FINE E INIZIO

 

  1. Il volere di una Dea

Crystal il Cigno lasciò il Santuario insieme a Lady Isabel, pienamente reintegrato nel suo ruolo di cavaliere. Micene e Dauko, dalla soglia del palazzo del Grande Sacerdote, lo seguirono con lo sguardo finché non fu che una macchia d’azzurro tra le rocce, e infine rientrarono nella sala del trono.

Il Cavaliere d’Oro del Sagittario si assise sul seggio, mentre Dauko richiuse le porte.

Micene non riusciva a credere a quanto aveva appena udito. Ricordava che molti dei suoi compagni erano venuti a chiedergli di prendere provvedimenti contro Lady Isabel : Ioria, Milo, Aldebaran…e persino Saga, Shura, Shaka e il Grande Mur. Non avrebbe mai immaginato che si sarebbe arrivati a quel punto. Capì che aveva sottovalutato il problema, e sperava che non fosse troppo tardi per rimediare.

Ma la risposta non fu affatto quella che si aspettava.

I due Cavalieri d’Oro si diressero verso la grande statua della Dea, che dall’alto del suo piedistallo dominava l’intero Santuario. Micene non si era curato di indossare nuovamente i panni di Sacerdote. Lassù nessuno che non fosse almeno un Cavaliere d’Oro aveva il permesso di venire. I bianchi mantelli svolazzavano leggermente alla brezza che soffiava in quel luogo sacro, dando un po’ di sollievo alla tremenda calura estiva, e il sole di giugno faceva brillare le Armature d’Oro.

Lungo la strada Micene ripensò a tutte le leggi di Athena che conosceva : da quando era divenuto Grande Sacerdote doveva studiarle a fondo, e aveva tutto il tempo per farlo, ma non riusciva proprio a ricordare che ve ne fosse una applicabile al loro caso. Espresse i suoi dubbi a Dauko, che rispose :

Micene non rispose subito. La più grande legge della loro Dea, più grande dell’Urlo di Athena, il Colpo Proibito…Non era certo il tipo che si impressionava facilmente, ma fu con una certa apprensione che si dispose ad ascoltare le parole di Dauko.

Ci volle un bel po’ perché Micene, nonostante la grande saggezza di cui aveva più volte dato prova, e per la quale era stato scelto da Sion quale suo successore, comprendesse a fondo le parole di Dauko. Ciò che aveva appena sentito aveva dell’incredibile. Scacciare Lady Isabel e mettere un’altra al suo posto…Ma potevano farlo davvero ? Era proprio necessario arrivare a tanto ? Mille dubbi si affollavano nella sua mente, ma si impose di restare calmo: dopo tutto era un Cavaliere d’Oro, e di quell’eletta schiera era il più forte, più potente persino del Vecchio Maestro.

  1. L’unità dei Cavalieri d’Oro

Per il momento la cosa finì li, e Dauko tornò alla Settima Casa di Libra. Non informò gli altri Cavalieri d’Oro, preferendo aspettare che fosse Micene a convocarli.

Da parte sua il Cavaliere d’Oro del Sagittario rifletteva su quanto aveva udito. Sorrise pensando che in fondo Dauko gli aveva fatto un favore : ora aveva qualcosa di cui occuparsi durante quelle lunghe giornate estive.

Ma c’era anche un altro problema. Sicuramente tutti i cavalieri di bronzo si sarebbero opposti alla decisione di cacciare Lady Isabel, e non si poteva certo rischiare una seconda guerra interna. Micene decise che se la volontà dei Cavalieri d’Oro fosse stata unanime avrebbe obbligato, se necessario anche con la forza, i cavalieri di bronzo ad obbedire ai suoi ordini : le gerarchie dovevano essere rispettate.

Trascorsero alcuni mesi. Micene aveva ritenuto più saggio aspettare qualche tempo, per lasciare che l’eco provocata dal processo a Crystal si spegnesse. L’estate passò, e venne l’autunno, seguito da un inverno gelido come mai si era visto in terra di Grecia.

Finalmente tornò la primavera. Il giorno dell’equinozio Micene giudicò che fosse venuto il momento di informare i suoi compagni, e li convocò tutti nella sala del trono.

Uno ad uno, i Cavalieri d’Oro salirono al palazzo del Grande Sacerdote. Aphrodite fu il primo ad arrivare : sul suo bellissimo volto si poteva leggere la preoccupazione per le sue adorate rose, duramente provate da quei freddissimi mesi invernali. Per ultimo giunse Mur, che richiuse le grandi porte con un semplice cenno della mano. Era presente anche Kanon, che condivideva con Saga il titolo di Cavaliere d’Oro della costellazione dei Gemelli.

Ancora una volta Micene scese in mezzo ai suoi amici, liberandosi di maschera e palandrana. Annunciò che quanti si erano lamentati del comportamento di Lady Isabel avrebbero presto avuto soddisfazione, e invitò Dauko a dire quanto sapeva.

Quando il Vecchio Maestro ebbe terminato sui volti degli estremi difensori di Athena si potevano leggere al tempo stesso enorme stupore ed estrema contentezza. Micene cercò di frenare il loro entusiasmo :

Nessuno poté mettere in dubbio le parole di Saga : erano la pura verità. Dopo di lui fu Shura a parlare.

III. La decisione

 

Micene chiese formalmente che i Cavalieri d’Oro esprimessero il loro completo assenso, e com’era prevedibile lo ottenne. Era giunto il momento di convocare Lady Isabel al Grande Tempio, ed anche i cavalieri di bronzo: era stato Saga a far notare che sarebbe stato un gravissimo errore metterli di fronte al fatto compiuto, se davvero si voleva evitare una nuova battaglia del Santuario.

Una decisione altrettanto unanime venne raggiunta in merito ad un’altra questione da troppo tempo lasciata irrisolta, e portata nuovamente all’attenzione di tutti da Kanon : il destino del cavaliere di Andromeda.

Micene inviò Aldebaran del Toro al palazzo di Alman di Thule, per portare a Lady Isabel il suo ordine di recarsi immediatamente in Grecia. Mandare un Cavaliere d’Oro poteva far sorgere nella fanciulla il sospetto che stesse per accadere qualcosa di grave, ma bisognava correre il rischio.

Anche i cavalieri di bronzo furono convocati. Asher, Aspides, Black, Ban e Geki si trovavano già al Santuario, dove dopo lunghi mesi di un addestramento speciale avevano affinato le loro capacità. Il cavaliere dell’Unicorno aveva perso da tempo l’atteggiamento servile che lo aveva inizialmente caratterizzato, ed ora era il leader indiscusso della seconda schiera di cavalieri di bronzo. Dauko puntava molto su di lui e sui suoi compagni, ed aveva insistito perché ai cinque cavalieri fosse impartito un allenamento particolare, che avrebbe dovuto far recuperare loro l’iniziale svantaggio rispetto agli altri.

Lady Isabel giunse al Santuario, accompagnata dai cavalieri di bronzo. Solo Ikki, come al solito, non c’era.

Il gruppo salì la scalinata che portava alla Casa dell’Ariete, ma quando vi giunse la trovò vuota. Anche la Casa del Toro era deserta. Tutte e dodici le Case dello Zodiaco risultarono prive dei loro difensori. Nessun cosmo albergava al loro interno : era come se i Cavalieri d’Oro fossero scomparsi nel nulla.

Giunti a palazzo si aspettarono di trovare almeno qualche soldato che li annunciasse al Grande Sacerdote : ma nessuno sbucò da quegli immensi corridoi, e il lungo tappeto rosso che conduceva alla sala del trono sembrava aver assunto una sinistra tonalità sanguigna.

Infine spalancarono le porte ed entrarono nella sala. Improvvisamente la catena di Andromeda si irrigidì, segnalando la presenza di un nemico.

Nessuna risposta. Nessun nemico emerse dall’oscurità. Ma dietro la grande tenda, un’ombra si mosse : un colpo venne lanciato, tracciando nell’aria una sottile linea rossa, e l’istante successivo la Cuspide Scarlatta colpì in pieno Andromeda, che crollò a terra lanciando un acuto grido di dolore.

La tenda si aprì, rivelando gli altri Cavalieri d’Oro. Nello stesso istante l’alta figura di Micene si materializzò davanti al trono, il volto e l’armatura celati dalle vesti di Sacerdote.

I cavalieri di bronzo si guardarono intorno, disorientati. I dodici Santi Dorati, a fianco dei quali avevano combattuto nella Guerra Sacra contro Hades, parevano essere nuovamente loro nemici, come nella prima battaglia al Santuario.

Intanto Andromeda si rimise in piedi : nonostante tutto, una sola puntura non era sufficiente ad ucciderlo.

Ma l’istante successivo ricadde a terra, colpito dalla seconda Cuspide Scarlatta. Milo gli fu sopra in un attimo e gli mise un piede sul collo, come uno scorpione che ha appena immobilizzato la sua preda.

  1. Addio, Lady Isabel !

Milo continuava a tenere il piede sul collo di Andromeda, che non fece alcun tentativo di liberarsi : ancora una volta, sembrava pronto ad arrendersi al suo destino. Il Cavaliere d’Oro dello Scorpione si aspettava che, prima o poi, Micene gli ordinasse di lasciare la sua preda, ma quell’ordine non venne mai.

Lady Isabel era combattuta tra la preoccupazione per Andromeda e la sorpresa per l’improvvisa ribellione dei Cavalieri d’Oro e, pareva, dello stesso Grande Sacerdote.

Sirio e Crystal cercarono di intervenire, di dire qualcosa, ma furono fermati da un ordine perentorio di Dauko e Camus.

Dal canto loro, Asher e i suoi compagni stavano molto attenti agli sviluppi della situazione : avevano intuito che qualcosa stava per cambiare, e ora che potevano portare con orgoglio il loro nome di cavalieri speravano di essere tenuti in maggior considerazione rispetto al passato.

- Grande Sacerdote ! – gridò infine Lady Isabel – Vi avverto, se tutto questo non cesserà all’istante, Voi e tutti i Cavalieri d’Oro subirete una grave punizione ! -

I più potenti tra i Cavalieri d’Oro guardavano Lady Isabel dall’alto in basso. Parevano tre aquile pronte a scagliarsi su un gregge di agnelli indifesi. Né Dauko né Shaka si erano tolti l’elmo, e nella penombra i loro volti erano parzialmente nascosti. I bianchi mantelli parevano sudari di fantasmi che emergevano dalle tenebre, e tutti i cavalieri radunati nella sala del trono poterono percepire l’aggressività del loro cosmo.

Passarono lunghi momenti di pesante silenzio.

Infine Micene parlò.

Alle parole di Micene fecero seguito quelle di Dauko.

Dopo il Vecchio Maestro fu la volta di Shaka.

Le parole dei tre grandi Cavalieri d’Oro lasciarono tutti di stucco : anche gli altri Santi Dorati, che pure si erano aspettati una cosa del genere, furono colpiti dalla durezza di quelle frasi.

Fece un cenno con la mano, e il Grande Mur venne avanti. Si mise esattamente di fronte a Lady Isabel, e guardandola dritta negli occhi le espose le ragioni per cui la disconosceva quale reincarnazione di Athena.

Dopo Mur, ad un cenno di Micene venne avanti Aldebaran.

Uno ad uno, i Cavalieri d’Oro passarono di fronte a Lady Isabel, e uno ad uno la ripudiarono.

I cavalieri di bronzo non osavano né muoversi né parlare. Sirio e Crystal osservavano la scena con gli occhi sbarrati. Andromeda, in ginocchio, piangeva, e le lacrime si mescolavano al sangue che sgorgava dalle ferite infertegli da Milo.

Asher e gli altri si erano fatti ancora più attenti. Il cavaliere dell’Unicorno aveva ascoltato le precise accuse dei Cavalieri d’Oro a Lady Isabel, e gli parve impossibile che, in un tempo non lontano, sua unica aspirazione fosse servire e riverire quella ragazzina viziata.

Improvvisamente il buio soffitto della sala del trono venne illuminato dalla sagoma di una fenice infuocata, e nel silenzio generale si udì il richiamo del mitologico uccello. Circondato dalle fiamme del suo cosmo, apparve Ikki, vestito dell’ultima armatura della Fenice.

Micene sapeva che era sincero.

Per un attimo Micene esitò. Rivide se stesso tredici anni prima. Privo di armatura, aveva fermato la mano sacrilega di Saga che voleva uccidere la piccola Isabel, reincarnazione di Athena; aveva affrontato Shura del Capricorno in un combattimento mortale per salvare la Dea bambina; in punto di morte l’aveva affidata ad Alman di Thule, lasciando il suo testamento alla Nona Casa del Sagittario.

Possibile che tutto questo ora non contasse più niente ? Possibile che, pur dovendo la sua nuova vita proprio a Lady Isabel, ora fosse pronto a mandarla via, per sempre ? Possibile che Seiya fosse morto inutilmente ?

Ma era troppo tardi per avere dei dubbi. I Cavalieri d’Oro si erano pronunciati all’unanimità. Lui era sempre stato d’accordo con loro, e se anche avesse voluto non poteva tirarsi indietro proprio in quel momento.

La fanciulla mosse qualche passo in avanti. Stava per dire qualcosa, ma si accasciò a terra, svenuta.

I cavalieri di bronzo accorsero intorno a lei, e questa volta nessuno li fermò. Solo Phoenix ed Asher non si mossero. Il cavaliere della Fenice rimase dov’era, apparentemente impassibile. Il cavaliere dell’Unicorno le disse mentalmente addio : rinnegò il suo passato di bieco servilismo, e giurò a se stesso che da quel momento sarebbe diventato il cavaliere che avrebbe sempre dovuto essere, devoto ad Athena e a lei sola.

Micene discese dal trono, e prese tra le braccia Lady Isabel. La fanciulla non aveva ripreso i sensi, e il suo corpo, sorretto delicatamente dal Cavaliere d’Oro del Sagittario, pareva un sacco vuoto.

Il Grande Sacerdote si diresse verso la statua di Athena, seguito dai Cavalieri d’Oro. I cavalieri di bronzo stavano per venir loro dietro, ma Dauko scosse la testa, senza parlare.

 

  1. Alla ricerca di Athena

 

I cavalieri di bronzo rimasero nella sala del trono, in attesa : ma scoprirono di non essere soli.

Da dietro il seggio del Sacerdote apparve una figura imponente, che aveva forza e dimensioni divine: Kanon dei Gemelli.

Micene gli aveva chiesto di sorvegliare i cavalieri di bronzo, casomai volessero tentare qualcosa di insensato. Era senza armatura, ma tutti percepirono chiaramente l’immensa potenza del suo cosmo, in tutto pari a quello del fratello. Si sedette a gambe incrociate davanti al trono, appoggiando la schiena al supremo seggio, e chiuse gli occhi : se qualcuno di loro avesse osato muoversi per correre da Milady aveva l’ordine di attaccarlo con l’Esplosione Galattica, e se questa, per un caso a dir poco impossibile, non fosse bastata, gli era altresì concesso di scagliare il Colpo dell’Incantesimo del Re Diavolo, la cui potenza era insostenibile per le deboli menti dei cavalieri di bronzo.

Solo Ikki avrebbe potuto contrastarlo. Ma non lo fece. Se ne andò, ignorando le suppliche di Lady Isabel.

- Fratello ! –

- Andromeda, smettila di piangere una buona volta. E’ per Athena che combatti, ricordalo. Ormai il mio aiuto non ti serve più. Sei in grado di lottare da solo adesso : ora lo so. -

I Cavalieri d’Oro percorsero il lungo corridoio che conduceva alla terrazza più alta del Santuario, in cima alla quale si trovava la statua di Athena.

Micene depose Lady Isabel ai piedi dei gradini che portavano al grande simulacro della Dea e si inginocchiò, imitato dai suoi compagni. Avrebbe voluto liberarsi dei panni di Sacerdote, che continuava a non sopportare, ma la solennità del momento glielo impediva. La brezza di primavera scompigliava i capelli non trattenuti dagli elmi dorati, che erano stati tolti in segno di rispetto, e il sole brillava sulle sacre vestigia.

Seguirono lunghi minuti di silenzio. Nessuno si mosse. Tutti attendevano che succedesse qualcosa, anche se nemmeno Dauko sapeva che cosa.

Poi dal corpo ancora privo di sensi di Lady Isabel sorse una fiamma di dorata energia cosmica, che riunitasi in un’alta colonna scintillante penetrò all’interno della statua. Questa parve ardere di un fuoco eterno, dalla cima dell’elmo alla punta dei piedi, e a tutti sembrò che i suoi occhi stessero per aprirsi : erano forse lacrime quelle che rigavano il volto impassibile della Dea ? Nessuno seppe dirlo.

Lo spirito di Athena pervase i dodici Cavalieri d’Oro. Tutti avvertirono una sensazione di pace mai prima provata, e compresero quanto grande fosse l’amore della loro Dea per tutte le creature della terra.

Chi aveva avuto un passato oscuro, come Saga, Death Mask od Aphrodite, sentì di essere stato definitivamente perdonato. Death Mask capì che non la forza, ma la giustizia è degna di reggere il mondo. Aphrodite comprese che quella, quella era la vera bellezza, e per la prima volta si vide brutto e sporco. Saga ringraziò ancora una volta Athena di averlo liberato per sempre dal suo lato oscuro, e di avergli restituito suo fratello Kanon.

Quando tutto fu finito i Cavalieri d’Oro si rialzarono. Fu proprio Death Mask, volgendosi verso le Dodici Case, ad indicare ai compagni un nuovo prodigio.

Tutti volsero lo sguardo nella direzione indicata dal Cavaliere d’Oro del Cancro : la Meridiana dello Zodiaco era di nuovo accesa.

La domanda era stata posta da Shaka, e se nemmeno il cavaliere più vicino ad Athena sapeva la risposta c’era uno soltanto che poteva sciogliere quell’enigma.

Gli occhi di tutti corsero a Dauko, che ancora una volta rispose in modo sibillino.

Tutti i Cavalieri d’Oro rientrarono alle Dodici Case, fonte suprema del loro immenso potere. La loro concentrazione era massima, e tutti, imitando Shaka e Mur, chiusero gli occhi. Le loro menti si aprirono, e lo spirito di Athena dentro di loro le guidò nella ricerca. Percorsero continenti, fiumi e catene montuose, attraversarono gli oceani, scrutarono nel profondo delle foreste.

Lady Isabel, ancora priva di sensi, rimase lì, ai piedi della statua di Athena : nessuno dei cavalieri di bronzo poté venire a sincerarsi delle sue condizioni, poiché Kanon non gliel’avrebbe mai permesso, e i Cavalieri d’Oro l’avevano già dimenticata.

Infine uno fra essi capì di aver trovato colei che cercavano. Era un Cavaliere dal cuore grande come il suo corpo : Aldebaran del Toro. Con la sua mente stava percorrendo le aspre montagne di Grecia, quando avvertì qualcosa provenire da una valle nascosta alle pendici dell’Olimpo. Discese presso una limpida sorgente d’acqua, e scoprì cosa l’aveva attirata.

Era il pianto di una neonata.

Aldebaran guidò in quel luogo le menti dei suoi amici. Tutti poterono vedere una donna seduta vicino alla fonte, che stringeva tra le braccia un fagotto di poveri stracci, dal quale spuntava il dolce viso di una bambina.

La donna stava mormorando una preghiera.

Le lacrime le scorrevano sul viso sfiorito anzitempo, e cadevano sulle mani coperte di calli. Il volto sporco e le semplici vesti più volte rammendate testimoniavano una miseria estrema. Si capiva che non sarebbe vissuta ancora a lungo : forse stava morendo proprio in quegli attimi.

Nessuno sapeva quanto tempo era passato.

Gli sguardi di tutti corsero immediatamente alla Meridiana dello Zodiaco, giusto in tempo per vedere spegnersi la quinta fiaccola. C’era ancora tempo, potevano farcela.

I dodici Santi Dorati tornarono di corsa alla statua di Athena. Nessuno degnò di uno sguardo Lady Isabel, che giaceva ancora a terra priva di sensi. Tutti attendevano che Micene desse loro un ordine, e il Cavaliere d’Oro del Sagittario non si fece certo pregare.

Tutti guardarono sorpresi il Cavaliere della Sesta Casa. Sembrava ovvio che dovesse toccare a lui, che era il più vicino ad Athena.

Il Cavaliere d’Oro del Cancro si era rivelato dotato di un grande senso pratico. Micene stava quasi per accettare il suo suggerimento, ma fu lo stesso Aphrodite a rifiutare.

  1. Un Cavaliere d’Oro tra la gente

Saga giunse nella valle che avevano visto nella visione, alle pendici dell’Olimpo. Saltò agilmente sulle ripide rocce, e quando un masso troppo grosso gli bloccava il passo lo polverizzava come se fosse solo un insetto molesto.

Arrivato nei pressi della sorgente vide la donna sdraiata vicino all’acqua. Stringeva ancora la bimba tra la braccia, e lui fu sollevato nel vedere che entrambe erano vive. Ma il respiro della madre era ormai un rantolo : di certo non avrebbe visto l’alba del giorno dopo.

Stava calando la notte, e le ombre lunghe della sera già si approssimavano. Saga fece un largo giro e si portò al di sopra della sorgente, su una roccia che si protendeva sull’acqua come una sorta di ombrello. La luce emanata dall’Armatura d’Oro della costellazione dei Gemelli illuminava a giorno il fondo della valle.

La donna sollevò lo sguardo, stringendo ancora più a sé la bambina. Quando i suoi occhi si furono abituati osservò stupefatta il Cavaliere d’Oro che era apparso improvvisamente di fronte a lei.

La donna tese il fagotto con la bambina, che dormiva tranquilla ed ignara di quanto stava accadendo.

Fu il suo ultimo respiro. I suoi occhi si chiusero per sempre, ma sul suo volto la sofferenza e il dolore erano svaniti, sostituiti dalla serenità della morte. La sua bambina era in salvo : solo questo contava.

Da dentro quel povero fagotto due occhi azzurri come il mare fissarono il Cavaliere d’Oro dei Gemelli, e su quel piccolo volto apparve un tenerissimo sorriso, seguito da una risatina allegra. La bambina mosse le manine, seguendo con le piccole dita i contorni della maschera del Bene sull’elmo di Saga.

Prima di far ritorno al Santuario lui seppellì la donna sotto un cumulo di sassi e vi piantò sopra una rozza croce di legno, dicendo una breve preghiera per aiutare la sua anima a trovare la strada del Paradiso.

 

  1. La cerimonia

Di fronte alla statua di Athena i Cavalieri d’Oro attendevano il ritorno di Saga. Gli occhi di tutti non si staccavano neanche per un attimo dalla Meridiana dello Zodiaco.

Il Cavaliere d’Oro dei Gemelli ricomparve proprio quando la settima fiaccola si spense, e porse la bambina a Micene

La bambina emise un gridolino allegro, e i suoi occhioni azzurri si posarono curiosi sul volto pacato di Micene. Lui la sollevò sopra la sua testa, affinché tutti potessero vederla, e i Cavalieri d’Oro si inchinarono. La grande statua della dea brillò di una luce abbagliante, che avvolse Micene, la bambina e tutti i Santi Dorati.

E in quel bagliore il corpo di Lady Isabel svanì. Solo Shaka se ne accorse, ma non disse niente. Quella fanciulla apparteneva già al passato : ora il destino del mondo poggiava sulla bambina che Micene di Sagittar teneva in braccio.

Micene portò la bambina nella stanza della torre, quella stessa dove tredici anni prima aveva fermato la mano sacrilega di Saga, pagando il suo eroico gesto con la vita. La depose nella culla e le rimboccò le coperte, sentendosi un po’ stupido nell’attendere a quelle occupazioni tipicamente femminili.

Gli altri Cavalieri d’Oro stavano rientrando alle Dodici Case. Saga si avvicinò a Dauko e gli chiese:

Dauko assistette ad uno spettacolo che pochi potevano dire di aver visto. Saga, il terribile Cavaliere d’Oro della costellazione dei Gemelli, stava piangendo. Ma fu un attimo, e sul suo volto ricomparve la ben nota espressione dura come il marmo e tagliente come il diamante.

Anche Saga sorrise, e rientrò nella sala del trono. Sentendolo arrivare, Kanon si rialzò da per terra e gli strinse la mano.

Tutti compresero che non sarebbe stato saggio chiedere notizie di Lady Isabel.

Il mattino seguente, all’alba, Micene di Sagittar indossò le sacre vesti di Grande Sacerdote : una lunga palandrana bianca bordata da una striscia d’oro, una maschera d’argento e un elmo d’oro. Teneva in braccio la piccola Lady Arianna, avvolta in una coperta di porpora. Il sole di primavera illuminava il cammino del tutore di Athena, che giunse di fronte alla statua della Dea. Tese il braccio destro, come a volerla toccare, e il Bastone di Nike apparve nella sua mano.

Con il bastone in una mano e la bambina nell’altra, Micene discese la scalinata. La piccola si era svegliata, e rideva contenta : per lei tutto questo era, per ora, solo uno strano gioco.

Il Grande Sacerdote giunse ai piedi delle Dodici Case, e si fermò poco prima degli ultimi gradini. Non doveva macchiare la sua purezza, e soprattutto quella di Athena, toccando con i piedi la vile terra. Davanti a lui, nel largo spiazzo, stavano inginocchiati tutti i cavalieri del Grande Tempio, d’Oro, d’argento e di bronzo. Gli elmi sottobraccio, la testa chinata, attendevano di vedere la loro Dea tornare in mezzo a loro, una volta ancora.

In prima fila stavano naturalmente i Cavalieri d’Oro. Erano presenti anche Kanon e Kiki : vestiti di una bianca tunica, e ai piedi calzari con fibbie d’oro, erano inginocchiati accanto a Saga e a Mur.

Dietro i Cavalieri d’Oro stavano Castalia e Tisifone, uniche rappresentanti sopravvissute dell’ordine dei cavalieri d’argento. Le due sacerdotesse guerriere, nonostante il loro modo di vivere prettamente maschile, avevano conservato una caratteristica tipicamente femminile : l’emozione.

In terz’ordine venivano i cavalieri di bronzo. Ora anche quelli di loro che un tempo erano stati chiamati minori non lo erano più : Asher dell’Unicorno, Aspides dell’Idra, Ban del Leone Minore, Black il Lupo, Geki dell’Orsa e June del Camaleonte, la terza sacerdotessa guerriera. Sirio, Phoenix, Crystal e Andromeda indossavano le armature che li avevano protetti nella Guerra Sacra contro Hades, forgiate con il sangue di Athena. Da molto tempo ormai le corazze originarie erano andate distrutte : una sola ne rimaneva, quella di Pegasus, conservata in un luogo segreto del Santuario in attesa di un nuovo cavaliere degno di indossarla.

Dietro i cavalieri di bronzo stava la folla dei soldati, per una volta seri e silenziosi.

Il Grande Sacerdote sollevò la bambina sopra la testa, perché tutti potessero vederla, e pronunciò la formula di rito. Il povero Micene si era esercitato tutta la notte perché gli venisse l’intonazione giusta, adatta alla solennità del momento. Lui era un Cavaliere d’Oro, abituato all’azione e alla battaglia, e tutte queste formalità gli andavano strette. Se non fosse stato sacrilego pensarlo si sarebbe quasi augurato una nuova lotta contro le Forze Oscure.

Il primo a parlare fu il Grande Mur.

Dopo Mur e Kiki fu la volta di Aldebaran, e poi di Saga e Kanon, che pronunciarono il giuramento insieme.

Tutti i cavalieri fecero il loro giuramento: prima i Cavalieri d’Oro, poi Castalia e Tisifone, e infine i cavalieri di bronzo. I soldati giurarono tramite un loro rappresentante, eletto semplicemente perché era il più anziano di tutti.

Conclusa quella fase della cerimonia Ikki delle Fenice giudicò che fosse il momento di andare. Il suo giuramento l’aveva fatto, e tanto doveva bastare : non amava né le formalità né la compagnia, non sopportava i Cavalieri d’Oro e non gli importava proprio nulla di dover chiamare Milady quella bambina invece che Lady Isabel. La sua fedeltà ad Athena era indiscussa, e dunque nessuno cercò di fermarlo.

Micene si accorse che Ikki se n’era andato, ma lo aveva previsto, e non disse niente. Pronunciò la seconda e ultima formula di quella cerimonia, visibilmente sollevato : per fortuna erano solo due.

Fece un largo gesto del braccio, come a voler comprendere l’intero Santuario. In quel momento il Bastone di Nike che stringeva nel pugno si illuminò, e la sua luce divina avvolse tutti i cavalieri lì riuniti. La piccola Lady Arianna rideva divertita, e tutti videro un cosmo dorato sorgere da lei, mescolandosi alla luce del Bastone di Nike.

 

 

VI. Pace eterna

A Nuova Luxor era mattina, e Lady Isabel, alzatasi come suo solito di buon’ora, chiamò il fedele Mylock affinché la aggiornasse sull’andamento delle innumerevoli attività che la Grande Fondazione creata da suo nonno, il duca Alman di Thule, portava avanti in ogni parte del mondo. Fece telefonate, firmò documenti, si recò a ricevimenti ufficiali : la vita dell’erede della famiglia Thule era impegnatissima.

Mylock si era reso conto che lo spirito di Athena aveva lasciato per sempre Lady Isabel. Nessuno gliel’aveva detto, l’aveva capito da solo, e si chiese cosa potesse mai essere successo. Ma aveva anche capito che nessuno sarebbe mai venuto a spiegarglielo : i cavalieri non sarebbero mai più tornati a Nuova Luxor. La fanciulla sembrava non ricordare chi era stata, e attendeva ai suoi impegni come se non avesse mai fatto altro in vita sua. Non chiese notizie dei cavalieri, poiché ne aveva dimenticato persino l’esistenza, e d’altronde non c’era nulla, nella sua residenza come in tutta Nuova Luxor, che potesse in qualche modo ricordarglieli. Il Palazzo dei Tornei, mai ricostruito, era stato abbattuto, e ora al suo posto si stendeva un magnifico giardino. Il professor Righel, creatore dei cavalieri d’acciaio, era morto improvvisamente. Il solo Mylock rimaneva a custodire la memoria del tempo passato, e quando anche per lui fosse venuto il momento di lasciare la vita nessuno avrebbe più saputo che Lady Isabel di Thule era stata un tempo la dea Athena.

Al Santuario la cerimonia che aveva rivelato a tutti la nuova reincarnazione di Athena si era conclusa. Lady Arianna, la bimba sulla quale poggiava ora il destino del mondo, dormiva nella sua culla, al sicuro.

Durante la cerimonia Andromeda, come tutti i suoi compagni, aveva rinnovato il suo giuramento di fedeltà ad Athena, e ora si stava preparando a partire. Rifletté che avrebbe dovuto trovarsi una nuova sistemazione, poiché ovviamente non avrebbe più potuto abitare nel palazzo di Lady Isabel, e sperò che la sua vecchia casa fosse ancora in piedi.

Ma proprio mentre stava per lasciare il Santuario insieme a Sirio e Crystal scoprì che quello della casa sarebbe stato l’ultimo dei suoi problemi.

Sirio, Crystal e Andromeda alzarono lo sguardo. In cima ad una roccia, l’Armatura d’Oro che brillava nel sole, stava Kanon dei Gemelli. Il fratello gli aveva prestato la corazza, poiché Micene gli aveva affidato una missione : trovare Andromeda e costringerlo a restare, usando se necessario anche la forza.

Kanon rispose, prevenendola, alla domanda di Sirio.

Kanon si stava innervosendo.

Andromeda non replicò.

Il diretto interessato tremava come una foglia. Balbettando, riuscì a dire:

Sirio non era convinto, e pretese una spiegazione più esauriente. Micene l’aveva previsto, e anzi si sarebbe stupito del contrario : aveva infatti detto a Kanon di rivelare il perché di quel terribile ordine.

Era stato Saga il primo a rendersi conto che Andromeda non era in grado di padroneggiare il Settimo Senso. Durante la battaglia contro Apollo aveva deciso che lui e gli altri Cavalieri d’Oro resuscitati dal Dio del Sole avrebbero dovuto affrontare nuovamente i cavalieri di bronzo che li avevano già una volta battuti, per verificare se sarebbero stati in grado di reggere al combattimento contro un Dio. Seiya e Sirio avevano superato la prova, sconfiggendo rispettivamente lui e Death Mask, e Crystal aveva addirittura battuto un cavaliere della Corona, dunque anche lui era pronto. Su Ikki non c’erano dubbi, ma Andromeda aveva fallito : Aphrodite l’aveva sconfitto con estrema facilità, e se non l’aveva ucciso era stato solo per l’intervento di Phoenix.

Anche Shaka aveva visto quanto Andromeda fosse debole. Era venuto a conoscenza della lotta nell’Elisio contro Hypnos e Thanatos, atto conclusivo della Guerra Sacra contro Hades : lì Andromeda aveva indossato l’Armatura Divina, ma nemmeno così era riuscito a sconfiggere il suo nemico. Non padroneggiando il Settimo Senso non sapeva nemmeno controllare gli immensi poteri di quell’Armatura, ed era stato battuto con un solo colpo da Hypnos.

Alle parole di Kanon né Sirio né Crystal poterono replicare. Era tutto vero.

Ma il Cavaliere d’Oro dei Gemelli non aveva ancora finito. Rivelò ad Andromeda che, durante la battaglia del Santuario, Seiya e Sirio avevano deciso che al termine di quella lotta lui non avrebbe più dovuto indossare l’armatura : benché cavaliere, non era adatto a combattere, perché troppo sensibile. Erano di fronte all’Ottava Casa, e Milo li aveva sentiti. Era stato lui a rivelarlo a Dauko, e il Vecchio Maestro ne aveva avuto la conferma per bocca dello stesso Sirio.

Andromeda guardò l’amico, che annuì in silenzio. Anche questo era vero.

Quel giorno finì, e la nuova alba vide Andromeda incamminarsi verso la Dodicesima Casa. La Meridiana dello Zodiaco era stata riaccesa : lui avrebbe dovuto trascorrere un’ora in ciascuna delle Dodici Case prima di giungere all’ultima, dove in un modo o nell’altro si sarebbe compiuto il suo destino.

Durante quelle ore nessuno dei Cavalieri d’Oro gli parlò, nessuno gli dimostrò il minimo segno di amicizia. Molti lo ignorarono, altri lo fissarono con odio misto a disprezzo : alla Casa dell’Ariete lui cercò invano un po’ di comprensione nel volto impassibile del Grande Mur ; alla Terza Casa stava per crollare sotto lo sguardo di ghiaccio di Saga; alla Casa della Vergine trovò Shaka seduto come sempre in meditazione sul suo fiore di loto, che non si accorse nemmeno della sua presenza.

Ma in quelle ore prese una decisione.

Infine giunse alla Dodicesima Casa. L’ultima fiaccola aveva iniziato a bruciare, scandendo inesorabile il tempo che scorreva.

Aphrodite lo attendeva sulla soglia. Le colonne erano abbellite da miriadi di rose rosse.

Stranamente, la catena resse, e le Rose Rosse si infransero ai piedi di Andromeda.

Andromeda alzò le braccia al cielo, espandendo il suo cosmo. Intorno a lui si formò una corrente, e spiccò un balzo in avanti.

Aphrodite si spostò leggermente a destra : era un’illusione, un trucco talmente semplice che persino i ragazzini ai primi giorni di addestramento sapevano farlo. Ma Andromeda ci cascò di nuovo, come già ci era cascato durante la battaglia contro Apollo.

Quello che aveva creduto essere Aphrodite scomparve, e la Rosa Bianca si piantò nel suo petto.

Aphrodite si volse per andarsene, aspettando che la rosa bianca riacquisisse il colore che le era proprio.

Ma Andromeda era ancora vivo.

Ed anche questa volta le piume di bronzo della fenice piovvero dal cielo ad inchiodare a terra le rose bianche.

Da dietro una colonna apparve Micene, il volto e l’armatura celati dalle vesti di Sacerdote. Aphrodite si inchinò prontamente.

Ma lui non rispose più. Aphrodite cercò lo sguardo di Micene, e lesse un cenno di assenso sul volto nascosto dalla maschera.

Le Rose Bianche volarono nuovamente nell’aria. Quattro di quei fiori mortali si piantarono nel corpo di Andromeda, che con una strana piroetta cadde a terra. I bianchi petali iniziarono a tingersi di sangue : goccia dopo goccia, assunsero prima un colore rosato, poi via via sempre più rosso.

Non una parola, non un gemito uscirono dalla bocca di Andromeda. Riverso sulla schiena, il capo rivolto verso Aphrodite, attese la morte. Finalmente aveva finito di combattere, finalmente aveva finito di soffrire.

Il Cavaliere d’Oro dei Pesci, che in un tempo non lontano era stato uno spietato assassino, provò pietà per la sorte di Andromeda. Aveva obbedito al volere di Micene, ma le lacrime scesero a bagnare il suo bellissimo volto.

- La Rosa Bianca farà il suo fatale effetto. Non era suo scopo offendere…-

Fissò a lungo il corpo immobile di Andromeda. Le rose che spuntavano dal suo petto erano ormai quasi del tutto rosse.

-…ed io ho capito. Ho capito che lui non voleva la guerra, non voleva il combattimento. Era bello, a suo modo, bello come credevo di esserlo io. Ma ora so che la vera bellezza risiede in Athena, e nel suo amore per la giustizia. Fish, il brutto, orrendo Fish, può solo obbedire a Lei, ed eseguire il suo volere, che viene per bocca del Grande Sacerdote. Ecco, ho portato a termine il mio compito. Un tempo provavo piacere a dare la morte, ora provo orrore. Che costui mi abbia insegnato ad odiare la battaglia, che io consideravo il massimo della bellezza ? –

Nessuna risposta venne dal corpo esanime che giaceva di fronte a lui.

Ai piedi della scalinata delle Dodici Case, Sirio e Crystal avvertirono il cosmo di Andromeda spegnersi lentamente, e poi scomparire del tutto. Asher e gli altri cavalieri di bronzo lo piansero come un amico, anche se non l’avevano mai conosciuto bene. Persino Kanon, che sempre lo aveva avversato, rimase impietrito nel sentire il suo cosmo svanire per sempre, e anche Dauko fu colpito nell’accorgersi che nulla più ne era rimasto. Ora, tutti vedevano solo la triste vicenda di un ragazzo che non aveva mai saputo essere forte, che non aveva mai saputo combattere da cavaliere, anche se lo era.

Andromeda fu sepolto nel cimitero del Santuario, a fianco di Seiya. La sua armatura, chiusa nello scrigno, fu affidata a June, la sacerdotessa di bronzo della costellazione del Camaleonte, perché la riportasse all’isola di Andromeda, dove un giorno un ragazzo che si sperava più degno sarebbe venuto a reclamarla. Lei decise che per il momento non avrebbe più fatto ritorno al Santuario, e rimase sola su quell’isola dimenticata.

 

 

 

VII. Una bimba molto precoce

Alcuni mesi erano passati, e ormai la piccola Lady Arianna gattonava felice su e giù per il Santuario. Benché fosse la reincarnazione di Athena era pur sempre una bambina, e nessuno dei cavalieri, né d’Oro né di bronzo, voleva accollarsi la responsabilità di accudirla. Micene, essendo Grande Sacerdote, era il tutore della piccola, ma per una questione di dignità non poteva dedicarsi a certi compiti.

Kanon si sarebbe offerto volentieri, ma poiché era anche lui era, a tutti gli effetti, Cavaliere d’Oro dei Gemelli, doveva preservare il suo onore. Però trovò una soluzione, e la sottopose a Micene : il candidato perfetto c’era, ed era Kiki.

Kiki stava crescendo, anche se aveva conservato l’atteggiamento irriverente e un po’ ribelle di quando era bambino. Si stava addestrando sotto la guida del fratello, e sembrava quasi pronto a succedergli come Cavaliere d’Oro della costellazione dell’Ariete, protettore del Palazzo del Montone Bianco : il suo cosmo aumentava ogni giorno di più, e stava imparando le migliori tecniche di attacco e difesa, dalla Starlight Extinction al Muro di Cristallo, oltre naturalmente a tutti i segreti per riparare le armature. Ormai solo una sottile linea lo separava dall’essere in tutto pari al fratello maggiore, e nessuno lo chiamava più Appendex. Sarebbe divenuto Cavaliere d’Oro solo se Mur fosse morto o fosse diventato Grande Sacerdote, ma non aveva fretta : era molto legato al fratello, che rappresentava tutta la sua famiglia, ed era convinto che avrebbe continuato ad indossare l’Armatura d’Oro per molti anni ancora. In effetti Mur era in quell’epoca ciò che Sion era stato in quella passata, e se nulla fosse venuto a turbare quella pace da lungo tempo attesa avrebbe potuto vivere almeno fino a 243 anni, e persino raggiungere e superare l’età di Dauko, il Vecchio Maestro della Bilancia.

Kiki non immaginava proprio che come primo incarico avrebbe dovuto accudire la reincarnazione di Athena.

Quando fu convocato nella sala del trono e venne a conoscenza del compito che il Grande Sacerdote intendeva affidargli prese subito la cosa molto seriamente. Teneva con sé la piccola Arianna tutto il giorno, oppure la portava in giro per il Santuario, senza mai lasciare la zona sacra. Castalia e Tisifone gli davano una mano nelle attività più propriamente femminili, ma per il resto era lui ad accudirla. Se fosse successo qualcosa era ormai abbastanza forte per difenderla, anche se non indossava alcuna armatura, e poi poteva sempre chiamare Mur, che sarebbe giunto nello spazio di un istante. Alla sera la riportava dal Grande Sacerdote.

Un giorno Kiki stava camminando vicino al cimitero, con la bambina in braccio. Si sedette su una roccia e la mise per terra, lasciando che gattonasse qua e là, senza perderla di vista.

La piccola esplorava interessata quel posto nuovo : si arrampicò su una tomba, e non appena le sue manine toccarono la lapide un cosmo dorato avvolse quella fredda pietra, che incominciò a sollevarsi.

Kiki balzò in piedi e prese in braccio la bambina, che batteva le mani e rideva divertita. La tomba si aprì, e un cavaliere morto da molti anni risorse a nuova vita. Era un Saint d’argento : Orfeo della Lira.

Kiki osservò stupefatto quel prodigio, ma le sorprese non erano finite. La bambina trovava divertente quel gioco, e rideva felice. Puntò il ditino verso le tombe vicine, e le lapidi erose dal tempo si mossero. Uno dopo l’altro, tre cavalieri d’argento riebbero il soffio della vita : Eris della Lucertola, Asterione dei Cani da Caccia e Babel del Centauro.

Il cosmo di Athena avvolgeva i quattro Silver Saints, e si levò alto nel cielo. Come una meteora, attraversò gli oceani, e si posò su una piccola ed inospitale isola persa tra i flutti : l’isola di Andromeda. Qui, June del Camaleonte, la sacerdotessa di bronzo, vide incredula il suo maestro Albione, cavaliere d’argento della costellazione di Cefeo, tornare alla vita, e venire trasportato, avvolto dal cosmo di Athena, al Santuario, dove anche lei si affrettò a fare ritorno.

Kiki si rese conto che se avesse cercato di spiegare ai cavalieri d’argento quel che era successo difficilmente gli avrebbero creduto. Inoltre non lo avevano mai visto, perché quando essi erano in vita lui non era ancora mai venuto al Santuario. Così chiamò telepaticamente Mur, e dopo un breve istante il Cavaliere d’Oro dell’Ariete apparve. Anche lui fissò stupefatto i cinque cavalieri d’argento, che lo riconobbero e si inchinarono prontamente.

Kiki narrò a Mur quello che era avvenuto, e il Cavaliere d’Oro dell’Ariete aggiornò sulla situazione i cavalieri d’argento. Tornati alla vita per volontà della nuova reincarnazione di Athena, essi ripresero il loro posto al Grande Tempio.

 

 

  1. Epilogo

 

Con la resurrezione di Albione, Orfeo, Eris, Asterione e Babel iniziò la ricostruzione dell’ordine dei cavalieri d’argento : Castalia e Tisifone non erano più sole.

Albione si avvide che nel cimitero del Santuario era stata eretta una lapide che recava il nome di Andromeda : chiese spiegazioni, ma nessuno sembrava volergliele dare. Fu June ad informarlo : il rispetto che doveva al suo maestro la portò a sfidare l’ordine, emanato dallo stesso Grande Sacerdote, di non parlare mai più di Shun di Andromeda. Albione pianse il suo allievo, ma non protestò : nella sua saggezza capì che, prima o poi, sarebbe dovuto succedere. Tornò all’isola di Andromeda, dove addestrò due nuovi allievi che, un giorno, avrebbero indossato le armature di bronzo che erano state di Reda e Sanzius.

Le altre armature d’argento, appartenute ai cavalieri che ora giacevano nel sonno della morte, erano state riparate da Mur e Kiki, e riportate nei luoghi da dove provenivano. Ben presto nuovi giovani avrebbero affrontato il duro addestramento richiesto per indossarle, e il secondo dei tre ordini dei cavalieri di Athena sarebbe stato di nuovo completo.

La schiera dei cavalieri di bronzo si era ridotta: con la morte di Andromeda, solo nove di loro rimanevano. Le armature di bronzo che nell’epoca precedente non erano state assegnate a nessun cavaliere attendevano che qualcuno venisse a reclamarle : era necessario che anche il terzo ordine dei cavalieri di Athena fosse al completo, poiché nuove, terribili battaglie sarebbero scoppiate di lì a poco.