IL TRIBUNALE DEL GRANDE TEMPIO
I. Prologo
Era finita. Avevano vinto. Come sempre.
Ma questa volta Seiya non ce l’aveva fatta.
Aveva già sfiorato la morte, quando la spada di Hades gli aveva trapassato il cuore. Ma ora il suo tempo si era concluso. Per sempre. Nessuno, nemmeno il Fato stesso, aveva il potere di riportarlo in vita.
Era stato sepolto al Santuario, e la sua tomba era ben distinta da quelle dei cavalieri d’argento che affollavano il cimitero. Il giorno del funerale Castalia e Tisifone l’avevano deposto nella terra con le loro mani, alla presenza di Lady Isabel, dei suoi compagni e di tutti i Cavalieri d’Oro. Mur e Kiki avevano fatto apparire l’armatura di Pegasus, perfettamente riparata come se dovesse essere indossata di lì a poco. Micene aveva proclamato solennemente che la corazza, ritornata al suo grado originario di semplice armatura di bronzo, sarebbe stata custodita al Santuario, in un luogo segreto, fino a quando non fosse giunto un ragazzo che si fosse dimostrato degno di indossarla. E lui avrebbe addestrato personalmente colui che fosse venuto per reclamarla, e che era destinato a diventare il nuovo cavaliere di bronzo della costellazione di Pegaso.
Ora che lui non c’era più Athena aveva più che mai bisogno della forza e del coraggio dei dodici Cavalieri d’Oro. Risorti per suo volere, erano tornati a presiedere le Dodici Case dello Zodiaco, restaurate a seguito delle tremende battaglie di cui erano state teatro.
Un nuovo Grande Sacerdote regnava al Santuario : Micene di Sagittar. Erano passati quasi trent’anni da quando Sion lo aveva scelto quale suo successore. Ora, finalmente, Dauko poteva esaudire l’ultimo desiderio dell’amico, e aveva lasciato il trono a Micene.
Fatto questo non rientrò ai Cinque Picchi, ma riprese il suo posto alla Settima Casa di Libra. Per volere di Athena aveva conservato il dono del misopethamenos, la divina tecnica del rallentamento cardiaco : evidentemente la Dea riteneva di aver bisogno della sua saggezza e della sua forza ancora per molto, molto tempo.
I cavalieri di bronzo erano sparsi per il mondo. Sirio si trovava ai Cinque Picchi, finalmente unito alla sua amata Fiore di Luna. Phoenix era tornato all’Isola della Regina Nera, di cui era signore e padrone ma anche unico abitante, e passava il tempo percorrendo le infuocate distese di lava in cerca dei rari fiori da deporre sulla tomba di Esmeralda. Crystal il Cigno era rientrato al suo villaggio in Siberia, e si prendeva cura del piccolo Jacob. Andromeda viveva al palazzo di Alman di Thule.
Lady Isabel continuava a preferire la compagnia dei cavalieri di bronzo, e sembrava essersi scordata dei Cavalieri d’Oro, suoi estremi difensori : tutti erano irritati per questo fatto, e i meno pazienti tra loro, come Ioria e Milo, si erano lamentati con Micene, il quale non aveva potuto far altro che allargare le braccia, impotente.
La vita al Santuario scorreva tranquilla, e anche un po’ noiosa, specialmente per i Cavalieri d’Oro, che non si muovevano mai dalle Dodici Case, e per Micene, che passava le giornate assiso sul trono e le notti a scrutare il cielo dall’alto della Collina delle Stelle. L’unico che aveva qualcosa da fare era Saga, che aveva ripreso ad andare tra la gente, benedicendo chiunque incontrava. Le persone comuni, che nulla sapevano di quanto gli era accaduto, continuavano ad adorarlo come un dio, tanto più che egli era miracolosamente riapparso in mezzo a loro dopo tredici anni. Quando non era in giro Saga si teneva in esercizio con Kanon. Athena aveva infatti donato una nuova vita anche a lui, che tanto aveva fatto durante la guerra contro Hades.
Kanon avrebbe presto avuto l’occasione di dimostrare ad Athena la sua riconoscenza, e in un modo che nessuno avrebbe mai immaginato.
II. Una visita inattesa
Era un’afosa giornata d’estate, e il sole brillava implacabile nel cielo, arroventando ogni pietra, ogni sasso, ogni colonna. Ai confini della zona sacra i soldati cercavano invano un po’ d’ombra. Mezzi addormentati, si risvegliarono di colpo quando videro avvicinarsi un uomo di alta statura, vestito con stivali di pelliccia e coperto da un pesante mantello. Aveva una folta barba marrone e sopracciglia cespugliose, e tutto nel suo aspetto e nel suo abbigliamento lasciava intendere che non veniva certo da Atene.
Chiedendosi chi mai potesse essere così pazzo da andarsene in giro vestito a quel modo con il caldo che faceva, due soldati si fecero avanti, incrociando le lance per sbarrargli il passo.
L’uomo fece un leggero inchino.
I due soldati si guardarono perplessi. Non sapevano cosa fare in una situazione come quella, e si consultarono a lungo.
Lasciò il nuovo venuto sotto la sorveglianza del compagno e corse a perdifiato su per le rocce. Non sapeva quale messaggio lo straniero fosse venuto a portare, ma capiva che doveva essere importante. Giunto ai piedi della scalinata delle Dodici Case si fermò un attimo, incerto. Le persone comuni potevano percorrerle solo nei casi di massima urgenza. Rifletté un attimo e decise che questo lo era.
Trovò Mur sulla soglia della Casa dell’Ariete, e gli fece un resoconto completo.
- Va bene, andrò a vedere. – disse infine Mur.
Sparì, e riapparve l’istante dopo di fronte al guerriero di Asgard. Questi sbarrò gli occhi vedendo quello che doveva apparirgli un prodigio.
Il racconto del guerriero lasciò Mur stupefatto. E lo fu ancora di più quando questi estrasse dalla sua bisaccia un oggetto.
La presenza di quell’oggetto dissipò ogni residuo dubbio. Mur disse:
Lungo il cammino Mur parlò telepaticamente con Dauko :
Pochi minuti dopo Dauko entrò nella Casa dell’Ariete.
Il guerriero di Asgard, inchinatosi all’arrivo di Dauko, si rialzò ed iniziò il suo racconto.
III. Gravi fatti sono accaduti
Il soldato posò sul tavolo l’oggetto che aveva già mostrato a Mur, e che anche Dauko riconobbe immediatamente : si trattava dell’elmo di Crystal il Cigno. Era percorso da una fitta rete di fratture, e sembrava che dovesse frantumarsi da un momento all’altro.
Dauko rimase in silenzio a lungo. I raggi del sole che lambivano le colonne della Casa dell’Ariete creavano giochi di luce sulla sua Armatura d’Oro.
Mur e Dauko si recarono immediatamente a palazzo. Giunti di fronte alla sala del trono annunciarono al soldato di guardia che dovevano vedere subito il Grande Sacerdote. Il soldato entrò e si inchinò sulle fredde pietre del pavimento, non osando poggiare i piedi sul lungo tappeto rosso.
Non appena il soldato uscì Mur richiuse le enormi porte di bronzo con la sola forza della mente. Ora la sala del trono era totalmente isolata : nessuno avrebbe potuto vedere o sentire ciò che avveniva all’interno.
I Cavalieri d’Oro vennero convocati nella sala del trono, e si disposero in fila ai lati del lungo tappeto rosso.
Micene si tolse le vesti di Sacerdote, e scese i pochi gradini sui quali poggiava il supremo seggio : rimaneva sempre un Cavaliere d’Oro egli pure, e non gli piaceva assumere una posizione di superiorità rispetto ai suoi compagni. Raccontò tutto quanto era avvenuto fino a quel momento, e mostrò loro l’elmo.
Gli occhi di tutti si posarono sul Cavaliere d’Oro dell’Acquario. Se anche stava provando qualcosa nel sentire il proprio allievo accusato di alto tradimento non lo diede minimamente a vedere.
Da molto tempo ormai il Cavaliere d’Oro dei Gemelli si era liberato per sempre del suo lato oscuro. Tuttavia si sentiva ancora in colpa per le azioni malvagie che aveva compiuto, e cercava ogni occasione possibile per rimediare. Fece qualche passo avanti, per focalizzare l’attenzione di tutti su di lui – i gesti teatrali gli piacevano sempre – e disse :
– Come sapete, io ho appreso la tecnica suprema di controllo della mente, il Colpo dell’Incantesimo del Re Diavolo. Solo io e Kanon siamo in grado di eseguirlo. Ikki di Phoenix, quando era al mio servizio, sviluppò una variante minore di questo colpo, a cui diede il nome di Fantasma Diabolico. -
Infine Camus partì. Anche se non era mai stato ad Asgard conosceva bene la strada per arrivarvi. Infatti una parte fondamentale dell’addestramento di ogni cavaliere dei ghiacci era costituito dalla conoscenza di tutte le storie mitologiche riguardanti quelle gelide terre : Dauko lo sapeva, e lo aveva scelto proprio per questo.
Giunto ad Asgard, Camus non si recò subito al palazzo di Hilda, ma fece un lungo giro per i villaggi e le fattorie. Incontrò la gente comune, e placò i loro comprensibili timori assicurando che non era venuto con intenzioni ostili e mostrando che anch’egli, come i cavalieri preposti alla difesa di quella terra, possedeva il controllo delle energie fredde. Non rivelò del tutto il motivo della sua presenza, ma con discrezione e tatto fece domande su Midgard.
Venne così a sapere che, fra i cavalieri di Asgard, egli era stato quello che più di tutti si preoccupava della difesa della gente comune. Gli abitanti lo adoravano come un dio, ed egli preferiva stare in mezzo a loro, vestito della sua armatura arancione, piuttosto che a palazzo con gli altri cavalieri. Il suo stesso nome sottolineava questa inclinazione : Midgard significava infatti "terra di mezzo", che nella concezione mitologica delle regioni nordiche era il nome dato al mondo degli uomini, contrapposto ad Asgard, la terra degli Dei.
Quando il suo corpo era stato scoperto le persone comuni avevano pianto a lungo la morte del loro protettore : era l’unico cavaliere che si era mai degnato di stare in mezzo a loro, e dopo tanti anni il suo ricordo era ancora ben vivo.
Camus decise di far leva su questi sentimenti, e rivelò di essere un cavaliere di Athena, venuto ad Asgard per vendicare la morte di Midgard. La gente lo acclamò e lo accompagnò al palazzo della regina, sollecitando un’udienza.
Hilda lo ricevette subito. Il Cavaliere d’Oro dell’Acquario si inchinò alla signora di quelle terre, e le consegnò la lettera del Grande Sacerdote.
Hilda condusse Camus in una cripta posta proprio sotto la sala del trono. Conteneva due tombe soltanto, quelle dei due cavalieri più forti in tutta la storia di Asgard : in una riposava Orion, il drago a due teste, caduto per difendere la sua regina e il dio Odino dall’attacco di Nettuno; nell’altra, che Hilda aprì, c’era il corpo di Midgard. Indossava una tunica gialla, ma il colore era nascosto da una patina di ghiaccio. Accanto a lui erano sparsi i frammenti della sua armatura, raccolti piamente dalla gente comune.
Camus osservò attentamente le tracce lasciate dai colpi di gelo. Non c’era alcuna possibilità di errore : se non avesse saputo che era impossibile avrebbe detto di essere stato lui stesso a scagliare quel colpo.
Camus poté dunque esaminare il punto preciso dove il cadavere del cavaliere di Asgard era riaffiorato dalla neve e dal ghiaccio. Misurò a larghi passi la piccola radura tra gli alberi, osservando attentamente il terreno.
E fece una scoperta.
Come già aveva detto il guerriero venuto ad Atene, quell’estate era la più calda della storia di Asgard. Tranne che nel mare, quasi tutto il ghiaccio si era sciolto, e non per intervento di un Dio straniero, ma per il semplice miracolo della Natura. E tra l’erba finalmente libera dalla coltre gelata apparvero i pezzi, danneggiati ma perfettamente riconoscibili, di un’armatura di bronzo.
Era l’armatura originaria del Cigno, l’orgoglio delle nevi siberiane.
Camus li raccolse ad uno ad uno, incapace di credere ai suoi stessi occhi. Poi si rivolse al capo del piccolo drappello di soldati :
Tornato al palazzo di Hilda riferì alla regina le sue scoperte. La sua missione ad Asgard era terminata. Rientrò immediatamente al Santuario, riportandovi l’armatura di bronzo della costellazione del Cigno, dimenticata da anni in terra straniera.
Gli altri Cavalieri d’Oro si trovavano già nella sala del trono. Camus riferì quanto aveva scoperto ad Asgard, poi mostrò a tutti i pezzi dell’armatura del Cigno.
Mur li esaminò attentamente, ed anche lui notò quello che Camus aveva visto. Sulla corazza propriamente detta, che proteggeva il torace, c’era un largo squarcio in corrispondenza della schiena.
Ora toccava a Micene parlare : quanto uscì dalla bocca del Cavaliere d’Oro del Sagittario non era mai stato udito prima in quel luogo sacro, nemmeno durante gli anni bui della tirannia di Saga perseguitato dal lato oscuro; persino lui fu colpito dall’enormità della cosa, e una volta di più si chiese che cosa avesse mai fatto per riuscire ad evitare una simile sorte.
Pochi giorni dopo, fu annunciato l’arrivo di Lady Isabel, accompagnata dai cavalieri di bronzo. Essi erano ora guidati da Sirio, che aveva preso il posto di Seiya come leader del gruppo. Phoenix naturalmente non c’era.
Le enormi porte di bronzo della sala del trono si aprirono. Regnava un silenzio innaturale, e ogni cosa era immobile, come addormentata. Non appena furono entrati, le porte si richiusero di scatto dietro di loro, con un boato sinistro.
Micene, il volto e l’armatura nascosti dalla maschera e dalla palandrana, apparve da dietro il trono. Venne avanti con gesti lenti e studiati, e si sedette sullo scranno.
Ad un cenno della sua mano la grande tenda si aprì. I Cavalieri d’Oro, che fino a quel momento erano stati nascosti dietro di essa, fissarono Lady Isabel e i cavalieri di bronzo con espressione ostile.
Lady Isabel rimase un attimo interdetta, perché non si era aspettata un simile pubblico, ma si ricompose immediatamente.
Micene continuò a rimanere in silenzio.
Improvvisamente, muovendosi alla velocità della luce, Ioria si portò alle spalle di Crystal e lo afferrò, bloccandogli le braccia e le gambe e impedendogli ogni movimento.
Gli altri cavalieri di bronzo assistettero alla scena attoniti e impotenti. Sirio guardò Dauko, in cerca di una spiegazione, ma il volto solitamente così disteso e gentile del Vecchio Maestro era ora una maschera impenetrabile.
Quando Micene parlò, ciò che disse gettò nello sconforto i cavalieri di bronzo.
Dopo qualche momento di silenzio, Micene parlò di nuovo.
In effetti Camus aveva chiesto espressamente di non occuparsi in prima persona della difesa di Crystal, in questo anticipando Micene, il quale stava per dirgli che, per ovvi motivi, non gliel’avrebbe mai assegnata.
Il Cavaliere d’Oro dello Scorpione fece qualche passo in avanti, e si inginocchiò davanti al Grande Sacerdote.
Le porte della sala del trono si aprirono, e gli occhi di tutti si volsero in quella direzione. Circondato da un cosmo d’oro d’immensa potenza, apparve Kanon dei Gemelli. Passò accanto ai cavalieri di bronzo, gettando a Crystal una breve occhiata indifferente, e si inginocchiò ai piedi di Micene accanto a Milo dello Scorpione.
Il silenzio calò sulla sala del trono, mentre Crystal veniva incatenato e condotto via da Ioria.
Il Cavaliere d’Oro del Leone lo rinchiuse nella prigione di Capo Sounion, e per due settimane lo sorvegliò ininterrottamente, giorno e notte, senza mai perderlo di vista e senza permettere a nessuno di avvicinarsi, nemmeno a Lady Isabel. Di giorno la calura era insopportabile, mentre di notte saliva la marea e Crystal veniva sommerso dalle onde, sue uniche, fredde compagne.
Il giorno stabilito per il processo una fresca brezza soffiava sul Santuario, alleviando la tremenda calura estiva. Il luogo scelto era lo spiazzo di fronte alla statua di Athena. Il trono del Grande Sacerdote era stato collocato tra i piedi della statua, una posizione dalla quale dominava la visuale tutt’intorno. Sui gradini che portavano alla statua era stato collocato, in perfetta linea col primo, un secondo trono sul quale avrebbe preso posto Dauko.
Sulla destra per chi guardava la statua erano schierati i Cavalieri d’Oro, che avrebbero composto la giuria. Erano in otto, poiché mancavano, ovviamente, Micene, Dauko e Milo, mentre Camus aveva chiesto e ottenuto di non farne parte, poiché si era reso conto che il suo voto, quale che fosse, avrebbe influenzato la sentenza.
Il Cavaliere d’Oro dell’Acquario si trovava dunque in mezzo al pubblico che avrebbe assistito al processo, composto da Lady Isabel, da tutti i cavalieri di bronzo, che indossavano le loro armature, da Castalia e da Tisifone, da Kiki e dal guerriero di Asgard. Questi era stato condotto fin lì bendato, ed ora vedeva per la prima volta il Grande Sacerdote e i Cavalieri d’Oro, riuniti sotto la grande ombra della statua della loro Dea. Il sole brillava sulle invincibili armature degli estremi difensori di Athena, e il guerriero di Asgard, che mai aveva visto tanto splendore e tanta potenza riuniti in unico luogo, era quasi sopraffatto dalla sorpresa e dall’emozione. Avrebbe avuto grandi cose da raccontare ai suoi bambini, quando fosse tornato a casa.
Sul lato opposto dello spiazzo era stata portata una pedana di legno, alla quale era incatenato Crystal. Le catene non gli permettevano nemmeno di sedersi, ed era costretto a stare in piedi. Si sarebbe potuto liberare solo bruciando il cosmo, ma decise di non farlo. Era sicuro della sua innocenza : avrebbe raccontato del colpo di Balder, che lo aveva condizionato e dal quale si era risvegliato solo dopo aver subito il Drago Nascente di Sirio. Era sempre stata questa la sua versione : no, anzi, questa era la verità. Ne era assolutamente certo.
Micene e Dauko giunsero per primi, seguiti da Milo e Kanon. Questi non indossava l’Armatura d’Oro, che spettava in primo luogo a Saga, ma la sua solita tenuta blu chiaro. Anche da quelle semplici vesti traspariva la sua nobiltà e la sua forza, e i suoi occhi di ghiaccio, identici a quelli del fratello, lasciavano intendere che non era un uomo da sottovalutare.
Micene parlò :
Da quel momento non avrebbe più aperto bocca fino alla fine del processo.
Dauko si alzò in piedi. La sua Armatura d’Oro, di foggia così particolare, con le Barre Gemellari che spuntavano da dietro la schiena e uno dei due grandi Scudi fissato ad una spalla, gli dava un aspetto imponente.
Il guerriero di Asgard venne avanti, e fu fatto sedere su uno scranno d’avorio con zampe di leone e un cuscino rosso con frange d’oro.
Il guerriero parlò a lungo, riferendo ogni minimo particolare. Quando il racconto giunse al termine, Kanon fece un cenno a Kiki, che venne avanti portando l’elmo di Crystal, con tutte le fratture ben visibili. Mur l’aveva trattato con i suoi ingredienti segreti, ma questa volta, invece di ripararlo, aveva fatto in modo che le scalfitture risaltassero ancora meglio.
Mur riferì le osservazioni fatte in precedenza. Mentre parlava Kiki gli porgeva i vari pezzi dell’armatura, e tutti poterono vedere lo squarcio sulla parte retrostante il pettorale.
Camus narrò per filo e per segno tutto quanto aveva visto e sentito durante la sua permanenza ad Asgard.
Kanon riprese:
Saga ripeté quanto aveva detto ai Cavalieri d’Oro nella sala del trono, e al termine della spiegazione tornò al suo posto senza che Milo riuscisse a trovare niente da obiettare.
Ma Kanon non aveva ancora finito.
Sirio venne avanti e si sedette sullo scranno.
Ma neanche questa volta Milo riuscì a trovare qualcosa da dire. I fatti erano evidenti, e sotto gli occhi di tutti.
Andromeda venne avanti, chiaramente a disagio. Era tornato ad essere il bambino piagnucoloso che era sempre stato, e il fatto che non ci fosse il fratello accanto a lui aumentava la sua agitazione.
Nemmeno questa volta Milo riuscì a ribattere. Non c’erano dubbi su quanto avevano appena sentito.
Andromeda fu rimandato al suo posto. I testimoni erano stati ascoltati, le prove presentate, i fatti ricostruiti.
Dauko si alzò in piedi e disse solennemente :
Mur dell’Ariete.
Non era necessario un grande calcolo, ma Dauko disse lo stesso :
Un pesante silenzio seguì l’annuncio della sentenza. Tutti pensavano che condannare Crystal a morte fosse eccessivo. Lady Isabel non riuscì a trovare nemmeno la forza per obiettare.
Micene si rese conto di quanto doveva passare nella mente di tutti, e parlò per la prima volta dall’inizio del processo.
Si alzò dal trono, discese i gradini e si inginocchiò di fronte alla statua, subito imitato da Dauko.
Per lunghi momenti non accadde nulla, poi, improvvisamente, la catena di Andromeda iniziò a muoversi, e lasciate le mani del cavaliere che la stringeva si dispose sul pavimento, formando una scritta.
Era un’unica parola, perfettamente leggibile ma enigmatica : GAUNTLET.
Micene fissò a lungo la scritta, chiedendosi cosa mai potesse significare. Ma alla fine dovette arrendersi.
Dauko, ovviamente, sapeva la risposta, ma non si sarebbe mai permesso di rivelarla prima che fosse il Grande Sacerdote stesso a chiederlo.
Quella frase suonò altrettanto enigmatica a Micene, che fu costretto a dire:
Micene stava per dire qualcosa, ma Dauko continuò:
Durante tutto quello scambio di battute Crystal era rimasto in silenzio. Ancora non riusciva a credere di essere stato giudicato colpevole. E la sua mente si rifiutava anche solo di considerare la prova che lo attendeva. Se lo avesse fatto probabilmente sarebbe impazzito.
Altri sette giorni passarono. Crystal fu nuovamente rinchiuso nella prigione di Capo Sounion, sorvegliato da Ioria.
Intanto Micene dava istruzioni ai Cavalieri d’Oro sul modo di eseguire il loro terribile compito.
Il giorno stabilito per la prova giunse. Castalia e Tisifone vennero a liberare Crystal dalla prigione. Ioria se n’era già andato, pronto a riceverlo alla Casa del Leone. La Meridiana dello Zodiaco non era stata riaccesa : questa volta non vi sarebbero stati limiti di tempo per superare le Dodici Case.
Preceduto dalle due sacerdotesse guerriere Crystal, che non aveva detto una parola per tutto il tragitto, giunse ai piedi della scalinata. Il pensiero della fuga lo sfiorò, ma decise di ignorarlo. Sarebbe stato come ammettere di avere paura. E in effetti ce l’aveva.
Quando mise il piede sul primo gradino, ritrovò un po’ di coraggio. Poteva farcela. Forse.
I tre arrivarono al Palazzo del Montone Bianco. Castalia e Tisifone si misero alle spalle di Mur. Non avevano mai visto i suoi colpi, ed erano un po’ curiose : rimanevano pur sempre donne, anche dietro la maschera.
Mur non disse una parola, e il silenzio che regnava nella Prima Casa fece riaffiorare in Crystal tutta la sua paura.
L’attacco di Mur fu improvviso.
Un’esplosione di luce dorata, quasi solida e palpabile, illuminò la Casa dell’Ariete, centrando in pieno Crystal, che crollò immediatamente al suolo. Sulle prime sembrò non rialzarsi, il corpo già coperto di ferite in decine di punti. Poi, dopo un tempo che sembrò eterno, lentamente si rimise in piedi, mentre il sangue gli colava dalla bocca, macchiando il pavimento.
Seguito da Castalia e Tisifone, Crystal si diresse con passo malfermo verso la Casa del Toro. Il sangue che colava dalle ferite arrossava i gradini, ma il Grande Sacerdote aveva dato ordine di non ripulirlo prima che la prova, in un modo o nell’altro, fosse finita.
Entrarono nella Seconda Casa dello Zodiaco. Era in penombra, e solo qualche raggio di luce entrava a illuminare quella foresta di colonne. Sembrava deserta, ma ad un tratto, proprio al centro del corridoio principale, apparve Aldebaran. Con la sua mole sovrastava Crystal, e l’elmo dal corno spezzato gli dava un aspetto ancora più minaccioso.
Senza dire una parola il Cavaliere del Toro lanciò il suo attacco.
Sembrava davvero un toro selvaggio che si scatena. Crystal fu come calpestato da migliaia di zoccoli. Crollò di nuovo a terra, e per un po’ non si mosse, poi, strisciando, guadagnò l’uscita della Seconda Casa. Aiutandosi con i gradini si rimise in piedi, ma incespicò più volte lungo la scalinata.
La Terza Casa aveva conservato la sua aria sinistra. Questa volta non si sarebbe trasformata in labirinto – il Grande Sacerdote l’aveva espressamente vietato, poiché aggiungere una simile difficoltà sarebbe stato eccessivo – ma al suo interno Crystal era atteso dal più formidabile degli avversari : Saga dei Gemelli. Cercò di tenersi dritto, e si premette le mani sulle ferite per cercare, inutilmente, di fermare il sangue.
Era completamente buio, e ad un tratto Saga emerse dall’oscurità. Attese appena il tempo necessario a Castalia e Tisifone per scansarsi e poi attaccò.
Era un colpo in grado di frantumare le stelle. Crystal crollò sotto quel tremendo impatto. Non si rialzò, ma rimase disteso sul pavimento, immobile, mentre una macchia rossa iniziava ad allargarsi sotto di lui.
Castalia e Tisifone attesero ancora un po’, ma quando stavano per avviarsi una debole voce uscì dall’oscurità.
In qualche modo Crystal uscì dalla Terza Casa, lasciando una lunga scia rossa dietro di lui. Saga lo osservò salire i gradini aiutandosi anche con le unghie.
Alla Quarta Casa, Death Mask si limitò a scagliare contro Crystal qualche fascio di luce e poco più, dal momento che non poteva certo gettarlo nella Valle dell’Ade.
Ma anche se era sopravvissuto al colpo di Saga, Crystal sapeva che il peggio doveva ancora arrivare.
La Quinta Casa era di fronte a lui. Sulla soglia, in cima alla gradinata, stava Ioria. Nello sguardo del Cavaliere d’Oro del Leone si poteva leggere lo stesso disprezzo che aveva accolto gli Spectre di Hades che erano giunti fin lì al tempo della Guerra Sacra.
Ioria aveva due colpi a disposizione, ma aveva deciso da tempo quale scagliare.
Era una sfera di dorata energia cosmica, concentrata al massimo grado. Crystal ne fu investito in pieno, e rotolò giù per la scalinata. Il sangue che sprizzava dalle nuove ferite si mescolò a quello vecchio che già macchiava i gradini.
Non era più in grado di continuare. Il suo corpo sarebbe stato abbandonato lì, inutile oggetto, finché dei semplici soldati non fossero venuti a prenderlo per portarlo lontano dalla zona sacra che lui aveva profanato. Quasi più nulla era rimasto del suo cosmo…eppure si rialzò una volta ancora. Camminando sulle ginocchia arrivò nuovamente sulla soglia della Quinta Casa. Ioria non c’era più : il suo compito era finito.
Castalia e Tisifone lo seguirono mentre si dirigeva, barcollando e cadendo più volte, verso la Casa della Vergine. La sua vista era appannata, ed egli distinse appena Shaka che, seduto sul suo fiore di loto, sembrò non accorgersi nemmeno del suo arrivo.
Il momento più temuto era arrivato. Il Cavaliere d’Oro della Vergine aprì i suoi terribili occhi, e da essi si sprigionò un cosmo di rara potenza.
Uno dopo l’altro, i cinque sensi di Crystal furono schiantati. Per prima la vista, poi l’udito, poi l’odorato, il gusto e infine il tatto.
Shaka richiuse gli occhi, e si dimenticò di Crystal. Aveva imparato cosa fosse la pietà, ma in questo caso non poteva concederla.
Questo colpo non gli aveva provocato nuove ferite, così Crystal, benché cieco, sordo e muto, riuscì a proseguire e, con l’aiuto di quel poco di cosmo che gli rimaneva, a trovare la strada per la Settima Casa di Libra.
Dauko della Bilancia attendeva Crystal nella Casa che era da poco tornato a presiedere. Per ironia della sorte il primo al quale, dopo tanti anni, avrebbe dovuto impedire di entrarvi non era un nemico di Athena, ma era, o era stato, suo cavaliere, proprio come lui. Crystal non aveva mai visto il colpo del Vecchio Maestro, e purtroppo per lui non sapeva cosa lo aspettava.
Dauko, in silenzio, si avvicinò a Crystal. Questi non poteva vederlo, ma avvertì chiaramente l’immensa potenza del suo cosmo, più vasto ancora di quello di Shaka della Vergine. Stava per subire il colpo di colui che era sopravvissuto alla precedente Guerra Sacra, in un’epoca in cui i Cavalieri d’Oro erano persino più potenti di quelli attuali.
Da qualche parte della sua coscienza Crystal udì il comando del Vecchio Maestro. Si rimise in piedi, e Dauko attaccò.
Le zanne di cento draghi dorati schiantarono il corpo di Crystal, che ricadde sul pavimento di fronte alla Settima Casa. Era troppo : questa volta non si sarebbe più rialzato. Non era possibile sopravvivere ad un colpo di tale potenza, nemmeno se avesse avuto tutta la sua forza. Si lasciò andare, gli parve di vedere Natassia, sua madre, che gli tendeva la mano, invitandolo a seguirla nelle profondità marine, su quella nave dove ora dormiva per sempre.
Un debolissimo cosmo, quasi impercettibile, sorgeva dal corpo di Crystal. Era appena sufficiente a tenerlo in piedi, ma c’era ancora.
Crystal giunse all’Ottava Casa. Milo esitò un momento prima di attaccarlo. Se aveva difficoltà lui, pensò, cosa avrebbe fatto Camus ?
Ovviamente, non ci fu risposta.
I quattordici colpi della costellazione dello Scorpione raggiunsero Crystal, avvelenandogli il sangue con quel veleno micidiale. Morte o follia era la scelta che si poneva a chi li subiva, ma Crystal non poteva più nemmeno impazzire.
La stella rossa dello Scorpione sembrò condensare tutta la sua energia nel dito di Milo. Crystal si accasciò a terra come un sacco vuoto, le braccia lungo i fianchi. Milo dovette trattenersi dal correre verso di lui per sincerarsi delle sue condizioni. Se l’avesse fatto Castalia e Tisifone lo avrebbero riferito a Micene, e lui avrebbe potuto incorrere in qualche punizione. Poté solamente esortare Crystal a non cedere, incitandolo a rialzarsi.
Una volta di più, Crystal si rifiutò di morire. Ma ora il suo cosmo era completamente svanito. Laggiù, alla Prima Casa, Mur lo avvertì chiaramente.
Castalia e Tisifone osservarono Crystal rialzarsi, e lo videro avanzare come in trance. Il volto era una maschera inespressiva, e i suoi occhi ciechi erano rivolti verso la statua di Athena, che attendeva lassù, oltre il palazzo del Grande Sacerdote.
Non poteva esserci momento peggiore per subire la totale perdita del cosmo. Alla Nona Casa lo attendeva Micene di Sagittar. Il suo potere superava anche quello di Dauko della Bilancia e Crystal, che aveva visto Pegasus indossare l’Armatura d’Oro del Sagittario, non poteva nemmeno immaginare quale e quanta energia si sarebbe sviluppata da essa ora che era indossata dal suo vero possessore.
Castalia e Tisifone osservarono esterrefatte il più grande e potente dei Cavalieri d’Oro sviluppare tutta l’energia del suo immenso cosmo. Se non si fossero trovate alle sue spalle sarebbero di certo morte, e il loro corpo si sarebbe perso come pulviscolo nello spazio.
Alla Decima Casa Crystal ci arrivò, ma non sapeva come. Nelle sue vene scorreva sangue appena sufficiente a tenerlo in vita, e quel poco era avvelenato per l’effetto dei colpi di Scorpio.
Fu Shura a liberarlo da quel tormento.
La Sacra Spada si piantò nel corpo di Crystal, e con un movimento del braccio Shura gli provocò un lungo squarcio, che gli attraversò tutto il torace.
Crystal si diresse verso la Casa dell’Acquario. Era contento di essere arrivato fin lì : Camus l’avrebbe ucciso, e rinchiuso ancora una volta nella Bara di Ghiaccio. Forse lo avrebbe portato in Siberia, e lo avrebbe gettato in mare perché andasse finalmente a raggiungere sua madre. Oh, che dolce fine sarebbe stata…
Quel colpo che lui stesso un tempo aveva imparato gli fu ritorto contro. Era davvero finita. Non voleva più rialzarsi, e attese che Camus lo rinchiudesse nella Bara di Ghiaccio.
Ma un pensiero gli attraversò la mente: una Casa soltanto, quella dei Pesci, si poneva fra lui e la salvezza. Se fosse arrivato a palazzo sarebbe stato perdonato. Comprese la follia che aveva commesso, e chiese perdono ad Athena. Questo gli diede la forza per rialzarsi un’altra volta, e si diresse verso la Dodicesima Casa, deciso a superare anche quella.
Aphrodite lo attendeva da tempo, la rosa bianca tra le dita.
Quel fiore letale si piantò nel cuore di Crystal, che tuttavia non crollò a terra, ma con la forza della disperazione continuò a camminare. I bianchi petali della rosa si tingevano delle ultime gocce del suo sangue, ma aveva superato la Dodicesima Casa. Essendo privo dei cinque sensi non sentì il profumo velenoso delle rose rosse che Aphrodite aveva sparso sull’ultima scalinata, e ci camminò attraverso senza danni. Sapeva di essere quasi arrivato, e si rimise in piedi : voleva giungere alla fine di quel percorso infernale con maggiore dignità di come l’aveva incominciato.
In cima alla scalinata Micene, che indossava le vesti di Sacerdote, Dauko e Lady Isabel, attendevano Crystal. La fanciulla non aveva mai smesso di sperare in lui, e quando finalmente lo vide dovette trattenersi per non corrergli incontro.
Crystal salì l’ultimo gradino, e con uno sforzo estremo si impedì di crollare a terra, ma si inginocchiò di fronte al Grande Sacerdote.
Lady Isabel si avvicinò a lui, e attraverso di lei il cosmo di Athena fluì dentro Crystal, risvegliando le spente stelle della costellazione del Cigno e i cinque sensi accecati da Shaka della Vergine. Le innumerevoli ferite che costellavano il suo corpo smisero di sanguinare, e Crystal riaprì gli occhi. Vide Lady Isabel inginocchiata vicino a lui, e davanti a sé il Grande Sacerdote e il Vecchio Maestro che lo guardavano con espressione al tempo stesso stupita e benevola.
Un sorriso illuminò il volto di Crystal, che sostenuto da Lady Isabel iniziò a ridiscendere la scalinata. Man mano che scendevano il suo sangue sui gradini si dissolveva, e le rose rosse scomparivano.
Quella terribile prova era finita.
FINE