l’allieva di Tiotio, chinando leggermente il capo, in segno di rispetto verso i sei sopravvissuti.

Ludwig si lasciò cadere al suolo a quelle parole, subito seguito da Juno, entrambi evidentemente stremati, mentre, più quietamente, Gustave si poggiò ad una parete a lui poco lontana, prima che anche Cassandra rivolgesse un saluto all’Areoi appena presentatasi, imitando in questo il gesto di Iulia dell’Altare.

"Assieme piangiamo i nostri caduti, guerrieri di Ukupanipo, ma questo non significa che la guerra sia conclusa.", affermò allora l’emanazione cosmica di Amara, "Il Leone Nero, il suo esercito, l’Areoi che ha guidato il tradimento di alcuni vostri compagni e persino l’uomo che ha pilotato le azioni ad Accad, sono tutti stati delle pedine di un gruppo di uomini più pericoloso, i Ladri di Divinità, gli stessi che hanno sottratto Ukupanipo, e gli altri esseri celesti cui siete consacrati, dalle vostre terre.

Temo che la vera guerra sia ben lungi dall’essere conclusa.", terminò il cavaliere del Triangolo, con sguardo triste.

***

Le genti dell’Isola di Pasqua, che sentivano sordi rumori provenire dalle grotte sotto i vulcani, credevano che fosse la furia di qualche divinità, o il potere di quelle immense colonne di lava, che rimbombava, pronto a scatenarsi, ma, in vero, solo in parte avevano ragione.

Nei meandri dell’isola, infatti, al caldo di una colata di lava, una figura stava con impegno lavorando su del metallo frantumato, dandogli nuova forma con l’uso di polvere di stelle e di antiche parole e riti, dai più scordati.

Due sagome si affacciarono sulla sua fucina: "Dunque, fabbro?", esordì la prima, che, alla luce delle fiamme risultò essere quella di un uomo asiatico, dagli occhi dorati simili a quelli di un falco, "Quasi tutto è pronto, potente Temujin. Ben presto saremo pronti.", replicò la sagoma che lavorava il metallo, ricevendo un cenno d’assenso dal suo interlocutore che, poco dopo, si allontanò, assieme ad una figura femminile.

"Avete svolto un ottimo lavoro in Jamir.", furono le prime parole dell’uomo, "Grazie, mio amato. Non è stato per nulla difficile.", commentò di rimando la donna, prima che l’altro si fermasse ad un bivio.

"Tu avvisa gli altri, io chiamerò Giano: è tempo che ci riveliamo al mondo.", ordinò secco Temujin, allontanandosi.

La figura femminile si diresse quindi verso un’ampia sala, dove diverse coppie d’occhi si portarono a scrutarla; "Quasi tutto è pronto: il tempo ormai è giunto.", affermò fiera.

"Abbiamo perso Ogum e sacrificato Baal e Maui, ma siamo giunti dove c’eravamo prefissati di arrivare.", continuò soddisfatta una seconda voce femminile.

"Sembra quasi che ti dispiaccia per il Re Nero.", la schernì una voce maschile, "Hirihihihi! Il Leone Nero era di certo un ottimo alleato, faceva parte di questa piccola alleanza ben dapprima che molti di noi vi entrassero, ma non ha saputo cambiare il proprio modo di ragionare con l’evolversi della situazione: era tempo che uscisse dalla scena.", commentò un altro uomo, vicino al primo; gli stessi due che, poco prima dello scontro finale, avevano fatto visita ad Ogum e Maui.

"Ogni avvenimento è accaduto per un motivo, ogni vita è scomparsa per un semplice fine, lo stesso che da sempre tutti noi perseguiamo.", esordì allora un’altra donna, interrompendoli e portando avanti il braccio destro.

Tutti i presenti, ben maggiori in numero di quelli che avevano preso parte a quel dialogo, imitarono il suo gesto ed insieme recitarono la medesima frase:

HOMINES HOMINIBUS DEI