Capitolo 34: Eroi

Maui di Whiro guardava dinanzi a se, ma non credeva a ciò che aveva davanti, eppure quelle vestigia erano difficili da confondere con qualsiasi altra cosa avesse mai conosciuto: erano le vestigia del comandante Areoi consacrato a Pili, le vestigia del Tiki.

L’armatura era, infatti, bianca ed integrale, lasciava scoperto solo un segmento degli addominali ed una leggera parte della schiena, ma, per il resto, era perfettamente coprente con quelle sue sagome che rappresentavano le statue votive polinesiane, i Tiki.

Due volti, i cui sguardi cupi sembravano quasi atti alla preghiera, costituivano le spalliere dell’armatura, che si andavano poi congiungendo sia con il tronco, sia con le protezioni per le braccia, queste ultime composte da quattro braccia, per arto, che sembravano poggiarsi le une sulle altre, avvinghiandosi ed avviluppandosi fra loro, per coprire per intero tutto fino alle mani del guerriero che le indossava.

Il tronco della corazza, poi, era l’unità di quattro diversi sterni, adornati da addominali, alcuni da segmenti d’abiti, in un puzzle di elementi che rendevano quanto mai eterogeneo quel blocco al cui centro si trovava un altro volto, simile a quelli dei Moai presenti sull’Isola di Pasqua.

La cinta, poi, era coperta da un segmento che andava unendosi con i gambali, anche lì combinando ben otto gambe diverse, in un caos di piedi, cosce e ginocchia che s’intarsiavano fra loro per quella protezione totale della parte bassa del corpo.

La testa, infine, era coperta integralmente dall’ultima maschera, simile anch’essa ad un Moai polinesiano, che impediva di distinguere i lineamenti di Moko, l’uomo che la indossava, di cui mai, né Maui, né Hakona, avevano visto gli occhi, o i capelli, dinanzi a quella protezione integrale.

"Tu non puoi essere vivo! Ti ho colpito, ti ho ucciso! Ne sono certo!", lo accusò allora il Respiro della Polinesia, ricevendo, in tutta risposta, una risata soddisfatta, dal volto celato dietro la maschera.

"Tu non mi hai ucciso, serpe travestita da lucertola; o, per essere giusti, non hai completato quel che avevi iniziato, hai lasciato troppo al caso, alla fortuna, ma d’altronde è da sempre stato quello il tuo problema, Hakona, non rifletti, agisci troppo stupidamente.", lo ammonì con tono derisorio Moko, avanzando di un passo verso di lui.

"Avrei lasciato incompleto quanto fatto? Su cosa non ho riflettuto?", domandò ancora l’altro, perplesso e, in qualche modo, intimorito da un nemico che pensava di aver già eliminato, "Non hai riflettuto sulle abilità del vecchio Ono, su quelle di Iwa, sul supporto che la mia bella salvatrice in extremis mi ha dato.", concluse l’altro, indicando l’altra Areoi che era apparsa sul campo di battaglia, la Tartaruga Marina.

La guerriera aveva lunghi capelli color cenere che scivolavano dall’elmo a forma di tartaruga, che ne celava la nuca, permettendo, però, di vederne il viso abbronzato ed adornato da tatuaggi tribali sulle guance.

La corazza ricalcava, nella zona del tronco, così come nelle piccole spalliere, la carapace dell’animale anfibio, ricoprendo con le sue piccole e bianche scaglie il petto, l’addome, le spalle e la zona fino all’inguine e da lì poco più in basso, lasciando scoperta parte delle cosce e degli avambracci, con il loro naturale e scuro colore, erano in evidente contrasto con il tronco dell’armatura, così come per le protezioni degli arti, costituite dalle quattro pinne dell’animale.

Le pinne risultavano di forma pressoché conica, ampie nell’aria dei gomiti e delle ginocchia, per poi stringersi sulle mani e sui piedi, dove si chiudevano quasi in delle punte, lasciando comunque la possibilità alle dita di aprirsi e chiudersi facilmente.

Gli occhi, color ruggine, della guerriera, si piegarono in un sorriso quando l’altro accennò a lei, prima che anche il nemico comune le rivolgesse il suo sguardo, incuriosito: "Ci credevi scomparsi, tutti e due? Ebbene, troppe cose hai sbagliato, guerriero di Whiro, troppi individui hai sottovalutato!

Me, che sono riuscita a congiungere la mente con quella dell’anziano e saggio Ono di Kapuku prima che quel nero invasore, Acoran della Locusta, lo affrontasse ed uccidesse, così che egli potesse rivolgersi ad un’altra mente altrettanto potente ed aperta.", esordì la polinesiana.

"Ovviamente non sta parlando di me.", volle interrompere Moko, volgendosi verso gli altri tre Areoi che ascoltavano, stanchi ma interessati, quel resoconto dei fatti.

"No, non al comandante dell’Avaiki di Pili fu rivolta la mia scoperta, bensì al discepolo di Ono: Iwa di Mahiki, che si lasciò sconfiggere e portare sulla soglia della morte, lui, che persino più del suo maestro, riusciva a mantenere un legame fra il mondo dei vivi e quello dei morti.

Fu il giovane Areoi ad avvertire l’essenza di Moko che stava per abbandonare il suo corpo, ferito dalle battaglie contro quella che si definiva la Quarta Armata d’Africa e lasciato da te moribondo, e fu sempre il giovane Iwa ad indicarmi dove quel corpo moribondo si trovasse e permettermi di curarlo, mentre lui impediva all’anima di viaggiare verso il mondo dell’altrove.

Fu facile a quel punto salvarlo, tanto più che nessuno, fra te ed i guerrieri cui ti eri alleato, aveva delle capacità psichiche tali da individuarmi, mentre arrivavo, non vista, cosciente del tuo tradimento e di quello di molti altri Areoi, fra cui alcuni miei compagni.", raccontò la Tartaruga Marina.

"Tu sapevi? Com’era possibile?", domandò sbalordito lo stesso Maui, "Nessuno dei miei fedeli compagni rivoluzionari avrebbe tradito il nostro progetto; nessuno avrebbe avvicinato qualcuno che non era sicuro di rendere cosciente di cosa, di buono, noi volevamo fare! Né Amite Rangi, né lo sciocco che è caduto presso il tempio di Lono, né tanto meno Tuna!", esclamò stupefatto.

"No, nessuno mi ha sottovalutato fino a tal punto.", confermò la giovane polinesiana, "Però, Tuna, così come i fratelli Aremata, ha fatto un errore a dir poco abissale a confronto: ha sottovalutato la mia insegnante, la grande Tiotio della Piovra!", esclamò orgogliosa.

"L’anziana Tiotio?", domandò Toru dello Squalo Bianco, sorpreso nel sentire il nome di chi l’aveva preceduta, ben cosciente del destino che lei, ed il suo maestro Afa, aveva incontrato per mano dei fratelli Aremata.

"La precedente comandante di questo Avaiki?", fece eco Maui di Whiro, sempre più sorpreso da quanto fosse andato in modo contrario ai suoi piani.

"Esatto, la mia ormai defunta insegnante. Lei, assieme all’uomo che amava, è stata attaccata da due traditori di Ukupanipo, ma, prima che il suo nemico potesse ucciderla, l’Areoi della Piovra ha potuto usare i Tentacoli della Mente, la tecnica con cui poteva entrare silenziosa nel subconscio nemico, o amico, ispezionarlo e restarvi costantemente connessa.

Attraverso quella tecnica, la mia maestra ha sacrificato la poca vita rimastale per avvisarmi, per permettermi di spiare l’orrida mente di Aremata Popua, vedere il suo incontro con Tuna, il progetto a cui l’Anguilla, e tu attraverso di lui, avete proposto a lui e suo fratello.

L’ho osservato uccidere la mia insegnante, le sue passate compagne d’addestramento, per poi cadere per mano di uno straniero, un guerriero giunto come inatteso aiuto alla nostra guerra con il Nero Esercito e, mentre scoprivo tutto ciò, ho fatto in modo che anche Ono sapesse, sicura di non poter far molto da sola qui, nel mio Avaiki, ma piuttosto cercando supporto in quello dov’ero diretta.

Rimpiango solo di aver perso troppo tempo: ora dei miei amici di questi luoghi restano solo tre compagni d’arme e, assieme a loro, sradicherò l’ultima macchia del tradimento che ha insozzato queste terre.

Parola di Arohirohi della Tartaruga Marina!", concluse decisa, espandendo l’ampio cosmo simile ad ondate d’energia psichica.

"Ora capisci il tuo errore, Hakona? Capisci quanto sei stato stolto nelle tue azioni? Quanto sei diventato cieco per allearti ad un gruppo di stranieri contro la tua stessa gente?", ringhiò furioso Moko, espandendo un cosmo duro e scuro come la roccia del terreno.

"Non sono Hakona, io sono Maui di Whiro, il Respiro della Polinesia! Io porterò a queste terre un nuovo inizio, le accompagnerò verso un futuro radioso e libero dalla presenza delle divinità!", lo ammonì deciso il traditore, "Fatti avanti, ultimo seguace di Pili, completerò ciò che ho lasciato a metà.", minacciò determinato.

Con un urlo di rabbia, Moko si lanciò in avanti, l’energia cosmica che circondava le braccia, fino quasi a prendere la forma di due giganteschi totem di pietra, due Moai, uno per ogni arto: "Risveglio del Moai!", invocò furibondo l’Areoi, scatenando un primo colpo, che, però, andò a cozzare contro le difese del guerriero nemico, le stesse che, fino a poco prima, avevano dato ben altri problemi ai tre guerrieri che ancora osservavano in silenzio lo scontro.

La barriera di vento resse al primo colpo ed anche al successivo ed al terzo, ed al quarto ed a tutti i tentativi di quei vasti volti scolpiti nella pietra di scatenare la loro violenza sul nemico, un nemico che sembrava irraggiungibile e, ora, di nuovo sicuro di se dopo aver scoperto quanto gli eventi fossero sfuggiti ai suoi piani iniziali.

"Puoi essere sopravvissuto al nostro precedente scontro, Moko, ma non per questo avrai modo di cercare la vendetta che erroneamente reclami.", lo ammonì Maui, "Poiché io sono il Respiro della Polinesia, sono il vento del nuovo Mondo che spazza via il vecchio ed i suoi limiti! Non puoi colpirmi, non puoi nemmeno sperarlo, mentre io, al contrario, ti travolgerò con il caldo soffio del Nord.

Preparati, Areoi! Eccoti il Secondo Vento, Matuu il Vento del Nord!", urlò il traditore delle sue genti, scatenando la calda corrente d’aria, rivelatasi come una serie di grosse bolle fra i due, che investì in pieno il guerriero di Tiki, sollevandolo da terra e scagliandolo a diversi metri di distanza, leggermente ustionato.

Il guerriero di Whiro, però, non diede tempo al nemico di rialzarsi, né si preoccupò dei restanti quattro avversari che aveva attorno a se, troppo concentrato sull’eliminare lo stesso comandante che sarebbe già dovuto essere morto per sua mano da diverse ore.

"Ora, preparati, a raggiungere i tuoi compagni, Ono ed Iwa, la corrente che agita l’Oceano ti porterà alle soglie di Bulotu, il paradiso; la terza corrente che si piegò al volere del mitico eroe, la corrente dell’Est.

Eccoti Mataga!", urlò infine il Respiro della Polinesia, ma nel momento stesso in cui l’attacco veniva scatenato, accadde qualcosa d’incredibile ed inatteso: Moko di Tiki scomparve da dinanzi al suo nemico, l’intero ambiente che Maui stava osservando mutò, rivelando le sale dove aveva ricevuto l’investitura e mostrando ancora una volta i volti dei compagni traditi e defunti.

"Non puoi sperare d’ingannarmi di nuovo, Tartaruga Marina!", ringhiò allora il guerriero di Whiro al cielo vuoto di quelle immagini, "So bene che si tratta delle tue illusioni, ormai l’ho capito!", la ammonì.

La voce di Arohirohi, però, riempì l’ambiente, senza che lei si rivelasse: "Puoi anche saperlo, ma questo non implica che tu possa superare l’effetto della Carapace dei Miraggi! Non mera illusione, infatti, è questa, ma il sublime potere dei miraggi, di cui sono padrona, grazie al lungo addestramento con la saggia Tiotio, che tu hai fatto uccidere!", lo minacciò la guerriera, "Quindi preparati, traditore degli Areoi, perché la morte giungerà per te senza che tu possa vederla!", vaticinò.

Un violento maglio di pietra investì con ferocia il distratto Maui, un colpo scatenato dall’incontenibile furia e potenza di Moko, che scagliò l’altro contro una parete che lui non vedeva, ma che gli permise, comunque, di sollevare di nuovo le difese generate dalla combinazione del caldo vento del Nord con quello freddo del Sud, difese su cui i successivi colpi parvero interrompersi, finché una scarica elettrica ed un fendente d’energia non investirono assieme lo stesso punto, lasciando che di nuovo un massiccio Moai, assieme alle affilate zanne di uno squalo, travolgessero quella difesa, sollevando verso l’altro la Malefica Lucertola, che ricadde al suolo, pochi istanti dopo, rivedendo, ora, dinanzi a se tutti i suoi nemici.

C’erano Moko di Tiki, Arohirohi della Tartaruga Marina ed a loro si erano uniti i tre feriti, ma ancora determinati, Toru dello Squalo Bianco, Maru del Narvalo e Tawhiri della Torpedine.

"Finito il tempo degli inganni?", domandò innervosito Maui, rialzandosi in piedi, "Tu per primo li hai usati, tessendo i tuoi tradimenti.", lo accusò di rimando la guerriera, "Ho solo pensato che fosse giusto farti saggiare del veleno che tanto caparbiamente hai fatto noi ingurgitare, che tu potessi capire cosa volesse dire essere colpiti quando meno ce lo si aspetta, lì dove non si crede possibile trovare dei nemici.", sentenziò decisa.

"Non sarà però con l’inganno che cadrai, traditore, bensì per la forza dei guerrieri di Polinesia, che di te non avranno pietà.", aggiunse Toru, espandendo il feroce cosmo.

"Per la forza dei guerrieri di Polinesia? Fatevi avanti, dunque! Non vi temo, come non vi ho mai temuti!", ribadì Maui, espandendo il proprio cosmo simile ad una forte corrente, "Eccovi il terzo vento ad essersi soggiogato, eccovi il Vento dell’Est! Matagi!", urlò deciso, scatenando la corrente d’aria, che già feroce e violenta si alzava per gettarsi contro il gruppo di avversari che trovava dinanzi a se.

"E’ ancora presto per riprendere la battaglia! Hai altro di cui rendere conto prima!", lo ammonì deciso Moko, la cui energia cosmica parve fluire verso la maschera posta sul petto delle vestigia, che per qualche istante brillò di una candida luce, "Postura del Moai!", urlò l’Areoi, mentre l’energia si manifestava, scuotendo il terreno e mutandone la forma, creando dinanzi ai cinque guerrieri bianchi una massiccia faccia di roccia che li difese dalla violenta corrente dell’Est, impedendo alla stessa di colpirli.

"Ora, Tartaruga Marina!", esclamò a quel punto Toru, lasciando che Arohirohi si spostasse velocissima, portandosi sul fianco opposto del comune nemico; "Pinna della Psiche!", invocò la guerriera e dal suo corpo parvero nascere quattro grosse pinne, simili a quelle delle testuggini nate per il solo nuoto, inadatte alla vita sulla terraferma.

Ognuna di quelle protuberanze d’energia raggiunse uno dei quattro dalle bianche vestigia che già combattevano in quel luogo prima dell’arrivo di Moko ed Arohirohi stessa e ciò che avvenne poco dopo fu, a dir poco, sorprendente.

Maui di Whiro, per alcuni, lunghi, interminabili, istanti visse in prima persona l’intera invasione dell’Avaiki sacro ad Ukupanipo: vide il corpo senza vita di Waku della Balenottera Azzurra, avvertì la sofferenza per quella perdita e l’odio scatenato contro i guerrieri neri colpevoli; visse la sensazione di sconforto e perdita per non trovare più né Tara, né alcuno dei compagni ed amici attorno a se; percepì su se stesso la sensazione di tradimento nello scoprire i fratelli Aremata, Laka di Poukai e, più di tutti, Tuna dell’Anguilla, come fautori, e sostenitori, della distruzione che stava annientando il loro mondo; percepì la disperazione di sapere i propri maestri morti per mani che un tempo si credevano amiche e la rabbia, il desiderio di vendetta, misto a disprezzo, che tutti i nemici lì presenti gli rivolgevano.

Fu un’ondata di sensazioni, opprimenti, svilenti, che lo portarono a provare tante emozioni così devastanti che, per qualche istante, il Respiro della Polinesia rimase senza fiato, piegato dal peso delle proprie azioni, così come le avvertivano le sue vittime.

Nello stesso tempo, però, anche Toru, Maru, Tawhiri e Moko, così come Arohirohi, vissero qualcosa: videro il primo incontro fra Hakona ed i tre che gli avevano proposto di allearsi loro; lo videro osservare la devastante potenza del Leone Nero e percepirono l’avidità che cresceva nel suo cuore, il desiderio di essere qualcosa di più del semplice secondo in comando nell’Avaiki di Pili.

Videro il mondo dagli occhi di chi voleva cambiarlo per renderlo perfetto per se stesso, per diventarne l’eroe e ne compreso l’immensa, innegabile, avidità.

Videro come aveva sfruttato Tuna, Pekoi, Amite Rangi e rimasero disgustati da come, sotto le belle parole a cui anche lui pareva credere, vi fosse solo un unico, insormontabile, ego, desideroso di avere tutto sotto il proprio controllo.

"Questa è dunque la verità, Hakona?", chiese d’improvviso Moko, una volta che il contatto mentale fra i presenti nella sala fu interrotto, "Nascosto dalle tue belle parole sul Nuovo Mondo di cui tu saresti stato l’eroe, c’è solo un immenso, insormontabile, desiderio di protagonismo? Solo per questo hai accettato l’offerta di quel branco di senza dei? Hai sublimato il desiderio di vendetta per la persona che avevi perso, mutandolo nel tuo personalissimo modo per essere al centro del mondo? Crearti un nuovo mondo di cui saresti stato l’eroe, distruggendo tutto ciò che avevi giurato di proteggere? Di questo avevi bisogno!?", urlò furioso l’Areoi sacro a Pili, lanciandosi all’attacco e scatenando il Risveglio del Moai, che non trovò nessuna resistenza dinanzi a se, ma affondò deciso ed inarrestabile nella dura roccia.

"Cosa ne potete sapere voi? Vi ritenete tanto superiori, mi odiate così profondamente e sapete perché? Non perché ho distrutto il mondo che vi era tanto caro, ma perché vi ho tolto ciò che vi rendeva Areoi, anzi, eroi nella più moderna delle sue definizioni. Vi ho tolto ciò che vi faceva sentire considerati, oggetti di rispetto ed onore.

I vostri due Avaiki, con tutti i seguaci che ascoltavano ogni vostro ordine e rispettavano i vostri pareri, per voi, Toru e Moko, che ne eravate i comandanti.

La possibilità di nuotare libero in un mondo pieno di pesci che sapevi legati alla medesima divinità che tu tanto caparbiamente onoravi, il che ti faceva sentire quasi un comandante, nel tuo piccolo, di tutte quelle piccole entità acquatiche, per te, Tawhiri.

La tua maestra, che vedevi come la madre che non avevi mai conosciuto, poiché ti aveva cresciuta e, lo sapevi, era orgogliosa della donna che sei diventata, Arohirohi.

E l’amore, l’amore che tanto ti legava a quella tua compagnia d’arme, alla donna che avevi deciso di unire a te, incurante del veleno che lentamente avrebbe potuto ucciderti, troppo felice per come lei ti faceva sentire e per come tu sapevi che lei si sentiva grazie a te, vero, Maru?

Ognuno di voi ha sempre avuto qualcuno che guardava a lui come se fosse il centro del mondo, ognuno di voi ha vissuto la gioia di sapersi importante ed io? Io ho perso quella possibilità quando la mia consanguinea, cui ero legato da più che semplice affetto familiare, mi è stata tolta, la mia parente che aveva sempre acceso il proprio cuore ai racconti su come si viveva negli Avaiki, mi era stata portata via e gli dei polinesiani non mi concedevano nemmeno la vendetta, la giusta soddisfazione!

Ho seguito gli uomini che mi potevano offrire ciò che nessuna divinità voleva concedervi, ho deciso di prendermi ciò che mi era stato negato per così tanto tempo e per farlo, ho accettato di dover mutare il mondo, così come lo faranno il gruppo di grandi individui che ho conosciuto sull’Isola di Pasqua!

E voi, piccoli, insulsi, Areoi che tanto grandi vi credete, non potrete fare niente per fermarlo, poiché ora segnerò la vostra fine, scatenando l’ultimo dei Quattro Venti!", minacciò deciso il guerriero traditore.

"Per primo quello del Sud, il vento freddo che viene dai ghiacci; dopo il Nord, il caldo soffio dei vulcani; per terzo l’Est, che agita le correnti dei Mari ed ultimo, il Vento di Sud-Ovest!

Ecco il portentoso vento che condusse gli uomini in Nuova Zelanda, secondo le leggende, l’ultimo ad essere soggiogato dall’eroe Maui, ecco Tonga!", esclamò con furente determinazione l’Areoi di Whiro, prima che il suo stesso corpo fosse avvolto da incontrollabili correnti, sollevandolo da terra e circondandolo in un globo d’aria.

Ad un movimento della mano del Respiro della Polinesia, poi, la gigantesca sfera in cui si trovava, parve seguire i suoi gesti ed un segmento se ne divise, diventando una più piccola e densa bolla d’aria, che con violenza fu scagliata contro i cinque guerrieri polinesiani, che osservavano il nemico.

"Postura del Moai!", invocò lesto Moko, sollevando le proprie difese, ma stavolta il volto di pietra non resse alla potenza nemica e, anzi, il punto in cui andò a cozzare fu ridotto a macerie, prima che il resto della roccia s’agitasse, volteggiando attorno al globo d’aria, per poi essere gettato in più e più direzioni, investendo gli stessi Areoi della Tartaruga Marina e del Tiki.

"Predatore dei Mari! Frantuma l’aria con le tue fauci!", urlò a quel punto Toru, cercando di avere ragione di quel globo che ancora correva contro lui ed i suoi compagni, "Coda Tagliente!", gli fece eco Maru, scatenando il colpo con la parte affilata del giavellotto, mentre già, a protezione di tutti e tre, l’Areoi della Torpedine sollevava l’Elettrogenesi a difesa.

Il fendente del Narvalo non vide sorte migliore della barriera di pietra, venendo assorbito dalle correnti d’aria e poi disperso, in molteplici direzioni, né destino diverso toccò al feroce squalo bianco, le cui fauci non arrivarono a toccare l’ostacolo, distrutte e disperse ancor prima dall’infuriare del vento. Vento che fu persino capace di attrarre a se le scariche elettriche di Tawhiri, disperdendole ed investendo i tre Areoi con la potenza dei loro stessi attacchi, schiantandoli poco lontano dai loro due compagni.

Li osservava, Maui di Whiro, i suoi nemici al suolo, feriti da una potenza che avevano saputo, solo in parte, contenere, una potenza che non potevano comprendere, non da soli almeno: "Il vento del Sud-Ovest, il vento che è stato piegato perché li allontanasse dal semplice Oceano e li conducesse alle vicine terre dell’Australia, che permise agli abitanti delle tante piccole isole della Polinesia, di raggiungere la più grande di tutte, quella in cui ora ci troviamo. Questo è Tonga, a cui fu pure dedicata un’isola, questo è il vento Sovrano! E voi, piccoli uomini, non potete sperare di contrastarne l’impareggiabile potere, un potere che mi permette, infine, di guardarvi tutti dall’alto verso il basso, così com’è mio diritto!", concluse lieto il Respiro della Polinesia.

"Pazzo e maledetto tu, Hakona, che hai deciso di distruggere tutto ciò che ti circondava per ergerti al di sopra di tutti!", lo ammonì Arohirohi, rialzandosi per prima, "Vedremo se ancora avrai la sicurezza di ergerti ad eroe del Mondo, quando avrai affrontato una ben diversa corrente: la Corrente del Pacifico!", invocò infine l’Areoi, scatenando un’ondata d’energia, che simile ad un oceano di luce si gettò verso il nemico che dall’alto la osservava.

"Stolta! Inutile favellar di rivalsa il tuo!", la schernì Maui, agitando una mano e lasciando che un semicerchio d’aria si portasse a sua difesa, assorbendo al proprio interno la corrente di luce e disperdendola con inaudita facilità attorno a se.

"Tonga mi dà completa difesa, oltre che assoluta possibilità d’attacco! Nessuno può ribattere dinanzi al più portentoso dei venti ed a chi, di questi, è il padrone assoluto!", esclamò tronfio il guerriero di Whiro, agitando ancora una volta la mano dinanzi a se.

Prima ancora, però, che potesse generare una nuova forma d’aria, al fine di attaccare i nemici, anche gli altri quattro Areoi si alzarono, espandendo i loro cosmi, feroci e decisi, pronti ad attaccare ed avere, infine, ragione del comune nemico che tanto dolore aveva provocato loro; sapevano bene che, dalla distanza cui si trovava, nessuno di loro avrebbe potuto colpirlo direttamente, ma i loro cosmi avrebbero fatto il più, raggiungendo il così lontano nemico.

"Non dichiararci ancora sconfitti, Lucertola Malefica, faresti davvero un errore in tal caso!", ammonì sicuro Moko di Tiki, espandendo l’energia cosmica lungo la maschera che lo copriva a mo di elmo, "Volto del Moai! Colpisci il tuo nemico!", invocò l’Areoi delle Hawaii.

"Predatore dei Mari! Sfamati al fine!", ordinò di seguito lo Squalo Bianco, scatenando la propria furia, subito seguito dai due compagni d’arme: "Corno Perforante!", esclamò Maru del Narvalo, "Torpedine Selvaggia!", gli fece eco Tawhiri.

I tre furiosi esseri acquatici di pura energia, nuotarono, nell’aria, ascendendo verso l’unico e comune bersaglio, mentre già la roccia nell’ambiente sembrava prendere forma, una forma gigantesca, che si espanse dal suolo sotto i cinque Areoi fino al soffitto che aleggiava su Maui, il volto di un Moai, che parve urlare maestoso prima che un’ondata di energia si lanciasse, da ogni direzione, contro il traditore dei polinesiani.

"Sciocchi!", urlò deciso il guerriero di Whiro, allargando le braccia, mentre il globo d’aria che lo circondava stava andando espandendosi, scontrandosi con la furia delle creature dell’acqua e contro il maestoso volto d’energia che urlava la propria rabbia su di lui, una potenza che parve schiacciare devastante persino il possente vento del Sud-Ovest, producendo, infine, un’esplosione senza pari che sbalzò indietro lo stesso Maui, quasi schiantandolo al suolo.

Il Respiro della Polinesia, però, fu lesto nel riprendere il controllo del proprio potere, impedendo l’impatto con il terreno, sollevando le mani, così che l’aria attorno a lui s’agitasse, riprendendo la forma che gli era propria, sferica, e sostenendolo a diversi palmi da terra, lì dove ancora l’acqua leggermente s’agitava, celando fino alle caviglie i piedi dei suoi cinque nemici.

Servì davvero molto poco perché Maui si rialzasse grazie alle correnti che controllava, osservando dall’alto gli avversari: "Poveri stolti, come pensate di potervi a me avvicinare abbastanza da colpirmi? Niente e nessuno può investire chi controlla il potere ultimo dei venti, quello legato a Tonga!", esclamò soddisfatto, liberando di nuovo l’aria sotto forma di dardi con un gesto delle mani.

Cinque dardi, uno diretto contro ognuno dei suoi contrapposti, che, pronti, espansero i loro cosmi per continuare la battaglia.

"Elettrogenesi!", invocò Tawhiri, liberando la possente scarica elettrica a difesa della propria persona, cercando con essa di contenere la forza delle correnti d’aria nemiche, ma l’elettricità ancora una volta parve inglobata nel vorticare del vento, per poi essere dispersa sul terreno e persino contro l’Areoi stesso, che, indietreggiando contro la potenza avversa, fu alla fine travolto dalla stessa, schiantandosi contro una parete di pietra, che si piegò sotto la violenza del colpo, cadendo poi al suolo sanguinante e privo di sensi.

Nel vedere il compagno a terra, Maru del Narvalo scattò in avanti verso il dardo che volava verso di lui, "Corno Perforante!", urlò il guerriero polinesiano, ma, anche il suo colpo, fu divorato come i precedenti dall’infuriar del vento, che parve inghiottire la potenza del cetaceo nordico.

L’allievo di Afa, però, parve sorridere nel vedere quel suo colpo perdersi nella furia nemica, anzi, roteò lesto il giavellotto fra le mani, circondando l’estremità affilata d’energia cosmica, "Coda tagliente!", esclamò scatenando il secondo fendente, che parve interrompere la vorticante aria del vento sud-occidentale; ma la speranza durò ben poco: l’aria, infatti, dopo una prima vibrazione ed un leggero quietarsi, per il contrasto delle due forze così differenti, assorbì al proprio interno anche la furia del secondo attacco del Narvalo, esplodendo in un impatto frontale contro il guerriero polinesiano, schiantandolo verso il terreno, sanguinante e dolorante, ma non svenuto.

"Maru! Tawhiri!", urlò Toru, vedendo i due compagni delle lunghe battaglie passate nell’Avaiki al suolo, espandendo subito dopo il vasto e bianco cosmo e liberandolo dalle mani, "Fauci dello Squalo Bianco, colpite!", ordinò, cercando di fermare, con la furia energetica che circondava i suoi palmi, l’avanzata della corrente d’aria che stava gettandosi su di lui, ma il semplice dardo s’espanse, assorbendo all’interno la potenza avversa, rendendola propria e lasciandola esplodere in un vortice che parve sul punto di amputare le mani al comandante sacro ad Ukupanipo.

Fu solo grazie all’energia cosmica di Arohirohi, che avvolse ambo i guerrieri del dio dei pesci, che lo Squalo bianco si salvò, difeso da quella che sembrava una corazza di puro cosmo, una corazza che non oppose resistenza all’infervorarsi dei due dardi che la puntellavano nella sua lunghezza, bensì ne sopportò la pressione, mentre questa attirava a se la difesa sollevata dalla Tartaruga Marina, cercando di aprirsi in quel modo una strada, strada che, però, si ritrovò ad affondare nel vuoto, complice la "Carapace dei Miraggi", sollevatasi a coprire lo spostamento della sua padrona.

"Ottimo.", poté solo pensare Moko di Tiki, ergendo il massiccio Moai di pietra dal terreno antistante per propria difesa, un Moai che dovette subire la potenza della corrente d’aria nemica, una corrente che fu capace, ancora una volta, di aspirare dentro di se la massiccia struttura di roccia, sbriciolandola e disperdendola, ma, stavolta, il comandante dell’Avaiki di Pili fu pronto per quella reazione: non appena la dura roccia fu distrutta e scagliata contro di lui dal dardo di vento, alte echeggiarono le sue parole.

"Postura del Moai!", esclamò, per la seconda volta in breve tempo, Moko, creando una seconda barriera di roccia, contro cui le rocce della prima andarono a schiantarsi, frantumandosi fra loro e riducendosi a semplice pulviscolo, che non incrementò in alcun modo la violenza della corrente d’aria direttasi sull’Areoi dalle maschere molteplici, gettandolo indietro non particolarmente ferito.

Fu in quel momento, quando tutti e cinque i bersagli puntati da Maui avevano ormai contrastato il dardo loro lanciato contro, che di nuovo la Tartaruga Marina si mostrò, da sola, avvolta dalla bianca energia che le era propria: "Corrente del Pacifico!", invocò scagliando di nuovo l’attacco contro il comune nemico degli Areoi, un’ondata di luce che ascendeva verso il Respiro della Polinesia, che alto restava ad osservarla, fin troppo sicuro dei suoi mezzi per cercare anche solo una difesa differente.

La furia del vorticante Tonga bastò per difenderlo, disperdendo l’energia che l’aveva assalito in ogni direzione, ma, proprio quando non vi era più luce a celarlo, apparve, nascosto da quel fiume di potenza, Toru, il cosmo furente e maestoso che ne circondava le braccia, quando il gancio sinistro fu diretto proprio nello spazio che lo divideva da colui che li aveva traditi tutti.

"Imperium Carcharodon!", tuonò superbo il comandante degli Areoi neozelandesi, prima che la furia del suo sinistro venisse assorbita, assieme al braccio stesso, nel vorticare delle correnti, quasi Maui volesse privarlo di quello stesso arto, ma, deciso come non mai, Toru non si turbò per l’energia nemica, bensì continuò, sferrando un diretto destro nel medesimo punto dove già il sinistro s’era diretto, convogliando la potenza massima del colpo trasmessogli dallo Squalo Tigre in un unico bersaglio.

"Stolto, finirai solo per essere dilaniato dalla corrente del Sud-Ovest!", esclamò lieto il guerriero di Whiro, "Ma sarà una degna fine per una bestia tua pari!", terminò, prima di puntare ambo le mani verso il nemico che gli era davanti.

Toru sentì la possente corrente d’aria diventare ancora più violenta, avvertì la stessa attirarlo a se lungo le braccia, ma, allo stesso tempo, respingerne il tronco, quasi volesse dividerlo in due; sentì la furia di Tonga in tutta la sua potenza, ma non per questo piegò il volto al dolore, anzi, sorrise continuando ad avanzare con le braccia, sicuro dei propri mezzi e di quelli della sua alleata.

Fu infatti l’energia cosmica di Arohirohi a sorprendere tutti i presenti, per primo Maui, quando, aleggiando attorno ai due che combattevano a mezz’aria, aprì improvvisa un varco attraverso il vorticare del vento che circondava il guerriero di Whiro.

"Non è possibile!", urlò il Respiro della Polinesia, "Lo è, traditore, te lo posso assicurare!", esclamò, dalla propria posizione sul terreno, l’allieva di Tiotio, "La corrente del Pacifico non è un semplice attacco di energia, è una manifestazione della mia psiche che, avvolta nel cosmo, prende una forma offensiva, ma, non per questo, mi impedisce azioni meno violente e più precise: con questo potere mantengo il mio comandante lì, in aria, al pari di te, con questo stesso potere ho potuto ottenere qualcosa di paragonabile a Fisaga!", concluse soddisfatta Arohirohi.

"Fisaga?", ripeté furioso Maui, "Dovresti conoscere il resto del mito, tu che hai scelto di prendere il nome di un eroe leggendario, Hakona. Di tutti i venti, quattro si assoggettarono al volere dell’eroe che li volle al proprio servizio, ma il Vento di Nord-Ovest, Fisaga, la dolce brezza, rimase libero, non si asservì alla volontà di nessuno.

E proprio quel vento, quella corrente che corre opposta a Tonga, sarà per la tua arma migliore l’ultima e più drastica delle antitesi!", concluse decisa la guerriera, prima che Toru affondasse con violenza i possenti pugni nella bianca corazza a forma di lucertola, danneggiandola e spingendo verso il suolo se stesso ed il suo avversario.

L’impatto fu fragoroso, specialmente quando, lungo la caduta, i due si schiantarono sul trono di dura roccia, che andò in frantumi sotto il peso di tanta violenza, scatenando ancora più alte e furiose le urla di dolore di Maui, che per primo cozzò contro quella superficie; ma l’ultimo ad urlare non fu il guerriero di Whiro, con grande disappunto degli altri Areoi, bensì Toru, che, sollevato a mezz’aria, fu schiantato con violenza a diversi metri di distanza, quasi contro le ampie porte che dividevano le due battaglie, cadendo malamente al suolo.

Maui di Whiro era di nuovo in piedi, sanguinante, ferito, con il pettorale e l’elmo quasi completamente distrutti, ma ancora avvolto dal vento vorticante, che, stavolta, lo manteneva a breve distanza dal suolo, prendendo non più le forme di un globo intorno a lui, ma allungandosi nella sagoma di una lucertola.

"Ho temuto per me stesso anch’io, per qualche secondo, prima di ricordarmi per quali grandi opere sono stato destinato, prima di riprendermi dal dolore, umano, che stavo provando, cosciente, ora che senza dolore un eroe non può ascendere al proprio stato.

Adesso, però, basta, sciocchi Areoi legati ad un mondo passato ed ormai perso! Giunge per voi l’ora di abbandonarvi alla dimenticanza, che sia Tonga, il Vento potente, a condurvi verso Bulotu!", ordinò deciso il Respiro della Polinesia, scatenando ancora una volta la violenta corrente, che parve quasi presentarsi come un portentoso colpo di coda della sagoma che lo circondava.

"Volto del Moai!", urlò di rimando Moko, scatenando ancora una volta la potenza della roccia stessa, che, dalle forme della vasta maschera di pietra, scaturì dall’intera sala, dirigendosi verso la corrente d’aria che, minacciosa, correva verso gli Areoi.

La potenza delle due forze parve quasi eguagliarsi per qualche secondo, finché la forza del vento non ebbe la meglio sulla virtù della pietra, iniziando a disperderla, lapillo dopo lapillo, solo l’intervento di Arohirohi, che liberò ancora una volta la Corrente del Pacifico, impedì che quella violenta carica offensiva nemica li surclassasse.

Di quel contrasto di forze, però, fece uso Maru del Narvalo per scattare in avanti, determinato come mai a concludere quella battaglia, a vendicarsi di chi gli aveva tolto tutto, dal maestro, alle divinità che serviva, ai compagni con cui aveva a lungo vissuto, ma, soprattutto, di vendicarsi per la sorte toccata a Tara, la donna da lui amata.

"Lama degli Oceani!", invocò, sofferente al ricordo dell’amata, il guerriero, circondando il giavellotto con i vortici d’energia, cercando dapprima l’affondo su quella lucertola d’aria e poi il taglio, riuscendo ad aprirsi un piccolo varco nella fittizia pelle della stessa, ma non fu che per un istante, il tempo necessario perché Maui gli rivolgesse la sua attenzione e l’allievo di Afa fu respinto indietro, sollevato di qualche metro da terra, prima che la possente coda di vento lo investisse, distruggendo ciò che restava delle vestigia del Narvalo sul pettorale e squarciando le carni del polinesiano, che ricadde al suolo, moribondo.

"Maru!", urlò Toru, appena ripresosi, correndo verso il compagno al pari di Tawhiri e degli altri due, riunendosi tutti ad osservare l’abile guerriero, ormai a terra, prossimo ad abbandonare quella vita.

"Perché hai compiuto un assalto così avventato, Areoi?", domandò rabbioso il combattente della Torpedine, che, malgrado il suo più alto legame con i pesci, non poteva negare di avere del rispetto per i compagni, specialmente per coloro con cui più aveva combattuto in quel tetro giorno, "Volevo trovare uno spiraglio, volevo ucciderlo, come aveva promesso a Tara …", sibilò dolorante l’altro, "Ora almeno la raggiungerò, le avevo giurato che non avrebbe atteso a lungo …", continuò tossendo sangue.

"No, amico mio, non l’hai fatta attendere, non avrà di che rimarcare in tal senso.", concordò con viso triste Toru, che, stava ora per dire addio ad un altro dei seguaci del suo Avaiki, ma, più di questo, ad uno degli amici più cari, assieme a Tuna, che lo aveva tradito.

"Comandante, promettimi che adempirai per me all’altra parte del mio giuramento … che il traditore non veda la luce del nuovo giorno, che il sole non riscaldi più la sua pelle.", sussurrò dolorante Maru, in un’ultima convulsione di dolore.

"Te lo assicuro, amico mio.", furono le sole parole dello Squalo Bianco, prima che Arohirohi poggiasse la sua mano sulla fronte del guerriero del Narvalo, "Rilassati ora, valoroso guerriero, stai per raggiungere il paradiso, dove già ti attende la donna che ami, le vostre anime non hanno potuto attendere oltre per riunirsi.", sussurrò gentile la Tartaruga Marina, mentre, attraverso il proprio cosmo, affievoliva il dolore nella mente dell’altro, permettendoli un più silenzioso e veloce trapasso.

"La luce del sole …", ripeté Moko, che aveva osservato in disparte il commiato del Narvalo dai suoi compagni, ripensando a quelle poche parole e già elaborando un piano nella propria mente, prima che l’avvicinarsi di colui che un tempo era Hakona lo riscuotesse dai suoi pensieri.

"Uno di voi è caduto, ma non crucciatevi: presto tutti lo raggiungerete!", minacciò sicuro di se il traditore, scatenando ancora una volta la furia di Tonga.

"Postura del Moai!", ribatté lesto il comandante dell’Avaiki di Pili, sollevando le proprie difese, che, però, non ressero a lungo contro tanta violenza, ma a sufficienza perché colui che le aveva sollevate potesse rivolgersi ai suoi compagni: "Presto, dobbiamo agire uniti. Ho un piano per sconfiggerlo!", esclamò.

Fu Arohirohi la prima a reagire a quelle parole: "Carapace dei Miraggi!", invocò, celando se stessa ed i tre compagni di battaglia rimastegli agli occhi del comune nemico, spostandosi con loro, mentre l’illusione creata occultava a tutti i sensi di Maui la loro posizione.

"Quale sarebbe il tuo piano, Moko?", domandò subito Toru, non appena fu certo che il nemico non potesse sentirli; "In breve? Andare contro la promessa che hai fatto al tuo compagno d’addestramenti: voglio che quel traditore veda per l’ultima volta la luce del sole, voglio che veda lo splendore di Raau.", spiegò l’altro con un tono evidentemente ironico.

"Raau? È impossibile, serve la maggioranza dei comandanti perché ciò avvenga!", obbiettò subito lo Squalo Bianco, "Oh bé, siamo rimasti solo noi due, comandante dell’Avaiki di Ukupanipo, e spero che tu non mi voglia negare il tuo beneplacito.", commentò sarcastico l’altro, agitando il capo mascherato.

"Non è questo che intendevo, stolto! Per invocare un tale potere è necessario il cosmo riunito di almeno tre comandanti e noi siamo solo due!", pose l’accento di nuovo il neozelandese.

"Di cosa state parlando?", domandò d’un tratto Tawhiri, intromettendosi nel dialogo, "Raau, una tecnica tramandata solo dai comandanti dei cinque Avaiki, si dice che dia il potere della divinità del Sole, di cui prende il nome, un potere tanto grande da incenerire qualsiasi cosa non si pieghi al suo volere. E, sarò folle, ma dubito che vedremo quel vile traditore piegarsi.", rispose con tono calmo Moko.

"Dove siete finiti, codardi?", latrò in quel momento il loro comune nemico, catturando l’attenzione dei tre, "Pensavo fosse finito il tempo degli inganni! Eppure sembrate incapaci di fare alcunché di differente!", li accusò ancora, espandendo il proprio cosmo, e sferrando violente ondate di vento, simili a colpi di coda, in ogni direzione, al solo fine di raggiungerli, senza però riuscirvi, anche se, per quanto Maui stesso non se ne accorse, l’ultimo dei suoi colpi quasi li sfiorò.

"Sono parole inutili queste, guerriero di Tiki! Serve un terzo comandante che conosca il rituale e sappia combinare alla perfezione la propria energia con le nostre e non lo abbiamo!", tagliò corto, a quel punto, Toru, pronto a riprendere la battaglia, "Non avete un terzo comandante, è vero, Squalo Bianco, ma qui c’è una terza persona che sa come invocare il potere sacro del Sole.", esordì d’improvviso Arohirohi, accennando un sorriso furbo con il volto.

"Tu? Come?", balbettò stupito il guerriero sacro ad Ukupanipo, "Ma certo, quella tua tecnica psichica! Hai le memorie della tua insegnante, quindi anche il giorno in cui lei stessa apprese l’antica evocazione!", esultò, rendendosene conto solo in quel momento, il comandante dell’Avaiki di Pili.

"Allora anche io potrei conoscere quella tecnica? In quattro potrebbe essere anche più potente?", incalzò Tawhiri, "No, Torpedine. Io, che uso il potere della mia psiche per far interagire le menti, posso navigare in ognuna di esse, sono l’oceano in cui ogni pesce nuota, per così dire, ma voi, come semplici abitanti di un più vasto luogo, potete conoscere solo ciò che di quel luogo vedete.", lo contraddisse con tono pacato la Tartaruga Marina, ricevendo, dopo alcuni istanti di silenzio, un cenno d’assenso dall’altro.

"Lasciami allora riapparire dinanzi al nostro nemico, allieva della Piovra, che vi possa concedere il tempo di prepararvi affrontandolo.", propose subito dopo l’Areoi sacro ad Ukupanipo.

"No, non farai una follia, pari a quella di Maru.", obbiettò subito il suo comandante, "Non preoccuparti, Squalo Bianco, non ho intenzione di morire per difendere altri uomini, ma di combattere in nome del signore dei Pesci e sopravvivere per rivedere di nuovo la stirpe a lui consacrata.", ribatté sicuro Tawhiri, scattando in avanti ed apparendo poco dopo dinanzi al nemico.

Con un balzo acrobatico, l’Areoi si lanciò verso il nemico, i pugni carichi d’energia cosmica, che fremeva come fulmini attorno ai suoi arti, "Cercavi un nemico, uomo? Ebbene, eccomi!", esordì deciso il guerriero polinesiano, scatenando l’elettricità che lo attraversava verso l’avversario.

"Scariche della Torpedine!", invocò deciso il seguace di Ukupanipo, ma ancora una volta l’elettricità parve perdersi nel vento, diventando delle più misere saette che, spinte dall’aria vorticante, andarono ad affondare nel terreno fra i due combattenti.

"Uno dei quattro ha avuto il coraggio di mostrarsi, ma quale onore!", lo sbeffeggiò a quel punto Maui, "Preparati a subire su di te tutta la potenza del Vento di Sud-Ovest, eccoti la potenza di Tonga!", urlò ancora, mentre, con un semplice gesto della mano liberava un’ondata d’aria simile alla coda di una lucertola, per la conformazione che prese, un’ondata che investì con violenza le vestigia bianche della Torpedine, prima che la difesa ultima di Tawhiri si rivelasse: "Elettrogenesi!", invocò infatti l’Areoi.

L’elettricità generatasi si disperse lungo la coda di vento, disperdendosi come sempre al suo interno, ma senza esserne completamente scomposta, bensì riuscendo a ridurre l’intensità della corrente d’aria, che parve sopirsi, spingendo leggermente indietro il guerriero polinesiano, ma senza infliggerli danni mortali.

"Immaginavo ci fosse un modo per vincere questa tua potenza offensiva!", rise a denti stretti Tawhiri, restando in piedi ad osservare malamente il nemico, "Puoi forse avere una difesa invidiabile, ma altrettanto non si può dire per la potenza d’attacco, una volta capito come sconfiggerla e, in fondo, nemmeno le tue difese sono poi così invincibili.", lo schernì ancora l’Areoi, "Pensi davvero, amico dei pesci?", ringhiò offeso il guerriero di Whiro, scatenando un secondo fendente di vento, che, ancora una volta, andò a colpire il suo bersaglio, il quale, però, all’ultimo, sollevò la generò la barriera elettrica, riuscendo a disperdere l’aria avversa.

"E’ semplice, sai, uomo: è quello che fanno i pesci palla. Lascio che le fauci del predatore si chiudano su di me, poi, però, manifesto le mie difese, interrompendo così a metà il tuo attacco. Ne ricevo dei danni? Sì, è certo, ma sicuramente sono minori di quelli che la massima potenza di un colpo subito potrebbero causarmi.", spiegò beffardo e saccente Tawhiri, "Ma per chi non ha avuto rispetto alcuno né per Ukupanipo, né lo ha per alcuna razza d’essere vivente che popola questo mondo, le mie parole devono essere vuote e, di certo, sprecate.", criticò con disappunto, scattando quindi in avanti, all’attacco.

"Come puoi capire le leggi del Mondo, se vuoi semplicemente distruggerlo per crearne uno nuovo?", domandò ancora l’Areoi, con le mani ricolme d’energia cosmica, "Scariche della Torpedine!", invocò subito dopo, colpendo a mani unite verso la pelle di vento che difendeva il nemico, senza però raggiungerlo.

"Rinuncia ed accetta la tua fine, sarà più facile per te!", lo minacciò a quel punto Maui, "No, affatto, per te sarà più facile!", ringhiò l’altro, congiungendo le mani ed interrompendo l’attacco, mentre gli arti venivano profondamente segnati dalle correnti d’aria, che, simili a coltelli di ghiaccio, ne strappavano le carni, lasciandogli, però il tempo di generare il suo colpo più potente: "Torpedine Selvaggia, nuota nel vento fino alla tua preda!", urlò infine Tawhiri, scatenando l’attacco.

La potenza del vento spinse via l’Areoi, con le braccia prive ormai di vestigia e quasi di pelle che ne coprisse le ossa danneggiate, ma, allo stesso tempo, la belva acquatica di pura elettricità riuscì, con alcune delle sue scariche, a colpire il guerriero di Whiro, che ricadde indietro di qualche metro, ferito, seppur non mortalmente.

Maui, però, non ebbe il tempo di rialzarsi e puntare a prendere la propria vendetta da quel singolo guerriero polinesiano che vide riapparire gli altri tre Areoi suoi nemici, posti l’uno di fianco all’altra.

"Ben ritrovati, dovrò farvi attendere però! Il primo a morire sarà quel vile pesce!", ordinò secco l’uomo di Whiro, ma i tre cosmi dei suoi nemici rivelavano come loro fossero in disaccordo con quel suo progetto.

"Nessuno cadrà, Hakona, nessuno a parte te, che hai rinunciato alla tua fede negli dei ed ora sarà proprio il potere che loro hanno donato ai propri eletti a punirti.", affermò pacato l’Areoi di Pili, prima che il suo cosmo, e quello dei due guerrieri sacri ad Ukupanipo, entrassero in risonanza.

"Il Cielo Stellato ed i Mari in cui vivono i Pesci …", iniziò a decantare Toru dello Squalo Bianco.

"La Terra che gli uomini coltivano adesso e gli Antenati che onorano …", continuò Moko di Tiki.

"La Pace che sempre gli uomini cercano …", aggiunse subito dopo Arohirohi della Tartaruga Marina.

"Tutto questo è illuminato dalla Luce del Sole che li vede e rispetta. A chi ciò attacca e minaccia, punizione, invece, aspetta!", esclamarono all’unisono i tre Areoi, "Lucente Raau!", urlarono alla fine.

Maui osservò Moko in piedi dinanzi a lui, le mani congiunte ed i palmi aperti verso di lui, in ginocchio, ai fianchi del guerriero di Tiki, i due Areoi di Ukupanipo, con le mani nella medesima posizione; assieme i tre rilasciarono il loro potere cosmico, generando una sfera d’incandescente energia, che corse inarrestabile contro l’unico bersaglio.

La vorticante corrente del Sud-Ovest subì in pieno l’impatto con tale potere, ma solo per alcuni istanti parve averne il sopravvento, poiché ben presto quell’aria divenne così calda da rendere incandescenti persino le vestigia di Whiro, che iniziarono a fondersi alla pelle del loro padrone, il quale iniziò ad urlare dal dolore, prima che le sue difese fossero del tutto superate e lui venisse travolto in pieno da quel calore devastante, volando a terra, ormai moribondo.

Fu Moko di Tiki ad avvicinarsi al nemico che un tempo gli era seguace, osservando dall’alto in basso, "Hai fatto un grande errore, Hakona, hai messo te stesso dinanzi a tutto. Hai desiderato tanto essere un eroe, un protagonista, il fondatore di un nuovo mondo, ma non sapevi nemmeno cosa fosse un eroe.

Maui, nel Mito, decise di dominare i venti non per il proprio tornaconto, ma permettere alle genti delle piccole isole di raggiungere la Nuova Zelanda, tu, invece, avresti imposto alle genti tutte un cambiamento di cui non avevano bisogno.

Vuoi sapere chi è un vero eroe? Ono era un eroe, lui aveva scelto di diventare un semplice soldato che aveva donato la propria giovinezza, la propria vita, alla crescita di uomini che sapessero quali erano i valori antichi, quale era la verità sul mondo dei vivi e su quello dei morti.

Il ragazzo che hai ucciso poco fa e la donna che lo amava, loro erano degli eroi, poiché in un mondo di guerrieri, di individui devoti alle divinità ed alla battaglia, avevano trovato lo spazio per un sentimento forte, che li rendeva una sola anima.

Tutti gli Areoi che hanno dato la vita in questa lunga giornata, loro sono eroi, che hanno accettato di combattere non solo per le divinità in cui credono, ma anche per i compagni con cui avevano vissuto per anni, per le genti di queste terre, per tutta la Polinesia, incuranti della sorte che sarebbe loro toccata.

Tutti questi sono degli eroi, tu, Hakona, sei solo un egoista che morirà di una morte veloce, poiché non meriti nemmeno l’ustionante agonia di Raau.", concluse Moko di Tiki, liberando la potenza del Risveglio del Moai, che circondò il suo braccio destro, con cui schiacciò la testa di colui che s’era fatto chiamare Maui, schiacciandola, come avrebbe fatto con una lucertola.

Il volto mascherato si volse, quindi, verso i due Areoi neozelandesi, che stavano sorreggendo il ferito Tawhiri, prima che l’infuriare della battaglia di là di quelle porte lo richiamasse alla realtà: il traditore era sconfitto, ma ancora una battaglia si stava combattendo in quei luoghi.

L’ultima battaglia.