Capitolo VIII

SCONTRO FATALE

Il calore del sole incominciava a farsi sentire. Un’ora soltanto, e avrebbe raggiunto lo zenit. La vita di Patricia era appesa ad un filo, e c’era un solo modo per salvarla : sconfiggere Ishtar entro quell’ora.

Geki ed Asher correvano verso la sesta terrazza. Nonostante i postumi del terribile scontro con Gilgamesh, il cavaliere dell’Unicorno non era disposto a cedere.

Nonostante l’amicizia che lo legava ai suoi compagni dai tempi della Guerra Galattica, Asher sapeva che, tra tutti, Geki dell’Orsa era l’unico a non aver fatto grandi progressi. A dispetto della sua mole e del suo status di cavaliere non aveva mai sviluppato un cosmo sufficientemente potente, e lasciarlo combattere da solo contro un cavaliere di Ishtar significava quasi certamente condannarlo a morte.

Ma Asher sapeva anche di non avere altra scelta.

Giunti davanti alla porta del sesto edificio sentirono il verso di un uccello, e una bianca colomba sfrecciò davanti a loro. La porta si aprì al suo passaggio, rivelando un interno coperto da una vegetazione lussureggiante. Sulle colonne si attorcigliavano piante rampicanti, e in luogo del pavimento c’era un prato di morbida erba. Un’ampia apertura nel tetto inondava di luce quel bosco rigoglioso, e al centro della navata principale troneggiava una grande fontana dalla quale zampillava un getto d’acqua fresca.

Un volo festoso dei candidi uccelli annunciò l’apparizione del cavaliere di Ishtar. I verdi riflessi del fogliame accarezzavano l’armatura color della luna e i capelli azzurri del giovane, e la corazza faceva risaltare le forme perfette del suo corpo. Lo si sarebbe detto una statua che avesse preso vita per il volere di qualche divinità. L’elmo era una coroncina a forma di colomba, con le ali dell’uccello che scendevano a coprire le guance. Tra i folti capelli azzurri spiccavano gli occhi dell’uccello, formati da due rubini rosso fuoco.

Asher non perse tempo a contemplare tanta bellezza.

Asher evitò con un salto l’attacco ed atterrò vicino all’uscita del sesto edificio.

Geki era fermamente intenzionato a dare una possibilità ad Asher, anche a rischio della vita. Questa volta, nessuno sarebbe venuto ad aiutarlo. Doveva cavarsela da solo.

Non gli arrivava neanche al petto. Pareva poco più che un bambino, con le rosee guance delicate ancora non toccate dalla folta barba a riccioli caratteristica degli altri cavalieri di Ishtar.

Ma questa volta Geki non si lasciò ingannare. Ricordò il suo scontro con Pegasus, tanti anni prima nella Guerra Galattica. Allora anche il cavaliere delle tredici stelle gli era sembrato un bamboccio presuntuoso…ma aveva dovuto ricredersi in fretta. Non avrebbe più commesso lo stesso errore.

Geki preferiva combattere piuttosto che parlare, e si lanciò a testa bassa contro Tumuz. Con quell’attacco l’avrebbe disorientato, per poi afferrarlo nelle sue possenti braccia e stritolarlo con la sua stretta. Ma un attimo prima che riuscisse a colpirlo con una testata, Tumuz scomparve, nascosto da uno stormo di colombe che si levò in volo.

I bianchi uccelli iniziarono a girare intorno a Geki. Erano centinaia, migliaia : il fruscio delle loro ali e i loro richiami riempivano l’intera terrazza.

E in mezzo a quel frastuono si levò squillante la voce di Tumuz.

- TURBINE DI PIUME ! –

Le bianche colombe volarono addosso a Geki. I candidi uccelli, simbolo di pace e di purezza, si erano trasformati in un’arma micidiale. Coi loro becchi trafissero Geki, che cercava di proteggersi gli occhi, e in pochi attimi profonde ferite costellarono il suo corpo. Le loro piume e le loro zampe erano di bronzo, e dove si posavano iniziavano a comparire miriadi di piccole crepe sull’armatura dell’Orsa.

Le colombe continuavano a volargli intorno, e Tumuz non si vedeva da nessuna parte, quasi fosse scomparso dietro quel muro di piume. Geki crollò in ginocchio. Respirava a fatica, e il sangue che colava dalle ferite macchiava la fresca erba del prato.

Un richiamo più forte degli altri echeggiò nella sesta terrazza, e le colombe volarono via. Il micidiale stormo aveva sentito la voce del suo padrone.

Incurante delle ferite, che pure avevano fiaccato la sua resistenza nonostante la mole, Geki si rimise in piedi. Le gambe lo reggevano a stento, e si mise in posizione di difesa, certo di doversi aspettare un secondo attacco.

Di fronte ad uno stupefatto Geki, Tumuz spiccò un salto in aria, mentre il suo cosmo lucente si allargava dietro di lui. Discese in picchiata, mirando alla grossa testa del cavaliere dell’Orsa. Alle sue spalle, l’intero stormo delle colombe pareva essersi riunito in un unico, grande uccello dai malvagi occhi rossi.

Quell’attacco portato dal cielo investì in pieno Geki, che precipitò rovinosamente a terra. Era un colpo terribile, un’immensa energia che era esplosa a contatto con il suo corpo. L’armatura di bronzo dell’Orsa si sbriciolò in mille frammenti. Geki era totalmente senza difese.

A faccia in giù sul morbido prato, senza nemmeno più la forza di fermare il sangue che sgorgava copioso, Geki stava per arrendersi. Non ce l’aveva fatta, l’avversario era troppo forte…aveva fallito.

Con le ultime energie, si rialzò, lentamente. Anche privo di armatura, doveva tentare qualcosa…ma non sapeva bene neanche lui cosa. Sapeva solo che doveva provarci.

Un brivido di terrore percorse la schiena di Geki. Un terzo colpo, più forte ancora dei primi due…di certo non l’avrebbe sopportato. Che fare ?

La piuma di una colomba apparve nella mano di Tumuz. Non era di bronzo come le altre, ma di lucente e solido acciaio.

Con un movimento preciso, come se stesse lanciando una freccetta contro il bersaglio, Tumuz mirò al cuore di Geki.

Guidata dal cosmo di Tumuz, la piuma volò verso il cuore di Geki ad una velocità pari a quella della luce, tracciando nell’aria una scia lucente. Il cavaliere dell’Orsa venne colpito in pieno, e stramazzò sull’erba riverso sulla schiena.

Tumuz si avvicinò a lui, sorridendo soddisfatto. Aveva ben compiuto il suo dovere, e di certo Ishtar l’avrebbe ricompensato come solo lei sapeva fare. Gli avrebbe aperto le porte del suo tempio, e ancora una volta avrebbero celebrato insieme una sacra unione.

Geki vide Tumuz accostarsi a lui. Non pensò, agì d’istinto. Era l’unica cosa che gli era rimasta.

Afferratolo per una gamba, lo trascinò a terra, e lo bloccò con tutto il peso del suo corpo, stringendogli le enormi mani intorno al collo.

Tumuz venne colto completamente di sorpresa. All’iniziale stupore seguì, dopo poco, un sentimento strano, insolito…e pericoloso.

Era follia. Vedere il suo corpo perfetto contaminato dal contatto fisico con il grossolano avversario fu qualcosa di insostenibile per la mente di Tumuz. Il lume della ragione si spense per sempre in lui, e quello che era stato un cavaliere di Ishtar iniziò ad urlare come un ossesso. Con quella forza sovrumana che solo la pazzia può regalare si liberò dalla morsa di Geki, e prese a correre di qua e di là per la sesta terrazza, spogliandosi completamente dell’armatura. Si tuffò dentro la fontana, cercando di lavarsi, di togliersi di dosso quell’odore, quel sapore disgustoso. Ma si sentiva ancora sporco, e iniziò a grattarsi, tanto violentemente da ferirsi da solo. Si rotolò per terra, continuando ad ululare come una bestia ferita.

Geki si era rialzato, e osservava stupefatto quell’incredibile metamorfosi. Capì che era la sua unica occasione. Gli venne il dubbio che non fosse un atto molto cavalleresco, ma non aveva scelta : o Tumuz o lui.

Afferratolo nuovamente per il collo, lo strangolò tra le forti braccia.

Tumuz non si rese neanche conto di quello che stava succedendo. Quando vide il largo volto di Geki così vicino al suo lanciò un ultimo, acuto grido e poi reclinò la testa. La stretta di Geki gli aveva spezzato il collo.

Lasciato andare Tumuz, ormai privo di vita, Geki non ebbe neanche il tempo di realizzare che aveva vinto. Stramazzò per terra, sfondando nella caduta il parapetto della fontana. L’acqua uscì dalla breccia e si riversò sul prato.

Le colombe non cantavano più.