Capitolo I
Istanbul, 1776
Un vento gelido agitava le acque del Bosforo in quella fredda mattina d’inverno. Il cielo grigio e compatto lasciava intravedere a tratti qualche illusorio raggio di sole, prima di richiudersi nuovamente. Cadeva una fitta pioggerellina, che rendeva il paesaggio ancora più malinconico.
Come accadeva da tempi immemorabili, le attività di navigazione erano sospese per la stagione invernale: nessuno si sarebbe arrischiato ad uscire con quel tempo. Ma proprio al centro dello stretto braccio di mare due barche procedevano tranquillamente l’una verso l’altra, avvolte da sfere di energia cosmica che creavano un’aura protettiva, al cui interno il freddo non si faceva sentire.
Sulla prima barca, che proveniva dalla riva occidentale, si trovava Tien-Zin, vestito con gli abiti propri della sua carica di Grande Sacerdote: una lunga palandrana di colore scuro, una collana di pietre preziose dai molti colori e un elmo d’oro. Lo accompagnava colui che in quell’epoca deteneva la carica di primo ministro: Ieros, il cavaliere d’argento della costellazione dell’Altare. Anche lui indossava una palandrana e un elmo che ne nascondevano le fattezze: compito del primo ministro, ruolo da sempre affidato al Silver Saint dell’Altare, era infatti rappresentare il Grande Sacerdote nelle occasioni ufficiali, e in casi particolari, come malattia o morte improvvisa, sostituirsi a lui.
Sull’altra barca, che proveniva dalla riva orientale, stavano due monaci buddisti dalla testa rasata. Il più anziano dei due, con il volto percorso da una fitta rete di rughe, teneva in braccio un neonato di pochi giorni, avvolto in una coperta di seta.
Le due barche si affiancarono, e le sfere di energia cosmica che le avvolgevano si fusero insieme. Il Grande Sacerdote alzò una mano in segno di saluto, senza proferire parola. Fu Ieros a parlare per lui.
Ieros sorrise fra sé. Era infatti cosa nota che le armature dei cavalieri erano state forgiate da Athena in persona ispirandosi alle costellazioni del cielo. La credenza dei monaci era comunque suggestiva, e ognuno era naturalmente libero di seguire le proprie tradizioni e credenze.
Il Grande Sacerdote alzò le mani al cielo, in un gesto di preghiera. Ieros continuò:
Il monaco anziano porse il bambino a Ieros, che lo prese delicatamente in braccio. I monaci si inchinarono, poi le due barche si staccarono, dirigendosi ciascuna verso la riva dalla quale era venuta. Al di fuori delle sfere di energia cosmica la pioggia che cadeva sul Bosforo si era mutata in un furioso temporale che faceva ribollire le acque dello stretto.
Atene, Santuario, sette anni dopo
Ieros chiamava a gran voce il bambino, che come al solito non si faceva trovare. Quando decideva di giocare a nascondino, tutti al palazzo del Grande Sacerdote si mobilitavano per cercarlo: servitori, guardie e lo stesso Ieros correvano di qua e di là, e i grandi corridoi echeggiavano delle loro voci impotenti. Una volta Ieros lo aveva trovato nella sala del trono, e per fortuna il Grande Sacerdote non c’era. Il bambino, stanco per il lungo gioco, si era addormentato sul trono, e lui lo aveva preso delicatamente in braccio, attento a non svegliarlo, e lo aveva riportato nelle sue stanze. Riuscire ad agguantare il piccolo Shiddarta richiedeva a volte una mezza giornata. In fondo però si divertivano: il bambino era amato e benvoluto da tutti, e le interminabili cacce a cui li costringeva erano un modo per alleviare la noia di quei lunghi anni di pace.
Ieros riuscì infine ad afferrare Shiddarta, e lo affidò alle ancelle perché lo preparassero per l’incontro con il Grande Sacerdote. Quel giorno Shiddarta compiva sette anni, e sarebbe iniziato il suo addestramento per diventare Cavaliere d’Oro della Vergine. Suo maestro sarebbe stato lo stesso Tien-Zin, che lo avrebbe guidato sulla strada che lui e tutti i precedenti Cavalieri della Vergine avevano percorso sulle orme di Buddha.
Shiddarta si lasciò coccolare dalle ancelle, che lo amavano come un figlio. Era eccitato perché avrebbe iniziato l’addestramento, ma al tempo stesso era un po’ triste: benché avesse solo sette anni, aveva capito che il tempo dei giochi era finito, e che d’ora in poi si faceva sul serio. Essendo più piccolo dei figli degli altri Cavalieri d’Oro, che si addestravano già da un anno, non aveva mai legato con loro, e a differenza di quelli, che volevano conquistare l’Armatura d’Oro solo per prendere il posto dei genitori, era sinceramente devoto ad Athena e alla giustizia, e conscio di dover usare i poteri che avrebbe acquisito per difendere gli uomini.
Quando fu pronto, Ieros lo accompagnò al cospetto del Grande Sacerdote, che lo attendeva al centro di un ampio spiazzo quadrangolare circondato da colonne. Shiddarta non lo aveva mai visto, e giunto di fronte a lui si inchinò rispettosamente, come gli aveva insegnato Ieros.
Shiddarta ubbidì, e con voce ferma pronunciò la formula di rito.
L’addestramento di Shiddarta era iniziato.