Capitolo X

La statua del centauro sul tetto della Casa del Sagittario era a pezzi, priva della testa e di un braccio. Furono gli stessi servitori ad aprire le porte, e si gettarono in ginocchio ai piedi di Sion e Dauko, supplicandoli di non far loro del male.

Sui volti terrorizzati dei servitori comparve un sorriso di speranza, e non la finivano più di profondersi in ringraziamenti. Con quella velocità che solo la paura può dare schizzarono giù per la scalinata, verso la Casa della Bilancia, verso la salvezza.

I cinque Cavalieri d’Oro entrarono nella Casa del Sagittario. Dauko sapeva delle enormi e vastissime caverne che si stendevano sotto il palazzo, e avvertì gli altri di fare attenzione. Un passo falso, e avrebbero potuto perdersi in quel labirinto sotterraneo.

Ma fu una precauzione inutile. Nexos non aveva mai udito parlare delle Caverne di Sagittar: suo padre, Cavaliere d’Oro del Sagittario prima di lui, non gli aveva rivelato il segreto, giudicandolo, e a ragione, troppo stupido.

Se non brillava per intelligenza, Nexos era però dotato di un cosmo fuori dal comune, pari a quello di Idas dei Gemelli. Che si sapesse, possedeva almeno due colpi segreti, ma nessuno che avesse visto il primo era sopravvissuto per provare anche il secondo.

Quando apparve in mezzo al corridoio, vestito dell’Armatura d’Oro del Sagittario, tutti poterono percepire l’immane potenza del suo cosmo. Si fece avanti, deciso a impedire agli invasori il passaggio attraverso la Nona Casa. Aveva capito una sola cosa: il suo stile di vita era in pericolo, e intendeva difenderlo a qualsiasi costo. Come per gli altri Cavalieri d’Oro, gli importava solo di quello: proteggere il Grande Sacerdote non rientrava nelle sue priorità.

Nexos non provò nemmeno a fermarli. Sapeva che non ci sarebbe riuscito, perché Sion non gliel’avrebbe permesso.

Dal pugno di Nexos si originarono migliaia di frecce dorate, che puntarono verso Sion con una traiettoria a zig zag.

Sion protese le mani, e in un attimo il Muro di Cristallo si innalzò in sua difesa. Nexos provava e riprovava, ma veniva continuamente respinto.

Nexos era testardo e tenace, forse la sua unica qualità, e non ascoltò l’avvertimento di Sion. Infine, stremato, cadde in ginocchio.

Sion lo imprigionò nella gabbia telecinetica, come aveva già fatto con Karden del Cancro. L’altro era riuscito a fuggire trasferendo se stesso nella Valle dell’Ade, ma Nexos non aveva scampo. Era un modo per dargli una possibilità di sopravvivere. Sion sapeva essere un cavaliere terribile, che non esitava certo ad uccidere un nemico. Ma ora aveva di fronte un suo compagno, e se c’era una possibilità di farlo ragionare lui la voleva sfruttare.

Quando giudicò che ne avesse abbastanza, lo lasciò libero.

Visto che il suo primo attacco non aveva funzionato, Nexos scagliò il secondo. Si diceva che fosse inferiore per potenza solo all’Urlo di Athena, il colpo proibito dalla Dea.

Se non avesse potuto contare su una simile difesa, Sion sarebbe di certo morto. Il Sacro Sagitter era un colpo micidiale. Forse nemmeno un’Armatura d’Oro avrebbe potuto fermarlo.

Sion decise di passare all’attacco. Di certo, pensava, una botta in testa avrebbe fatto ragionare Nexos. Anche i suoi colpi erano terribili, ma se si combatteva contro il Cavaliere d’Oro del Sagittario non c’erano alternative.

Nexos tentò inutilmente di pararlo. Era impossibile resistere alla tecnica che spegneva la luce delle stelle. Scagliato in aria, sbatté contro il soffitto, rimbalzò su una colonna e precipitò sul pavimento, aprendo una profonda voragine, mentre intorno a lui si allargava una macchia di sangue.

Ma Nexos non lo ascoltava. E Sion si rese conto di cosa stava per fare quando lo vide portare un braccio dietro la schiena.

Nexos impugnava l’Arco d’Oro, con la Freccia di Sagitter già incoccata.

Sion capì di aver sbagliato. Non si poteva ragionare con Nexos. E adesso forse era troppo tardi. Per tutto.

Nexos lasciò la corda dell’Arco.

Questa volta il Muro di Cristallo non l’avrebbe difeso. Sion sapeva che c’era un solo modo. Doveva usare il colpo che lui stesso si era proibito, perché dotato di una potenza troppo devastante.

La Freccia d’Oro stava viaggiando verso di lui a una velocità pari a quella della luce, e forse anche superiore. Doveva farlo. Ora.

L’Armatura d’Oro del Sagittario sopravvisse al tremendo impatto, ma il corpo di Nexos venne fatto a pezzi, e si disperse nello spazio. La Freccia d’Oro continuava la sua corsa mortale.

Sion si appoggiò a un muro, fissando tranquillamente la Freccia d’Oro che veniva verso di lui. Non poteva evitarla teletrasportandosi: contro un’arma del genere, non era assolutamente possibile. Non aveva paura della morte, non lui. Sapeva di dare la vita per la giustizia, per Athena, come era suo compito di cavaliere.

Ma con sua grande sorpresa, la Freccia d’Oro si piantò nel muro, a pochi millimetri dal suo corpo. La parete crollò, rivelando una stanza nel centro della quale si trovava un alto piedistallo vuoto. L’Armatura d’Oro del Sagittario si compose nella forma del centauro e si posizionò sul piedistallo. Il centauro tendeva l’arco con la freccia incoccata, rivolta verso il palazzo del Grande Sacerdote.

Sion si affrettò a lasciare la Nona Casa. Forse i suoi compagni combattevano già con Tragos del Capricorno.

 

Con una mossa fulminea, Tragos aprì una larga voragine grazie al poderoso taglio della Spada Excalibur

Erano riusciti a sfuggire al primo attacco. Tragos stava per ritentare, quando nell’aria intorno a lui iniziarono a volteggiare dei fiocchi di neve.

Il gelido cosmo di Keimon pervase la Decima Casa, ricoprendo con una patina di ghiaccio le alte colonne di marmo.

I due Cavalieri d’Oro erano tra i migliori della loro casta. Ed erano perfettamente consapevoli del fatto che sarebbero potuti morire entrambi.

Keimon era dotato di grande agilità, e schivò l’attacco di Tragos.

- DIAMOND DUST ! –

Il braccio di Tragos venne congelato, ma Keimon sapeva che non era finita. Il gelo della Polvere di Diamanti, sebbene fosse già di per sé letale, non era però sufficiente a bloccare il taglio della Sacra Spada Excalibur. Tragos si liberò senza grosse difficoltà, e i pezzi di ghiaccio caddero al suolo in frantumi, sciolti dal calore del cosmo.

Il Cavaliere d’Oro del Capricorno non amava perdere tempo, e si lanciò nuovamente all’attacco. Keimon lo attese, impassibile, e prima che Tragos potesse nuovamente invocare Excalibur attaccò a sua volta.

Era lo stesso colpo che gli aveva permesso di sconfiggere Karden del Cancro, ma con una variante. Invece di creare una bara di ghiaccio, dalle dita di Keimon si originarono degli anelli, che imprigionarono Tragos, impedendogli ogni movimento.

E con immenso stupore di Keimon, la Sacra Spada infranse gli anelli di ghiaccio. Era davvero un’arma formidabile, solo il Muro di Cristallo di Sion avrebbe potuto fermarla.

- Ed ora, Keimon, a te ! –

Non c’era altro modo. Con la freddezza che gli era propria, Keimon alzò le braccia sopra la testa, unendo le mani.

L’intero cosmo d’Oro dell’Acquario si riversò dall’anfora, e travolse in pieno Tragos. Se per congelare un’Armatura d’Oro era necessario lo Zero Assoluto, temperatura che nessuno aveva fino ad allora raggiunto, bastava molto meno per fermare il movimento delle particelle di un corpo umano. Tragos fu scaraventato in aria, e ricadde di schiena sul pavimento.

 

Tien-Zin era intimorito dalla presenza oscura così vicina a lui, ma iniziava a comprendere che diceva il vero. Forse colui che parlava era la sua unica possibilità di salvare la vita e di conservare il potere. Sapeva che stava per macchiarsi di tradimento, il più scellerato dei crimini. Ma non gli importava. L’ambizione che gli divorava l’animo, la paura di perdere il trono, il desiderio di uccidere Dauko erano troppo forti. Aveva un alleato, ora, e con il suo aiuto avrebbe purgato il Grande Tempio dai ribelli: la grande rivoluzione del Santuario si sarebbe spenta in un bagno di sangue.

In quel momento, il suo maestro Buddha, il Nirvana, l’elevazione dello spirito cessarono di contare qualcosa per lui: e fu allora che Tien-Zin, che era stato Cavaliere d’Oro della Vergine, di tutti il più vicino ad Athena prima ancora di diventare Grande Sacerdote, scelse di passare alle Forze Oscure.

Scese dal trono e si inginocchiò a terra, togliendosi la maschera e l’elmo.

 

La Dodicesima Casa era ormai in vista. Dauko, Adam e Shiddarta salirono gli ultimi gradini e aprirono le grandi porte.

All’interno, le pareti erano ricoperte di arazzi decorati con motivi floreali. Il prezioso mobilio era lucido e brillante. Enormi vasi di porcellana cinese erano ricolmi di rose: là, un mazzo di un rosso acceso ; qui, una profusione di bianco ; laggiù, i sinistri fiori neri. Sebbene il lusso ostentato anticipasse gli eccessi del barocco, la Dodicesima Casa dei Pesci non aveva nulla da invidiare ai palazzi dei sovrani europei: si sarebbe detto di trovarsi nella reggia di Versailles durante il regno del Re Sole.

E bello come il sole appariva anche Tuna dei Pesci, degno rappresentante della sua stirpe. Una lunga navata ospitava i ritratti dei suoi antenati, tutti caratterizzati da una bellezza senza pari: colti nel fiore dell’età, quando ancora la barba non era spuntata sulle loro guance, i loro volti fissati nella tela facevano risplendere quegli angoli bui. L’ultimo ritratto era quello di suo padre, ma c’era già una nuova cornice pronta ad accogliere il suo.

Tuna venne avanti, avvolto in un mantello azzurro e vestito della luccicante Armatura d’Oro che gli calzava a pennello. I suoi capelli erano d’un verde carico, come un prato scozzese bagnato di pioggia. Lo accompagnava un ometto piccolo di statura e con due occhiali tondi, che lo seguiva come un cagnolino. Era il pittore della famiglia, e in mano aveva il pennello e la tavolozza dei colori. Una tela bianca su un cavalletto attendeva in mezzo alla navata principale.

A Shiddarta venne un po’ da ridere, ma si trattenne quando vide che Dauko e Adam non ridevano affatto. Anzi, avevano entrambi un’espressione seria sul volto.

- Voi andate, e lasciate a me la battaglia – disse Adam – E’ essenziale che arriviate al palazzo del Grande Sacerdote –

- D’accordo – disse Dauko – Noi proseguiremo. Buona fortuna ! –

Insieme a Shiddarta, si lanciò in avanti. Tuna fece apparire una rosa rossa e la lanciò verso di loro, ma Dauko sollevò appena lo Scudo che portava sul braccio e proseguì, seguito da Shiddarta.

Tuna si mise l’elmo in capo, e nella sua mano apparve una rosa rossa. Dietro di lui, il pittore lavorava alacremente, per ritrarre il suo signore mentre scagliava il primo, e di certo fatale, colpo segreto dei Pesci.

La Rosa Rossa compì il suo volo, e a mezza strada si incrociò con la sottile linea dello stesso colore originatasi dal dito di Adam. Il Cavaliere d’Oro dello Scorpione evitò la Rosa, ma non riuscì ad allontanarsi abbastanza, e ne respirò il mortale profumo.

Ma anche Tuna era stato colpito. La Cuspide Scarlatta l’aveva raggiunto, provocandogli una ferita piccolissima ma dal dolore lancinante. Era da ammirare però la sua compostezza: strinse i denti e rimase fermo sulle gambe, vacillando appena.

Adam scosse la testa, cercando di liberarsi dal torpore che già lo assaliva, e si preparò ad attaccare ancora.

Questa volta Tuna non fu abbastanza rapido, e la seconda delle quindici punture delle Scorpione lo ferì alla gamba, poco sotto il ginocchio.

Nuovamente preda del torpore, Adam sapeva che non poteva lasciarsi andare.

Ma il suo terzo attacco ebbe un effetto inaspettato. La Cuspide Scarlatta fu assorbita dalla Rosa Nera che Tuna teneva in mano. Dietro il Cavaliere d’Oro dei Pesci il pittore abbandonò il rosso che stava preparando per colorare la rosa e mescolò il nero, quasi avesse capito che il suo padrone aveva compiuto qualcosa di eccezionale.

Adam venne travolto dalle Rose Nere, e scaraventato all’indietro. Non avrebbe mai creduto che il Cavaliere d’Oro dei Pesci fosse tanto abile. Solo l’Armatura d’Oro lo salvò da una morte immediata.

Ma la terza Cuspide Scarlatta aveva ferito Tuna alla base del collo. Adam approfittò del momento propizio, e nonostante fosse a terra scagliò la quarta Cuspide.

La battaglia continuò senza che nessuno dei due riuscisse a prevalere. Adam non poteva difendersi dalla Rosa di Fatale Incanto, così come Tuna non poteva sfuggire alla Cuspide Scarlatta.

Tuna subì quattordici punture, ed era ancora in piedi. Adam venne ripetutamente travolto dalle Rose Nere: le forze iniziavano a venirgli meno, ma l’Armatura d’Oro si dimostrò all’altezza della sua fama. Si diceva infatti che la Rosa di Fatale Incanto potesse trapassare qualsiasi difesa e qualsiasi armatura. Chi la subiva vedeva la propria corazza cadere in frantumi in meno di un attimo, e rimaneva privo di qualsiasi difesa, condannato a una morte rapida e dolorosa.

Era l’ultimo colpo, per tutti e due. Non avrebbero più avuto la forza di attaccare ancora.

La stella rossa della costellazione dello Scorpione fece impallidire la bianca rosa dei Pesci, che però non fermò la sua corsa, ma continuò a volare verso il petto di Adam. Tuna venne raggiunto per primo, e la quindicesima puntura gli spaccò il cuore. Come se avesse avvertito che la mano che l’aveva creata stava morendo, la Rosa Bianca si piantò solo superficialmente nel corpo di Adam. Il Cavaliere d’Oro dello Scorpione la estrasse con le ultime forze, e sebbene gravemente ferito si diresse verso l’uscita dello Dodicesima Casa.