Capitolo IV
Shiddarta aveva ascoltato in silenzio. Lui non sapeva nulla del mondo, perché fin dai suoi primi giorni di vita era stato accolto nel palazzo del Grande Sacerdote, lontano da tutto e da tutti, coccolato dalle ancelle e protetto da Ieros. Ripensò al cavaliere d’argento dell’Altare, e si ripromise di andarlo a trovare al più presto. Quando aveva iniziato l’addestramento si era isolato, un po’ per sua volontà e un po’ perché così aveva stabilito Tien-Zin.
Ma le parole di Keimon avevano risvegliato in lui ricordi lontani, immagini sbiadite nella sua memoria che ora tornavano in tutta la loro allucinante chiarezza. Quando Tien-Zin lo portava in India, a meditare nei templi, lui aveva visto la povertà e la miseria che affliggevano la popolazione di quell’antica terra: la gente moriva per la strada, senza che nessuno si preoccupasse nemmeno di dare degna sepoltura ai corpi ; famiglie intere vivevano sui marciapiedi, elemosinando un tozzo di pane da quelli che passavano, i quali spesso erano poveri quanto loro ; alcuni erano persino giunti a tirare dei carretti, come degli animali, pur di guadagnarsi da vivere. E lui vedeva gli Inglesi, che a quel tempo occupavano l’India, passare su ricche carrozze, vestiti con costosi completi dei migliori sarti di Londra, mentre i soldati, altezzosi e sprezzanti nelle loro uniformi rosse, disperdevano la folla a colpi di bastone e di picca per liberare le strade.
Lui avrebbe voluto chiedere, capire, conoscere il perché di tutto questo. Ma molto probabilmente Tien-Zin non gli avrebbe risposto, nemmeno adesso che era diventato Cavaliere d’Oro. E i suoi compagni, almeno a giudicare da quello che aveva visto e sentito, non erano gente con cui poter fare discorsi di quel tipo. Avrebbe voluto parlare con Adam o Sion, ma quando la riunione si era sciolta erano stati i primi ad andarsene, non sopportando di stare in siffatta compagnia.
Così, preso un po’ di coraggio, entrò nell’Undicesima Casa, deciso a parlare con Keimon dell’Acquario. Ciò che aveva visto a Parigi doveva averlo sconvolto oltre ogni limite, e sospettava che non avesse riferito del tutto i risultati della sua missione.
Keimon si era spogliato dell’Armatura d’Oro, ed era ancora vestito con i suoi abiti da viaggio. Non aveva ripreso le sue vesti sontuose, che giacevano in terra, quasi fossero inutili stracci. Guardava i dipinti, le sculture, i mobili preziosi che ornavano la sua dimora come se li vedesse per la prima volta. Sentì entrare Shiddarta, lo riconobbe, ma non si voltò, rimanendo per lungo tempo in silenzio.
Shiddarta non parlò, e rimase per un po’ ad osservare lo strano comportamento di Keimon. A quanto gli avevano detto, il carattere del Cavaliere d’Oro dell’Acquario era freddo quanto il suo cosmo, ma l’uomo che aveva di fronte non sembrava proprio corrispondere alla descrizione che gli avevano fatto.
Da quando gli erano tornate alla mente le immagini dei suoi anni in India, Shiddarta aveva vissuto in un attimo le stesse esperienze che il Buddha, quando ancora era il principe Gautama, aveva fatto la prima volta che era uscito dal suo palazzo: il principe vide le case sporche e fatiscenti appena dietro la strada percorsa dal suo corteo, vide i vecchi, i malati e i morenti dietro gli occhi delle sue belle e giovani concubine, vide la fatica e il lavoro dei contadini dietro i sorrisi dei suoi servitori. Anche il giovane Cavaliere d’Oro della Vergine ora conosceva tutto questo, e sapeva un’altra cosa.
Non era troppo tardi per rimediare.
Bastava volerlo.
Con il pretesto di un’ispezione ai posti di guardia dei soldati Shiddarta e Keimon passarono senza domande la Casa del Capricorno e quella del Sagittario. Tragos era sparito, come faceva sempre quando voleva stare da solo, e Nexos ronfava della grossa: i servitori avevano dovuto metterlo a letto di peso, perché era crollato appena varcata la soglia.
Adam dello Scorpione fu alquanto sorpreso di ricevere visite: si aspettava quella di Shiddarta, ma il suo stupore fu autentico quando vide entrare anche Keimon. Ascoltò il compagno con attenzione, in silenzio, e per un attimo si vide un lampo passare nei suoi occhi.
- D’accordo, Keimon – disse infine – Vi farò da guida, anzi, da maestro. Perché dovrete dimenticare tutto quello che avete imparato, dovete dimenticare il modo stesso in cui siete cresciuti. Sarà come un secondo addestramento. E questa volta il premio non sarà un’Armatura d’Oro. Sarà un’anima. -