Capitolo II

Le sei terrazze di Babilonia

  

Per lunghi momenti, Asher e gli altri rimasero immobili, incapaci persino di pensare. Nonostante la vittoria riportata sui cavalieri del Nirvana e la loro dea Khalì, la Nera Signora dell’India, non erano ancora riusciti a riportare a casa Patricia.

E, questa volta, non sapevano assolutamente dove si trovasse.

Chi l’aveva rapita ? E dove l’aveva portata ? I cavalieri erano confusi e depressi, e sentivano di aver deluso le speranze riposte in loro. In ginocchio tra le rovine del tempio di Khalì, ancora provati dai terribili combattimenti, sembravano non sapere che cosa fare.

Asher dell’Unicorno guardò i suoi compagni. Sapeva che contavano su di lui, sapeva che avrebbe dovuto guidarli di nuovo. Dai tempi della Guerra Galattica, Aspides dell’Idra, Black del Lupo, Ban del Leone Minore e Geki dell’Orsa si erano posti sotto la sua guida, perché lui aveva dimostrato di essere il più forte e il più abile tra tutti loro. Ora era il momento di dimostrarsi degno della fiducia che i suoi compagni, i Cavalieri d’Oro e lo stesso Grande Sacerdote gli avevano accordato.

Mentre quelle parole gli venivano alla mente, il suo sguardo si illuminò. Il turbine di vento che li aveva travolti, portandosi via Patricia, era venuto da occidente : era dunque in quella direzione che avrebbero dovuto cercarla. Al momento, era l’unica traccia che avevano.

Sapeva anche che doveva fare presto. Ovunque Patricia si trovasse, quasi certamente la sua vita era di nuovo in pericolo.

Improvvisamente, una luce dorata li abbagliò, e il cielo notturno fu riempito dall’immenso cosmo del Cavaliere d’Oro nato in quelle terre, signore e padrone dell’India intera : Shaka della Vergine.

- Ascoltatemi, cavalieri ! –

La voce di Shaka si trasmetteva direttamente al loro cosmo. Il Cavaliere d’Oro si trovava alla Sesta Casa, ma era come se fosse lì, di fronte a loro.

Una fascia verde di erbe basse annunciò loro che erano arrivati alla fine del deserto. Il fiume Tigri scorreva silenzioso nella pianura, e i cavalieri, stanchi ed assetati, cercarono refrigerio nelle sue acque limacciose.

Dall’alto della sua mole, Geki dell’Orsa indicò un punto di fronte a loro. Man mano che si avvicinavano, anche gli altri poterono vedere chiaramente la grande Torre di Babilonia dagli alti gradoni stagliarsi sullo sfondo del cielo. Ai suoi piedi si stendevano a perdita d’occhio le rovine della città. Un profondo silenzio regnava tra quelle pietre, il cui sonno durava da millenni.

Ad un tratto, l’alta figura di un cavaliere apparve in cima ad uno sperone di roccia. Poiché si trovava esattamente di fronte al sole, il suo volto e la sua armatura erano nascosti, ma la sua voce si udì chiaramente.

Ad un suo cenno, decine e decine di soldati circondarono i cinque cavalieri. Portavano dei corsetti di piastre, ed erano armati di lance e picche.

Si volse per andarsene, mentre dallo spiazzo sottostante salivano le grida della battaglia.

Ma dopo pochi passi si arrestò.

Asher e gli altri erano in piedi al centro della spianata, e intorno a loro giacevano riversi i corpi di quei semplici soldati, che come tanti loro pari avevano commesso l’errore di attaccare dei cavalieri.

Mentre parlava, il suo cosmo iniziò a bruciare. Circondato da una luce bianca, il cavaliere si voltò a fronteggiare Asher e gli altri. I cavalieri di bronzo lo fissarono, giustamente intimoriti. Il cosmo di quell’uomo era in tutto e per tutto pari a quello di un Cavaliere d’Oro. La sua armatura era di un bianco abbagliante, e i biondi capelli spuntavano da sotto l’elmo.

Il cavaliere indicò la cima della grande Torre di Babilonia, dove si trovava il tempio di Ishtar.

Con queste parole Gilgamesh scomparve, lasciando Asher e gli altri di fronte alla più difficile missione della loro vita.

Tutti si resero conto che, per combattere alla pari contro i cavalieri di Ishtar, avrebbero dovuto acquisire il Settimo Senso, come Pegasus e i suoi compagni alle Dodici Case. Ora erano pronti : in quei lunghi anni avevano ampliato il loro cosmo ed aumentato il loro potere, e la battaglia appena sostenuta contro Khalì aveva infuso in loro nuova fiducia. Un tempo erano stati chiamati cavalieri inferiori : ora non lo erano più. Un tempo erano stati sconfitti da cavalieri loro pari : ora avrebbero affrontato avversari a loro enormemente superiori, per vincere i quali avrebbero dovuto raggiungere il cosmo ultimo.

Patricia, i Cavalieri d’Oro, il Grande Sacerdote, la dea Athena e tutta l’umanità contavano su di loro. Non li avrebbero delusi.

Guidati da Asher, i cavalieri di bronzo iniziarono la salita, dirigendosi verso la prima terrazza delle grande Torre di Babilonia.