CAPITOLO VIII
Passi avanti
Un nuovo giorno sorse sull'Attica, caldo ed afoso fin dalle prime ore del mattino. Non era di certo il clima migliore per allenarsi tuttavia, alla buonora, i giovani allievi erano già pronti nel cortile principale dell'Accademia, in attesa di essere richiamati da Vera, con la mente ed il cuore sgombri da qualsiasi preoccupazione, se non quella di ben figurare agli occhi dei maestri.
Ben diverso fu il risveglio dei Cavalieri d'Oro alla nona Casa. Abbagliati dai raggi solari che entravano nella stanza, vennero riportati bruscamente alla realtà dal ricordo confuso delle parole apprese per bocca del Sacerdote: poteva essere una tranquilla giornata di fine estate, invece sembrò l'alba di una nuova vita, un conto alla rovescia iniziato ai piedi della statua della dea.
Micene, passandosi una mano sugli occhi, emise un verso stanco prima di salutare il compagno:
"Buongiorno amico, spero per te che abbia potuto riposare come si deve, io a mala pena ho chiuso occhio".
"Buongiorno a te Micene..." rispose Saga avvicinandosi ad una delle aperture nella pietra "...sperando che sia davvero un buon giorno, dopo questa notte insonne".
"Dunque anche tu hai riposato male? Evidentemente le parole di Sion hanno colpito duramente, affondando la loro cruda verità fin nel profondo".
"O magari la Casa del Sagittario è un posto scomodo dove riposare" disse Saga per sdrammatizzare.
"A me non ha mai fatto questo effetto!..." rise Micene "...Su ora prepariamoci, continuiamo a svolgere il nostro dovere come se nulla fosse accaduto, gli allievi ci attendono" aggiunse risoluto.
"Ti precedo nella sala principale, vado ad indossare l'Armatura, Micene".
"Ehi amico, prendi!" disse il compagno, lanciando verso Saga una delle due succulente mele rosse che aveva preso da un cesto posto su un piccolo stipetto, dove era solito conservare sempre qualcosa, tra cui un diario personale ed alcune lettere.
"Grazie" rispose Saga afferrando il frutto con una mano e dando un morso.
Il Cavaliere di Gemini entrò nella grande sala ipostila della Casa, avvicinandosi alle corazze, ma non vestì la sua. Micene sopraggiunse poco dopo, notando Saga tendere il suo arco dorato e prendere la mira verso un punto indefinito.
"Non è un giocattolo quello, non vorrai farti male?" disse con ironia.
"Taci..." rispose sorridendo il compagno, non scomponendosi "...ho imparato a tirare quando avevo tre anni, riuscirei ad essere più preciso di te con questo stesso arco".
Micene si avvicinò, allungando la mano destra e richiamando a sé l'arma, che prontamente lasciò la presa di Saga.
"Tu cosa? Come vedi l'arco ha subito raggiunto la presa del suo compagno, non credo proprio tu possa riuscire ad usarlo meglio di me" provocò Micene con un sorrisetto malizioso.
"Vedo, vedo" rispose Saga con falso stupore.
I due sorrisero e in quell'attimo di sano diporto riuscirono a dimenticare le tristi vicende della sera precedente. Uscirono dall'edificio, raggiungendo la rampa principale, da dove, favoriti dalla posizione relativamente alta, osservarono il mare tranquillo, l'arena bianchissima sotto il sole, Rodorio sulla destra, circondato da rada vegetazione, ed in basso le Case inferiori.
"Su, per quanto sia triste distogliere lo sguardo da questo splendido panorama, abbiamo un compito da svolgere" disse d'un tratto Micene, sospirando. Saga annuì, poi si volse indietro ed esclamò deciso:
"A me, Gemini!"
Micene fece lo stesso:
"Mia Armatura, disponiti!"
Le corazze scintillanti raggiunsero i rispettivi custodi che poi, a passo spedito, discesero la scalinata del Tempio per dirigersi all'arena, dove erano appena giunti Vera, Leno, Sibrando ed i giovani allievi.
I ragazzi stavano come al solito dirigendosi nell'atrio per vestire le armature da addestramento, ma vennero fermati da Sibrando:
"Fermi, quest'oggi non indosserete delle comuni armature da allenamento, seguitemi."
"Cosa intendete dire maestro Sibrando?" chiese incuriosito Milo.
"Lo scoprirete presto..." poi dopo una breve pausa riflessiva aggiunse "...su, venite, vi mostro una cosa".
Sibrando mostrò loro una piccola porta di legno che nascondeva una sala scavata nel corridoio principale al di sotto degli spalti, fino ad allora rimasta sempre chiusa, l'aprì e la curiosità degli allievi fece posto allo stupore quando notarono degli strani scrigni cubici finemente decorati posti ordinatamente uno di fianco all'altro.
"Ma questi sono scrigni di Armature?" osò chiedere Ioria, memore del ricordo dello scrigno dorato di suo fratello.
"Si, lo sono..." rispose con un sorriso Sibrando, che poi aggiunse con più serietà: "...ma non credete di poter indossare delle Armature che non vi spettano! Le Armature sono simili a noi esseri viventi, vivono con il legittimo possessore un'esistenza di continua evoluzione, ma solo con esso. Non sarete mai in grado di richiamare a voi queste corazze, perché non vi spettano."
"E a chi spettano maestro?" chiese incuriosito Shura.
"Prestando fede alle parole del venerabile Sommo Sacerdote, non è ancora giunto il momento di assegnare queste corazze. I tempi non sono maturi".
Affascinati dai magnifici scrigni decorati, gli allievi chiesero:
"A quali costellazioni appartengono queste Armature?"
"Dovete sapere che qui all'arena sono conservate alcune delle Armature di Bronzo e d'Argento che vengono assegnate al Tempio, osservate..." fece segno verso lo scrigno più vicino "...questo è lo scrigno dell'Unicorno, oltre si trovano l'Armatura di Bronzo del Leone Minore e quella d'Argento del Centauro, mentre lì in fondo potete ammirare lo scrigno di una delle Armature di Bronzo più ambite, quella di Pegaso".
"Meraviglioso" esclamarono i giovani a bocca aperta.
Sibrando proseguì risoluto:
"Ma ora al lavoro! Aldebaran!"
"Sì maestro!"
"Ieri ci siamo lasciati con una promessa: prendi l'ultimo scrigno della fila e portalo al centro dell'arena, avanti!"
"Come volete maestro!"
Aldebaran, scrigno in spalla, attraversò, insieme ai compagni, il corridoio interno per poi uscire e raggiungere Leno e Vera al centro dello stadio , mentre Sibrando chiuse a chiave la sala degli scrigni. Il giovane Toro, poggiato il fardello in terra, passò una mano sulla fronte in attesa degli ordini. Notò i Cavalieri d'Oro in alto, appena giunti all'arena, e ne fu felice: avrebbe finalmente combattuto sotto i loro occhi.
"Finalmente è giunto anche il mio momento..."
"Aldebaran..." esordì Vera, interrompendo i suoi pensieri "...apri lo scrigno e indossa la corazza. Non fa parte delle Armature dell'esercito di Atena, viene usata solo per alcuni allenamenti, ma non è come la semplice ferraglia che avete usato fino ad ieri. Armature come questa furono forgiate ai tempi del mito proprio per essere utilizzate nelle fasi più dure di un addestramento. Ti senti pronto per affrontare la sfida di oggi?"
"Lo sono!" Detto questo, Aldebaran indossò frettolosamente l'armatura, ansioso di mettersi all'opera. Percepiva chiaramente la superiorità strutturale della corazza rispetto alle semplici piastre indossate nei primi giorni: era robusta e solida ma incredibilmente leggera e comoda. Un vero gioiello, nonostante fosse nettamente inferiore anche alle Armature di Bronzo. Ma questo non gli importava ora: era così soddisfatto di indossare una vera corazza da sentirsi praticamente invincibile, era pronto!
"Aldebaran, giovane candidato all'Armatura del Toro, preparati..." disse Sibrando avvicinandosi al centro dell'arena, staccandosi dai suoi parigrado "...ora combatterai con me! Sei pronto?"
L'euforia del giovane fece d'un tratto posto alla preoccupazione: cosa doveva aspettarsi da quel duello? Di certo sperava di non incappare in una brutta figura davanti ai suoi compagni ed ai Cavalieri d'Oro, ma desiderava anche riuscire a dare fondo a tutte le sue capacità nel combattimento fisico, nel quale s'era dimostrato uno dei migliori.
"Sì maestro Sibrando..." disse con un filo di insicurezza, guardando le piastre della sua corazza "...possiamo iniziare, con questa corazza mi sento più che pronto".
Sibrando partì alla carica, preparando il destro e parlando aspramente:
"Inizi male. Se vuoi vincere un duello devi entrare nella testa del nemico per percepirne in anticipo i movimenti, non gloriarti delle tue vestigia!"
Scagliò un velocissimo pugno verso l'allievo che, immobile, non riuscì a controbattere, gelato da quell'ammonimento. Chiuse le palpebre ma percepì chiaramente l'aria mossa dal maestro accarezzargli i grossi zigomi; una volta riaperti gli occhi notò il pugno di Sibrando vicinissimo ma fermo: il maestro aveva bloccato il colpo all'ultimo istante e lo scrutava in modo serio nella sua posizione d'attacco. D'un tratto si rilassò e disse con tono molto serio:
"Non hai fatto nulla eppure hai commesso già due errori, Aldebaran. Se avessi voluto, ora ti saresti ritrovato alla Casa del Toro senza sapere come! Per prima cosa hai iniziato il duello con la guardia bassa, sorpreso dal mio slancio. Non bastasse ciò, hai chiuso gli occhi nel momento meno opportuno. Cosa significa? Ti eri già arreso? Avevi deciso di subire passivamente il mio pugno?..."
"No, no maestro, giammai!" lo interruppe mortificato e rattristato Aldebaran.
"Osserva i miei movimenti..." aggiunse con più dolcezza Sibrando, gesticolando "...percepisci, anticipa, amplia le tue sensazioni, senza subirle. Fidati dei tuoi sensi, ma ancor prima, fidati delle tue intuizioni: solo superando il livello fisico della percezione, potrai un giorno elevare il tuo spirito fino ai sensi superiori. Solo così si affina il cosmo e lo si rende pari a quello di un vero Cavaliere. E' qualcosa che devi trovare dentro di te e l'addestramento può aiutarti molto, coraggio riproviamo!"
"Un vero Cavaliere" sussurrò Aldebaran affascinato da quelle parole.
"Ricominciamo ora, preparati, questa volta non mi tratterrò. Non mi muoverò a velocità sostenuta per darti un iniziale vantaggio, almeno per ora."
Aldebaran cercò di prestare la massima attenzione ad ogni movimento del maestro: vide la gamba sinistra di Sibrando strisciare tesa in avanti, vide la destra formare un ampio arco nella sabbia dell'arena. Era certo: Sibrando avrebbe attaccato di nuovo col destro, il suo sesto senso gli fece automaticamente poggiare il peso del corpo sulla gamba sinistra, tenendo indietro la destra, specularmente all'avversario. Una goccia di sudore gli rigò il collo, scaricando parte della tensione.
Sibrando partì alla carica con uno scatto repentino, ma Aldebaran preparò prontamente le braccia, piegandole all'indietro: certo di dover parare il colpo destro di Sibrando, rimase sorpreso quando notò che il maestro, nell'impeto della carica, non aveva richiamato il sinistro, tentando di colpire con un doppio pugno. Aldebaran spiazzato da tale mossa, allestì una difesa incerta, che però risultò efficace: il suo braccio sinistro, prontissimo a bloccare il destro dello sfidante, fece il suo dovere; il suo destro invece fu aperto con relativa facilità, deviando però all'ultimo istante il secondo pugno. Allievo e maestro restarono immobili per qualche istante, scrutandosi attentamente: Sibrando, dagli occhi di ghiaccio, non lasciava trasparire alcuna emozione, Aldebaran invece era teso, preoccupato per un'eventuale nuova mossa.
"La leggo..." fece serio Sibrando, sussurrando ed interrompendo il respiro affannato del giovane"...l'incertezza nel tuo sguardo. A cosa è dovuta?"
"Ero sicuro avreste colpito solo col destro..." disse con la voce rotta dallo sforzo l'apprendista.
"Sei in difficoltà Aldebaran in questo frangente e i tuoi pensieri, i tuoi sensi, che hai ben adoperato prima dell'attacco, ora si annebbiano, pervasi da queste riflessioni incerte. Bisogna prevenire e all'occorrenza bisogna reagire. Hai fatto abbastanza bene entrambe le cose, te ne do atto, ma ora non prevedi e non reagisci, meriti dunque di subire le conseguenze."
Una forte ginocchiata arrivò all'addome dell'allievo, dove la corazza era meno coprente, ed in preda al dolore, Aldebaran non poté far altro che crollare sulle ginocchia, portandosi le mani al ventre. La sagoma di Sibrando giganteggiava su di lui:
"Aldebaran, non credere che io voglia prendermi gioco di te. Spero che tu abbia compreso il tuo errore: avresti dovuto percepire che col mio doppio colpo, mia intenzione era quella di aprire una breccia nella tua buona difesa. Le tue braccia hanno a mala pena retto il mio slancio e ciò ha liberato il tuo busto che è divenuto facile bersaglio, poggiando il mio peso su di te e costringendoti ad allargare inesorabilmente gli arti superiori."
"Cosa...potevo...fare maestro?" rispose a fatica Aldebaran, respirando affannosamente.
"Te l'ho detto: prevenire e all'occorrenza reagire. Ho visto indecisione nel tuo sguardo, indecisione dovuta all'impossibilità di adoperare una giusta contromisura. Potevi alzare una gamba a protezione del busto, potevi tentare lo schienamento dato che il mio peso poggiava su di te e in un certo senso mi rendeva schiavo dei movimenti, potevi reagire in modo diretto e spingermi indietro, potevi tentare l'atterramento con l'uso delle gambe. Ti basta come risposta? Hai una forza fisica notevole Aldebaran, eppure la forza ha lasciato il posto all'incertezza. Ora capisci cosa vuol dire avere consapevolezza delle proprie capacità? Vuol dire ridurre le incertezze, trovare sempre il modo di reagire, aumentare le possibilità di buona riuscita di un'azione. Rialzati ora!"
"Sì maestro, le vostre parole sono sincere e ne farò buon uso, datemi un'altra possibilità" rispose Aldebaran rialzandosi a fatica.
"Avanti, ora sarai tu a fare la prima mossa, dimostrami che puoi fare di meglio".
Aldebaran respirava profondamente, riflettendo sul modo migliore per attaccare, quando ripensò a tutte le lotte con i suoi amici d'infanzia, vinte grazie alla sua formidabile carica. Ricordò le sue risate dopo ogni scontro e la sua famosa frase: "Io sono forte come un toro!" Questo ricordo fu nuova linfa: alzò le mani, poi le puntò, a palmi aperti, contro Sibrando in attesa e partì con un feroce urlo alla carica, colpendo violentemente i bracciali dell'Armatura della Coppa, posti a difesa dal maestro. Sibrando non fece una piega, ma l'impeto fu tale da spingerlo indietro per qualche metro, generando sotto i suoi piedi due solchi nella sabbia. Sibrando, conclusosi l'attacco, tentò un colpo ma notò con un misto di soddisfazione ed incredulità che le mani dell'allievo stavano assecondando il suo movimento, generando una breccia nelle difese di entrambi. Aldebaran, che aveva subìto lo smacco di essere stato colpito proprio fallendo quel tipo di difesa, fu lesto nell'alzare la gamba destra: lo sguardo di Sibrando osservò gli arti superiori allontanarsi dal suo busto, accompagnati da quelli di Aldebaran, dopodiché si rese immediatamente conto del colpo proveniente dal basso ed alzò la gamba sinistra a protezione, ma fu allora che Aldebaran, prevedendo la mossa difensiva, spostò tutto il peso del suo corpo sulle braccia, premendo forte sui bracciali del maestro: una nuova, travolgente, carica fu il risultato di quella mossa, carica che Sibrando subì a causa dello scarso equilibrio dovuto alla gamba alzata. Cadde a terra sotto gli occhi soddisfatti del giovane Toro.
"Sei forte amico!" urlò Milo.
"Bravo, sei stato grande!" aggiunse Ioria.
Tutti i compagni, che fino ad allora erano rimasti col fiato sospeso, un po' preoccupati per l'esito dell'allenamento, si sciolsero in un sincero complimento per la straordinaria prova di forza.
"Molto bravo, impari in fretta" disse Sibrando alzandosi prontamente, mente Vera e Leno stavano scambiandosi dei giudizi a voce bassa.
"Ora possiamo aumentare la difficoltà, che ne dici Aldebaran? Vedo che ho poco da insegnarti nelle mosse d'attacco di base." chiese in modo serio Sibrando.
"Certo maestro!"
"Preparati!"
Sibrando si mosse a grande velocità, scagliando i suoi colpi con disarmante abbandono. L'euforia dei giovani assiepati sulle tribune si spense presto quando videro Aldebaran cadere pesantemente a terra sotto i colpi del maestro, dopo un volo di qualche metro. Il suo volto era rigato da un rivolo di sangue ma, grazie all'armatura indossata, i colpi furono attutiti abbastanza bene.
"Rialzati! Ti ho colpito dove la corazza ti protegge meglio, avanti! Un Cavaliere di Atena trova anche nella sofferenza la forza per continuare a combattere. Tu puoi diventarlo presto, hai un grande potere nelle tue mani, me lo hai dimostrato pochi istanti fa, coraggio!..." Notando un certo disappunto negli occhi del giovane ancora a terra, Sibrando continuò con più grinta:
"...Insomma, non deve essere un Cavaliere d'Argento a dispensare parole di incitamento per un futuro Cavaliere d'Oro! Sei giunto qui per diventare un dorato custode, il Sacerdote ti ha scelto come futuro difensore della seconda Casa. Avanti, tu devi essere forte come un vero toro!" urlò, incitando l'allievo.
A quelle parole Aldebaran percepì una strana, ma piacevole, sensazione in petto: "forte come un toro", proprio le parole che tanto amava pronunciare. Sentì il dolore scomparire e le forze riaffiorare nelle sue vene. Ancora una volta le parole incisive di Sibrando erano state un'iniezione di fiducia.
"Sibrando è un gran maestro: ottimo motivatore, dispensatore di infiniti consigli, impeccabile, duro se serve e devotissimo alla causa. Uno dei migliori Cavalieri attualmente presenti al Tempio".
"Hai ragione Saga, sono d'accordo. Mi piace molto il suo modo di fare! Dietro i suoi modi apparentemente bruschi ci sono dedizione e soprattutto grande rispetto per i suoi allievi..." poi aggiunse "...guarda, Aldebaran si è rialzato, chissà quale sarà la sua mossa ora!"
"Maestro Sibrando, grazie alle vostre parole sono in grado di continuare con rinnovato vigore!" disse Aldebaran respirando profondamente.
"Vieni avanti dunque, ma ricorda che continuerò ad accelerare i movimenti sempre più per abituarti alla lotta ad alta velocità!"
Con un urlo potente il giovane del Toro partì di nuovo alla carica, alzando un polverone al suo passaggio.
"Previeni il pericolo Aldebaran!" gridò il maestro, immobile davanti alla carica dell'allievo, prima di spostarsi alla sinistra velocemente, spiazzando il giovane che rallentò nel suo impeto, cercando di modificare il suo piano d'attacco
"Avanti previeni questo imprevisto, coraggio!" lo incitò Sibrando, scagliandosi contro di lui ad una velocità abbastanza sostenuta.
Il maestro si avvicinò velocemente, ma Aldebaran si adeguò alla mossa: parò il braccio sinistro del maestro il quale, però, col destro lo colpì alla spalla, facendolo barcollare. Aldebaran urlò dal dolore ma rimase in piedi, venendo prontamente incitato dal maestro:
"Avanti reagisci, ora!"
A quelle parole, gli occhi di Aldebaran, chiusi dal dolore, si riaprirono e con occhiata decisa, quasi feroce, il giovane pose le mani avanti e caricò un colpo, sfruttando qualche stilla di cosmo che involontariamente in quell'istante sembrò sprizzare da ogni suo poro. Non ebbe bisogno della consueta rincorsa, trovandosi a pochi centimetri dal maestro, per cui liberò il suo colpo, sforzandosi come non mai.
"Osi così tanto?" urlò il maestro, fino ad allora rimasto pressoché impassibile, sorpreso dallo spettacolo imprevisto. Con un rapido movimento del braccio, fece perdere l'equilibrio al giovane che, cadendo a terra, lasciò partire una violenta onda d'urto verso l'alto, in direzione dei due Cavalieri d'Oro.
I compagni di Aldebaran sulle gradinate, seguirono con lo sguardo il colpo che, giunto nelle vicinanze di Saga e Micene, venne annullato con disarmante semplicità dai due Cavalieri. Stupiti non si sa se più dal colpo del compagno o dalla naturalezza con cui i dorati custodi lo avessero spento, i giovani tornarono con lo sguardo su Aldebaran, che intanto era rimasto a terra, privo di forze. Sibrando su di lui, immobile e a pugni chiusi.
"Complimenti allievo..." esordì con voce calma il maestro "...devo ammetterlo, non pensavo riuscissi a scagliare un colpo così elaborato. Ti sarai reso conto che ti ho lasciato fare, potevo bloccarti in qualsiasi istante, ma ti ho concesso un tentativo perché mi ero accorto della bontà del tuo colpo. Dimmi, sei stanco, ma soddisfatto non è così? Sei andato oltre quelli che pensavi fossero i tuoi limiti?"
"Si maestro Sibrando, credo sia così" rispose affannosamente Aldebaran da terra, sorridendo come sempre.
"Così è, non sembra, caro allievo. Hai liberato parte del tuo cosmo con perizia e inaspettata maestria, te ne sei reso conto?"
"Ho sentito dentro di me qualcosa di strano, mai provato prima. Mi sentivo vivo come non mai, i miei muscoli fremevano, ma era una sensazione piacevole ed esaltante al tempo stesso. Ho percepito un turbine vivace attraversare tutto me stesso. E' stata una sorpresa è vero, ma ora che ho provato questa sensazione sono più consapevole delle mie possibilità e credo che con un impegno maggiore possa ripetermi". Si rialzò galvanizzato.
"Quello che ci hai offerto è un piccolo esempio di ciò che un giorno sarà il tuo potere supremo, il Sacro Toro..."
"Il Sacro Toro..." meditava affascinato Aldebaran.
"...il Sacro Toro, Aldebaran" continuò Vera, avvicinandosi al centro dell'arena "...la massima espressione cosmica del custode della seconda Casa, un'energia travolgente, inarrestabile."
"Posso riprovarci, nobile Vera?" osò chiedere Aldebaran, con sguardo innocente e pugni chiusi.
Vera sorrise davanti alla sincerità dell'allievo e gli concesse un nuovo tentativo.
"Questa volta però a Sibrando verrà concesso di controbattere con uno dei suoi colpi."
"Sono d'accordo, nobile Vera!"
La Sacerdotessa ritornò da Leno, mentre i due sfidanti si posizionarono a debita distanza l'uno dall'altro. Il sole era alto, i raggi luccicavano sulle armature e il sudore sulla fronte del giovane Aldebaran scorreva giù a ogni sospiro.
Aldebaran meditava, fissando Sibrando: "Sacro Toro, Sacro Toro...il mio potere esploderà ogni volta con questa tecnica...sacra tecnica..."
"Avanti, riprovaci e cerca di migliorarti!" furono le parole d'incitamento che lo riportarono alla realtà.
Vide Sibrando prepararsi al colpo, incrociando le braccia, per cui strinse i pugni, abbassò lo sguardo e si concentrò: i suoi polsi iniziarono a tremare, il suo fisico notevole era pronto per un nuovo colpo. L'aria attorno all'allievo iniziò a raffreddarsi, nonostante il sole alto, cosa che lo distrasse e sorprese. Fu Sibrando a ristabilire la giusta concentrazione:
"Preparati a subire la tecnica di un Cavaliere: Fredde Lance del loto bianco!"
Dopo qualche verso dovuto allo sforzo Aldebaran, sorpreso dall'evocazione del colpo del maestro, decise di richiamare anch'egli l'attacco a voce alta, forzando il colpo:
"Sacro Toro!!!"
Pose le mani in avanti e generò un'onda d'urto simile alla precedente. Di contro, Sibrando scagliò un colpo notevole, capace di generare numerose lance di ghiaccio dirette verso l'allievo; alcune vennero distrutte dall'onda d'urto, molte passarono facilmente oltre, rischiando di colpire Aldebaran. Sibrando fermò d'un tratto l'attacco, evitando di ferire l'allievo, con quella che era una delle sue tecniche più pericolose, e bloccò poi a mani aperte il colpo diretto verso di sé, esaurendolo con un minimo di fatica. Dopo aver ripreso fiato, si rivolse all'allievo:
"Niente male. Naturalmente era ben poca cosa, ma per ora puoi ritenerti molto soddisfatto. Non hai ancora acquisito un sufficiente livello cosmico, non hai ricevuto un addestramento specifico per la tua tecnica principale, ma hai saputo ben figurare, bravo." Si avvicinò, pose una mano sulla spalla dell'allievo e sorrise. Si rivolse poi ai compagni di Aldebaran:
"Voi, ascoltate: avete assistito ad un addestramento molto importante. Aldebaran è stato scelto per primo e vi ha indicato la via da percorrere. Nessuno di voi, prima d'ora, aveva combattuto contro un vero Cavaliere, lui oggi l'ha fatto, ha subito molti colpi, ha faticato, ma si è sempre rialzato e nel momento più duro ha saputo trovare in sé una forza inaspettata, superando quelli che lui credeva fossero i suoi precedenti limiti. E' questo ciò che dovrete fare anche voi: superare i vostri limiti fino a raggiungere il vostro scopo. Sono sicuro che saprete migliorarvi in fretta, non deludeteci!" Poi si rivolse di nuovo all'allievo, a voce bassa, guardandolo intensamente negli occhi:
"Bravo, bella lotta, ma attento alla difesa: poco hai da imparare sugli attacchi, ma sappi che il Sacro Toro si scaglia anche tenendo alte le proprie difese, curioso vero? Sono sicuro che migliorerai presto questo aspetto della lotta: con maestro Leno sei in ottime mani. Ora va', raggiungi i tuoi compagni".
Sibrando si diresse verso i suoi parigrado e Aldebaran dopo un ringraziamento sincero, fece lo stesso mostrandosi sorridente e soddisfatto verso i compagni, che lo accolsero tra mille complimenti e pacche sulle spalle.
"Bravissimo amico, un bell'incontro, davvero speciale!" sorrise Mur con sincera ammirazione.
"Sei davvero potente Aldebaran. E quella mossa è stata incredibile, bravo!" aggiunse Aphrodite.
"Grazie, grazie a tutti..." rispose il ragazzo con un filo di imbarazzo, portandosi una mano dietro la nuca "...ma, a dire il vero, ho preso solo parecchie botte oggi! Mi è servito, senza dubbio, ma avete visto anche voi che Sibrando si è trattenuto e nonostante questo non ho potuto fare granché".
"Su con la vita amico, così ti sminuisci..." intervenne Milo "...sei stato grande lo stesso!"
"Ehi Toro, allora non sei solo un simpaticone grande e grosso" aggiunse DeathMask, irreverente.
Aldebaran esplose in una risata.
"Ha agito alla grande, ha fatto sì che il giovane del Toro superasse pian piano le sue paure e i suoi limiti. Il risultato, per essere il primo duello di rilievo, è impressionante. Merito del talento dell'allievo, senza dubbio, ma merito anche del suo grande lavoro di addestratore".
"Hai ragione. Lo ammetto, mi sono divertito durante questo scontro. Ho percepito una grande forza interiore nel giovane, come mai prima d'ora. Sono stati bravi entrambi."
"Scendo Saga, mi segui?"
"Dove vai Micene?"
"Dagli allievi, voglio scambiare con loro due parole".
Saga, stupito, non rispose ma lo seguì, un po' titubante. Il rumore metallico dei loro passi fece voltare i giovani allievi che rimasero estremamente sorpresi: era la prima volta, infatti, che entrambi i Cavalieri d'Oro si avvicinavano a loro, corazzati oltretutto. Saga si fermò a qualche metro di distanza, rimanendo a braccia conserte, mentre Micene si sedette tra i suoi futuri parigrado, ancora ammutoliti dall'imprevista visita.
"Aldebaran, ben fatto! Sei stato molto bravo."
"Vi...vi ringrazio nobile Micene, sono onorato."
"Sibrando vi ha dato la dimostrazione di cosa è capace un vero Cavaliere. Nei vostri futuri allenamenti specifici avrete modo di soddisfare le aspettative dei maestri".
Micene gesticolava e con tono molto cordiale riusciva a rilassare tutti i presenti i quali, a volte, si giravano titubanti indietro, volgendosi verso Saga che severo, qualche metro più in alto, osservava senza proferir parola. Micene sapeva bene che l'amico fosse poco abituato ad intrattenere relazioni leggere ed informali, a causa del suo atteggiamento sempre molto riservato e sfuggente, per cui, ad un tratto, si sciolse in una battuta rivolgendosi al compagno, ben consapevole di metterlo in imbarazzo:
"...e dovete sapere, cari ragazzi, che anche il Cavaliere dei Gemelli sarà felice di aiutarvi. Sapete, può sembrare un po' burbero, ma in fondo è una brava persona. Non è vero amico?"
"Micene..." fu l'unica parola che Saga, in un misto di fastidio e sorpresa, riuscì a proferire, distogliendo lo sguardo.
Milo a quel punto si fece coraggio e si rivolse verso Gemini:
"Nobile Saga, sembrate essere un Cavaliere davvero speciale! Mi piacerebbe un giorno allenarmi con voi..."
Saga, che non si aspettava un tale intervento, lesse temerarietà e sicurezza negli occhi del giovane dello Scorpione e ne rimase piacevolmente stupito, ma le sue parole non lasciarono trasparire, come al solito, nessuna particolare emozione:
"Non prima che termini il tuo addestramento, giovane dello Scorpione!"
Micene si sentì afferrare il bracciale destro, si voltò e vide Shura rivolgergli delle parole sincere ed accalorate:
"Nobile Micene, a breve sarò vostro allievo. Volevo assicurarvi che farò del mio meglio e se sarà necessario, mi allenerò giorno e notte per non deludervi e per indossare con merito l'Armatura d'Oro alla quale sono stato assegnato". Shura, pur essendo un ragazzo vitale e vivace, aveva preso molto sul serio la sua missione di diventare Cavaliere e col tempo aveva iniziato a subire il fascino del suo futuro maestro, della sua Armatura d'Oro e del suo ruolo. Ioria gli si avvicinò e poggiando una mano sulla sua spalla si rivolse al fratello, stringendo il pugno:
"Devi sapere, Micene, che Shura è fortissimo e insieme combatteremo instancabilmente per diventare forti come te."
Shura abbozzò un sorriso, ricambiato dal Sagittario.
"Sono certo che sarete tutti dei grandi Cavalieri, amici miei..." poi alzandosi in piedi e poggiando le mani sulle spalle di Aphrodite e Camus, a lui più vicini, continuò osservando l'arena"...ora, però credo proprio che Vera voglia proseguire con l'addestramento. Su, fatevi onore!"
Concedendo un sorriso ed uno sguardo deciso ai presenti, li salutò, ritornando sui suoi passi, insieme a Saga.
"Aldebaran tu puoi riposare per ora, tutti gli altri vengano giù" furono le parole di Leno. Il sole era alto, come l'umore dei presenti all'arena. Saga e Micene tornarono ad osservare gli allenamenti dalla loro consueta posizione rialzata. Il Cavaliere di Gemini si volse verso Aldebaran, rimasto solo sulle tribune, e notò che il giovane lo stesse osservando. Un incitamento di Vera verso i suoi compagni lo fece voltare di nuovo e Saga non riuscì a trattenere un sorriso.
"Che gruppo affiatato, spero continuino così" disse Micene.
"Lo spero anch'io, amico".
I due Cavalieri d'Oro discussero durante tutto l'allenamento, attirando di tanto in tanto lo sguardo incuriosito del placido Aldebaran.