CAPITOLO VII

Presagi funesti

In quella splendida serata, durante la quale la luna e gli astri si lasciavano ammirare in tutta la loro lucentezza, il territorio benedetto dall'influsso delle stelle che andava dal monte del Tempio fino a capo Sounion, accolse nugoli di lucciole che brillavano a intermittenza nel placido buio che avvolgeva le coste dell'Attica.

Micene raggiunse Saga, che lo attendeva alla Casa dell'Ariete, seduto sugli scalini del crepidoma del palazzo, con lo sguardo rivolto al cielo.

"Bentornato Micene, vogliamo andare?" disse il Cavaliere di Gemini alzandosi in piedi.

"Certamente, il Sacerdote ci starà aspettando. Cosa stavi osservando Saga?"

"Le stelle Micene..." rispose il compagno con un filo di voce "...approfittavo del cielo limpido per osservare la volta celeste..." poi, puntando il dito verso l'universo sconfinato, aggiunse: "...Ecco, lì. Si inizia ad intravedere il tuo Sagittario, fra qualche settimana sarà al centro della volta."

Micene voltandosi prese la parola:

"Sì ho notato che Alrami, Arkab e Alnasl hanno iniziato a brillare in cielo da qualche giorno..." poi puntando a sua volta il dito verso la costellazione, indicò tre diversi astri al compagno "...Alrami il ginocchio dell'arciere, Arkab il tendine d'Achille dell'arciere ed infine Alnasl, la punta della freccia."

"Quanta confusione ha generato la tua costellazione agli astronomi fin dall'era del mito!" sorrise Saga a braccia conserte.

"Già..." rise di rimando Micene "...se solo sapessero quali segreti nascondono gli astri del cielo."

"Micene, se posso, vorrei farti una domanda".

"Chiedi pure."

"Da dove scaturisce la forza del tuo cosmo? Non è solo da Alrami che richiami l'energia spirituale, dico bene?" chiese Saga, interessato a saperne di più delle stelle guida di Micene.

"Dici bene, infatti è così. Alrami è la mia stella guida, come Castore per te, ma fonti inesauribili di cosmo sono anche gli ammassi di Laguna e Trifida, lì in alto, sopra Alnasl."

"Capisco, come immaginavo..." rispose Saga osservando in cielo Sagitter "...eppure, ti devo svelare un segreto."

"Cosa?" chiese incuriosito Micene.

"Gemini ha due stelle pressoché identiche..."

"Sì, Castore e Polluce, dico bene?" intervenne l'altro.

"Proprio così, tuttavia, pur riconoscendo Castore come stella guida, Polluce emana un cosmo altrettanto brillante e nitido, come se entrambi i Dioscuri fossero per me fonti di egual potenza. Eppure se uguale è il potere che emanano, diversa è la natura delle loro fonti di energia."

"Cosa intendi dire?" chiese stupito Micene.

"Se Gemini fosse visibile ti farei notare che Castore e Polluce hanno..." ma non riuscì a concludere la frase ché Micene, iniziando a comprendere le sue parole, aggiunse prontamente:

"...hanno colore diverso!"

"Giusto, quindi lo avevi notato? E' così, in Gemini esistono due fonti uguali ed opposte di cosmo: uguali perché entrambe inesauribili, diverse invece per natura astrale."

"Bizzarro ed imperscrutabile è spesso l'Universo, Saga. Possiamo gloriarci di essere Cavalieri d'Oro, difensori di Atena, custodi di poteri immensi, eppure a volte non possiamo far altro che scoprirci piccolissimi in confronto all'infinità del firmamento."

"Hai ragione" aggiunse Saga con un filo di malinconia nella voce.

"Cos'hai amico?"

"Niente Micene, riflettevo sulle tue parole..." Poi tornando serio aggiunse: "...Andiamo, siamo in ritardo".

I due si avviarono a passo spedito, risalendo una ad una le dodici Case dello Zodiaco, illuminate dalla luna alta in cielo. Salendo sempre più in alto si poteva osservare tutta la costa meridionale dell'Attica, segnata qua e là dalle deboli luci dei centri abitati in lontananza. Il Monte era luogo di osservazione ideale per ammirare l'intera Attica, eppure un'altra cima rocciosa si ergeva alta e imponente alle spalle del Tempio: era l'Altura delle Stelle, luogo inaccessibile per chiunque non fosse Gran Sacerdote, collegato con un passaggio sotterraneo alle sale del Santuario, posto in cima alla più alta ed imponente delle falesie di arenaria, dai ripidi fianchi, che torreggiano una piccola foresta di macchia mediterranea, alle spalle del monte del Tempio. Pur essendo sera, il fuoco eterno dei bracieri posti al suo ingresso, rendevano ben visibili le raffinate statue e le imponenti colonne che ne abbellivano l'accesso. Superata la Casa dello Scorpione, i due Cavalieri d'Oro, avvantaggiati dalla visuale diventata favorevole, riuscirono a distinguere chiaramente parte del corridoio scavato nella roccia, che portava alla sala ipogea più interna ed inaccessibile dell'Altura.

"Micene, ti sei mai chiesto cosa possa nascondere quel luogo inaccessibile?" chiese Saga, senza fermarsi.

"A volte, sì..." rispose l'amico, sorpreso da una tale domanda "...Ma non è mai stata una mia ossessione scoprirlo. Immagino, invece, che tu muoia dalla voglia di saperlo, non è così?" aggiunse dopo qualche passo con un sorriso.

"Ti confesso di essere molto attratto da quel luogo". I due si fermarono. Dopo qualche istante, Micene si avvicinò al compagno, colpendo con un leggero tocco del dorso della mano il pettorale della corazza dell'amico, prima di rispondere in tono leggero:

"Ehi, hai davvero intenzione di fare l'eroe e violare la legge del Tempio pur di soddisfare la tua curiosità?"

"Se lo facessi, non verrei di certo ad avvisarti" rispose Saga con un sorriso spavaldo, reggendo il gioco del compagno.

"Il Grande Sion non è mai stato molto affabile quando si parlava dell'Altura e forse questo ha scatenato il tuo desiderio di conoscere. D'altronde, non è forse vero che tendiamo sempre a ciò che è vietato e bramiamo ciò che ci viene negato?"

"E vorresti farmi credere che tu sia immune da tali desideri?" chiese in tono canzonatorio Saga, con un sorriso.

"Non mi occorre esserlo: quando il Grande Sion mi avrà nominato Sacerdote, salirò fin lassù, ma fino ad allora posso attendere. E, sì, forse un giorno potrei concederti il privilegio di conoscere i segreti di quel luogo...forse". Rise.

"Ora fai anche lo sbruffone, Micene?" rispose il compagno, apprezzando la battuta. Poi, come per mettere le cose in chiaro, aggiunse:

"In ogni caso non illuderti troppo, potresti rimanere deluso dalla scelta del Sacerdote".

"Ora sei tu lo sbruffone..." rispose divertito il compagno, riprendendo a salire a gran velocità, prima di aggiungere "...e sappi che ti additerò come colpevole del ritardo al cospetto del Grande Sion!"

Superata la Casa dei Pesci, giunsero all'ingresso del palazzo. Una guardia li riconobbe e li fece passare, inchinandosi:

"Entrate pure nobili Cavalieri d'Oro, il Gran Sacerdote vi attende nella sala del trono".

Il rumore metallico dei loro passi riecheggiava nell'enorme atrio ipostilo, le cui pareti erano abbellite con nicchie che accoglievano raffinate statue raffiguranti alcuni dei maggiori eroi dell'epopea mitologica, intervallate da vetrate ampie che di giorno illuminavano qualsiasi angolo della sala. Non era la dimensione a rendere maestose quelle raffigurazioni, bensì la loro espressività, la loro solennità: tra le statue che più di tutte suscitavano ammirazione e grandezza vi erano Perseo nell'atto di mostrare la testa della Gorgone Medusa, Eracle con la cerva di Cerinea sulle spalle, Teseo nel labirinto di Cnosso e Cadmo nell'atto di uccidere il drago della fonte.

Giunti al grande portone della sala del trono, uno dei lancieri che presidiavano l'ingresso fece segno ai due Cavalieri di entrare senza bussare, poiché il Sacerdote aveva avvertito poco prima la loro presenza al Tempio e aveva dato disposizione di farli entrare appena giunti alla porta. Fu Micene ad aprire il grande portone con entrambe le mani, che cigolò gravemente per qualche istante. Entrarono e videro il Sacerdote assiso sul trono, immobile e silenzioso.

"Buonasera Grande Sion" fecero i due Cavalieri, inginocchiandosi al suo cospetto.

"Buonasera a voi" rispose con un tono stranamente inespressivo.

Le gelide parole del Sacerdote sorpresero i due compagni che rimasero irrigiditi sulle ginocchia, in attesa di un suo segnale. Sion, che di solito concedeva dopo pochi istanti il riposo a chiunque si prostrasse al suo cospetto, quasi non prestando attenzione alla riverenza dei suoi paladini, proseguì con lo stesso tono:

"Sapete qualcosa del terremoto che ha colpito il golfo quest'oggi? Ci sono stati danni agli edifici?"

"Terremoto?" riuscì soltanto a dire Saga, avendo compreso l'allusione del Sacerdote.

Sion si alzò di scatto, si tolse l'elmo, lo poggiò sul trono e proseguì con tono di rimprovero: "Volevate far crollare l'intero monte del Tempio? Volevate terrorizzare le popolazioni di Rodorio e Sounion?".

"Ma, Grande Sion..." lo interruppe Micene, cercando di difendersi e nel frattempo di non mancare di rispetto al Sacerdote "...eravamo ad Archè! Probabilmente l'onda d'urto avrà raggiunto la costa, ma come avete potuto constatare non c'è stata alcuna conseguenza".

"Silenzio! Raggiungete Makronisos o la piana di Maliasteka la prossima volta che vorrete dare spettacolo!"

"Ci perdoni, Gran Sacerdote" rispose Micene con un filo di voce, abbassando il capo.

Sion scese i gradini che lo separavano dai due Cavalieri e si fermò davanti a loro; li osservò e poi disse in tono più rilassato:

"Su alzatevi". Saga e Micene ubbidirono e i tre si guardarono negli occhi per qualche secondo, prima che Sion abbozzasse un piccolo sorriso.

"Mi compiaccio, la vostra potenza cristallina è un dono di Atena." Poi ritornando serio, aggiunse: "Ma che non si ripeta: se volete allenarvi in modo intensivo, fatelo in luoghi isolati e soprattutto lontani, molto lontani da qualsiasi centro abitato".

"Avete ragione Eccellenza, perdonate la nostra condotta".

"No Saga, siete voi che dovete perdonare me. Ho passato giornate migliori di quella odierna e probabilmente ciò ha esasperato il mio rimprovero".

Sion si diresse verso il trono, dando le spalle ai Cavalieri che, stupiti, si guardarono negli occhi.

"Cosa è successo Sacerdote?" chiesero incuriositi i due compagni.

Sion abbassò il capo poi, senza voltarsi, disse in modo inaspettatamente disteso:

"Su venite, vedrete con i vostri occhi".

Il Sacerdote cercò di soffocare la preoccupazione che attanagliava il suo cuore tentando di apparire disteso e rilassato, ma in ogni caso sapeva bene che fosse suo dovere, in assenza del suo Primo Ministro, informare i due paladini degli eventi che lo stavano tormentando. Si diresse verso la grande scalinata in marmo, dietro i tendaggi alle spalle del trono, seguito dai Cavalieri incuriositi e, in cuor loro, irrequieti per la strana situazione che stavano vivendo. Cercando di sdrammatizzare il frangente, mentre saliva i gradini che conducevano all'esterno, Sion iniziò a raccontare:

"Sapete miei paladini, una volta anche io ed il Cavaliere di Libra ci allenammo ad Archè, provocando i vostri stessi effetti...". Sorrise stancamente, poi aggiunse: "...Ironico, vero?"

"E chi vinse quello scontro, Sacerdote?"

"Dovete sapere che è da più di due secoli che il mio cosmo e quello di Dohko si equivalgono. Ricordo perfettamente quegli istanti: eravamo compagni inseparabili, quindi decidemmo di sfidarci a viso aperto in uno scontro all'isola di Archè, per decretare chi tra noi due fosse il migliore. Scagliai la Rivoluzione Stellare al massimo della potenza, ma di pari vigore fu il colpo lanciato da Libra, la tecnica dei Cento Draghi Nascenti. I colpi esplosero in aria e noi fummo scaraventati lontano."

Micene e Saga si sorrisero a vicenda, sapendo di aver rivissuto la stessa situazione poche ore prima, ma era un sorriso misto a preoccupazione, vista la strana ed improvvisa situazione che si era venuta a creare.

Giunti ai piedi dell'enorme statua in pietra raffigurante la dea, i tre si inginocchiarono in segno di devozione, poi Sion prese la parola e con tono deciso disse:

"Prima che vi racconti tutto, dovete promettermi sul vostro onore di Cavalieri che non direte nulla di ciò che state per ascoltare. A nessuno!"

"Eccellenza, non abbiate timore" rispose Micene e Saga annuì.

"Non sono cose facili da spiegare, miei giovani Cavalieri. Ci sono segreti che non escono dalla sala del trono, eppure io devo mettervi al corrente di ciò che ho scoperto: a volte è un dovere, più che un diritto, per i dorati custodi, venire a conoscenza di determinati eventi. Purtroppo non posso convocare un Chrysos Synagein, ma credo che sarebbe stata, almeno per ora, un'opzione di cui avrei fatto volentieri a meno anche se i giovani candidati fossero già stati investiti delle Armature. Anche il mio Primo Ministro ne verrà informato al suo arrivo, sempre che Dohko non lo abbia già messo al corrente".

"Dite pure".

Sion alzò lo sguardo e puntò il dito verso il cielo:

"Guardate! Oltre il Dragone" aggiunse.

I due Cavalieri, guardando verso sud-ovest ammirarono il grande Drago avvolgere l'Orsa, con Cefeo, Cassiopea e Perseo nelle vicinanze. Scorsero anche, appena visibile, parte di Andromeda.

"Cosa dobbiamo osservare di preciso Eccellenza?" chiese Saga, portandosi l'elmo sotto il braccio.

"Lì, appena visibile all'orizzonte: Andromeda. Notate niente di strano?"

I due osservarono con più attenzione e Micene azzardò una domanda, sperando di aver visto giusto: "Eccellenza, quella stella luminosissima...è Sirrah di Pegaso e Andromeda? Ma è apparsa prima del dovuto!"

"Infatti quella non è Sirrah, Micene" rispose grave il Sacerdote.

I Cavalieri sgranarono gli occhi e avvertirono un inspiegabile vuoto interiore, scoprendo ironicamente che il cielo che fino a pochi minuti prima li aveva visti discutere in modo rilassato, ora era motivo di grande turbamento. Pur non avendo ancora compreso il perché di tale presenza astrale, Micene si rivolse a Sion in modo preoccupato, sperando di ricevere una risposta rassicurante:

"E'...e' dunque Sadiradra? O Mirach?"

"Quella stella non appartiene né a Pegaso né ad Andromeda. Quella stella, oltretutto ieri non era visibile..." rispose in modo grave il Sacerdote "...Leggo stupore nei vostri occhi, lo stesso che provai io quando più di due secoli fa il precedente Sacerdote radunò me e gli altri Cavalieri d'Oro per una seduta straordinaria dei Tredici, durante la quale osservai per la prima volta la stessa luminosissima stella che ora ammirate con i vostri occhi".

"Ho l'impressione che non ci sia nulla di rassicurante in quell'astro, dico bene?" chiese Saga dominando per un attimo lo stupore.

"Sapete, miei Cavalieri, così come la nostra dea Atena si reincarna nel corpo mortale di un essere umano, le altre divinità decidono di fare lo stesso ciclicamente nel corso dei secoli..." poi accentuando il tono grave delle parole, aggiunse "...e quando lo fanno è spesso per portare guerra."

"Volete dire che...no impossibile! E' dunque giunto il momento così tristemente atteso?" fece Micene stupito.

"C'è solo una divinità tanto superba e sprezzante da annunciare il suo risveglio segnando indelebilmente la costellazione sotto cui il Fato ha deciso di far nascere colui che ospiterà il suo spirito. Costui è l'innominabile figlio di Crono e Rea, fratello di Zeus re dei cieli e Poseidone re dei mari..."

"Ade!" esclamò Micene con un filo di rabbia.

"Dunque è lui che vuole prendersi gioco di noi con questa sua apparizione celeste?" aggiunse Saga osservando attentamente il cielo.

"Ascoltate..." fece deciso Sion "...a differenza di due secoli fa, la situazione è molto diversa ed io in qualità di Gran Sacerdote e di superstite dell'ultima guerra combattuta contro il Signore degli Inferi devo informarvi nei minimi particolari. E' evidente che colui che ospiterà il suo spirito maledetto ha le stelle di Andromeda impresse nel suo destino..."

Sion fu interrotto da Micene:

"Grande Sacerdote, potremo scoprire in breve tempo l'identità di colui che ospita lo spirito di Ade ed il luogo in cui è venuto alla luce?"

"No, per ora non ci è concesso..." rifletté Sion, portandosi le mani dietro la schiena "...ma..." e qui alzò gli occhi verso il cielo "...a mio avviso, non sbaglio dicendo che costui non sia ancora nato".

"Cosa ve lo fa pensare?" chiese Micene. Sion bisbigliò:

"Oh Arles, fa' presto..." poi continuò rispondendo al Cavaliere: "...Micene, Ade è un maledetto ingannatore: le Guerre Sacre avvengono ciclicamente ogni due secoli, in media, ma l'apparizione in cielo della stella malefica primaria, cioè la stella con cui il Signore dell'Oltretomba anticipa la comparsa delle sue schiere oscure, non indica mai due volte consecutivamente la distanza temporale che ci separa dall'incarnazione vera e propria del suo spirito, questo per confondere, indurci in un errore di valutazione..." poi sorrise, stupendo i suoi Cavalieri "...Ade sa benissimo che il compito del Sacerdote è stare sempre un passo avanti al suo nemico, per quanto potente possa essere, come la tartaruga rispetto ad Achille nel celebre paradosso dell'antico filosofo, ed è per questo che tenta di ingannarci in ogni modo. E' possibile anche che l'astro scompaia per lungo tempo, per poi ricomparire dopo lo scoppio della Guerra Sacra. Questo, per ora, è soltanto un superbo monito di guerra...monito di cui non sentivo il bisogno, oltretutto."

"Cosa intendere dire con il Sacerdote è sempre un passo avanti ai suoi nemici?" chiese Saga, esternando la curiosità sua, e quella di Micene.

"Credo sia giunto il momento che voi sappiate: Arles ha raggiunto il mio antico villaggio per far riparare un antico manufatto donato da Atena ai tempi del mito. E' un meccanismo molto raffinato, composto in maggior parte da oricalco e polvere di stelle, lo stesso materiale delle nostre Armature come ben sapete, molto utile al Sacerdote per prevedere il moto degli astri e verificarne possibili anomalie: indica con straordinaria precisione gli equinozi e i solstizi, predice le eclissi, calcola in quale periodo dell'anno avverranno determinati avvenimenti inserendo per mezzo di speciali ingranaggi alcune condizioni, e molto altro ancora. Uno strumento davvero fenomenale che però un po' di tempo fa, forse a causa dell'usura, ha smesso di funzionare: è per questo che ho chiesto ad Arles di raggiungere lo Jamir per farlo riparare dai famosi artigiani del mio popolo. Sfortunatamente al Tempio non abbiamo più polvere di stelle, altrimenti avrei potuto ripararlo io stesso. Approfittando del lungo viaggio, Arles si è recato anche a far visita al mio amico Dohko di Libra, impegnato, come me, a sorvegliare i movimenti del nemico nel suo eremo ai Cinque Picchi." I Cavalieri rimasero senza parole, stupiti e affascinati al tempo stesso dal fatto che il Sacerdote potesse riservare, dopo alcuni di convivenza, ancora così tante sorprese.

"Questo manufatto sembra un oggetto davvero fenomenale, immagino sia stato conservato in gran segreto per molti secoli, è la prima volta che ne sento parlare".

"Oh, Micene non immagini nemmeno l'immensa utilità che un tale oggetto possa garantire. E' stato custodito fino ai giorni nostri all'Altura delle Stelle, dove viene utilizzato in gran segreto, naturalmente, essendo quello un luogo riservato ai soli Sacerdoti. Sapete, ne esistono tre copie, tutte uguali all'originale, ma nient'altro che gingilli senza valore, utili soltanto a depistare i rapitori nel malaugurato, quanto improbabile, caso di furto. Più di mille anni fa un bandito infiltrato a Rodorio venne in possesso di una delle copie e fuggì via. Fu inseguito per mare da un Cavaliere di Bronzo che al largo dell'isola di Anticitera, poco lontano dalle nostre coste, decise di attaccare la sua imbarcazione. Il ladro fu catturato, ma il manufatto si perse nei fondali marini. Il Tempio decise di non proseguire col recupero del meccanismo, ritenendo molto più conveniente costruirne uno nuovo. E' buffo, all'inizio di questo secolo sono venuto a conoscenza del fatto che quell'oggetto fu recuperato da un gruppo di sommozzatori e ora è in bella mostra addirittura in un museo, considerato come uno dei più enigmatici reperti dell'antichità." I due Cavalieri ascoltarono con interesse e per un attimo dimenticarono l'amara verità che avevano poco prima appreso.

"Speriamo, dunque, che il Primo Ministro torni presto".

"Già Saga. Come dicevo, non possiamo ancora sapere quando lo spirito di Ade si manifesterà. Per come stanno le cose, questo astro non aggiunge nulla ai nostri già frequenti dubbi riguardanti un imminente conflitto..." sospirò "...Mi chiedo quando la nostra dea possa tornare in mezzo a noi, a questo punto la sua benevola presenza è quanto mai necessaria per sostenere noi comuni mortali in questo periodo sempre più oscuro".

Saga, mani conserte, chiuse gli occhi e meditò sulle parole del Sacerdote, mentre Micene, stringendo il pugno riuscì soltanto ad esclamare sottovoce:

"Maledizione!" Era infatti molto preoccupato per suo fratello, non ancora Cavaliere, ma già con un inconsapevole destino di sangue che iniziava a fare capolino nell'incerto futuro. Il compagno se ne accorse e probabilmente ne comprese l'inquietudine.

"Cosa volete che facciamo Grande Sion?" chiese poi con decisione a Sion.

"Ascoltate: ora è chiaro che i cosmi straordinari di questa generazione di Cavalieri d'Oro non sono più, ormai, un fatto puramente casuale! Voi due siate guide nobili e valenti per i giovani che un giorno saranno vostri pari, siate l'esempio tangibile degli ideali in cui crediamo, ma non rivelate a nessuno questi segreti. I giovani allievi sono ancora troppo acerbi da questo punto di vista, in un futuro, dopo aver ottenuto la nomina a difensori delle Case, potranno forse venirne a conoscenza, ma solo allora! Non si diventa Cavalieri d'Oro indossando le Sacre Vestigia, non soltanto: bisogna preparare la mente a certe responsabilità. Fortunatamente avremo del tempo: decidendo di occupare un corpo mortale, Ade dovrà rispettare il suo ciclo vitale, per cui non potrà manifestarsi in tutta la sua potenza finché il corpo ospitante non sarà pronto."

"Faremo del nostro meglio Sacerdote..." ruggì convinto Micene "...con la vostra secolare esperienza a farci da guida, non abbiamo nulla di cui temere!"

Sion sospirò, poi aggiunse mestamente:

"La più grande tragedia che un uomo possa provare è trovarsi nel bel mezzo di una Guerra Sacra. Ho sempre pregato gli dei affinché questa calamità non si abbattesse sulla vostra generazione, eppure in cuor mio sapevo che il ciclo infernale scandito nel Tartaro era prossimo a scoccare di nuovo l'ora della morte."

"Fratello..." pensava in cuor suo Micene "...destino crudele ha voluto che partecipassi anche tu a questa tragedia. Possa Atena preservarti a lungo e possa preservare tutti noi. Ti sarò sempre vicino non temere!" stringendo forte il pugno e scrutando col volto teso la statua della dea.

"Prepareremo corpo e mente al gran giorno, quella stella sparirà per sempre dal firmamento!" disse d'un tratto Saga con convinzione.

"Venite qui..." fece Sion, chiedendo ai Cavalieri di avvicinarsi "...inginocchiatevi". I Cavalieri obbedirono.

Poggiò le mani sulle spalle dei due e proseguì:

"Restate vigili e compite il vostro dovere, io farò altrettanto miei giovani paladini. Sono un debole ed anziano Sacerdote ormai, abbigliato con queste vesti eleganti, ma se sarà necessario, scenderò sul campo di battaglia per dar man forte. Un Grande Sacerdote deve guidare i suoi Cavalieri in ogni situazione. Ora mi reco immediatamente all'Altura per cercare di capirne di più, poi mi coricherò sperando di prendere sonno. Quando avrò ulteriori notizie vi informerò, dovete sapere che non vi ho detto ancora tutto."

I Cavalieri si meravigliarono delle parole, per cui Sion aggiunse:

"Qui al Tempio custodiamo in gran segreto un altro, importantissimo, manufatto divino in grado di sconfiggere il Signore degli Inferi, ma resta celato per chiunque non rivesta la carica di Gran Sacerdote. E' il segreto più importante che custodisco, ignoto anche al Cavaliere di Libra, e difficilmente ne verrete a conoscenza, se non nel momento del bisogno. Per questa sera avete già ascoltato abbastanza: ora andate pure e abbiate fiducia".

Saga e Micene, comprendendo le motivazioni di Sion, non aggiunsero altro e lo salutarono con rispetto. Sion rimase immobile, osservando con un velo di tristezza sul volto, i suoi due paladini allontanarsi.

Turbati, i due Cavalieri uscirono dal Tempio per tornare alle loro Case. Si scambiarono poche parole, cercando di farsi forza a vicenda quando, arrivati alla nona Casa, Micene chiese a Saga di rimanere a discutere con lui quella notte. I due riposero le loro Armature nella sala principale del palazzo, una di fianco all'altra, poi si recarono nelle stanze private del Cavaliere di Sagitter, dove discussero dell'intensa giornata trascorsa e soprattutto dei risvolti inaspettati che le loro vite presero quella sera, fin quando il sonno li vinse.