CAPITOLO IX

SCONTRO FINALE

Asher si costrinse a reprimere l’impulso di tornare indietro. Doveva aver fiducia in Geki, pensò. Non poteva fare altro.

Pochi gradini ancora, e davanti a lui si stagliò il tempio di Ishtar. Era una costruzione imponente, dall’architettura semplice : un’unica grande sala sorretta da colonne e coperta da un tetto piatto. Da questo si innalzava un immenso pilastro, fittamente coperto di segni cuneiformi intervallati da grandi figure di divinità.

E in cima a quel pilastro Asher rivide finalmente Patricia, incatenata alla sommità della grande pietra.

- Patricia ! – gridò con quanto fiato aveva in corpo.

Il sole si stava avvicinando sempre più allo zenit. Patricia stava per perdere i sensi e cedere al terribile calore, ma quando udì la voce di Asher si riscosse.

Asher entrò di corsa nel tempio, e giunse alla base del pilastro. La pietra era liscia e levigata, priva di qualsiasi appiglio. Era tanto alta che era impensabile raggiungerne la cima con un salto, anche per un cavaliere.

Le ali di cui era dotata gli avrebbero permesso di raggiungere facilmente la sommità della grande pietra…ma lui non era Pegasus, e anche se ora aveva raggiunto il Settimo Senso non era sicuro di essere degno di indossare, anche se solo per poco, una qualsiasi Armatura d’Oro. Come fare ?

Asher si scagliò contro il pilastro, sicuro di farlo crollare e di poter afferrare Patricia mentre cadeva con un semplice salto. Purtroppo per lui era ancora inesperto di battaglie, e non sapeva che qualsiasi struttura eretta da una Divinità era quasi impossibile da abbattere, a meno di realizzare un miracolo.

Respinto lontano dal suo stesso colpo, si rese conto dell’errore compiuto. Dandosi mentalmente dello stupido, si arrovellò cercando un’altra soluzione.

L’ironica risata di Ishtar echeggiò per la grande sala. Asher si voltò, fissando negli occhi la grande dea di Babilonia.

Ishtar era seduta su un trono di marmo con zampe di leone, posto su una predella di pietra. Indossava un lungo abito fermato in vita da una cintura, e sul capo portava un’alta corona d’oro. I capelli dall’intenso coloro blu rivelavano appena due orecchini d’oro dai lunghi pendagli. Al collo portava una collana di perle, e le sue dita erano ricoperte di anelli. Il bianco seno era nascosto da un pettorale d’oro e pietre preziose, e nella mano destra stringeva un bastone d’argento sormontato da una colomba d’oro dalle ali spiegate.

Sulla parete alle sue spalle un enorme rilievo la rappresentava in piedi sulla groppa di un leone, con in mano una spada.

Asher si gettò contro Ishtar. Sapeva che il suo attacco probabilmente non sarebbe servito a molto, ma doveva comunque provare.

- GALOPPO DELL’ UNICORNO ! -

Ma gli zoccoli del magico destriero non scalfirono minimamente le difese della grande Dea di Babilonia. Come tutte le Divinità, Ishtar aveva il potere di respingere qualsiasi colpo, aggiungendovi anche parte del proprio cosmo.

L’attesa respinta di Ishtar non tardò a giungere. Per la seconda volta in pochi minuti Asher fu travolto dal suo stesso colpo, e ricadde a terra. L’armatura di bronzo dell’Unicorno, già provata dai terribili scontri, cominciava a mostrare qualche crepa.

Al momento, aveva esaurito le idee. Benché quella fosse la sua prima battaglia importante, sapeva che non poteva semplicemente aspettare che si verificasse un qualche miracolo. Non gli restava che provare e riprovare, finché non avesse trovato un varco nelle difese di Ishtar. Dopotutto, Pegasus non aveva sempre fatto così ?

I suoi successivi attacchi si risolsero alla stessa maniera, ma lui non desisteva.

- Non lo capisci che è inutile ? – lo derise Ishtar – Più decisi saranno i tuoi colpi più forti verranno le mie risposte ! –

Ma ancora Asher si rifiutava di cedere. La tenacia era sempre stata la sua miglior virtù e prima o poi, ne era sicuro, sarebbe stata premiata.

Era strano. Possibile che fosse tutto così buio ? Si era immaginato un luogo pieno di luce, ma ora era avvolto dalle tenebre. Poi, piano piano, quando i suoi occhi si abituarono all’oscurità, riconobbe quel posto. Era il cerchio di pinnacoli rocciosi al centro della quarta terrazza.

Pareva proprio che fosse ancora vivo.

Ancora incredulo, tastandosi il corpo come per accertarsi che non mancasse nessun pezzo, Black si guardò intorno.

E davanti a lui, seduto per terra a gambe incrociate, c’era Asum.

Guardandolo, Black comprese che non voleva fargli del male, e che anzi gli aveva salvato la vita. Aveva gli occhi chiusi, e quando li aprì in essi si poteva leggere una profonda tristezza.

Una domanda gli salì spontanea alle labbra, ma fu Asum a farla per primo.

Black lo guardò senza capire.

Con un ultimo sguardo al terribile cavaliere di Ishtar, che ora sedeva tranquillo al centro del cerchio, Black corse via. Sapeva che quell’unica parola valeva più di mille altre. 

Era tutto inutile. I suoi colpi non avevano effetto alcuno. Riverso a terra, l’armatura fracassata, Asher non aveva quasi più forze.

Sul volto di Ishtar era dipinto un sorriso di trionfo. Il sole era ormai giunto allo zenit, e la grande Dea di Babilonia pregustava la vittoria imminente.

In cima alla grande pietra, Patricia era inerme di fronte al tremendo calore del sole : i caldissimi raggi le stavano bruciando la pelle delicata.

In qualche modo, il cavaliere dell’Unicorno la sentì. Ebbe appena la forza di sollevare un braccio, tendendolo verso di lei.

Ancora una volta, il cosmo violaceo dell’Unicorno iniziò ad espandersi, estendendosi sempre più.

E in quel momento avvenne il miracolo.

Dal cielo scese su Patricia un cosmo a lei ben noto, dall’intenso colore azzurro.

Era il cosmo di Pegasus.

Dall’alto del paradiso dei cavalieri, il leggendario cavaliere delle tredici stelle, seppur solo con il suo cosmo, era venuto a proteggere la sorella.

Le pesanti catene che la tenevano avvinta alla pietra si spezzarono, e Patricia poté rimettersi in piedi.

Asher osservava stupefatto.

Il cosmo di Pegasus circondò Patricia. Avvolta dalla sua luce, la fanciulla venne trasportata delicatamente a terra. Non appena i suoi piedi toccarono nuovamente il suolo corse verso Asher, che dondolava stancamente il braccio come per chiamarla, e si inginocchiò accanto a lui, prendendogli la mano.

Attraverso di lei, il cosmo di Pegasus scese lungo le terrazze della grande Torre di Babilonia, dove i cavalieri giacevano provati dai terribili combattimenti.

In quel momento anche Black del Lupo entrò nel tempio di Ishtar ; alla seconda terrazza, Ban del Leone Minore riprese conoscenza ; alla terza terrazza, Aspides dell’Idra riaprì gli occhi ; alla sesta terrazza, il possente Geki dell’Orsa si risvegliò.

Sentendo nuovamente i cosmi dei suoi compagni, Asher si alzò lentamente in piedi, circondato dalla sua aura violacea.

E i cavalieri risposero alla chiamata di colui che fra loro era il più forte.

- Asher, prendi il mio cosmo, anche se debole…-

- Asher, anche il mio…-

- Asher, ti diamo la nostra forza, per cui…-

- Alzati di nuovo, per la giustizia e per Athena ! -

E i cosmi di cinque amici si riunirono in uno solo. Le crepe sull’armatura dell’Unicorno scomparvero, e in un bagliore accecante la corazza di bronzo divenne d’oro.

- Che cosa ? –

Ishtar non aveva mai assistito a niente di simile. Quale potere nascondeva il cavaliere che aveva di fronte ? Come poteva aver resistito tanto ?

Asher vide la sua armatura diventare d’oro, e capì di aver raggiunto il cosmo ultimo. Elevatosi al livello dei dodici Cavalieri d’Oro, sentì uno di loro che gli parlava.

Come sempre, poche parole : Shaka della Vergine non aveva bisogno d’altro.

Sostenuto dalle forze unite dei suoi amici, dal cosmo di Shaka e da quello di Pegasus, Asher si preparò all’ultimo scontro con Ishtar. La terribile Dea di Babilonia era sempre più stupefatta.

Quando Asher attaccò, alla sue spalle apparvero i cosmi di numerose costellazioni : l’Unicorno, l’Idra, il Lupo, il Leone Minore e l’Orsa. E ad esse si aggiunsero il leggendario Pegaso e la dolce Vergine.

Rabbia, dolore e frustrazione si mescolarono nel grido della Dea, che scosse fino alla fondamenta la grande Torre di Babilonia.

- Ahhhhhhhh ! -

Questa volta, Ishtar non poté in alcun modo ribattere il colpo. Venne travolta, e precipitò all’indietro. Il bastone con la colomba le sfuggì di mano, cadendo a terra con un suono metallico. Si accasciò sul trono, ferita a morte.

Una crepa percorse l’enorme rilievo alle spalle del trono, e la grande raffigurazione di Ishtar si frammentò in migliaia di pezzi. La grande Dea di Babilonia era stata sconfitta. 

Guidati da Asher, che teneva per mano Patricia, i cavalieri di bronzo lasciarono Babilonia. La grande Torre costruita da Ishtar si innalzava solitaria nel deserto, e il vento correva nelle terrazze semivuote. Solo tre cavalieri, di sei che erano, le difendevano ancora : Guan del Toro Celeste, Asum e Gilgamesh del Leone Sovrano. Anche se la Divinità a cui tutto dovevano era stata sconfitta, intendevano onorare ancora il loro compito di custodi.

Sarebbe stata l’ultima volta.