Prologo
Correvano fra le ombre come a volere sfuggire dal loro tenebroso abbraccio.
Ma non era dalla notte che scappavano, flagellandosi nella fuga il viso con le fronde dei sontuosi alberi della foresta. Dahl si fermò improvvisamente, il passo attutito dalla candida neve. Voltandosi, guardò dietro di sè scrutando nelle tenebre. Era teso come una corda.
-Dannazione!- esclamò Mance davanti a lui; fermandosi a sua volta per non lasciare indietro l’ amico:- perchè ti sei inchiodato lì, Dahl?- il tono, ansimante, ne tradiva la concitazione:-Dobbiamo ritirarci! Asgard cadrà se non riusciremo a chiedere aiuto!-
-Asgard.. è già caduta!- rispose Dahl con la voce rotta:- Siamo gli unici due sopravvissuti a quello scempio, vuoi capirlo?-
Mance si passò una mano fra i capelli castano chiaro tirandoseli indietro, si terse la fronte dal sangue e dal sudore:- E allora non dobbiamo rendere vano il sacrificio degli altri! Andiamo, presto!- gridò, facendo per scattare nuovamente in avanti.
-Troppo tardi…- rispose rinunciatario Dahl, con un filo di voce. La quale venne sovrastata dagli strepiti e dalle urla di centinai di striduli lamenti. I due God Warrior rabbrividirono. Gli echi ancestrali si fecero spazio nell’ aere squarciando il quieto silenzio della foresta. Sentivano di essere circondati. Tutto intorno a loro, fra gli alberi secolari di Asgard, giurarono di scorgere centinaia di occhi malevoli che li scrutavano come ad assaporare la loro paura.
Dahl fece un passo indietro, affondando il piede nella neve. Lo sguardo tutt' altro che intimidito bensì deciso.
-Scappa, Mance…- disse guardando fisso di fronte a sè:- … scappa!!- urlò, riempiendo di disperazione le orecchie del suo compagno.
-Ma.. tu..- provò a ribattere flebilmente questi intuendo le intenzioni dell' amico.
-Via!!!!- sbottò Dahl precludendo ogni tentativo di protesta.
Mance lo guardò un attimo ringraziandolo silenziosamente, e poi corse via con tutta la velocità che le gambe gli consentivano.
Le tenebre scure di fronte a Dahl fecero spazio ad un’ insana lucentezza verdognola. Il God Warrior bruciò incessantemente il proprio cosmo, attingendo forza dalla stella Dubhe, una delle sette dell' Orsa Minore, da cui era protetto.
Gli strepiti e i lamenti si fecero insopportabili e sempre più vicini. Dahl quasi li sentiva addosso.
Inspirò profondamente, conscio che quella sarebbe stata la sua ultima battaglia:-Per la terra che mi vide sorridere alla vita… ASGARD SWORD!- urlò con tutta la propria fede. Poi nulla più.
Mance correva dritto di fronte a sè, non si fermò nemmeno quando avvertì il cosmo di Dahl esplodere riempiendo l’ aria per poi estinguersi. Pregò Odino per la sua anima, e lo pregò a denti stretti ancora una volta affinché riuscisse a fuggire da quell’ incubo.
Davanti a lui non vi era più il sentiero che tagliava la foresta di Asgard. Aveva deviato il proprio percorso, ed era giunto in un piccola radura innevata. Gli imponenti alberi si ergevano come antichi guardiani che sembravano volerlo ammonire.
-"Io… un guerriero di Odino… costretto a scappare dalla propria terra"- disse a sé stesso, gli occhi che si riempivano di lacrime al solo pensiero di una tale onta. Si piegò sulle ginocchia per il dolore e la stanchezza, ansimando. Vide il sangue che gli colava dalle ferite macchiare di rosso l’ immacolata neve.
-"Così come con la mia codardia sto infangando il nome dei God Warrior… dovrei essere al fianco di Dahl a combattere!"- si rimproverò, ripensando alle ultime parole rivolte all’ amico.
Già, ormai era tutto perduto… non sarebbe stata meglio una fine da eroe giunti a quel punto?
Si rialzò lentamente, facendosi leva con le braccia, affondando le mani nel terreno. Tastò la consistenza della terra che gli scivolava fra le dita. Quella era la sua adorata Asgard. Gli innevati paesaggi, i freddi venti di tramontana che scompigliavano i capelli e facevano desiderare un fuoco caldo, gli alberi che sembravano esistere dall’ inizio del mondo, il profumo dei boschi, la muta onnipresenza dei ghiacci. Tutto ciò si era sgretolato velocemente come il terriccio fra le sue mani.
Decise di tornare indietro, per quanto insensato potesse essere; quando si ritrovò con la faccia riversa sulla neve.
Rialzò la testa e si voltò a guardare cosa lo avesse fatto cadere per terra. Quello che sembrava essere un legaccio gli si era impigliato attorno alle caviglie.
Imprecò sommessamente e con il taglio della mano tentò di sbarazzarsi di quell’ imprevisto. Ma il legaccio resistete al colpo e ai successivi che Mance portò con rabbia nel tentativo di liberarsi.
-Che diavolo?!- urlò pieno di frustrazione.
Una risata attirò la sua attenzione, portandolo ad alzare lo sguardo. Dalle ombre della radura, lesto come un folletto ma ben più pericoloso, era apparso un giovane uomo. Camminava in modo strano, quasi caracollante in avanti. Quando la luna riuscì a fare capolino facendosi strada nella notte oscura con una falce di luce, Mance riuscì a vederlo bene.
Il ragazzo davanti a lui era coperto da quella che sembrava essere un’ armatura ma non si trattava di una God Robe come la sua. Di un colore grigio cupo con una sfumatura di azzurro; la corazza si presentava discretamente decorata sebbene non reggesse il paragone con le armature dei guerrieri di Odino. Per quello che ne riuscì a capire, Mance riconobbe le fattezze di un lupo.
Il volto del guerriero altresì ricordava la fiera. Il ghigno sembrava appunto quello di un lupo ringhiante, e gli occhi grigi guardavano il God Warrior assetati di sangue.
-Non dirmi che non conosci Gleipnir…- disse il ragazzo-belva in tono beffardo, avanzando di qualche passo in avanti.
-Il magico artefatto che i nani crearono per incatenare il feroce lupo Fenris!- esclamò Mance di rimando, ricordandosi del mito che riguardava il mostruoso essere.
-Oh! Lo conosci… dunque come pensavi di poterlo spezzare con il taglio della tua mano!- ghignò alla sua maniera il guerriero nell’ armatura grigia, ritirando il legaccio per farlo sparire nel bracciale di questa.
Mance, libero finalmente di muoversi, si rimise in piedi sulla difensiva:- Ma nei tuoi confronti non ho questo piacere! Chi sei? Rivelati!- chiese il God Warrior guardando fisso il proprio interlocutore.
-Ma come?- rispose questi, quasi deluso:- ma se mi hai appena ricordato.. sono io.. Fenris!-
-Fenris!??!- ripetè basito Mance, dilatando lo sguardo dalla sorpresa.
-Chi se non l’ implacabile lupo che sgozzerà Odino stesso durante il Ragnarok?- affermò il guerriero facendo un altro passo avanti. I formidabili artigli metallici posti in entrambi i polsi della propria armatura rilucevano al chiarore lunare.
-Il… Ragnarok!- esclamò Mance tirandosi indietro. Lo sgomento gli attanagliava le viscere, scombussolandolo.
-La fine di questo sporco mondo…- sbuffò Fenris, spazientito:- … peccato che tu non possa vederla. La tua, di fine, sopraggiunge adesso per mia mano!-
Artigli luminosi aggredirono la tranquilla notte della piccola radura.