Capitolo VII

  

I soldati di guardia alla porta principale del Santuario abbandonarono di corsa i bastioni, e si ricongiunsero ai loro commilitoni. Tutti avevano ricevuto l’ordine di non provare nemmeno a fermare Dauko, Sion e gli altri, poiché non avrebbero avuto possibilità alcuna di sopravvivere.

Tien-Zin era forse ossessionato, ma non stupido, e sapeva che un simile tentativo era destinato al fallimento: avrebbe solo creato delle vedove e degli orfani, e il risentimento di cui era oggetto ormai da ogni lato non avrebbe fatto altro che aumentare. Di tanti che lui stesso aveva personalmente favorito e colmato di benefici e doni, uno solo era rimasto al suo fianco: Ieros, il suo primo ministro, nonché cavaliere d’argento dell’Altare ed ex-tutore di Shiddarta.

I Cavalieri d’Oro sarebbero scesi in campo, ma non certo per difendere lui, bensì i propri privilegi, le proprie ricchezze, il proprio stile di vita e il diritto a comandare che ritenevano loro proprio. Nessuno di loro era comunque da sottovalutare, e Tien-Zin sapeva di avere dalla sua parte i migliori: Idas dei Gemelli e Tragos del Capricorno erano i più pericolosi, insieme a Karden del Cancro, capace di spedire chiunque all’Ade con un colpo solo. A differenza degli altri, questi tre avevano una testa e la sapevano usare. Tien-Zin confidava poi in Nexos del Sagittario, che sebbene fosse di mente meno pronta vantava una forza temuta dai suoi stessi pari, e in Rimon del Leone, che non aveva mai sopportato Shiddarta e non vedeva l’ora di farlo fuori.

Tien-Zin si chiuse nella sala del trono, dando ordine di non essere disturbato per nessun motivo, e sprofondò nella meditazione. Aveva in serbo una bella sorpresa per il suo ex-allievo.

 

La rivoluzione del Santuario era incominciata. Era il 20 Ottobre del 1789.

Guidato da Dauko e Sion, il gruppo attraversò senza danni il Santuario. Nessuno tentò di fermarli, anzi molti accorrevano ad incitarli e ad incoraggiarli: ancelle, servitori, gente comune venuta da Atene e dai villaggi vicini, tutti erano con loro. Anche i cavalieri d’argento e di bronzo vennero ad incontrarli: Dauko ne conosceva molti per nome e costellazione, e si fermò a parlare con loro per qualche minuto.

Infine ripresero il cammino. Guardando in alto, Shiddarta vide qualcosa, e la additò ai suoi compagni. Sulla Meridiana dello Zodiaco ardevano solo sette fuochi su dodici. Solitamente se un fuoco era acceso significava che il Cavaliere d’Oro di quella costellazione si trovava al Santuario. Ma i fuochi dell’Ariete, della Vergine, della Bilancia, dello Scorpione e dell’Acquario erano spenti. Per il Santuario, Sion, Shiddarta, Dauko, Adam e Keimon non erano solo traditori. Non esistevano più.

A questa consapevolezza si unì però la certezza che il tempo era dalla loro. La Meridiana scandiva infatti il tempo durante le battaglie: se un nemico avesse tentato di raggiungere il palazzo del Grande Sacerdote aveva solo un’ora per superare ciascuna delle Dodici Case, un tempo molto, forse troppo breve per sconfiggere un Cavaliere d’Oro. Ma da quando anche al Santuario era divampata la rivoluzione, le leggi e le regole stabilite in tempi lontanissimi erano saltate. Chiunque fosse uscito vincitore da quella lotta, avrebbe dovuto stabilire un nuovo ordine. Ed era proprio quello che Sion, Dauko e gli altri avevano intenzione di fare.

Alla Casa dell’Ariete si fermarono per definire gli ultimi dettagli. Tutti sapevano che Dauko era l’unico che potesse affrontare Tien-Zin, e gli altri si impegnarono a far sì che almeno lui arrivasse al palazzo del Grande Sacerdote. Nessuno poteva infatti prevedere cosa sarebbe accaduto se ad affrontarsi fossero stati due Cavalieri d’Oro, che si eguagliavano in tutto e per tutto.

Infine i cinque eroi si diressero verso la Casa del Toro. La vera battaglia era incominciata.