Capitolo V

Keimon e Shiddarta erano pronti a partire, ed ebbero subito una sorpresa. Adam si tolse l’Armatura d’Oro, pezzo per pezzo, riponendola nello scrigno.

Shiddarta si diede mentalmente dello stupido. Era una verità semplicissima, come la scoperta dell’acqua calda, ma lui non ci era arrivato. E comprese quanta strada dovesse ancora fare: il suo cammino verso il Nirvana era solo all’inizio.

Così si liberò dell’Armatura d’Oro, che si compose nella figura della Vergine e discese nella Sesta Casa. Adam gli prestò qualche indumento, perché la sua veste bianca gli dava ancora un’aria troppo ascetica.

Ai bastioni dell’ingresso principale i soldati chiesero loro dove stavano andando. Adam, strizzando l’occhio, rispose che stavano portando il neo-eletto cavaliere a "divertirsi" in città, strappando alle guardie una risata e qualche commento spinto. Shiddarta divenne rosso come una ciliegia, ma dovette ammettere che Adam aveva escogitato una bella trovata.

La città di Atene, in quell’epoca, era solo una pallida copia di quella che era stata ai tempi dell’antica Grecia. I templi erano in rovina, il Partenone quasi completamente distrutto e l’Acropoli era stata trasformata dai Turchi in una fortezza. Massimo spregio, uno dei templi era diventato un harem per il governatore turco della città. Non si vedevano molti Turchi per le strade, perché non amavano vivere in quello che era poco più di un villaggio di pescatori.

I Greci invece non avevano dimenticato l’antica grandezza: gli abitanti di Atene erano sempre stati al corrente dell’esistenza del Grande Tempio e dei cavalieri di Athena, ma sapevano che non potevano chiedere loro di liberarli dai Turchi. Non era quello il loro compito. Se rivolevano la patria dei loro avi, gli uomini dovevano cavarsela da soli.

Un mendicante dall’aria rassegnata era sdraiato sul ciglio della strada, ma quando li vide saltò in piedi e gridando di gioia corse verso la piazza principale.

La gente si precipitò fuori festante, e in pochi minuti decine di persone si raccolsero nella piazza. Quella folla di poveri contadini, di pescatori, di guardiani di buoi, non possedeva nulla se non la propria fede. Ogni volta che Adam dello Scorpione veniva in città, era come se un angelo del cielo fosse disceso in mezzo a loro.

Keimon e Shiddarta non si aspettavano un’accoglienza così calorosa. La gente non li aveva mai visti, ma per il fatto stesso di essere insieme ad Adam li aveva subito presi in simpatia. Si sedettero accanto a lui sul bordo di una fontana, e la folla si fece di colpo silenziosa. Tutta la città sembrava essersi raccolta per loro, sospendendo ogni attività.

Da quel giorno Shiddarta e Keimon accompagnarono regolarmente Adam nelle sue visite in città. Gli abitanti di Atene impararono a conoscerli, a fidarsi di loro, e ogni volta loro scoprivano quanto fosse meraviglioso e variegato il mondo, quanta vita, quante passioni, quante emozioni regnassero al di fuori dei confini del Grande Tempio.

Il contatto con gli umili accelerò il cammino di Shiddarta lungo le orme di Buddha. Se da un lato accresceva la sua conoscenza del mondo, dall’altro innalzava il suo spirito sempre più in alto, verso la piena padronanza del cosmo della Vergine: già vasto di per sé, esso si ingrandì ancora di più, e col tempo sarebbe diventato uno dei più ampi tra quelli dei dodici Cavalieri d’Oro.

Keimon, stando tra le persone comuni, osservava invece i sentimenti che le contraddistinguevano. Imparò ad apprezzarne il controllo e a deplorarne gli eccessi, scoprì l’innocenza dei bambini e l’ingenuità delle fanciulle, la devozione delle anime pie e il coraggio di chi non si arrendeva alla sorte. Vide una luce di speranza anche negli occhi dei morenti, ferì le sue candide mani nel lavoro e nella fatica quotidiani, apprese cose che durante l’addestramento nessuno gli aveva mai insegnato. Infine comprese quanto fosse davvero importante la missione di Athena, che unica tra gli Dei aveva scelto di mettersi dalla parte degli uomini, per difendere e proteggere quel mondo che lui andava via via scoprendo. Questa consapevolezza fece di lui un cavaliere migliore. Pur conservando il suo carattere freddo e controllato, si sentì rinascere, come se fosse diventato cavaliere una seconda volta.