CAPITOLO XV
Quiete apparente
Appena conclusa la riunione con i suoi compagni Cavalieri all'arena, Saga si diresse alla terza Casa per concedersi un bagno rigenerante, prima di raggiungere il Sacerdote per il suo primo incarico da Ministro. Nelle sue stanze private ripensò a quella nomina così inattesa e per certi versi inspiegabile: provava orgoglio, certo, ma anche grande stupore per tale onorevole, seppur temporaneo, incarico.
"Probabilmente l'assenza di Arles si protrarrà ancora per molto..." sussurrò tra sé "...a differenza di Micene, non sono impegnato nell'addestramento e posso quindi sovrintendere a questo mandato...sì, deve essere questo il motivo che ha spinto il Sacerdote a nominarmi Ministro, non c'è altra spiegazione".
Con raziocinio, Saga cercava di soffocare un sentimento latente, che sapeva bene essersi accresciuto in lui da tempo e che trovò in quell'inaspettata nomina nuovo vigore: l'ambizione! Dopo la designazione, infatti, un pensiero assillante si era insinuato nella sua mente: con la possibilità di affiancare Sion quasi costantemente, era certo di riuscire a dimostrare le sue doti anche sul piano amministrativo e politico, opportunità che, se ben sfruttata, un giorno avrebbe fatto probabilmente pendere i favori del Sacerdote verso la sua nomina a nuovo reggente del Tempio, a discapito di Micene.
"No, non posso permettere che questi pensieri offuschino la mia mente, non è giusto! Questi pensieri sono un'offesa a Micene e alla fiducia che Sion ha riposto in me".
Eppure, mentre pensava questo, si rendeva conto di come mentre una parte del suo animo sembrava respingere con forza questi sentimenti, l'altra metà di sé, quella più nascosta e recondita, ne veniva sorprendentemente attratta: era come se stesse lottando con tutte le forze per liberarsi da delle catene, per poi scoprirsi incapace di reagire, accettando quasi con appagamento quella strana sorte.
"Bah, di che razza di paranoie è capace la mente umana..." pensava, asciugandosi velocemente "...proprio nei momenti meno opportuni! Devo sbrigarmi!"
Proprio in quell'istante un rumore di passi fece eco tra le colonne terza Casa: non riconoscendo il nuovo arrivato, Saga stava per aprire il suo scrigno per indossare l'Armatura e presentarsi in modo decoroso.
"Saga, ci sei?" furono le parole del nuovo arrivato. Gemini, riconosciutolo, lasciò lo scrigno per indossare una semplice veste greca ed uscì dalle sue stanze.
"Micene!"
"Sei qui dunque, credevo fossi nelle stanze di Sion" rispose il compagno, scrigno in spalla.
"Stavo giusto per raggiungere il Sacerdote, Micene, non voglio arrivare in ritardo all'appuntamento".
"Ci vedremo dopo, allora".
"Verrai anche tu?"
"Sì Saga, voglio aggiornare Sion di una faccenda in sospeso. Saprai tutto più tardi, non voglio trattenerti oltre, ora corro a prepararmi, non posso presentarmi in queste condizioni pietose..." si avviò salutando il compagno, poi aggiunse, voltandosi "...ah dimenticavo, se arrivi alla nona Casa quando starò godendomi il meritato bagno, potrai passare senza chiedere il permesso al suo custode". Proseguì senza fermarsi.
"E da quando prendo ordini da te, Micene?" chiese spavaldo Saga.
Il compagno rise.
"Non farmi irritare o ti rinchiudo per sempre nel Labirinto" continuò Gemini.
"Ci vediamo dopo, simpaticone!" rispose Micene, alzando una mano, dopo un altro sorriso.
Dopo poco tempo, Saga raggiunse il Santuario, presentandosi al cospetto di Sion in candidi abiti greci e con un elegante clamide porpora in lana leggera, indumento che lo identificava come guerriero in assenza della corazza, ricamato in oro, allacciato alla spalla sinistra con una fibbia.
"Benarrivato Cavaliere".
"Grande Sacerdote" fece Saga, inginocchiandosi con rispetto. In cuor suo, il Cavaliere credeva che Sion potesse riprendere da un momento all'altro il discorso rimasto in sospeso qualche ora prima all'arena dei tornei; tuttavia il Sacerdote si mostrò inaspettatamente sereno, come se avesse dimenticato tutto.
"Seguimi".
"Certo, Eccellenza".
Oltrepassando i tendaggi della sala del trono, si diressero verso le stanze private del Grande Tempio: i suoni ovattati dal grande tappeto rosso e gli eleganti bassorilievi in penombra rendevano quegli ambienti un luogo davvero mistico, quasi surreale. Giunsero infine nello studio privato di Sion dove, sul grande tavolo al centro della stanza, illuminato dalla luce di numerosi candelabri a muro, erano ammassati alcuni piccoli sacchi, ricolmi di monete d'oro e d'argento, oltre ad alcuni antichi volumi scritti in greco antico. Avvicinandosi ad uno dei libri aperti, Saga buttò lo sguardo alle prime righe della pagina e subito venne attirato da alcune parole, come
ὁ Κύριος Καταχϑόνιος , dalle quali riconobbe nel dio Ade il soggetto della frase."Questi volumi sono di inestimabile valore per me, Saga: essi costituiscono, infatti, un resoconto dettagliato degli eventi verificatisi in ognuna delle guerre che il Santuario ha dovuto affrontare fin dai tempi del mito: è stato compito dei sopravvissuti ad ogni conflitto, ed in particolare dei Grandi Sacerdoti, tramandare ai posteri eventi così drammatici, affinché le generazioni future di Cavalieri potessero apprendere usi e tattiche del nemico nel corso dei secoli. In fondo a questo volume c'è anche il mio personale resoconto sull'ultima guerra combattuta contro Ade, redatto subito dopo il mio insediamento sul trono di Atene..."
"Capisco! Un'opera davvero notevole" aggiunse il Cavaliere, con sincero stupore, affiancando il Sacerdote.
"...guarda qui, Saga, stavo poc'anzi consultando le pagine riguardanti la quinta Guerra Sacra combattuta contro il signore dell'Oltretomba: pare che in quell'occasione il nostro nemico abbia manifestato la sua presenza nel firmamento molto prima della sua effettiva comparsa su questo mondo ed anche in quell'occasione il segno celeste del re degli Inferi precedette l'avvento in terra della nostra dea. Se avessi il manufatto potrei tentare di saperne di più, osserva..." ed indicò alcune immagini sulla pergamena, affiancate da numerosi segni, che Saga riconobbe essere numerazione attica "...questo è l'ultimo resoconto che lo scrigno divino ha fornito prima dello scoppio della guerra: manifestare con così largo anticipo la sua venuta sulla Terra potrebbe sembrare una scelta poco assennata da parte del nostro nemico, ma questo corrisponde al vero solo in parte. Se da un lato la stella malefica vanifica ogni tentativo da parte sua di coglierci impreparati, tale evento astronomico ha, altresì, sempre preannunciato una guerra estremamente sanguinosa, perché pare che in quelle circostanze lo spirito di Ade abbia sempre selezionato soggetti dalle notevoli capacità, in grado di rinascere come potenti Specter al momento opportuno, soggetti, insomma, nati sotto una buona stella, come comunemente si dice in riferimento a persone particolarmente brillanti. E' evidente che dal nostro punto di vista essi siano nati sono una stella cattiva, pessima, malefica. Devi sapere che il ciclo di quiescenza e rinascita di un dio è slegato da quello astronomico che regola l'apparizione di soddisfacenti ricettacoli terreni compatibili con le esigenze di una divinità, è per questo che nel corso dei secoli si sono susseguite generazioni di Cavalieri, Generali, Specter di diverso numero e con abilità e qualità differenti. Pare proprio che in questo caso lo spirito di Ade abbia colto e prontamente sfruttato una congiunzione molto favorevole, stabilendo con arroganza la sua presenza nel firmamento come monito per noi umani".
Saga, profondamente colpito ed interessato a saperne di più, non tardò a chiedere:
"E credete che noi saremo in grado di..."
"A questo non so rispondere con certezza, avrei bisogno del manufatto. Grazie all'inestimabile valore dei segreti custoditi all'Altura, posso praticare rituali di divinazione, gli stessi che ripeto da anni e che mi hanno permesso di individuare in voi Cavalieri degli ottimi candidati, anni e anni fa, ma senza lo scrigno divino il mio lavoro procede a rilento. La generazione di Cavalieri d'Oro che si prospetta mi rassicura, ma un esercito composto da 108 stelle malefiche non si può vincere con soli dodici guerrieri. Per adesso la generazione dei Cavalieri di Bronzo mi sembra ancora molto inesperta, è su di essa che mi concentrerò presto, mentre i Cavalieri d'Argento sono in numero ancora troppo esiguo".
"Volete dire che nella situazione attuale siamo in svantaggio, non è così?" chiese Saga con tono deciso. Il Sacerdote abbozzò un sorriso prima di rispondere:
"Non sottovalutare l'esercito della dea Atena!..." fece Sion con tono quasi di rimprovero "...C'è un motivo per cui siamo ancora qui, dopotutto. Alto fu il prezzo da pagare in alcuni casi, ma la vittoria ci ha sempre arriso. Sarai anche Primo Ministro, ma l'incarico che ti ho accollato è limitato nei tempi, nei poteri e, soprattutto, nelle conoscenze!..." e dicendo questo richiuse il pesante volume, per evitare che il Cavaliere potesse leggere oltre "...Sai bene che non posso rivelarti determinate cose ora, i dettagli di alcune Guerre Sacre sono appannaggio dei soli Sacerdoti, ma ti ho concesso questi minuti proprio per dimostrarti che, nonostante tutto, noi Cavalieri abbiamo capacità speciali per affrontare qualsiasi minaccia..." e qui iniziò a fissare Saga con attenzione "...Non avere timori, dunque, non farti tormentare da strani pensieri. Essi sono veleno ed offuscano il tuo giudizio..." disse il Sacerdote, osservandolo intensamente "...il Tempio ha risorse segrete per fronteggiare ogni minaccia, dopotutto è dovere di ogni vicario di Atena prevedere le mosse di un dio! Credevi che questa fosse solo una frase di circostanza?" Saga colse l'allusione e per un attimo non riuscì a proferir parola, poi cercò di giustificarsi, tentando, ma non riuscendoci del tutto, di mantenere il sangue freddo:
"Eccellenza, l'episodio di quest'oggi non conta più nulla per me, di certo la visione di quella maledetta stella non..."
"Cavaliere dei Gemelli..." lo interruppe Sion, accortosi del suo improvviso disagio, rivolgendosi con tono deciso "...dove sono finiti la tua imperturbabilità ed il tuo piglio autorevole? Ora, come poche ore fa all'arena, ti comporti come un bambino che cerca di nascondere una malefatta..."
"Grande Sion..."
"Silenzio!..." il Sacerdote si allontanò dal suo Cavaliere, strusciando lentamente le dita della mano destra sul legno della scrivania, fino a raggiungere la grande finestra che affacciava sullo strapiombo del monte. Saga rimaneva in silenzio, stringendo i pugni, in attesa che Sion continuasse "...Non sono un uomo che rimprovera scriteriatamente le eventuali condotte infelici dei miei sottoposti, capisco cosa si prova in queste situazioni e so bene quanto il senso di quiete apparente che ci circonda sia opprimente..." volse di nuovo lo sguardo verso Saga e continuò con tono duro, ma non brusco "...ma il mio giudizio, in questo caso, non può giustificare l'atteggiamento che hai avuto per tutto il giorno all'arena. Credi che non l'abbia notato? E credi che il giovane Mur non l'abbia notato a sua volta? L'avevi promesso, Saga, ai piedi della statua di Atena: il segreto che ho trasmesso a te e a Micene nasce tra queste mura. E muore qui! Immagina, Saga, se fossi stato al mio posto..." si avvicinò di nuovo al Cavaliere, cercandone insistentemente lo sguardo "...immagina se tu fossi Gran Sacerdote e mostrassi le tue preoccupazioni in pubblico. Cosa penserebbero i tuoi sottoposti? Quanta fiducia ispirerebbe un Sacerdote tormentato e dubbioso?" Sion si volse e tornò alla finestra senza attendere risposta, lasciando che Saga sfogasse parte della rabbia che aveva accumulato durante il suo silenzio. Il Cavaliere, profondamente amareggiato, chiuse gli occhi e strinse forte i pugni, ripensando al fatto che subire un'umiliazione del genere fosse frutto di una bugia inventata su due piedi per camuffare il triste incontro avuto con Kanon, il fratello di cui non aveva mai parlato a nessuno e che, per giunta, aveva osato colpire con una tecnica proibita. Ora, in cuor suo, malediceva se stesso per non aver saputo gestire meglio la situazione, mentre Sion osservava la sua figura riflessa nei vetri, analizzandone ogni minima espressione con sguardo accigliato: aveva immediatamente colto il disagio del suo Cavaliere non appena il dialogo si era spostato sugli eventi dell'arena, fatto che lo insospettì molto, poiché simile malessere non aveva minimamente sfiorato l'animo di Saga quando poco prima egli aveva esposto il suo punto di vista sulla situazione astrale non del tutto positiva che si viveva in quel periodo. Era alquanto evidente, quindi, che questo suo disagio non avesse a che a fare con la stella malefica, come invece aveva affermato, o, almeno, non del tutto.
"Grande Sion, le vostre parole pesano come macigni..." esordì d'un tratto Saga, con rinnovato vigore "...ma le accetto perché riconoscono i miei errori". Sion si concesse qualche istante di profonda e tormentata meditazione prima di rispondere:
"Bene, un uomo saggio fa sempre ammenda dei propri sbagli".
"Ma se ritenete che io non sia capace di far fronte alle responsabilità..." continuò il Cavaliere "...non indugiate oltre ed eleggete Micene come vostro successore, credo sia la decisione migliore".
"Non ho mai pensato che tu non fossi in grado di accollarti le mie responsabilità e non lo penso ora, Saga, non essere sciocco..." fece Sion, avvicinandosi di nuovo "...Ma ora siedi accanto a me, è giunto il momento di parlare d'affari!" Dopo pochi istanti, entrambi udirono dei rumori provenire dalla sala del trono: un uomo dal passo incerto avanzava sul lungo tappeto.
"Credo sia Micene" fece Saga, voltandosi.
"Fallo accomodare allora". Il Cavaliere si diresse verso l'ampia sala. Micene, abbigliato pressappoco come il compagno, sorpreso nel non trovare nessuno nella sala del trono, si diresse con aria rasserenata verso Saga, non appena riconobbe la sagoma del compagno apparire da dietro i tendaggi.
"Benarrivato, vieni pure Micene". I due giunsero nello studio privato di Sion, che intanto si era accomodato su una sedia, buttando distrattamente un occhio alle pergamene.
"Buonasera Eccellenza" fece Micene con un inchino.
"A te, Cavaliere".
"Sono qui per parlarvi di una faccenda a cui ho già accennato, ma posso attendere se ho interrotto i vostri lavori".
"Siedi con noi, Micene! Che tra Cavalieri d'Oro non ci siano segreti!". A quelle parole, un nuovo macigno crollò sulla coscienza di Gemini.
"Saga, a noi: in questi giorni giungerà al Tempio una delegazione proveniente dalle terre di Asgard decisa ad intavolare una trattativa diplomatica. Immagino vogliano proporre un accordo commerciale a cui, in verità, sono molto interessato, leggete..." e rovistando tra le pergamene, estrasse una lettera recante il sigillo del regno del nord nella quale si auspicava il buon esito dell'accordo "...le loro terre sono coperte da ghiacci per tutto l'anno e i loro mari sono poco pescosi: desiderano scambiare le preziose materie prime delle loro miniere con alimenti e beni di prima necessità. Il mio impegno col giovane Mur mi spinge a non poter partecipare, sapete bene quanto tenga a quel ragazzo, e pensavo di affidare a te questa faccenda..."
"Ma certo Sacerdote, contate pure su di me" rispose Saga.
"Quando sarà il momento, porta con te parte di questo denaro: è possibile che giungano qui con alcune merci che, probabilmente, in questo periodo dell'anno non potremo bilanciare in valore con i nostri prodotti disponibili. Pagherai in monete l'eventuale differenza, che potrà essere spesa dai nostri ospiti presso i nostri contatti al Pireo".
"Sarà fatto Eccellenza".
"Bene Primo Ministro. Micene, di cosa volevi parlarmi?" chiese, poi, con voce più rilassata, Sion.
"Sacerdote, oggi ho avuto la possibilità di scambiare qualche parola in privato col giovane Shaka..." Sion e Saga, incuriositi dalla notizia, ascoltavano con attenzione "...era sulla collina di Rodorio in meditazione e l'ho raggiunto poco prima del tramonto".
"Com'è andata?"
"Beh, non saprei dirlo con esattezza Eccellenza, non credo di essermi guadagnato la sua fiducia, non è stato semplice strappargli di bocca qualche parola, sembrava quasi rispondere in modo rassegnato alle mie domande, consapevole che prima o poi avrebbe dovuto farlo, ma niente di più. Eppure sono riuscito ad ottenere qualcosa di importante: i nostri sospetti erano fondati, Grande Sion, è stato addestrato da qualcuno prima di giungere in Grecia e ha fatto sue già molte delle tecniche proprie di un Cavaliere di Virgo".
"Davvero curioso" rifletteva Sion, portandosi una mano al mento.
"Oltre al Khan, ha affermato di saper adoperare la Volta di Minosse e l'Abbandono dell'Oriente e che poco prima di partire alla volta di Rodorio ha avuto dei progressi anche nel Sacro Virgo..."
"Quello che racconti è davvero bizzarro!" intervenne Saga.
"E' molto strano, vero, ma sai bene anche tu che nella storia la sesta Casa è stata spesso ereditata da un giovane cresciuto in un monastero buddista, sembra esserci un disegno ben definito dietro a tutta questa storia" rispose Micene
"Ma è la prima volta, invece, che si presenta al Tempio un ragazzo già pienamente consapevole dei suoi mezzi e con molte tecniche proprie dell'Armatura a cui è stato assegnato, ma che non ha ancora guadagnato". Sion intanto meditava, lasciando che i suoi paladini esprimessero i propri pensieri.
"Lo so, Saga, lo so, è ben strano, ma questo è ciò che ho appreso. E non è tutto: quando gli ho chiesto chi fosse il suo precedente maestro ha stranamente preferito rimanere in silenzio. Seguendo il vostro consiglio, Sacerdote, non ho insistito. Avete una vostra ipotesi, Eccellenza?"
"E' da un po' che ci penso: credo che la profezia di Ojas si sia avverata, Cavalieri. Tutto mi fa credere che il sogno del precedente Cavaliere di Virgo abbia trovato compimento in quel ragazzo. Riguardo al suo maestro, escludendo Ojas stesso, credo rimanga una sola alternativa".
"E quale?" chiesero i due. Sion li fissò per qualche istante.
"Nessuno era in grado di sapere che, fin da bambino, Shaka potesse intraprendere la strada per diventare Cavaliere, è evidente che colui che lo ha addestrato abbia delle capacità superiori a quelle di un uomo comune..."
"Un...dio?" osò chiedere Micene.
"O un illuminato" rispose Sion.
"Volete dire che quel ragazzo è stato addestrato dal Buddha?" chiese sorpreso Saga.
"E' possibile, non trovo altre spiegazioni plausibili. Il legame che unisce il Buddha al custode della sesta Casa è forte e radicato nei secoli: quand'ero Cavaliere era presente al Tempio un Virgo proveniente da un monastero buddista, così come il Virgo che lo aveva preceduto e quello che giunse ancor prima. Un'antica alleanza lega il nostro ordine ai seguaci della dottrina dell'Illuminato, una collaborazione fondata su principi condivisi. Che Ojas avesse davvero ragione? Sapete, era un uomo che rispettavo molto, ma all'inizio non accettai la sua decisione di abbandonare volontariamente il cavalierato, ma in seguito gli concessi ciò che desiderava. La sua profezia riguardante il cosmo di Virgo sembra essersi, dunque, compiuta."
"Fatico a credere ad una storia del genere, ma può essere una spiegazione" intervenne Micene, dopo qualche istante di silenzio. Saga non disse nulla, meditando in silenzio.
"Ovviamente è una mia ipotesi, Cavalieri, e come tale va presa, ma suppongo che non siamo così distanti dalla realtà dei fatti".
Trascorse un'ora, dopodiché i due Cavalieri si congedarono per far ritorno alle loro Case. Il Sacerdote lì salutò, accompagnandoli fino alla sala del trono per ricevere l'ossequioso saluto.
I due Cavalieri discesero insieme le Case dello Zodiaco, discutendo della giornata trascorsa. L'Accademia, con le sue sale illuminate, spiccava su tutti gli altri edifici circostanti che, in lontananza, componevano il paesaggio ai piedi del monte del Tempio. Giunsero alla Casa del Sagittario, dove si salutarono, dandosi appuntamento al giorno successivo. Micene osservò Saga dirigersi a passi svelti giù, verso le Case inferiori, e quando il buio ebbe inghiottito completamente la sua figura, diede un ultimo sguardo verso l'orizzonte per poi ritirarsi nelle sue stanze. Aprì lo scrigno del Sagittario che aveva riposto vicino al letto, prese un panno ed iniziò a lucidare i bracciali della sua Armatura, poggiato alla parete. Lo stridere di una civetta, appollaiata su di un arbusto nei pressi della nona Casa, distrasse per un attimo il Cavaliere che ripensò alla simbologia antica, secondo la quale proprio la civetta veniva accostata al culto della dea Atena. Sorrise e continuò il suo lavoro.
D'un tratto, però, iniziò ad udire dei passi affrettati provenire dalla rampa di scale posteriore: qualcuno stava discendendo in gran fretta le dodici Case, ragion per cui, posando senza far rumore i pezzi della sua Armatura, si diresse verso la porta che separava le sue stanze dalle navate della Casa per dare un'occhiata ed analizzare la situazione. I passi rallentarono bruscamente, ma l'eco si fece sempre più assordante man mano che la figura si avvicinava al centro del palazzo. Dopo pochi, incerti passi, il nuovo arrivato si fermò, guardandosi intorno, come spaesato. Micene lo riconobbe: era uno dei lancieri a guardia dell'ingresso del Santuario, uno dei membri più giovani del manipolo di soldati semplici nel quale anche Zenas in gioventù aveva servito. Rilassatosi con un sospiro, il Sagittario spalancò la porta e si rivolse al giovane che, impaurito dall'improvviso rumore, diresse la sua lancia verso la penombra.
"A quest'ora nessuno prende la via delle dodici Case senza motivo, soldato, tantomeno se non è un Cavaliere di Atena. Cosa cerchi alla nona Casa?"
"Nobile Micene, vi prego di perdonare la mia irruenza..." rispose balbettando il giovanissimo lanciere, intimorito nel trovarsi faccia a faccia con un Cavaliere d'Oro, da solo "...ma sono giunto qui per avvisarvi che il Grande Sacerdote richiede la vostra immediata presenza nella sala del trono per..." Micene, sorpreso da tale richiesta, interruppe l'interlocutore, agitato:
"Ero da lui un poco fa, cosa può essere accaduto?"
"Io...io non lo so nobile Micene, ho avuto ordine di inform..." ma il Cavaliere, preoccupato che fosse successo qualcosa di grave nelle sale del Sacerdote, corse subito nelle sue stanze per indossare l'Armatura e risalire il monte del Tempio, senza badare alle parole della guardia. Il giovane lanciere scorse un bagliore dorato provenire dalle sale private di Micene e, intuendone l'origine, ne rimase incantato.
"Cosa sarà successo? Devo sbrigarmi!" pensò Micene, uscendo dalla sua stanza con indosso la corazza.
"Tu, sbrigati, torna al tuo posto!" ordinò poi al lanciere, dirigendosi velocemente verso l'uscita posteriore della sua Casa.
"A...agli ordini nobile Micene". La guardia non ebbe nemmeno il tempo di finire la frase, che la sagoma del Cavaliere di Sagitter scomparve in un baleno, lasciandolo solo ed interdetto. A passi svelti, decise poi di far ritorno al Santuario.
Micene, intanto, giunse al Tempio, notando però che nessuna delle guardie condivideva la sua preoccupazione, cosa che lo rasserenò, prima di entrare nella sala del trono. Lì vi trovò Sion di spalle, poggiato al suo seggio di marmo.
"Grande Sacerdote, state bene? Cos'è accaduto?" chiese Micene con lieve affanno e preoccupazione, senza prestare particolare attenzione alla forma e al protocollo del saluto.
"Entra, Micene, entra: non era mia intenzione farti preoccupare, ma purtroppo non ho potuto agire diversamente".
"Non capisco, Grande Sion, cosa volete dirmi?" rispose perplesso il paladino, giunto ormai ai gradini antistanti al trono, inchinandosi finalmente in un saluto ossequioso nei suoi confronti. Il Sacerdote si sedette stancamente sullo scranno.
"Resta pure in piedi, Micene..." disse con tono tutt'altro che tranquillo.
"Eccellenza, state bene?" Micene si alzò, assumendo una posa protesa in avanti, che faceva trasparire tutta la sua preoccupazione, propria di chi vorrebbe avvicinarsi all'altro in segno d'aiuto pur sapendo di non poterlo fare per rispettare l'inviolabilità del Sacerdote, norma che aveva, oltretutto, già infranto una volta.
"Sì Micene, è solo un po' di stanchezza. Sarò breve: poco prima che tu giungessi al Santuario, ho avuto una discussione con Saga circa un evento accaduto questa mattina..."
"Una...discussione?"
"Sì. Credo che gli sia accaduto qualcosa stamane, durante la sua assenza: l'hai notata anche tu l'espressione turbata che ha mostrato al suo ritorno, non è così?"
"Ora che ricordo, sì Eccellenza..." Micene distolse lo sguardo, ripensando agli istanti in cui i due si erano salutati prima dell'inizio degli allenamenti. Le parole di Sion lo riportarono alla realtà:
"Temo che mi abbia mentito per occultare una verità scomoda. Mentire al Gran Sacerdote è già dir per sé peccato punibile con la prigionia, ma ho deciso di non essere così rigido in questa situazione per cercare di saperne di più, per il bene suo e di tutto il Grande Tempio".
"Mi lasciate senza parole, Sacerdote".
"Per il rispetto che nutro nei confronti di entrambi, speravo di non dover arrivare a tanto, ma d'altronde il suo comportamento mi ha spinto a richiamarti qui..." dopo una pausa, carica di apprensione, il Sacerdote proseguì "...Si è giustificato affermando di essere turbato per l'esito della prossima Guerra Sacra, ma temo mi abbia mentito, l'ho capito dal suo atteggiamento. Eppure ho retto il suo gioco, perché ho percepito una grande tristezza pervaderlo: non mostrava altro che una profonda e sincera rassegnazione".
"E' ben strano..." rifletté Micene "...Saga è spesso riservato ed il suo piglio severo lo rende uomo dall'animo imperscrutabile, ma non ha mai avuto timore di confidarmi qualcosa se ce ne fosse stato bisogno. Poco fa, tuttavia, non ha accennato a nulla".
"Sono il Sacerdote e potrei esigere un chiarimento, potrei costringerlo a parlare, pena una punizione esemplare, ma questa volta preferisco adottare un profilo più basso. In fondo è la prima volta che trovo inappropriati i suoi modi: oggi mi trovo seduto su questo scranno e amministro questo luogo facendo rispettare la legge vigente, ma anch'io una volta disattesi gli ordini del mio Sacerdote".
"Cosa volete che faccia?" chiese con decisione Micene, pronto a farsi carico di qualsiasi impegno. Il Sacerdote ritrovò la risolutezza che gli era propria e iniziò a parlare:
"Tu sei il suo unico vero amico, nonché compagno d'armi e d'allenamento: vi fidate l'uno dell'altro e vi sostenete a vicenda. Cerca di scoprire cos'è che lo tormenta, dobbiamo evitare che la reputazione dei Cavalieri d'Oro venga infangata da oscure vicende".
"Sarà fatto".
"Micene, questo è un ordine!". Il Cavaliere annuì e si inginocchiò, comprendendo la gravità delle parole, pronunciate con tono volutamente autorevole per dare il giusto peso alla situazione, dopo una discussione tutto sommato informale e confidenziale.
"Non temete Grande Sion, agirò per il nostro bene".
"Ora puoi andare Micene..." fece Sion alzandosi dal suo seggio "...ritorna pure alla tua Casa".
Intanto, mentre la notte avvolgeva serenamente il sonno dei giovani allievi, che da poco avevano concluso le loro consuete discussioni nella sala comune dell'Accademia, alla terza Casa la fredda brezza che proveniva dall'esterno, faceva sventolare le vesti di Saga, in piedi nella navata centrale, ad occhi chiusi davanti al totem della sua Armatura. Nel suo cuore un turbinio di emozioni ed un tormento che mai aveva provato prima lo affliggevano fin nel profondo, nonostante sul suo volto non vi fosse alcun segno di tale sofferenza. Dopo qualche istante di meditazione, aprì gli occhi ed osservò accigliato il suo elmo, ricordando le parole che il Grande Sion gli rivolse al momento della sua investitura a Cavaliere:
"Saga, osserva bene la tua Armatura. Osservane le maschere sull'elmo: il volto sereno in opposizione al volto truce, per ricordare a te e a tutti noi che la natura umana è caratterizzata da due forze invisibili che ne guidano le azioni: una virtuosa, che conduce al bene e alla giustizia ed una travagliata, che ci attrae in modo incessante e sulla quale trovano fine le nostre migliori speranze, soffocate da vizi e peccati quali l'invidia, la brama di potere, la crudeltà. La nostra è una lotta in nome della giustizia e questa maschera funge da monito e deve guidare a più giusti e sobri pensieri. Non dimenticarlo mai: la maschera minacciosa non permette, la maschera minacciosa avverte! "
Strinse i pugni ed abbassò lo sguardo, ripensando ancora una volta a Kanon ed alla sua sofferenza, a Sion ed alla loro discussione, al giovane Mur che saliva e scendeva le gradinate dell'arena con grande spirito di sacrificio, al cosmo di Micene che si era infiammato inavvertitamente prima che un colpo da lui scagliato verso il mare aprisse un varco tra le acque, a Vera, a Sibrando, a Leno, agli allievi e infine a se stesso ed al suo ruolo. Maledisse in cuor suo tutto e tutti, avvertendo il desiderio di bruciare il proprio cosmo e radere al suo la terza Casa, per poi trattenersi e vergognarsi di aver provato un tale odio verso persone incolpevoli riguardo la sua condizione personale. Gli sembrava che ogni azione, ogni pensiero, stessero peggiorando il suo stato d'animo, ma alla fine riconobbe i suoi errori ed iniziò ad analizzarli con lucidità:
"Ho commesso una serie imperdonabile di sbagli, sapendo di sbagliare. Eppure l'interrogativo che mi tormenta è sempre lo stesso: perché mio fratello ha sviluppato un cosmo così sinistro? Questa storia mi ha fatto ricordare qualcosa che avevo dimenticato..." osservò ancora l'elmo di Gemini "...la maschera minacciosa avverte, già. Poco fa ho ceduto all'attrazione della parte oscura dell'animo umano, desiderando la distruzione del mio prossimo; probabilmente il ricordo delle parole del Sacerdote mi ha aiutato a placare la mia ira, ma il rimorso è una forza davvero potente, quasi inarrestabile. Ho fatto ciò che ho potuto, correndo il rischio di essere scoperto dal Grande Sion, eppure ora capisco che non basta!"
"Non basta mai, umano!"
"Chi ha parlato?" si volse di scatto il Cavaliere. Copiose risate sinistre facevano eco nella terza Casa, mentre gelidi aliti di vento lo avvolgevano, come se dei sottilissimi veli di seta lo stessero sfiorando in modo vorticoso.
"E' la mia mente?" pensò Saga, portandosi le mani alle orecchie, estremamente infastidito da quelle voci spettrali.
"Uomo, tu ambisci a qualcosa che non esiste!" fece un'altra voce.
"Il suo animo è così fragile ora" sogghignò una terza.
"Divertiamoci un po' con lui" intervenne l'ennesima.
"Incertezza, paura, rimorso..."
"...essi ci hanno condotto fin qui".
"Ora anche la rabbia sta crescendo in lui".
"Divertiamoci ora che è debole! Saremo il suo incubo"
"I suoi pensieri sono confusi!"
"Oscuro sta diventando l'animo di quest'uomo".
"Oscuro quasi quanto noi!"
"Spiriti maligni nella terza Casa? O allucinazioni?" pensava Saga, voltandosi agitato.
"Divertiamoci! Gli umani hanno il terrore degli incubi notturni!"
"Uomo dall'animo fragile, tu aspiri a qualcosa che non esiste!"
"Paura..."
"Ora basta!" sussurrò Saga, allargando lentamente le braccia.
"Divertiamoci ora che è debole!"
"...rimorso...".
"Soffri perché sei titubante".
"...paura...".
"Non sai cos'è giusto fare".
"...ira...".
"Divertiamoci un po' con lui, ora che è debole!"
"Ora basta!" urlò infine Saga, generando un'onda d'urto che fece vibrare le colonne della terza Casa.
"Dileguiamoci, presto! Vuole dilaniarci!"
Le voci e le risate degli spiriti cessarono, lasciando il Cavaliere nel più assoluto silenzio.
I suoi tormenti lo stavano divorando dall'interno, non riuscì a capire se quelle presenze fossero reali o meno, ma dopo che i suoi occhi si posarono per l'ennesima volta sui volti di Gemini, scagliò un irrefrenabile destro contro la sua Armatura, staccando l'elmo dal totem.
"Dannazione!" sbottò di colpo, mentre l'elmo con un'eco metallica scivolava nel vuoto della sala, rotolando fino ad una delle colonne centrali. Sfinito, si coricò poco dopo, riuscendo a prendere sonno dopo ore di tormento. Si risvegliò poco prima dell'alba, madido di sudore nonostante il freddo notturno, con pensieri inquietanti che gli affollavano la mente. Riaffiorò dai ricordi una frase di Kanon udita quella mattina ed un brivido risalì la sua schiena:
"E dimmi, fratello, da quando ti è successo lo stesso, soffri di incubi e strane visioni notturne?"
"No, non può che essere una coincidenza! Non devo farmi suggestionare!"
Scacciando quei pensieri forieri di ulteriori messaggi infausti, si distese di nuovo riuscendo, per breve tempo, a rilassarsi. Nei suoi pensieri vedeva se stesso vagabondare confuso in un campo bagnato da recente pioggia. Il cielo grigio e la vegetazione smorta lo inquietavano a tal punto da nascondergli alla vista un sasso che intralciava il suo cammino. Cadde nel fango, ma con terrore si rese conto che le piccole pozze che costellavano il terreno erano colme di sangue e non d'acqua. Volse il suo sguardo alle mani e le trovò imbrattate di fango e sangue. Notò infine una figura oscura e sfocata allontanarsi con in mano un piccolo oggetto longilineo che emetteva un fievole luccichio dorato. Si risvegliò di soprassalto per l'ennesima volta ed osservò le sue mani con terrore.
"Forse queste sono solo suggestioni, le voci, le risate, gli incubi, tutto. So di non aver agito da Cavaliere quest'oggi, ma l'ho fatto per solo preservare mio fratello. Possibile che debba subire questo contrappasso? Cosa ti succede Saga? Basta una giornata storta per farti cadere così in basso? Il Grande Sacerdote ha ragione: sei solo un bambino, reagisci!" diceva tra i denti, con voce soffocata. Dopo qualche istante placò la sua ira, come se le sue parole di convincimento avessero davvero fatto presa nel suo animo: tornò a stendersi, apparentemente riappacificato con se stesso e chiuse gli occhi ormai stanchi, desideroso soltanto di riposare un altro po'.