DAUKO DI LIBRA
presenta
PERICOLO DALLE SABBIE
Capitolo I
Patricia è in pericolo !
Era buio. Talmente buio che temette di essere diventata cieca. Poi, piano piano, i suoi occhi si abituarono all’oscurità. Era distesa su una fredda lastra di pietra, e quando cercò di tirarsi su scoprì di essere incatenata. Si mise a sedere e si guardò intorno.
Si trovava al centro di una vasta sala, il cui alto soffitto era sostenuto da decine di colonne. Su di esse, strani caratteri cuneiformi raccontavano, in una lingua antica ed incomprensibile, le storie della Divinità abitatrice di quel luogo.
Un cigolio alla sua sinistra la fece sobbalzare. In fondo alla navata, una grande porta venne aperta, e la luce dell’alba entrò ad illuminare l’immensa sala buia. Solo allora Patricia vide la bianca statua di alabastro, che incombeva su di lei come l’ombra della morte sulle vittime destinate al sacrificio. Tra le mani reggeva un vaso cavo all’interno, e alle braccia erano appese ghirlande di fiori. Benché fosse solo una statua, nei suoi occhi si poteva leggere uno sguardo minaccioso.
Fuori, il cielo si stava rischiarando. Ad un tratto, un’aura cosmica iniziò a bruciare a pochi metri da lei. Patricia non poteva avvertirlo, ma quello era il cosmo di una Divinità, il cui potere doveva essere almeno pari a quello della stessa Athena, se non addirittura superiore.
Infine, in un bagliore di luce, la Dea apparve. Sul capo portava un’alta corona d’oro, il bianco collo era cinto da una collana di perle, il seno era celato da un pettorale d’oro e pietre preziose. Alla vita, una cintura fermava il lungo abito. Le dita erano adorne di anelli, e i lunghi capelli color del cielo nascondevano appena gli orecchini d’oro dai lunghi pendagli. Stringeva in mano un lungo bastone d’argento, in cima al quale una colomba d’oro dalle ali spiegate pareva voler spiccare il volo.
Il tono sembrava gentile, ma Patricia, ammaestrata dalla recente esperienza con Khalì e dalle tante storie che aveva udito narrare sulle imprese dei cavalieri, non si lasciò ingannare. Sapeva bene che dietro una falsa cortesia spesso si nasconde un animo diabolico e perverso.
Il divino cosmo alle sue spalle iniziò a bruciare. Era enormemente vasto, e pareva stringere con il suo abbraccio ineluttabile l’intero spazio del Cielo, della Terra e degli stessi Inferi. Era ben diverso dal cosmo caldo e confortevole di Athena, pieno di amore per tutte le creature viventi. Da esso spirava l’odio più puro, freddo e raggelante, capace di ricoprire con una coltre di brina anche le bollenti sabbie del deserto.
Patricia aveva ritrovato un po’ di coraggio. Ora nella sua voce si poteva avvertire una punta di sarcasmo, quello stesso che tante volte Pegasus, il suo amato fratello da lungo tempo scomparso, aveva mostrato di fronte a nemici a lui molto superiori.
Patricia era confusa. Come era possibile che Ishtar sapesse di Khalì, e della disperata battaglia di Asher e degli altri contro la malvagia divinità dell’India ?
Ricordando le storie dei cavalieri, capì che poteva esserci una sola risposta possibile. E, purtroppo, fu proprio quella che si aspettava.
Ishtar era stupita dalla determinazione di Patricia. L’aveva osservata quando Khalì l’aveva fatta prigioniera, e già allora aveva visto negli occhi di quella ragazzina inerme un coraggio e una determinazione inusuali in un semplice mortale. La fiducia che riponeva nei cavalieri di Athena era grande…ma presto si sarebbe spenta !
Ishtar non rispose, ma puntò il suo bastone verso il soffitto del tempio. Dalla punta del bastone si originò un raggio di energia cosmica, e con un sordo boato la parte del tetto che si trovava proprio sopra la pietra alla quale era incatenata Patricia iniziò a ruotare fino ad aprirsi. La luce del sole si riversò all’interno, e la lastra di pietra venne spinta in alto, parte terminale di un enorme pilastro sul quale, come sulle colonne del tempio, erano incisi segni cuneiformi, intervallati da grandi figure di divinità.
Patricia si ritrovò come sospesa a mezz’aria, incatenata alla pietra che ormai sovrastava il tetto stesso del tempio. Intorno a lei vedeva solo l’azzurro di un cielo che raramente aveva conosciuto le nubi, e il calore dell’implacabile sole del deserto iniziò a bruciarle la pelle delicata.
La risata di Ishtar echeggiò per tutto il tempio, lungo gli alti gradoni della grande Torre di Babilonia, e si perse tra le rovine della città e le dune del deserto.