Capitolo 30: L’Ultimo Ostacolo
"Attaccatemi anche tutti assieme se volete, non vi lascerò passare. Ho donato la vita al mio Sovrano molto tempo fa e non permetterò che egli sia sconfitto da voi, né oggi, né mai.", queste le parole che nessuno dei presenti ascoltò, tutti catturati dall’immagine, quasi rallentata, di Tara di Diodon che cadeva al suolo, come un peso morto, priva di forza per rialzarsi, priva, anche solo, del respiro.
Mawu del Mamba Nero, Primo Generale dell’Armata d’Africa, lei aveva causato la sconfitta della guerriera polinesiana, lei aveva vinto il veleno dell’avversaria con il proprio ed ora lei stava sfidando gli otto nemici rimasti in disparte ad attaccarla, sicura che nessuno di loro l’avrebbe battuta.
Un urlo selvaggio, questa fu la prima reazione di Toru dello Squalo Bianco, comandante degli Areoi consacrati ad Ukupanipo, signore dei pesci polinesiani, un urlo seguito da un ordine secco: "Tawhiri, attacchiamola!", esclamò rivolgendosi al guerriero della Torpedine che, semmai nella sua vita avesse mai avuto fiducia in qualche uomo, era proprio colui che lo comandava, che più volte aveva dimostrato di possedere la forza propria dell’animale che rappresentava, una forza spietata e pronta, adesso, a scatenarsi contro la comune nemica.
I due Areoi, così, si lanciarono assieme all’attacco, rapidi e furenti, ricolmi delle loro energie cosmi, che li circondavano nel momento dell’assalto.
Con indicibile violenza un furente pugno dello Squalo Bianco cercò d’investire in pieno la guerriera africana, che, però, non dovette fare molto di più di uno spostamento laterale per evitare quel corpo, capace di perforare il terreno su cui andò a schiantarsi e costringere la nemica a compiere più passi di quanti lei stessa non avesse immaginato, lasciandola, comunque, scoperta dal rapido assalto che stava per sopraggiungere dal fianco cieco, quello di Tawhiri della Torpedine.
Il secondo guerriero polinesiano, infatti, già aveva le mani ricolme del suo elettrizzante cosmo quando si gettò sulla nemica, pronto ad artigliare con violente scariche l’avversaria, che, malgrado fosse cieca dall’occhio sinistro, non ebbe difficoltà ad avvertire con gli altri sensi l’avvento della minaccia contro la sua persona, così, facendo leva sulle ginocchia, piegò leggermente il proprio baricentro, allargando le gambe di conseguenza ed appoggiando le mani al suolo, prima di scattare lesta dietro il bianco combattente, che, atterrato, si ritrovò a dare le spalle al Primo Generale, la quale ne approfittò per sferrargli contro un veloce calcio alla schiena, spingendolo addosso a Toru.
Il comandante degli Areoi fu abile nel bloccare, poggiandogli una mano sullo sterno, la corsa del compagno d’arme, prima che gli finisse addosso, per poi spingerlo leggermente indietro e lanciarsi nuovamente all’assalto della comune avversaria, subito seguito da Tawhiri, che, seppur un po’ sbilanciato, già s’era ripreso dal primo rapido scambio di colpi.
Entrambi i combattenti polinesiani avevano le mani colme d’energia cosmica, pronti a scatenarla contro il Primo Artiglio, mentre correvano, fianco a fianco, verso lei, che, immobile, li attendeva, osservandoli impassibile con il suo unico occhio azzurro.
"Fauci dello Squalo Bianco! Divorate!", urlò deciso Toru, sferrando le fameliche zanne del predatore acquatico contro l’africana, "Scariche della Torpedine!", gli fece eco il compagno d’arme, iniziando a tempestare di violenti pugni la posizione del proprio bersaglio, ma, così com’era stato per gli attacchi dei due cavalieri d’argento, prima ancora che gli Areoi sopraggiungessero, la furia di quelle belve sacre ad Ukupanipo fu fermata dalla tetra ed oscura aura venefica che si liberò dalle mani di Mawu, una nube nera in cui si persero i fulmini liberati dalle mani di Tawhiri, come dentro a dei cumulonembi troppo avari per scatenarsi; una nube nera in cui la ferocia del più potente dei predatori marini fu sopita dall’impossibilità d’individuare la preda, che già si spostava al di sopra dei nemici, pronta a colpire dall’alto.
"Attenti, è sopra di voi!", li avvisò Ludwig del Centauro, che, assieme ai propri compagni, osservava il susseguirsi della battaglia, un avviso che servì, sì, a fermare gli assalti dei due Areoi contro lo spazio vuoto, ma non impedì alla guerriera del Mamba Nero di continuare il proprio attacco.
Atterrando con i tacchi, infatti, Mawu colpì alla nuca i due polinesiani, sbilanciandoli in avanti, confusi e storditi, mentre lei, già, compiva una capriola a mezz’aria per atterrare dietro ai due e, condensato lo scuro cosmo nella mano destra, partiva alla carica, pronta ad affondare su di loro così come aveva fatto poco prima con Tara.
"Non crucciatevi, indigeni, ben presto la morte vi coglierà, il tempo di compiere il Settimo Passo!", minacciò decisa l’africana, pronta a sferrare l’affondo, ma, con inattesa prontezza, Tawhiri si mosse, sollevando le braccia e rilasciando la sua difesa, l’Elettrogenesi, che usò per coprire se stesso ed il proprio comandante.
Mawu, però, non si fermò dinanzi a quella barriera, bensì continuò nella sua corsa, affondando almeno in uno dei nemici il colpo, prima di spostarsi dinanzi alle scariche elettriche, lasciandosi il fianco scoperto per ciò che arrivò poco dopo, poiché già Toru era di nuovo in piedi, con le mani ricolme d’energia: "Predatore dei Mari!", ordinò secco, sferrando l’assalto contro l’avversaria, che, stavolta, non ebbe il tempo di prepararsi alla difesa, semplicemente indietreggiò, sollevando l’energia venefica a protezione di se stessa, intorpidendo la potenza devastatrice dello Squalo Bianco, che la spinse indietro, leggermente ferita, ma comunque ancora abile alla battaglia.
Il Comandante degli Areoi osservò l’avversaria rialzarsi, ma poi, un flebile lamento lo portò a rivolgersi verso Tawhiri: il guerriero della Torpedine era piegato a metà, sofferente.
"Ha usato un’ottima difesa, tanto da costringermi a rallentare l’attacco e deviarlo all’ultimo, ma, per quanto non abbia potuto iniettare nei vostri corpi la mortale dose di veleno, una leggera quantità lo ha comunque raggiunto, sommandosi, credo, a qualcosa che già aleggiava nel suo corpo, costringendolo, come puoi ben vedere, in ginocchio, dolorante.", spiegò sicura di se la Prima Comandante d’Armata africana.
"Torpedine!", esclamò allora Toru, preoccupato per il compagno d’arme, "Non si preoccupi per me, Comandante, anche fra i pesci che nuotano in branco c’è la naturale tendenza a preoccuparsi per chi li accompagna e, per quanto non abbia mai amato i branchi, so bene che se lei dovesse cadere, nessuno potrebbe avere alte possibilità di salvare l’Avaiki sacro ad Ukupanipo e la nostra stessa divinità.", sussurrò dolorante l’altro Areoi.
"Non crucciatevi per salvare le vostre divinità, il loro destino è già segnato, come il vostro, che ha delle ben delineate forme, quelle del Palato Nero!", ruggì Mawu, scatenando l’attacco venefico, contro cui Toru cercò di sollevare in risposta le Fauci dello Squalo Bianco, che, leggermente, riuscirono a disperderne la potenza, ma non furono comunque sufficienti ad impedire che i due polinesiani fossero sollevati dal terreno e schiantati a diversi metri di distanza, doloranti.
"Cavalieri, adesso basta restare a guardare!", esclamò decisa, dinanzi a quella scena, Iulia dell’Altare, "Siamo giunti fin qui per fermare questi neri invasori ed ora che siamo a breve distanza dal riuscirci, restiamo da parte, lasciando ai pochi sopravvissuti di questo tempio il peso della battaglia? Io dico che non è degno di seguaci della Giustizia quali siamo un simile comportamento! Siamo tutti stanchi ed affaticati, lo so bene, ma vi chiedo gli ultimi sforzi, cavalieri. Chi è con me?", l’incalzò decisa, espandendo il caldo cosmo dalle diverse sfumature colorate.
"Come già contro gli altri due guerrieri neri, contro cui sembravamo non avere speranze, io sono con te, Sacerdotessa!", s’unì deciso Rudmil della Corona Boreale, il cui gelido cosmo aleggiava attorno a lui.
"L’ho già affrontata, ma di certo non mi metterò da parte per questo: mia sorella si è sacrificata perché io potessi combattere, la guerriera del Diodon mi ha dato i mezzi per andare avanti, quindi non mi farò da parte adesso! Conta su di me.", s’aggiunse Cassandra di Canis Maior dalle lucenti energie cosmiche.
"Agesilea e l’Areoi hanno dato anche a me parte della loro forza, ma ad esse si somma quella del mio maestro, per il quale reclamo giustizia contro questa nemica! Sono con voi, cavalieri!", continuò Juno di Cerbero, sollevando l’ultima sfera chiodata rimastagli.
"Se non combattessi al vostro fianco per aiutare Toru dello Squalo Bianco, che già due volte m’ha salvato la vita, farei una pesante offesa non solo alla memoria di Kohu dell’Istioforo, ma anche agli insegnamenti trasmessimi dal mio maestro e che condivido con Wolfgang, ancor prima che a me stesso ed alla Giustizia in cui credo. Sono dei vostri, amici miei!", confermò Ludwig del Centauro, accendendo il fiammeggiante cosmo.
"Il mio maestro mi ha impartito l’ordine assoluto di combattere in suo nome questa battaglia, non potrei certo tirarmi indietro adesso, poiché il grande Remais non lo farebbe, tanto più contro una femmina che si crede così forte! La mia musica si alleerà con tutti voi, cavalieri d’argento.", concluse Gustave della Lyra, appoggiando le mani allo strumento musicale, già ricolmo d’energia cosmica.
Ora i sei santi di Atena presenti in sala erano pronti alla battaglia contro la comune avversaria e subito si lanciarono all’assalto.
Fu proprio il discepolo di Munklar il primo a lanciarsi sulla comune avversaria: "Galopp des Rigil!", invocò il giovane cavaliere, sferrando una veloce serie di calci contro la Prima Comandante d’Africa, che ancora una volta fornì ulteriore prova della sua prontezza di riflessi, piegandosi sulle ginocchia quando il primo di quei colpi infuocati stava per raggiungerla ed evitandolo senza alcuna difficoltà.
Ludwig, però, che ben s’aspettava la pronta difesa nemica, non si fece cogliere alla sprovvista, così, piegando indietro il bacino, s’impegnò in una ruota con il corpo, cercando in quel modo di sferrare un violento calcio ad ascia contro l’altra che era prossima ad allontanarsi, ma trovando dinanzi a se solo un’ondata di nero veleno che riuscì a disperdere intensificando il calore delle proprie fiamme, così da non rimanere infettato dalla strategia di fuga dell’avversaria, che, intanto s’era spostata al centro fra gli altri cinque santi di Atena.
Una leggera musica, d’improvviso, circondò l’aria, "Reticulum Vif!", esclamò il cavaliere della Lira, attaccando l’avversaria appena mossasi, ma non riuscendo a colpire la stessa, che fu pronta a scattare, con un balzo, trovandosi, però, dinanzi ad un ben diverso attacco: la Polvere di Diamanti, scagliata da Rudmil, nel tentativo di affondare Mawu nel gelo, ma la guerriera del Mamba Nero liberò il proprio oscuro cosmo, sciogliendo la corrente di ghiaccio prima ancora che lo toccasse, permettendole di poggiare di nuovo i piedi al suolo, senza problemi.
Il problema, però, per l’ultimo membro dei Savanas sopraggiunse quando il cosmo arancio di Iulia lo circondò, rivelandosi sotto la forma di diversi gigli dalla forma ad imbuto, "Bulbifera Solis!", invocò la sacerdotessa guerriera, in quel momento, lasciando esplodere i diversi fiori attorno alla nemica.
"Palato Nero, spalancati!", ordinava nel frattempo la voce di Mawu, sovrastando il suono delle esplosioni, prima che un’ombra nebulosa riempisse l’aria, occultando le stesse forti luci generate dall’attacco della sacerdotessa dell’Altare, una nube che impedì alla violenza dell’attacco di colpire la sua padrona, prima di lanciarsi a sua volta contro i tre guerrieri che avevano appena attaccato.
Fu a quel punto che un’altra energia cosmica si unì a quella dei compagni, un’energia lucente: "Anghellos Fotou!", invocò infatti Cassandra, scatenando l’attacco della stella beta di Canis Maior contro le oscure fauci del Mamba Nero, riuscendo, soprattutto grazie al precedente confronto dell’assalto nemico con le forze congiunte di tre cavalieri d’argento, a disperdere la maggioranza del potere venefico del colpo stesso, così da salvare gli altri tre.
Mawu, però, non aveva il tempo di osservare il salvataggio compiuto dalla sacerdotessa d’argento, poiché l’ultimo dei santi di Atena rimasti già le era addosso, "Stoma Catastrophas!", urlò deciso Juno di Cerbero, scagliando l’ultima sfera chiodata, seguita da due masse d’aria condensate.
"Ancora tu, giovane guerriero di Grecia?", domandò incuriosita l’africana, piegandosi sulle agili gambe per evitare l’assalto, scivolando velocemente fra le spire delle catene che l’attaccavano, fino a portarsi proprio di fronte al giovane cavaliere, colpendo con un feroce montante sinistro, che lo spinse indietro, alla mercé della mano nemica, ora ricolma di velenosa energia.
"Hai detto che ho ucciso il tuo maestro, esatto? Ebbene, soffrirai di una morte meno lenta della sua, il tempo di compiere il tuo ultimo passo, il Settimo Passo!", minacciò decisa Mawu, ma, il solo ricordare ciò che era avvenuto ad Edward di Cefeo bastò per il suo allievo, gli fu sufficiente per scatenare una furia tale da scatenare una corrente d’aria con la quale sorprese, sul momento, il Primo Artiglio, costringendola ad indietreggiare, il tempo necessario perché delle rosse ed ampie foglie si sollevassero a difesa del santo di Cerbero.
"Speciosae Scudis!", ordinò Iulia dell’Altare, sollevando non solo una barriera a protezione del compagno d’arme, ma un’intera scarlatta muraglia attorno alla nemica, così da guadagnare qualche istante di respiro, mentre, già, Ludwig del Centauro aiutava il guerriero dell’Isola di Andromeda a rialzarsi e raggiungere gli altri parigrado.
"E’ veloce, sinuosa ed agile quanto un vero serpente!", osservò con un certo disappunto Rudmil, "Ed altrettanto velenosa, non ti dimenticare.", puntualizzò Cassandra, "Se è pari al più pericoloso dei serpenti per capacità, dunque come tale dovremmo trattarla …", suggerì allora Ludwig del Centauro.
"Che intendi dire, cavaliere?", incalzò la sacerdotessa allieva del Sommo Sacerdote, "Intendo dire che dobbiamo catturarla così come si fa con i serpenti.", replicò il discepolo di Munklar, "E con questo, che intendi? Chi mai ha cacciato serpenti qui?", borbottò con disappunto Gustave, "Intendo, amico musico, che dobbiamo bloccarle la testa, come si fa con le serpi sue pari, così che tutto il corpo non abbia più la possibilità di muoversi.", rispose lesto l’austriaco.
"Ci abbiamo già provato, io e Cassandra, a bloccarla, ma non è servito a niente.", obbiettò Juno, ripresosi, "Eravate solo in due, però.", fu l’unico commento di Iulia, il cui tono, nonostante la maschera le coprisse il volto, lasciava comprendere quanto avesse fiducia nei vari compagni.
I sei cavalieri ebbero ancora qualche secondo per discutere fra loro, mentre Mawu scioglieva, utilizzando il proprio venefico cosmo, le difese sollevate dall’allieva di Sion, quando, però, l’ultima dei Savanas riebbe dinanzi a se gli avversari, quelli sembravano essere ora più determinati che mai.
"Siete pronti, cavalieri?", domandò allora Ludwig, ricevendo dei cenni d’assenso dai vari compagni, "Dunque, alla lotta!", esclamò deciso, scattando sulla sinistra, assieme al santo della Lyra, mentre, parallelamente, i parigrado di Cerbero e della Corona Boreale andavano sul fianco opposto, lasciando le due sacerdotesse immobili dinanzi all’avversaria.
E fu proprio Cassandra, fra le due, la prima ad attaccare: "Kunegos Fotismou!", invocò la sacerdotessa di Canis Maior, liberando il segugio luminoso, che corse addosso all’avversaria, pronto anche ad inseguirla se necessario, ma Mawu non aveva intenzione alcuna di sfuggire al confronto, anzi, espanse il proprio tetro cosmo, rilasciando un’energia venefica tale da nullificare l’attacco direttole contro, ma permettendo, allo stesso tempo, ad altri due dei suoi avversari di bloccarla sui lati.
Ci volle infatti qualche secondo perché l’africana avvertisse il freddo che ora la circondava, il freddo dovuto a degli anelli di ghiaccio che le si erano formati attorno al corpo, intorpidendole persino il tatto, tanto che non avvertì, subito, il formarsi di sottili fili d’energia, che la intrappolavano, simili alle corde di una lira, fu piuttosto una flebile melodia, ciò che la fece allarmare.
"Serreé Moderé!", le poche parole decantate dall’allievo di Remais, cui fece eco la voce del santo della Corona Boreale: "Kolito!", sollevando la duplice trappola energetica, trappola che, però, durò ben poco dinanzi all’espandersi del Palato Nero, che già s’ampliava dalle braccia della guerriera da un occhio solo, pronta a sciogliere quelle prese così poco consistenti.
"Volete scomodarvi?", esclamò, alla vita dei fili d’energia sciogliersi e correre pericolosi verso di lui, Gustave, rivolgendosi ai compagni restanti e fu allora che il vero stupore si dipinse, per qualche istante, sul volto della guerriera del Mamba Nero, poiché i cosmi di Juno e Ludwig esplosero all’unisono, mentre già i due cavalieri lanciavano i loro attacchi: "Koklo Timorias!", invocò il primo, "Kreis des Agena!", gli fece eco il secondo.
La catena residua del santo di Cerbero iniziò a roteare ad una distanza piuttosto ampia dalla guerriera nemica, creando un vortice di vento sulla cui sommità andò a schiantarsi la sfera di fuoco generata dal calcio del cavaliere del Centauro, un fuoco che si propagò, animato dal vento del compagno d’arme, attorno all’intero cerchio della Dannazione, intrappolando in quel concentrato di calde fiamme Mawu, ora libera da ghiaccio e fili d’energia, ma che ben presto si rese conto di come, fuoco e vento assieme, riuscivano a generare una temperatura tale da impedire che il Palato Nero potesse sciogliere le catene che ora le bloccavano i movimenti.
"Ora è intrappola! Attacca, sacerdotessa!", esclamò soddisfatto l’allievo di Munklar, mentre già, bianco come la neve, si espandeva il cosmo di Iulia dell’Altare, "Martagonae Mortis!", declamò sicura la guerriera, generando il candido giglio che s’andava a porre su una delle poche parti scoperte del corpo nemico, cercando di assorbirne l’energia.
Non ci volle molto perché il Primo Artiglio s’avvedesse di tale finalità di quel nuovo attacco, ma un sorriso malevolo, allora, si dipinse sul volto di Mawu, che lasciò esplodere il proprio venefico cosmo: "Vuoi il mio potere, fanciulla? Ebbene, dimostrami di poterlo contenere!", ruggì determinata, prima che l’allieva di Sion si ritrovasse a boccheggiare, sotto l’argentea maschera, intossicata da una forza che aveva qualcosa di diverso persino da quella del cavaliere dei Pesci, poiché intrisa di un veleno altrettanto, o forse anche più, mortale, un veleno che stava indebolendola, piuttosto che offrirle nuova forza, un veleno che fu capace di far sfiorire il bianco giglio, liberando il Mamba Nero dall’insidia nemica, lasciandola comunque prigioniera della gabbia di vento e fuoco.
"Sapevo che non dovevamo affidare tutto ad una femmina! Adesso che vuoi fare, gran cacciatore?", lamentò con evidente disappunto il musico francese, mentre il suo parigrado di origini austriache già considerava, come probabilmente tutti gli altri, le eventualità rimaste: non potevano, Rudmil o Gustave, sferrare l’ultimo colpo, poiché gli attacchi migliori di ambedue non avrebbero avuto modo di sorpassare le alte fiamme potenziate dal vorticare della catena di Cerbero; né Ludwig o Juno potevano interrompere il loro apporto a quella prigione per sferrare i loro di colpi migliori, restava quindi solo Cassandra, ma il cavaliere del Centauro non era sicuro che le forze residue della sacerdotessa fossero sufficienti per sferrare un colpo abbastanza efficace da vincere un’avversaria che, di certo, non potevano lasciare in eterno fra quelle maglie alimentate da vento e fuoco.
"Che facciamo?", incalzò ancora il santo della Lyra, "Spostatevi di lato!", ordinò allora una voce ben nota al musico ed all’austriaco, la voce di Toru dello Squalo Bianco, che, affiancato a Tawhiri, si era posizionato adesso dietro alle due sacerdotesse guerriero.
"Spostatevi, guerrieri di Grecia, e quando vi daremo il segnale, abbassate quella prigione creata per il nostro comune nemico, così che la potenza ultima di noi Areoi possa abbatterla!", ordinò secco il comandante dei guerrieri polinesiani, espandendo già l’ampio cosmo bianco lungo le massicce braccia, mentre il suo seguace lo faceva confluire fra le mani.
Ludwig fece un cenno d’assenso, incitando i suoi parigrado a spostarsi ai fianchi dei due indigeni loro alleati, cosa che quelli fecero all’istante.
"Adesso!", urlò subito dopo il gigante neozelandese, "Imperium Carcharodon!", esclamò deciso liberando la potenza dello Squalo Bianco, "Torpedine Selvaggia!", gli fu subito dietro Tawhiri, scatenando la furia del pesce da lui rappresentato, ed i due attacchi volarono all’unisono, mentre catena e fiamme iniziavano a sciogliersi dinanzi alla guerriera africana, mostrandole cosa la aspettava di là di essi.
L’impatto fu tale da schiantare tutti i guerrieri diversi metri indietro, tanto devastante da far tremare l’intera sala, quasi, lasciando che frammenti del soffitto di pietra cadessero, alzando un annebbiante polverone dinanzi ai cavalieri ed agli Areoi lì riuniti, un polverone alla cui fine, però, non vi fu posto per la gioia: Mawu del Mamba Nero era ancora in piedi!
Che fosse stato un errore di coordinazione fra il calare delle due barriere dei santi di Atena e lo scatenarsi degli assalti dei guerrieri polinesiani; o che fosse effetto del veleno che aveva infettato Tawhiri, assieme alle ferite che indebolivano il corpo di Toru, o semplicemente dovuto all’immane resistenza dell’armatura del Primo Generale, armatura ormai ridotta a frammenti semidistrutti lungo quasi tutto il corpo, non era dato sapersi, ma, una cosa era certa: il Primo Artiglio era in piedi, sanguinante, visibilmente più affaticata, ma ancora in piedi, subito prima della linea che lei stessa aveva segnato nel terreno, distante ancora sette passi dalle porte che aveva giurato di difendere.
Una cosa, però, era evidente: la guerriera africana era ormai stanca, lo scontro prolungato, prima con Tara del Diodon e poi, a poco a poco, contro ben altri otto avversari, fino a quel colpo finale che aveva dovuto controbattere, l’avevano stremata, giacché ancora non contrattaccava, come aveva fatto fino a poco prima, né espandeva il venefico cosmo, semplicemente restava immobile, a respirare affaticata.
Di questa debolezza, fu Gustave della Lyra che pensò di trarne vantaggio: "Cavaliere albino, possiedi una tecnica per immobilizzare anche più efficace, dicevi poc’anzi, giusto? Ebbene, usala, adesso!", ordinò il santo di origini francesi a Rudmil, che, dopo un’iniziale sorpresa, seguì l’ordine rivoltogli.
"Aurora Circle Avalanche!", invocò il giovane discepolo di Vladmir, scatenando l’ondata di gelo che, rapida e senza ostacoli, investì la stremata nemica, bloccandone gambe e braccia nel ghiaccio, senza però farla indietreggiare.
Fu forse quel freddo a riscuotere Mawu, che lesta alzò l’occhio azzurro verso i nemici che aveva ancora dinanzi e lasciò esplodere il proprio cosmo, seppur, stavolta, non in tempo per evitare che anche il musico compisse la propria mossa: "Lent Requiem!", cantò, infatti, Gustave, lasciando che i letali fili della lira arrivassero al sistema nervoso dell’avversaria, che, però, già stava espandendo il venefico potere di cui era padrona, iniziando a sciogliere il ghiaccio che la imprigionava e rendendo più flebili i legami che la connettevano allo strumento dell’allievo di Remais.
"Cosa sperate di fare, piccoli europei? Vi eliminerò per primo, solo questo potrete guadagnare dalle vostre azioni!", minacciò la guerriera africana, "Se avessi il tempo, mi divertirei, femmina, a sradicare lentamente la vita dal tuo corpo, ma purtroppo temo che quei vili poteri che possiedi mi daranno la possibilità di suonare una sola nota, ebbene sarà la nota che lega il senso di certo a te più utile, il tatto, che ti permette di avvertire l’arrivo di attacchi che non vedi; dunque ecco che suono per te, femmina, la nota del La!", sentenziò deciso Gustave, pizzicando la corda prescelta e lasciando che l’assalto arrivasse fino all’avversaria.
L’urlo di dolore di Mawu, però, si mischiò all’esplodere del cosmo di lei, che sciolse i fili dell’arpa, per quanto ne avesse già subito l’effetto, e lasciò velocemente scivolare via anche il ghiaccio.
"Adesso, cavalieri, presto!", urlò nel frattempo Juno, cosciente di non poter vincere da solo, a Cassandra e Ludwig, e subito gli altri due risposero, espandendo all’unisono con il compagno i loro cosmi: "Floios Trion Epikefales!", invocò deciso il discepolo di Edward di Cefeo; "Broké Fotismou!", aggiunse la sorella di Agesilea; "Aufflackern des Marfikent!", concluse l’austriaco loro parigrado, liberando l’incandescente energia che si combinò con le feroci urla del segugio infernale e con il reticolo di luci della stella Sirio.
La vista di quella combinazione di attacchi fu troppo per Mawu: doveva difendere il proprio Sovrano, doveva difendere ciò per cui combatteva e viveva da ormai quindici lunghi anni, non avrebbe concesso a nessuno di sconfiggerla, non avrebbe concesso a nessuno di fermare il Leone Nero! Era tempo di usare il suo colpo più devastante.
"Dendroaspis Oscuro!", urlò con determinazione il Primo Artiglio, generando dal braccio destro un gigantesco serpente nero che corse furioso fra i tre attacchi di energia nemici, spalancando le fauci, emettendo veleno da ogni sua squama e sciogliendo le velleità dei colpi lanciatigli contro, mentre ancora continuava la propria corsa contro gli otto bersagli riuniti dinanzi a se, una corsa che si sarebbe conclusa con la vittoria dell’ultima dei Savanas, se una voce, d’improvviso, o qualcosa che assomigliava ad una voce, non avesse esclamato: "Trigono Pneumatos!".
Il gruppo di guerrieri fu comunque investito parzialmente dalla violenza dell’attacco nemico, una violenza tale da schiantarli tutti al suolo, feriti e stremati, ma il potere venefico dell’attacco fu interrotto dall’arrivo di due sagome che, prontamente, si fermarono intorno ai compagni, due sagome che ben presto gli altri riconobbero.
"Cavaliere del Triangolo …", esclamò sorpresa Iulia nel vedere Amara e, assieme a lui, uno dei guerrieri polinesiani, armato di una sorta di giavellotto, "Narvalo …", mormorò a quella vista Tawhiri ancora al suolo.
Maru, però, non sentì le parole del compagno d’armi, né vide il proprio comandante rialzarsi affaticato dal suolo, o i vari cavalieri di Atena, compreso quello che lo aveva aiutato a riprendersi, pochi minuti prima, fra le macerie dello scontro con Acoran; non vide niente di tutto ciò, né lo sentì, la sua concentrazione si focalizzò solo su un corpo, al suolo, quello di Tara di Diodon.
Parve quasi, al massiccio guerriero, di non riuscire più a respirare, mentre percorreva la distanza, apparentemente infinita per lui, che lo separava dall’amata, inginocchiandosi poi al suo fianco ed iniziando ad urlare il suo nome.
"Avevi promesso che mi avresti aspettato! Ti avevo detto che ti avrei raggiunto. Alzati, su, dai, ti prego!", invocò vaneggiante di disperazione l’Areoi, accarezzando i capelli scompigliati, osservando il corpo segnato dal veleno dell’avversaria che, letale, si era fatto strada lungo l’apparato circolatorio, rendendolo evidente e scuro come pece sulla pelle perfetta della guerriera polinesiana.
La disperazione lo fece urlare, mentre portava al petto il capo dell’amata, un urlo che s’interruppe solo quando, fredda ed impassibile, una voce pose una domanda: "Anche voi siete fin qui giunti per impedire al mio Sovrano di compiere il suo destino?".
Era stata Mawu del Mamba Nero a porre quella domanda e, prima ancora che Amara potesse far risuonare la voce del suo cosmo, l’energia candida del Narvalo esplose, rilucente, nell’aria, "Aspettami ancora qualche minuto, mia vita, ti raggiungerò dopo aver ucciso costei e vinto gli ultimi nemici!", sussurrò il guerriero polinesiano appoggiando il corpo senza vita dell’amata al suolo e sollevando con ambo le mani il giavellotto, partì all’attacco.
"Corno Perforante!", urlò a pieni polmoni l’Areoi, tentando un affondo verso l’avversaria che, malgrado tutto, riuscì a muoversi con la solita sinuosità, evitando con un agile spostamento quel colpo che si perse nella parete dietro di lei, incrinandola.
L’attacco fallito, però, non fermò Maru, che veloce cambiò la presa sulla propria arma, cercando un fendente laterale, con rotazione del giavellotto, per provare a colpire al bacino l’avversaria che, però, trovando l’altro sulla sua destra, riuscì a seguire senza problemi l’esecuzione di quel colpo e con un velocissimo movimento si spostò alle spalle dello stesso, espandendo il cosmo oscuro.
"Palato Nero! Divora!", ordinò liberando la tetra nebbia venefica, che avvolse l’Areoi del Narvalo, danneggiandone le vestigia ed infettandone le ferite, ma la cieca rabbia, unita all’esperienza con il veleno del Diodon, permisero all’altro di non curarsi di tali danni subiti, ma piuttosto di lasciar esplodere ancora di più la propria furia: "Coda Tagliente!", invocò ancora una volta il polinesiano, sferrando il colpo a spazzare, disperdendo l’ampia nebbia, ma non trovando dinanzi a se l’avversaria, che già s’era alzata in un atletico salto, pronta a colpire il nemico dall’alto.
"Se tanto provavi affetto per quella fanciulla dai poteri venefici, ebbene, indigeno, ti offrirò una morte simile alla sua, una morte che ti raggiungerà dopo il Settimo Passo!", minacciò decisa l’ultima dei Savanas, calando prontamente addosso alla vittima.
"Trigono Pneumatos!", esclamò di nuovo l’emanazione cosmica di Amara del Triangolo che già s’era portato di fianco al guerriero polinesiano, impedendo che l’attacco nemico andasse a segno, bloccandolo con il Triangolo dello Spirito, barriera che non aveva retto dinanzi al più potente dei colpi avversi, ma che seppe resistere all’indice sinistro del Mamba Nero.
"Che cosa?", esclamò stupita Mawu, "Non sorprenderti, guerriera nera, è difficile che una qualsiasi forma d’energia cosmica riesca a superare le mie difese, sia anche essa composta di puro veleno, anzi è stato straordinario che poc’anzi tu vi sia così facilmente riuscita.", replicò sicura l’emanazione cosmica di Amara.
"Non sottovalutarla, cavaliere …", sibilò debolmente Ludwig, "Ha due attacchi uno più minaccioso dell’altro: la nebbia scura che genera sotto forma delle fauci del Serpente è capace di sciogliere qualsiasi attacco contro di lei scagliato, credo sia stata quella l’arma con cui si è difesa prima dalla forza congiunta dei due Areoi nostri compagni in questa battaglia; allo stesso tempo, ben più mirato e preciso è il colpo che poc’anzi ha provato ad infliggere all’altro polinesiano, una quantità immane di veleno iniettata in un’unica precisa dose, un colpo che se va a segno pienamente non lascia scampo alcuno, dovete evitarlo più di ogni altro.", spiegò il discepolo di Munklar, che aveva con attenzione analizzato le tattiche e le tecniche dell’avversaria fin dal suo arrivo sul campo di battaglia.
"Tutto ciò che dici è giusto, ragazzino, ma non vi basterà per avere ragione di me! Io sono il Primo Artiglio d’Africa! Sono la guerriera che difenderà fino alla fine il proprio Sovrano e ciò per cui entrambi lottiamo da anni! Anche se avete compreso la natura dei miei attacchi, non potrete fermarli per sempre, così come non potrete fermare il più forte di tutti, quando di nuovo vi colpirà!", minacciò decisa Mawu, "Per ora, lascio che sia il Mamba Nero a saziarsi, Palato Nero, spalancati!", ruggì infine, liberando nuovamente le venefiche fauci del serpente, che sciolsero con sorprendente facilità la difesa spirituale del Triangolo, costringendo ambedue i guerrieri ad indietreggiare, mentre già Amara concentrava il cosmo fra le mani.
"Trigono Anatoles!", invocò l’emanazione cosmica del cavaliere, liberando l’energia che aveva sconfitto senza difficoltà Anansi della Giraffa, un’energia che si scontrò con le feroci fauci del serpente africano e ne fu dispersa, mentre la tetra nebbia continuava la propria carica.
"Corno Perforante!", urlò a quel punto il guerriero del Narvalo, eseguendo un affondo che disperse l’oscura potenza venefica del colpo nemico, permettendo ai due di fermarsi e prepararsi a continuare lo scontro.
"Lasciala a me, guerriero di Grecia. La mia amata reclama vendetta!", esclamò l’Areoi, "No, polinesiano, non per la vendetta io combatto, ma per la Giustizia che tutti dovremmo difendere, quella stessa Giustizia per la quale ora chiedo a te, piuttosto, di farti da parte, permettendomi di usare l’ultimo mio colpo segreto.", affermò serena l’emanazione cosmica di Amara, allargando le braccia, "Il colpo che ho creato, a partire da ciò che il mio maestro mi ha trasmesso.", continuò.
"Che il percorso del Triangolo si concluda e così si dipinga l’argenteo perimetro. Trigono Ouranou!" terminò una voce nuova, che sbalordì tutti, la voce del cavaliere di Atena, maschile e sicura, la vera voce di Amara.
Ed in quel momento, la sua mente tornò al giorno in cui aveva incontrato, realmente, il proprio maestro, in Tibet.
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Quando aveva sciolto la manifestazione del cosmo di Samadhi, il giovane Amara si era trovato dinanzi al vero aspetto dell’uomo che lo aveva incontrato un anno prima nelle strade di Calcutta e da allora lo aveva allevato, portandolo con se nel suo viaggio fino in Tibet.
L’uomo che l’orfano indiano aveva davanti, però, era solo vagamente simile alla figura che lui aveva incontrato: era più vecchio, o almeno tale sembrava a causa dei lunghi capelli imbiancati dalle fredde nevi, che rendevano canuta anche la barba e la pelle dell’altro, una pelle rinsecchita e smagrita rispetto a quella che aveva visto per un anno il giovane Amara.
"Dunque, mio giovane discepolo, ora hai davanti a te come in effetti sono, come singolo individuo, ma non della mia persona ti volevo fare mostra, bensì volevo presentarti il massimo potere che ho saputo acquisire, partendo dalle lezioni del mio maestro.
Egli si chiamava Patanjali di Virgo, era uno dei dodici santi d’oro di cui ti ho già accennato, aveva scoperto come raggiungere le vette più alte del cosmo, privandosi della percezione di una parte dei sensi per espandere, in quel modo, l’energia che gli era propria, riuscendo a canalizzarla e poi rilasciarla nel modo più grandioso possibile.
Io, che di lui sono mero discepolo, ho cercato di trovare un modo per espandere al massimo il mio cosmo, un modo per potenziarlo, cercando quella stessa unità con il mondo che permette di far fluire lungo lo stesso l’energia cosmica di un uomo, permettendo ai cavalieri di Atena di fare ciò che i più chiamano miracolo, ma che, altresì, non è niente più che capacità d’usare i propri poteri in battaglia.
Ho espanso la mia essenza, il mio spirito, nel mondo e sono diventato un tutto con esso e questo mi ha permesso d’incrementare le mie capacità come guerriero; ora cercherò di trasmettere a te il mio sapere, affinché tu possa superare me, ed il mio maestro, affinché tu mi possa dimostrare che come insegnante non sono un fallimento e, soprattutto, perché tu possa servire la Giustizia ora che gli anni e l’ascesi hanno indebolito il mio corpo.", spiegò con tono calmo Samadhi, ricevendo un segno d’assenso dallo stupefatto Amara.
"Osserva dunque com’è fatta un’armatura di Atena, mio giovane allievo, osserva le vestigia che mi sono proprie!", esclamò ancora l’insegnante, espandendo il vasto cosmo, ben più grande di quanto mai l’altro avrebbe immaginato possibile durante l’anno di addestramento in viaggio.
Qualcosa, poi, rispose a quel silenzioso richiamo e dalle vette circostanti s’udì un rombo, come di uno scrigno che s’apriva e possente una sagoma color smeraldo s’alzò nel cielo, quasi fosse un magnifico uccello in volo, per poi avvolgere il corpo del vecchio cavaliere e ricoprirlo con quelle vestigia.
"Mi presento a te, Amara, mio discepolo, formalmente: sono Samadhi del Pavone, santo d’argento della dea Atena.", così concluse quella volta l’insegnante.
Nei successivi anni di addestramento, poi, Amara, oltre a sviluppare un sempre maggiore controllo dell’energia cosmica, riuscì anche a migliorare il proprio controllo sui suoi cinque sensi ed elaborò il modo di potenziarsi rinunciando ad uno di essi, lo stesso metodo che usò negli anni a seguire.
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Ora, nell’Avaiki sacro ad Ukupanipo, Amara del Triangolo aveva infine sciolto il sigillo posto a se stesso, aveva parlato, pronto ad usare le energie accumulate per colpire quella potente avversaria.
I cavalieri d’argento rimasero stupiti non solo dal sentire la voce del loro parigrado, bensì dall’effetto che quelle poche parole da lui dette ebbero sulla nemica: un’esplosione d’energia che investì in pieno Mawu, sbattendola con violenza indietro, costringendola a sollevare le braccia doloranti.
"Il primo dei sensi rimasti, Ultima seguace d’Africa, ti è stato tolto, l’olfatto, alla base dell’equilibrio.", sentenziò duro il cavaliere d’argento, lasciando l’altra sbalordita.
"Come …", riuscì appena a balbettare la guerriera dall’unico occhio, prima che un’altra ondata d’energia la colpisse, costringendola ad annaspare, in cerca d’aria, scoprendo che la lingua era ormai paralizzata.
"Non è più tempo delle domande per te, seguace d’Africa: troppo a lungo il veleno insito nella bocca del serpente ha dato modo di distrarre e colpire con più facilità. Il gusto, ecco il senso che ti è stato sigillato.", la ammonì secco il santo di Atena, espandendo ancora una volta il proprio cosmo.
"Questo è dunque il potere di cui parlava un tempo il mio maestro … il potere di sigillare i sensi dei nemici? Dovrebbe essere prerogativa solo dei cavalieri d’oro.", commentò sorpreso Gustave, nell’osservare gli attacchi portati dal suo parigrado.
"Proprio perché anche Amara del Triangolo è capace di usare una simile forza, egli è considerato il più potente fra tutti noi della casta mediana sacra alla dea della Giustizia.", sottolineò pacata Iulia, ripresasi dall’emanazione venefica che l’aveva investita pochi minuti prima.
"E dopo l’olfatto ed il gusto, e prima ancora il tatto, è tempo che anche l’udito ti abbandoni. Preparati, ultima seguace d’Africa, poiché fra poco sarai sconfitta.", sentenziò deciso il santo d’argento, liberando ancora una volta la potenza del proprio colpo e sbalzando di qualche centimetro indietro l’avversaria, annullando in lei anche il quarto senso.
Solo la vista restava a Mawu del Mamba Nero, la vista da un singolo occhio, che, nel suo barcollare intorpidito, la portò a notare dove si trovava: sul margine esterno di quel confine da lei stesso segnato, a soli sette passi dalla porta che aveva giurato di proteggere!
Non lo poteva accettare! Fosse anche rimasto un vegetale senza capacità alcuna di lei, non poteva accettare che dalla sua sconfitta sarebbe conseguita quella del suo Sovrano, quella dell’unica persona, al di fuori dei genitori che l’avevano cresciuta, a cui aveva realmente mai tenuto!
Non si sarebbe fatta battere così! No, piuttosto avrebbe continuato a combattere fino all’ultimo: che le strappasse anche l’occhio rimastole quel nuovo nemico, non avrebbe mai potuto impedire che la forza ultima del Serpente africano si rivelasse, non avrebbe mai potuto fermare da solo il Dendroaspis Oscuro!
Quando Amara vide avanzare verso di se lo stesso attacco che era stato poco prima diretto verso i suoi compagni d’arme, rimase sorpreso: l’avversaria, malgrado la perdita della maggioranza dei sensi, non aveva ceduto allo sconforto, non s’era data per vinta, anzi aveva scatenato un potere ancora più furioso, un’energia tanto vasta che al santo d’argento parve rivelarsi come simile a quella dei cavalieri d’oro che aveva incontrato ad Atene, un potere a lui persino superiore, come scoprì nel vedere il gigantesco serpente nero disperdere l’energia del Trigono Ouranou e dirigersi deciso contro di lui.
"Speciosae Scudis!", invocò allora la voce della sacerdotessa dell’Altare, nel sollevare i petali rossi difensivi, petali che furono dilaniati dall’assalto del Mamba di nera energia, che continuava la sua corsa verso il cavaliere d’argento, fino ad investirlo.
Fu solo la prontezza di Amara, che sollevò lesto il Trigono Pneumatos, ad impedire che l’attacco nemico lo uccidesse, riducendone sensibilmente, grazie anche all’apporto difensivo di Iulia, la potenza offensiva.
"E’ nemica più determinata di quanto immaginassi ed anche più potente. Non posso andare avanti oltre con i cinque sensi. No, con il prossimo colpo dovrò toglierle la vita.", analizzò preoccupato il cavaliere d’argento, espandendo di nuovo l’ampio cosmo, "Trigono Ouranou, concludi il tuo percorso ed il destino del mio avversario!", ordinò, liberando di nuovo la possente tecnica.
Mawu, però, non fu da meno, scatenando ancora una volta il Dendroaspis Oscuro, che corse feroce contro l’attacco direttogli addosso dal cavaliere d’argento e probabilmente ne avrebbe anche avuto ragione, se tre forze d’energia cosmica non si fossero unite a quella di Amara nell’attacco: "Lama degli Oceani!", urlò, infatti, l’uomo amato da Tara di Diodon; "Torpedine Selvaggia!", gli fece eco il parigrado polinesiano; "Imperium Carcharodon!", li sovrastò d’improvviso la voce del comandante degli Areoi, combinando così la potenza dei tre con quella del Triangolo.
La potenza che ne fuoriuscì fu tale da dilaniare con forza le squame del serpente nero, correndo inesorabile verso il Primo Artiglio che, immobile, attese ampliando al massimo il cosmo che le restava quel violento attacco, tanto potente da sollevarla dal suolo, segnarne fatalmente le carni e schiantare il suo corpo, privo di resistenza ormai, contro le medesime porte che la guerriera aveva giurato di difendere, prima di lasciarla cadere a terra.
Per qualche secondo ancora, i quattro che avevano assieme scatenato il loro assalto, osservarono in silenzio l’avversaria immobile a terra, poi si volsero verso i restanti sei compagni in quella battaglia e tutti assieme si rivolsero un silenzio sorriso di vittoria, prima di concentrarsi sulle porte che ancora restavano chiuse dietro di loro.
L’ultimo ostacolo era caduto, ora restavano il Leone Nero e la Lucertola Malefica, contro di loro si sarebbe combattuta la battaglia finale di quel lungo giorno in Polinesia.